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Sequestro preventivo: limiti alla confisca del denaro

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di un sequestro preventivo di denaro. La somma, trovata insieme a sostanze stupefacenti, non è stata ritenuta profitto del reato contestato (detenzione ai fini di spaccio) in assenza di prove di cessioni avvenute. La Corte ha inoltre stabilito che il giudice del riesame non può modificare d’ufficio la qualificazione giuridica del sequestro, ad esempio trasformandolo in una confisca per sproporzione, poiché ciò violerebbe il diritto di difesa dell’indagato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando il Denaro Trovato con la Droga Non Può Essere Sequestrato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di sequestro preventivo di somme di denaro rinvenute in contesti di detenzione di stupefacenti. La decisione chiarisce i limiti del potere del giudice e la necessità di un rigoroso collegamento tra il denaro e il reato contestato, offrendo spunti fondamentali per la difesa penale. Analizziamo insieme questo caso per capire le logiche giuridiche applicate e le loro conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’operazione di polizia giudiziaria che portava al sequestro d’urgenza di circa 100 grammi di hashish e di una somma di 13.630,00 euro in banconote di piccolo e medio taglio, trovati in possesso di un giovane. L’indagato veniva accusato del reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio (art. 73, comma 4, D.P.R. 309/1990).

Successivamente, il Tribunale del Riesame, accogliendo le argomentazioni della difesa, annullava il provvedimento di sequestro del denaro. La motivazione del Tribunale si fondava sull’assenza di un nesso di pertinenzialità diretto tra la somma e il reato contestato. Poiché all’indagato era imputata la sola ‘detenzione’ e non precedenti episodi di ‘cessione’ di droga, il denaro non poteva essere qualificato automaticamente come profitto, prodotto o prezzo del reato.

Il Pubblico Ministero, non condividendo tale conclusione, proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel non considerare la somma come profitto di pregresse attività di spaccio e, in subordine, per non aver riqualificato il sequestro come finalizzato alla cosiddetta ‘confisca allargata’ per sproporzione, data la situazione economica precaria dell’indagato.

La Decisione della Corte di Cassazione e i limiti del sequestro preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, confermando di fatto la decisione del Tribunale del Riesame. La sentenza si basa su due pilastri argomentativi di fondamentale importanza nel diritto processuale penale.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte di Cassazione offrono una chiara lezione sui presupposti del sequestro preventivo e sui poteri del giudice del riesame.

1. Distinzione tra Detenzione e Spaccio Effettivo

Il primo punto cruciale riguarda la natura del reato contestato. La Corte ha sottolineato che si procedeva per ‘detenzione ai fini di spaccio’ e non per ‘cessione’. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il ‘profitto’ di un reato è il vantaggio economico che deriva direttamente dalla sua commissione. Nel caso della detenzione, l’azione illecita consiste nel possedere la sostanza; un profitto economico si genera solo con l’atto successivo della vendita. In assenza di contestazioni su specifiche cessioni, il denaro trovato insieme alla droga non può essere automaticamente considerato il profitto di quel reato, ma al massimo un’ipotesi investigativa che necessita di ulteriori prove. Pertanto, mancava il presupposto fondamentale per il sequestro finalizzato alla confisca diretta ai sensi dell’art. 240 c.p.

2. I Limiti alla Riqualificazione del Sequestro Preventivo da parte del Giudice

Il secondo argomento, altrettanto rilevante, concerne la richiesta del PM di riqualificare il sequestro. Il Pubblico Ministero aveva chiesto un sequestro per confisca diretta, basato sul legame tra il denaro e il reato. In sede di ricorso, ha suggerito che il Tribunale avrebbe dovuto considerare la confisca ‘allargata’ (o per sproporzione) di cui all’art. 240-bis c.p., che si fonda su presupposti diversi: la sproporzione tra i beni posseduti e il reddito dichiarato. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio garantista fondamentale: il giudice del riesame non può modificare d’ufficio la natura del sequestro, trasformandolo da diretto a per sproporzione. Tale operazione violerebbe il diritto di difesa dell’indagato, il quale si troverebbe a doversi difendere da un’accusa ‘cautelare’ diversa e basata su presupposti di fatto (la sproporzione economica) non discussi nel contraddittorio iniziale.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza due garanzie fondamentali. In primo luogo, stabilisce che la mera concomitanza tra il possesso di denaro e di sostanze stupefacenti non è sufficiente a giustificare un sequestro preventivo del denaro come profitto del reato, se il reato contestato è la sola detenzione. È necessario che l’accusa fornisca elementi concreti che colleghino quella somma a specifiche attività di spaccio. In secondo luogo, traccia una linea invalicabile per il giudice del riesame, il quale non può ‘salvare’ un sequestro infondato cambiandone la natura giuridica, introducendo d’ufficio temi d’indagine e presupposti non originariamente contestati. Questa decisione rappresenta un importante baluardo a tutela del diritto di difesa e del principio del contraddittorio nelle procedure cautelari reali.

Perché il sequestro del denaro è stato annullato in questo caso?
Il sequestro è stato annullato perché il reato contestato era la ‘detenzione ai fini di spaccio’ e non la ‘cessione’ di stupefacenti. Di conseguenza, secondo la Corte, non era stato provato il nesso di pertinenzialità, ovvero il legame diretto tra il denaro rinvenuto e la commissione di uno specifico reato che avesse generato un profitto.

Il denaro trovato insieme a sostanze stupefacenti può essere considerato automaticamente profitto del reato?
No. La sentenza chiarisce che la semplice concomitanza non è sufficiente. Per considerare il denaro come profitto confiscabile ai sensi dell’art. 240 c.p., l’accusa deve dimostrare che quella somma deriva direttamente dalla commissione del reato contestato. Se si contesta solo la detenzione, manca la prova che il denaro sia il risultato di una vendita.

Il giudice del riesame può modificare la motivazione giuridica di un sequestro preventivo?
No, il giudice del riesame non può riqualificare d’ufficio un sequestro, facendolo passare da una tipologia (es. per confisca diretta del profitto) a un’altra con presupposti diversi (es. per confisca allargata per sproporzione). Ciò costituirebbe una violazione del diritto di difesa, poiché introdurrebbe nel procedimento un tema di fatto e di diritto nuovo, sul quale l’interessato non ha potuto interloquire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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