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Sequestro preventivo: limiti del riesame sul titolo

Un indagato ha impugnato la conferma di un sequestro preventivo su una somma di denaro. Il Tribunale del Riesame, pur confermando la misura, ne aveva modificato la base giuridica, passandola da sequestro ordinario a sequestro finalizzato alla confisca allargata (art. 240-bis c.p.). La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il riesame non può alterare così radicalmente il titolo della misura cautelare, poiché ciò lede il diritto di difesa dell’interessato. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio basato sulla qualificazione giuridica originaria.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Il Tribunale del Riesame Non Può Cambiare le Carte in Tavola

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11815/2024) ha riaffermato un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa nell’ambito delle misure cautelari reali. La Corte ha stabilito che il Tribunale del Riesame, pur avendo il potere di confermare un sequestro preventivo per ragioni diverse da quelle indicate nel provvedimento originario, non può modificarne la natura giuridica, trasformandolo in una misura basata su presupposti completamente differenti. Questo intervento chiarisce i confini dei poteri del giudice del riesame e protegge l’indagato da mutamenti a sorpresa della base accusatoria cautelare.

I Fatti del Caso: Dal Sequestro Ordinario alla Confisca Allargata

La vicenda trae origine da un’ordinanza con cui il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) aveva disposto il sequestro preventivo di una somma di denaro pari a 16.910,00 euro, rinvenuta nell’abitazione di un soggetto indagato per gravi reati, tra cui l’associazione di tipo mafioso. Il sequestro era stato emesso ai sensi dell’art. 321, commi 1 e 2, c.p.p., ovvero sia come sequestro impeditivo sia come sequestro finalizzato alla confisca ordinaria.

L’indagato aveva presentato istanza di riesame. Il Tribunale, pur confermando il vincolo sulla somma, aveva operato una riqualificazione giuridica della misura. Anziché confermarla sulla base originaria, l’ha fondata sul diverso istituto della confisca allargata, previsto dall’art. 240-bis del codice penale. Questo cambiamento, tutt’altro che formale, ha spinto la difesa a ricorrere in Cassazione, lamentando una violazione del diritto di difesa.

La Decisione della Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Il motivo dell’annullamento è netto: il Tribunale ha ecceduto i suoi poteri. L’art. 309, comma 9, c.p.p. consente al riesame di confermare un provvedimento per ragioni diverse, ma non di adottarne uno nuovo, fondato su un titolo giuridico differente che altera la natura stessa della misura cautelare.

Le Motivazioni: Violazione del Diritto di Difesa

La Corte ha spiegato che il passaggio da un sequestro finalizzato alla confisca ordinaria (art. 240 c.p.) a uno funzionale alla confisca allargata (art. 240-bis c.p.) non è una semplice integrazione motivazionale, ma una vera e propria mutazione genetica della misura. I due istituti, infatti, poggiano su presupposti logico-giuridici distinti e incompatibili.

* Confisca ordinaria: Colpisce i beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo diretto del reato per cui si procede.
* Confisca allargata: È una misura di sicurezza patrimoniale che si applica a determinati reati e colpisce beni di valore sproporzionato rispetto al reddito del soggetto, dei quali non sia possibile giustificare la legittima provenienza. Si basa su una presunzione di accumulo illecito di ricchezza.

Modificando il titolo, il Tribunale ha imposto all’indagato un onere probatorio completamente diverso (quello di giustificare la provenienza lecita del denaro), senza che egli avesse potuto articolare una difesa specifica su questo punto. In pratica, l’imputato si è trovato di fronte a un provvedimento cautelare nuovo, privato della possibilità di contestarne i presupposti in un grado di giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce un principio di civiltà giuridica: il contraddittorio e il diritto di difesa devono essere pienamente garantiti anche nella fase cautelare. Il Tribunale del Riesame ha il compito di controllare la legittimità e il merito del provvedimento impugnato, non di sostituirlo con uno nuovo e diverso. La sentenza fissa un paletto invalicabile: è possibile integrare o correggere la motivazione, ma non è consentito alterare la struttura e la natura della misura cautelare in pregiudizio dell’indagato. Di conseguenza, il giudice del rinvio dovrà ora rivalutare la legittimità del sequestro esclusivamente sulla base dei presupposti originari indicati dal G.i.p.

Può il Tribunale del Riesame modificare la base giuridica di un sequestro preventivo?
No, non può farlo se il cambiamento altera sostanzialmente la natura della misura. Può confermare il provvedimento per ragioni diverse, ma non può fondarlo su un titolo giuridico completamente differente da quello originario, come passare da un sequestro finalizzato alla confisca ordinaria a uno finalizzato alla confisca allargata (art. 240-bis c.p.).

Perché cambiare il titolo da sequestro ordinario a sequestro per confisca allargata viola il diritto di difesa?
Perché la confisca allargata e la confisca ordinaria si basano su presupposti totalmente diversi. La prima è una misura di sicurezza che si fonda su una presunzione di illecita provenienza dei beni, mentre la seconda è legata direttamente al reato. L’indagato si trova a dover fronteggiare un’accusa cautelare nuova, senza aver avuto la possibilità di difendersi specificamente sui relativi presupposti.

Qual è la differenza fondamentale tra confisca ordinaria e confisca allargata citata nella sentenza?
La confisca ordinaria (art. 240 c.p.) riguarda beni che sono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato. La confisca allargata (art. 240-bis c.p.), invece, è una misura di sicurezza atipica che colpisce beni di valore sproporzionato rispetto al reddito del condannato per specifici reati, dei quali non si riesce a giustificare la lecita provenienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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