Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44966 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44966 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME NOME nato a Verona il 30/07/1975
avverso l’ordinanza del 19/02/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che venga annullata l’ordinanza impugnata con ogni conseguente pronuncia e statuizione di legge.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/02/2024, il Tribunale di Napoli rigettava l’appello cautelare proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza resa in data 21/12/2023 dal Gip del Tribunale di Napoli, con la quale era stata disattesa la richiesta di dissequestro dei beni mobili registrati e dei conti correnti di cui al decreto di sequestro preventivo del 23/11/2023, disposto ex artt. 12-bis d.lgs 74/2000 e 321 cod,proc.pen in relazione al reato di cui all’art. 10-quater d.lgs 74/2000 (capo 147 dell’imputazione provvisoria), in forma diretta e per equivalente.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME ChristianCOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge per erronea interpretazione degli artt. 322- bis e 310 cod.proc.pen.
Argomenta che il Tribunale aveva basato la propria motivazione su presupposti erronei e, cioè che gli immobili in sequestro sarebbero stati gravati da ipoteca e che il consulente di parte non avrebbe tenuto conto del fatto che trattavasi di quote di proprietà; inoltre, il Tribunale aveva richiamato un orientamento di legittimità, secondo cui il giudice dell’appello cautelare sarebbe privo di poteri istruttori, in contrasto con l’affermazione delle SU n. 18339 del 20/04/2024, secondo cui nel procedimento di appello avverso ordinanze in materia di misure cautelari reali è ammessa la possibilità di acquisizione ed utilizzazione di elementi probatori sopravvenuti all’adozione del provvedimento impugnato e addotti dalle parti.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge per manifesta illogicità della motivazione.
Argomenta che la motivazione del Tribunale era manifestamente illogica nella parte in cui si era affermato in maniera presuntiva che in sede di stima degli immobili in sequestro non si era tenuto conto di eventuali ipoteche iscritte sui beni e che non erano state documentate le modalità di acquisto dei beni.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge per erronea interpretazione degli artt. 321 cod.proc.pen. e 104 disp.att. cod.proc.pen.
Argomenta che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che il sequestro disposto sui conti correnti del ricorrente avesse ad oggetto solo le somme di denaro depositate sul conto corrente bancario dell’indagato, mentre l’art 104 disp. Att. Cpp, richiama per l’esecuzione del sequestro preventivo le forme prescritte
dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso terzo in quanto applicabili; nel pignoramento pro il terzo il conto corrente re bloccato e tutte le somme che confluiscono sul conto vengono ad essere colpite dal vincolo pignoratizio; il ricorrente, pertanto, non ha la libera gestione dei pr conti correnti bancari.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 primi due motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente perché oggettivamente connessi, sono inammissibili.
Va osservato che, a norma dell’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso p cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logic seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093; sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893).
Nella specie, il ricorrente articola motivi che si sostanziano in censure merito afferenti la motivazione esposta dal Tribunale a fondamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di riesame.
Il Collegio cautelare nell’ordinanza ha compiutamente argomentato in relazione al valore dei beni in sequestro ed alla proporzionalità di tale va rispetto al profitto del reato, evidenziando come il valore di mercato, allegato dal ricorrente a mezzo di consulenza di parte, non tenesse conto della circostanza ch il sequestro aveva colpito quote parte di singoli immobili e che andasse defalcat dal valore di stima la parte relativa alle ipoteche. Trattasi di motivazione che può certo definirsi mancante od apparente. Le censure mosse in questa sede dal ricorrente sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nell formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito propo in questa sede.
Nè coglie nel segno la doglianza con la quale si lamenta la mancata attivazione di poteri istruttori da parte del Collegio cautelare per la valutazione del valor beni in sequestro.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte il Tribunale del riesame o dell’appello cautelare è organo sprovvisto di potere istruttori e, quindi, sa
casi di manifesta sproporzione tra il valore dei beni oggetto del provvedimento ablatorio ed il “quantum” del profitto del reato indicato nella richiesta al giu per le indagini preliminari della pubblica accusa, non in condizione di compier accertamenti diretti a verificare il rispetto del principio di proporzionalità ( n. 29431 del 10/05/2019, Rv. 276272 – 01; Sez.3, n. 33602 del 24/04/2015, Rv. 265043 – 01; Sez.3, n. 19011 del 11/02/2015, Rv.263554 – 01.).
Nè coglie nel segno il richiamo in ricorso, a supporto del diverso assunt difensivo del dictum di SU n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286155 – 01).
Le Sezioni Unite, nella predetta sentenza, hanno affermato il seguente principio di diritto: «Nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono ess prodotti dalle parti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richies originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello». In motivazione le Sezi Unite hanno precisato che al giudice dell’appello è consentito soltanto acquisire documentazione fornita dalle parti relativa agli elementi informativi “precostituit escludendo che egli possa esercitare poteri istruttori funzionali alla formazione acquisizione di elementi nuovi da utilizzare per il giudizio, richiamando, conferma, la disposizione di cui all’art. 299, comma 4 ter, cod. proc. pen., attribuisce, solo in via eccezionale, il potere di disporre anche d’uf accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità person dell’imputato, e così confermando quanto già affermato da Sez.U, n. 18339 del 31/03/2004, COGNOME Rv.227357 – 01.
Da tanto discende l’inconferenza della deduzione difensiva.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di legittimità ha già da tempo chiarito che, in tema d sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta ex art. 12-bis d.lgs. 10 ma 2000, n. 74, ove l’esecuzione avvenga su danaro giacente presso una banca, è legittima l’apprensione, fino all’importo indicato nella statuizione giudiziaria, a delle somme accreditate successivamente alla sua notifica e dopo che la banca abbia reso la prima dichiarazione in ordine alle giacenze ai sensi dell’art. 547 c proc. civ., non ostandovi la disciplina relativa alle formalità di esecuzione d misura, giacché le disposizioni del codice di procedura civile, richiamate dall’a 104 disp. att. cod. proc. pen. in quanto compatibili, non impediscono al terzo rendere più dichiarazioni, pur in assenza di nuove notifiche del provvedimento impositivo (Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283714 – 02; Sez. 3 n. 41589 del 16/05/2023, Rv. 285168 – 01).
Il ricorrente neppure si confronta criticamente con tale orientamento consolidato, risultando la censura non solo manifestamente infondata ma anche generica.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 co proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 08/10/2024