Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9147 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9147 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a Udine il 05/12/1968
avverso l’ordinanza del 15/04/2024 del Tribunale di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/04/2024, il Tribunale di Bologna rigettava l’appello cautelare proposto, nell’interesse di COGNOME terzo interessato, avverso l’ordinanza emessa in data 04/03/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, con la quale era stata rigettata l’istanza di revoca o riduzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna con decreto del 10/07/2023 in relazione al reato di cui all’art. 11 d.lgs 74/2000 (ed avente ad oggetto le quote sociali e l’intero compendio aziendale della società RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 12-bis d.lgs 74/2000, 321 e 125 cod.proc.pen.
Argomenta che la motivazione espressa dal Tribunale in ordine alla disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE in capo all’indagato NOME NOME era carente e contraddittoria in ordine alla circostanza che sarebbe stato il predetto ad aver fornito l’originaria provvista per la costituzione e capitalizzazione della predetta società; carente ed irragionevole era anche l’argomentazione che i figli fj dell’indagato, titolari delle quote societarie, avrebbeceduto a titolo gratuito la lor quota di partecipazione societaria alla seconda moglie dell’indagato, in quanto il mancato pagamento del prezzo pattuito poteva essere stato determinato da ritardo nel pagamento o da difficoltà economiche e l’assenza di un’attività di recupero crediti poteva essere giustificata dallo stretto rapporto familiare e di convivenza.
Erano errate in diritto, poi, le affermazioni che il terzo interessato non poteva contestare il fumus del reato tributario e la proporzionalità della misura cautelare.
Con il secondo motivo di ricorso deduce assenza di motivazione in ordine al tema dei mancati accertamenti sulla capacità reddituale dell’indagato NOME Domenico.
Argomenta che la difesa della ricorrente si era doluta che l’affermazione che sarebbe stato l’indagato a fornire l’originaria provvista per la costituzione e capitalizzazione della predetta società, non era stata suffragata da accertamenti reddituali in capo al predetto che giustificassero tale affermazione; sul punto la difesa aveva prodotto in sede di udienza camerale l’estratto conto storico
previdenziale dell’indagato dal quale si ricavava che lo stesso non aveva le risorse economiche necessarie, ma l’ordinanza era rimasta silente sul tema proposto, involgente anche la questione dell’onere probatorio a carico della Pubblica Accusa in ordine alle condizioni che dimostrino il carattere meramente formale dell’intestazione del bene e la disponibilità in fatto del giudicabile.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093; sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893).
Nella specie, la ricorrente articola doglianze che si sostanziano in censure di merito afferenti la motivazione esposta dal Tribunale a fondamento del provvedimento di rigetto dell’appello cautelare.
Il Collegio cautelare nell’ordinanza impugnata, nel disattendere le censure difensive qui riproposte, ha ampiamente argomentato in relazione alla disponibilità da parte dell’indagato delle quote sociali e del compendio aziendale della società RAGIONE_SOCIALE
Le censure mosse in questa sede dalla ricorrente sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nella formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito proporre in questa sede.
Manifestamente infondata, poi, è la doglianza con la quale si deduce l’erroneità in diritto della valutazione di inammissibilità operata dal Tribunale in ordine alle contestazioni mosse dalla ricorrente in ordine al presupposto del fumus boni iuris ed al profilo della proporzionalità della misura cautelare reale.
Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cos sequestrata non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l’inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l’indagato (Sez.3, n. 3034 del 14/11/2023, dep.24/01/2024,Rv.285746 – 01; Sez.3, n.
36347 del 11/07/2019, Rv.276700 – 01; Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, Rv. 268070, nonchè Sez. 6 del 13 agosto 2008 n. 16974, non rnassimata; Sez. 6 del 5 agosto 2016 n. 34704, e Sez. 6 del 12 maggio 2016 n. 21966, entrambe non massimate; Sez. 3, n 15139 del 20/02/2019 non massimata; da ultimo, Sez.6, n.826 del 2023, non massimata).
Tale principio trova applicazione nella fattispecie in esame, in quanto ricorrente, quale terzo interessato, estraneo al reato oggetto della provvi imputazione formulata in sede cautelare, ha proposto appello cautelare avvers l’istanza di revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta equivalente, contestando anche l’esistenza dei presupposti e la proporzional della misura cautelare reale.
Il terzo interessato, dunque, come correttamente argomentato dal Tribunale, non poteva avanzare in sede di appello cautelare profili di critica relativ concreta configurabilità del reato ed ai presupposti applicativi della mi cautelare reale, in quanto l’ambito del suo legittimo intervento, come so delineato e perimetrato, restava, invece, confinato alla affermazione della effet titolarità o disponibilità del bene sequestrato e alla dimostrazione della inesi di rapporti di collegamento con l’indagato.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 c proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 14/01/2025