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Sequestro preventivo: l’accordo privato non basta

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale del riesame che aveva revocato un sequestro preventivo su un ingente pacchetto azionario. Le azioni erano state acquisite dagli indagati tramite una presunta firma falsa. Il Tribunale aveva ritenuto che un successivo accordo transattivo tra gli indagati e gli altri eredi avesse eliminato il ‘periculum in mora’, ovvero il pericolo che giustifica la misura cautelare. La Cassazione ha ribadito che il reato di falso lede la fede pubblica, un interesse che trascende gli accordi privati. Pertanto, la disponibilità dei beni, frutto del reato, continua a rappresentare un pericolo di aggravamento delle conseguenze del crimine, giustificando il mantenimento del sequestro preventivo. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo e reato di falso: la transazione privata non esclude il pericolo per la collettività

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di misure cautelari reali: un accordo privato tra le parti non è sufficiente a far venir meno le esigenze di tutela che giustificano il sequestro preventivo, specialmente quando è in gioco un reato come il falso che offende la fede pubblica. L’analisi di questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere la distinzione tra gli interessi privatistici e quelli pubblicistici nel diritto penale.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria trae origine dal presunto trasferimento illecito di un cospicuo pacchetto azionario di un’importante società per azioni del settore alimentare. Tre fratelli, indagati per il reato di falso, avrebbero acquisito la nuda proprietà delle azioni di una loro parente attraverso una firma di girata ritenuta non autentica. A seguito di ciò, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo dei titoli azionari.

Successivamente, gli indagati e altri coeredi, che avrebbero potuto essere danneggiati dall’atto falso, avevano stipulato una transazione. Con questo accordo, i coeredi riconoscevano la piena proprietà delle azioni in capo ai tre fratelli, rinunciando a ogni pretesa civile o penale. Forte di questo accordo, il Tribunale del Riesame aveva annullato il sequestro, ritenendo che la transazione avesse eliminato ogni ‘periculum in mora’, ovvero il pericolo concreto che la misura cautelare mira a neutralizzare. Il Pubblico Ministero ha impugnato tale decisione, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione: il sequestro preventivo e la lesione della fede pubblica

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando con rinvio la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno censurato l’operato del Tribunale del Riesame per aver erroneamente fatto coincidere le conseguenze penali del delitto di falso con le sole ragioni di danno civile, ormai superate dalla transazione.

Il punto centrale della sentenza è che i reati contro la fede pubblica, come il falso, hanno una natura ‘plurioffensiva’. Essi non ledono solo gli interessi patrimoniali dei soggetti privati direttamente coinvolti, ma anche e soprattutto l’interesse pubblico alla genuinità e veridicità dei documenti destinati a circolare e a produrre effetti giuridici. Un accordo privato, sebbene possa risolvere le controversie civili, non può ‘sanare’ l’offesa arrecata alla collettività.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che il periculum in mora deve essere valutato non solo in relazione ai possibili danni ai singoli, ma anche rispetto al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato stesso. Nel caso di specie, i titoli azionari, ottenuti tramite un atto falso, continuano a essere il prodotto del reato. Lasciarli nella libera disponibilità degli indagati potrebbe consentire loro di compiere ulteriori atti dispositivi (come vendite o cessioni), immettendo nel circuito economico beni di provenienza illecita e perpetuando così gli effetti dannosi del falso.

Il Tribunale del Riesame, secondo la Cassazione, ha trascurato di valutare questo profilo pubblicistico. Si è concentrato unicamente sull’accordo tra gli eredi, omettendo di considerare che il delitto di falso aveva permesso agli indagati, per un lungo periodo, di disporre dei titoli, incassare dividendi e, infine, stipulare la stessa transazione partendo da una posizione di titolarità acquisita illecitamente. La Corte ha quindi disposto un nuovo giudizio, ordinando al Tribunale di valutare se la disponibilità delle azioni possa ancora ‘aggravare o protrarre le conseguenze’ del reato contestato, tenendo conto dell’offesa alla fede pubblica e non solo degli accordi tra le parti private.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce con forza che il sequestro preventivo è uno strumento a tutela di interessi che possono trascendere la sfera privata dei soggetti coinvolti. In presenza di reati che ledono beni giuridici collettivi, come la fede pubblica, la valutazione del periculum non può essere limitata alla composizione dei dissidi tra privati. Un accordo transattivo può chiudere una lite civile, ma non cancella la pericolosità insita nel mantenere in circolazione i proventi di un reato. Il giudice del rinvio dovrà quindi effettuare una nuova e più approfondita analisi, conformandosi ai principi di diritto enunciati dalla Cassazione.

Perché è stato originariamente disposto il sequestro preventivo delle azioni?
Il sequestro è stato disposto perché vi era il sospetto (fumus commissi delicti) che le azioni fossero state acquisite dagli indagati attraverso un reato di falso, ossia l’utilizzo di una firma di girata non autentica. Lo scopo era impedire che la disponibilità di questi beni potesse aggravare le conseguenze del reato.

Un accordo privato tra le parti può annullare un sequestro preventivo per reato di falso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un accordo privato (transazione) può risolvere le questioni di danno civile tra le parti, ma non elimina l’offesa alla fede pubblica, che è un interesse collettivo. Pertanto, il pericolo che giustifica il sequestro (periculum in mora) può continuare a sussistere anche dopo l’accordo.

Cosa deve valutare il giudice per decidere sul mantenimento di un sequestro preventivo in un caso di falso?
Il giudice deve valutare se la libera disponibilità dei beni, ottenuti tramite il presunto reato, possa concretamente aggravare o protrarre le conseguenze del reato stesso. Questa valutazione non deve limitarsi al pregiudizio per i privati, ma deve considerare l’impatto sulla fede pubblica e il rischio che i beni di provenienza illecita continuino a circolare e a produrre effetti giuridici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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