Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18841 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18841 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Parma il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del 12 ottobre 2023 del Tribunale di Ravenna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letti i motivi aggiunti, depositati il 20 febbraio 2024 e la successiva memoria depositata il 27 febbraio 2024;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza emessa il 12 ottobre 2023 con la quale il Tribunale di Ravenna ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di convalida (emesso dal Giudice per le indagini preliminari) del precedente sequestro emesso in via d’urgenza dal Pubblico
Ministero il 4 agosto 2023, per le ipotesi di reato di cui agli artt. 8 d.lgs. n. 74 d 2000 (emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti) e 216 I. fall. (bancarotta fraudolenta patrimoniale).
Il ricorso si compone di sei motivi d’impugnazione.
2.1. Con il primo si censura l’omessa motivazione in ordine ai motivi posti a fondamento dell’istanza di riesame quanto alla tardività della notifica, all’inutilizzabilità di atti posti a fondamento del decreto di sequestro e alla non completezza del fascicolo trasmesso dal Pubblico Ministero;
2.2. con il secondo, la violazione degli artt. 324 e 309, commi 9, 9-bis e 10, cod. proc. pen., nella parte in cui l’ordinanza di rigetto è stata emessa oltre i termine normativamente prescritto;
2.3. con il terzo, la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen., nella parte i cui il Tribunale non avrebbe valutato la sopravvenuta prescrizione delle ipotesi di reato contestate ai sensi dell’art. 8 d. Igs. n. 74 del 2000;
2.4. con il quarto, la violazione dell’art. 407, comma 3, cod. proc. pen. e, segnatamente, l’inutilizzabilità degli atti d’indagine effettuati dopo il decorso de termine massimo indicato nella norma richiamata;
2.5. con il quinto, la violazione degli artt. 321, n. 3-ter, cod. proc. pen nella parte in cui il Giudice per le indagini preliminari avrebbe convalidato un decreto di sequestro preventivo emesso in via d’urgenza non ancora eseguito;
2.6. con il sesto, in ultimo, la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. (e connesso vizio di motivazione) sia nella parte in cui mancherebbe (o non sarebbe stato esplicitato) un effettivo collegamento eziologico tra i beni sequestrati e l’ipotizzato profitto del reato, sia in ordine alla ritenuta disponibilità in c all’indagato del conto corrente intestato alla RAGIONE_SOCIALE (soggetto giuridicamente distinto dall’indagato) pur sottoposto a sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, va ribadito che il ricorso per cassaziore contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice ( Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
Ciò considerato, il Tribunale, analiticamente argomentando in ordine a tutte le censure sollevate dal ricorrente, ha dato atto:
della genericità della censura afferente alla pretesa inutilizzabilità degli att asseritamente svolti oltre il termine per le indagini preliminari fissati dall’artic 407 cod. proc. pen.;
dell’irrilevanza dell’omessa o tardiva notifica (all’indagato e al terzo titolar delle somme sequestrate) del decreto, circostanza che, come correttamente evidenziato dal Tribunale, non determina alcun nullità, né comporta l’inefficacia del decreto stesso, producendo soltanto l’effetto di ritardare la decorrenza del termine d’impugnazione da parte dell’interessato (Sez. 2, n. 47165 del 19/09/2019, Nexhipi, Rv. 277803; Sez. 3, n. 4885 del 04/12/2018, dep. 2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 274851).
dell’infondatezza dell’assunto difensivo (quanto alla pretesa incompletezza della produzione documentale offerta dal Pubblico Ministero) e la conseguente assenza di un’ipotetica lesione del diritto di difesa dell’indagato;
dell’irrilevanza della sopravvenuta prescrizione del reato fiscale (art. 8 d.lgs n. 74 del 2000), atteso che il reato per cui si procede e posto a fondamento del vincolo reale nel caso in esame è quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui agli artt. 216 e 223, I. fall. (e non già dl reato di emissione di fatture operazioni inesistenti), commesso il 26 ottobre 2017, per il quale, quindi, non è maturata la prescrizione;
la sostanziale riferibilità della RAGIONE_SOCIALE allo stesso indagato, i ragione della partecipazione societaria a lui stesso riconducibile.
Tanto dà conto non solo della infondatezza del primo motivo di ricorso (attesa l’oggettiva completezza della motivazione offerta dal Tribunale), ma anche della genericità delle singole censure sollevate dal ricorrente con gli ulteriori motivi di ricorso, tutti formulati attraverso la mera riproposizione delle medesime argomentazioni già vagliate (e disattese con analitiche e condivisibili argomentazioni) dal Tribunale.
In ogni caso, analizzandole partitamente:
il termine di dieci giorni entro cui deve intervenire la decisione sulla richiesta di riesame decorre, nel caso in cui il dies a quo ricada in periodo di sospensione feriale (come in concreto avvenuto), dal primo giorno utile successivo alla scadenza di tale periodo e che la parte che non intende avvalersi della sospensione dei termini feriali, deve dichiararlo espressamente, non essendo sufficiente, a tal fine, la mera presentazione della relativa istanza (Sez. 3, n. 4903 del 12/1/2010, Rv. 266024; da ultimo Sez. 5, n. 28671 del 1/3/2016, Rv. 267370);
il reato posto a fondamento del vincolo reale nel caso in esame è quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso il 26 ottobre 2017, per il quale, quindi, non è maturata la prescrizione;
l’omessa indicazione degli specifici atti d’indagine asseritamente compiuti oltre il termine di cui all’art. 407, comma 3, cod. proc. pen. rende la censura generica ed impedisce a questa Corte il conseguente vaglio di fondatezza;
la richiesta di convalida del sequestro preventivo d’urgenza disposto dal P.M., da proporsi nel termine di quarantotto ore decorrenti dalla sua esecuzione, può essere proposta anche contestualmente o prima che detto termine inizi a decorrere, non ostandovi alcuna disposizione di legge (Sez. 3, n. 16728 del 13/04/2011, COGNOME Fazio, Rv. 250383);
la generica indicazione di estraneità del soggetto (formalmente) titolare delle disponibilità economiche sequestrate rende indeducibile la relativa censura.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 marzo 2024
Il Co
Il Presidente