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Sequestro preventivo: limiti dell’OEI e profitto

La Corte di Cassazione interviene su un caso di sequestro preventivo per bancarotta fraudolenta, chiarendo i confini tra l’Ordine Europeo di Indagine (OEI) e l’esecuzione di misure cautelari reali all’estero. La Corte ha rigettato il motivo di ricorso sull’abuso dell’OEI, specificando che la sua funzione è di ricerca della prova e non di esecuzione del sequestro, che avviene tramite altri strumenti. Ha invece accolto parzialmente il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza per motivazione apparente riguardo all’attribuzione di una parte del profitto del reato alla società ricorrente, in relazione a una complessa operazione di novazione contrattuale.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: la Cassazione sui Limiti dell’OEI e sull’Identificazione del Profitto

Introduzione: Un caso complesso di finanza e diritto

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 40344/2024, offre importanti chiarimenti in materia di sequestro preventivo nell’ambito di complessi reati societari, in particolare la bancarotta fraudolenta. La decisione analizza due questioni di grande rilevanza pratica: la corretta utilizzazione dell’Ordine Europeo di Indagine (OEI) e la precisa individuazione del profitto del reato quando questo transita attraverso diverse società di un gruppo. Questo pronunciamento è fondamentale per comprendere come gli strumenti di cooperazione internazionale e le misure cautelari reali debbano essere applicati in contesti di criminalità economica transnazionale.

I Fatti di Causa: Un’Operazione Finanziaria Sotto la Lente d’Ingrandimento

Al centro della vicenda vi è una complessa operazione finanziaria che ha portato al fallimento di una società italiana, precedentemente parte di un gruppo internazionale. Il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto un imponente sequestro preventivo finalizzato alla confisca per oltre 20 milioni di euro nei confronti di due società holding del gruppo, ritenute beneficiarie del profitto di una presunta bancarotta fraudolenta.

L’operazione contestata si articolava in due fasi:
1. Cessione di quote: Le quote della società poi fallita venivano cedute a una società veicolo, priva di mezzi propri. Il prezzo d’acquisto veniva pagato utilizzando fondi che, attraverso un articolato giroconto, provenivano dalla stessa società ceduta. In pratica, la società aveva finanziato la propria acquisizione, svuotando le sue casse a beneficio delle società venditrici del gruppo.
2. Novazione e vendita di macchinari: Un ingente credito vantato dalla società fallita nei confronti della società “cash pooler” del gruppo (derivante dal contratto di tesoreria centralizzata) veniva estinto attraverso un accordo novativo. Invece di ricevere denaro, la società fallita si vedeva estinguere il credito a fronte della cessione di propri macchinari e attrezzature ad un’altra entità del gruppo. Anche questa operazione veniva considerata distrattiva.

Il Sequestro Preventivo e le Doglianze della Ricorrente

La società holding, destinataria del sequestro, ha proposto ricorso in Cassazione lamentando principalmente due vizi:
* Uso improprio dell’Ordine Europeo di Indagine (OEI): La difesa sosteneva che la Procura avesse abusato dell’OEI, utilizzandolo non per la ricerca di prove, ma per eseguire materialmente il sequestro preventivo all’estero, finalità per cui lo strumento non sarebbe previsto.
* Errata individuazione del profitto: La ricorrente contestava di aver tratto un profitto dalle operazioni, sostenendo che i flussi finanziari fossero giustificati da validi titoli contrattuali e che, in ogni caso, il Tribunale avesse erroneamente moltiplicato il profitto, attribuendolo a più società quando invece l’eventuale vantaggio era unico.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso. Ha rigettato la censura relativa all’uso dell’OEI, ma ha annullato l’ordinanza con rinvio per un nuovo esame sulla seconda operazione distrattiva (la novazione), riscontrando un vizio di “motivazione apparente”.

Le Motivazioni della Sentenza

Sull’Ordine Europeo di Indagine (OEI)

La Corte ha chiarito una distinzione fondamentale: il titolo cautelare (il decreto di sequestro) e la sua esecuzione sono due momenti distinti. L’OEI in questione era stato emesso per richiedere alle autorità estere una perquisizione finalizzata a localizzare i beni da sequestrare. Questo rientra pienamente nella finalità di ricerca della prova propria dell’OEI. L’esecuzione del vincolo, invece, era avvenuta tramite un altro strumento di cooperazione, il Regolamento UE 2018/1805 sui provvedimenti di congelamento. Pertanto, non vi è stato alcun abuso: l’eventuale illegittimità nelle modalità esecutive all’estero non può viziare la legittimità del provvedimento di sequestro preventivo originario.

Sulla Nozione Unitaria del Profitto

Per quanto riguarda la prima operazione (cessione di quote), la Corte ha confermato la visione unitaria dei giudici di merito. L’intera sequenza di passaggi di denaro non è stata vista come una serie di atti separati e legittimi, ma come un’unica operazione preordinata a distrarre le risorse della società poi fallita. Il profitto, quindi, è rappresentato da quella somma, originariamente nella disponibilità della fallita, che è finita nel patrimonio delle società venditrici. Non vi è alcuna moltiplicazione del profitto, ma un unico profitto che si è spostato dall’ente depauperato ai beneficiari finali dell’operazione illecita, pienamente coinvolti nell’ideazione e attuazione del piano.

Sulla Carenza di Motivazione

Il punto di accoglimento del ricorso riguarda la seconda operazione, quella della novazione per la vendita dei macchinari. La Cassazione ha ritenuto che il Tribunale del riesame non avesse adeguatamente spiegato perché la società holding ricorrente avrebbe tratto un profitto da questa specifica transazione. L’ordinanza impugnata si era limitata a richiamare un generico vantaggio per l’intero gruppo e una clausola contrattuale che dava alle holding il potere di designare l’acquirente finale dei beni. Secondo la Corte, questa è una “motivazione apparente”, in quanto non dimostra in modo specifico e tangibile quale vantaggio economico concreto sia entrato nel patrimonio della ricorrente. Mancava una spiegazione logico-giuridica del nesso tra la condotta e l’effettivo accrescimento patrimoniale, rendendo necessario un nuovo giudizio sul punto.

Conclusioni

La sentenza ribadisce principi fondamentali per chi opera nel diritto penale dell’economia. In primo luogo, consolida l’idea che le complesse operazioni finanziarie debbano essere valutate nella loro globalità per svelarne la reale natura distrattiva. In secondo luogo, traccia un confine netto tra gli strumenti investigativi europei (come l’OEI) e quelli esecutivi, limitando le possibilità di contestare un provvedimento cautelare sulla base di presunte irregolarità avvenute nella fase di cooperazione internazionale. Infine, e questo è l’aspetto più rilevante per la difesa, riafferma un principio di garanzia essenziale: un sequestro preventivo deve fondarsi su una motivazione puntuale e specifica, che colleghi in modo non equivoco ogni soggetto destinatario della misura a un concreto e tangibile profitto del reato. Non basta un vago riferimento all’appartenenza a un gruppo societario per giustificare l’apposizione di un vincolo reale.

È possibile utilizzare un Ordine Europeo di Indagine (OEI) per eseguire un sequestro preventivo all’estero?
No. La sentenza chiarisce che l’OEI è uno strumento per la ricerca e l’acquisizione di prove (come una perquisizione per localizzare beni), non per l’esecuzione di una misura cautelare come il sequestro. L’esecuzione di un sequestro preventivo all’estero avviene tramite altri strumenti normativi europei, come il Regolamento UE 2018/1805 sui provvedimenti di congelamento.

In una complessa operazione di bancarotta che coinvolge più società, come si identifica il profitto del reato?
Secondo la Corte, l’operazione finanziaria va ricostruita in termini unitari. Il profitto non si moltiplica tra le varie società coinvolte, ma è unico e corrisponde al vantaggio economico complessivo derivante dall’illecito. Esso è costituito dalle somme che, pur transitando attraverso vari conti, vengono sottratte alla società fallita per confluire nel patrimonio dei soggetti che hanno ideato e beneficiato dell’operazione distrattiva.

Cosa significa “motivazione apparente” in un provvedimento di sequestro e quali sono le sue conseguenze?
Una “motivazione apparente” è una motivazione che esiste solo in apparenza, ma che nei fatti è così generica, tautologica o priva di argomenti specifici da non spiegare le ragioni reali della decisione. Nel caso di un sequestro, non è sufficiente affermare un generico vantaggio per un gruppo societario. È necessario dimostrare in modo concreto come la singola società destinataria del sequestro abbia ottenuto un profitto diretto dal reato. Una motivazione apparente vizia il provvedimento e ne comporta l’annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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