Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13190 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Altamura il 16.7.1980
avverso la ordinanza in data 19.4.2024 del Tribunale di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore General Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con r n /io in accoglimento del secondo motivo del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 19.4.2024 il Tribunale di Bari, adito in siKle di riesame, ha confermato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca sia iiretta che per equivalente, della somma di C 147.705,47, corrispondente al rofitto conseguito da NOME COGNOME indagato del reato di cui all’art. 3 d. Igs. . 7 q2000 per aver, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, indicat) nelle dichiarazioni Irpef relative agli anni di imposta compresi tra il 2016 e i 2019 elementi attivi inferiori a quelli effettivi, utilizzando un software appositament ideato dal coindagato NOME COGNOME titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, per fornire una falsa rappresentazione della contabilità. Il mecca -ii;rino in
questione consentiva, secondo la ricostruzione dei giudici del riesame, di gastire un sistema di contabilità cd. ufficiale, accessibile a tutti tramite la schermal:a del computer, in cui venivano registrate le sole prestazioni per le quali era stata emessa regolare fattura, ed uno ufficioso, accessibile solo al titolare e agli addetti alle operazioni in possesso della relativa password, mediante un sistema schermato, in cui venivano annotate tutte le prestazioni rese e i corrispettivi incassati, indipendentemente dalla loro fatturazione, così da evitare che l’Amministrazione finanziaria, in caso di controllo, si accorgesse del sisteina di doppia contabilità.
Avverso il suddetto provvedimento l’indagato ha proposto, per il :namite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. GLYPH Il primo motivo concerne la ricostruzione del reddito impDilibile, venendo contestato il computo delle spese e dei costi accertati. Sostiene la difesa che nel caso di accertamento induttivo puro, quale quello eseguito nel zso di specie, in cui l’amministrazione finanziaria riconosce, a dire renza dell’accertamento analitico, una deduzione in misura percentuale dei costi di produzione, il contribuente è esentato dall’onere di dimostrare i costi soste luti e rileva conseguentemente la violazione dell’art. 39 del d.P.R. 600/1973. Larlenta in ogni caso che il giudice della cautela reale, non essendo vincolato alle valut: azioni compiute in sede di accertamento fiscale, non abbia proceduto alla valuti:: zione degli elementi induttivi emersi per trarne elementi probatori sul piano penale.
2.2. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 3 d. Igs. 74/2000, il mancato superamento della soglia di pur ibili fissata in C 30.000 per ciascuna annualità essendosi l’indagato avvalso dela cd. tregua fiscale prevista dalla legge di bilancio 2023 con l’impegno in a.:k: sione all’accertamento dell’amministrazione finanziaria, dalla quale emerge che ne suna annualità supera il valore della soglia fissata ex lege, al versamento per titte le annualità in contestazione di un importo suddiviso in 20 rate trimestrali. Contesta, pertanto, l’affermazione resa dal Tribunale del riesame secondo cui il cDinputo delle spese e dei costi correlati ai maggiori compensi eseguito dalla difesa non possa ritenersi corretto, rilevando che in ogni caso nessuna indicazione sia stata fornita in ordine agli errori commessi, né al calcolo che avrebbe dovuto essere eseguito.
2.3. Con il terzo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 321 cod. proc. pen., la ravvisabilità del periculum in mora fcndat dai giudici del riesame sulla protrazione da parte dell’indagato dell’attività professionale, sulla mancata produzione della documentazione afferente a costi sostenuti e sull’esiguità della somma versata all’Erario a seguito della corcordata rateizzazione. Rileva, al contrario, come il versamento delle rate di impDsta sia
garanzia della serietà dell’adempimento e della conseguente insussisleiza di un pericolo di dispersione del danaro, non risultando il parametro dell’esigenza anticipatoria della confisca perciò supportato da alcuna idonea motivaziene.
All’udienza fissata il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME non è comparso senza aver addotto alcun impedimento, quantunque fosse stata dal medesimo richiesta con istanza inoltrata via pec in data 30.12.2024 la tr3ttazione orale del procedimento
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Sovvertendo l’ordine di indicazione dei motivi in ragione della ‘flicessaria sequenza logica cui deve uniformarsi il giudizio di legittimita, deve preliminarmente rilevarsi la manifesta infondatezza del secondo motivo.
Ed invero l’accertamento per adesione eseguito dall’indagato, oper3ndo sul piano meramente amministrativo e dunque su un binario del tutto diverso da quello penale, non può essere assunto quale base di accertamento ce reddito imponibile: si tratta di una condizione di maggiore favore per il contribuente, che può usufruire, oltre che di una riduzione più vantaggiosa della misura sanzionatoria ordinariamente applicabile con riduzione, anche degli i -Il:eressi e delle some iscritte al ruolo, nonché di maggior tempo per poter rati. ,izzare i versamenti.
L’autonomia del processo penale da quello amministrativo, sancita dall’art. 20, d.lgs. n. 74 del 2000, secondo cui “il procedimento amministr3tivo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la imndenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti dal cui accerl armento comunque dipende la relativa definizione”, non può non valere anche ai ‘ini, che qui che qui rilevano, dell’individuazione dell’ammontare dell’imposta evasa per l’adozione e il mantenimento del provvedimento cautelare in funzi y e della confisca, nei casi di raggiunti accordi conciliativi con l’erario. In altri tern’ l ammettersi che il giudice penale ben possa, sulla scorta di elementi di fatto, discostarsi – non essendo prevista dall’ordinamento processuale pe le, pur informato al principio di atipicità dei mezzi di prova, alcuna pregiudiziale tributa – dalla quantificazione del profitto come risultante dalla conclusione cli accord conciliativi con l’agenzia delle entrate, purché l’esercizio di tale autonornc poter venga supportato da congrua motivazione (così Sez. 3, Sentenza n. 50157 del 27/09/2018, Fiusco, Rv. 275439). E certamente non può sostenersi, sulla base dell’ampia motivazione fornita dal Tribunale barese che ha punt.idmente evidenziato come la richiesta di accertamento con adesione si sia basata su una serie di costi “in nero” dedotti dall’istante non suffragati da alcun acce -tamento effettivo, ovverosia “esclusivamente applicando una percentuale di incidenza sui
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ricavi di alcuni dei costi contabilizzati dall’indagato”, che, sul punto, il supp giustificativo sia carente.
2. Conseguentemente nessun rilevo riveste ai fini del procedimentD in esame l’indicazione, nell’accertamento con adesione perfezionatosi tra il rici:: ,rrente e l’amministrazione finanziaria, dell’imposta evasa, che rispondendo a criteri di agevolazione finalizzati all’incameramento sia pur parziale dei tributi evasi da parte dell’Erario, non elimina, passando alla disamina del primo motivo, lF mancata dimostrazione dei costi di esercizio sostenuti.
Se è vero che alla ricostruzione del reddito dell’impresa nell’esi::rcizio d competenza concorrono anche le spese e gli altri componenti negativi, ciò non toglie che questi debbano, secondo quanto già reiteratamente affermato da questa Corte, essere certi o comunque determinabili in modo obiettivo (art. 1C9 comma 1, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), non potendo essere purEimente e semplicemente presunti; spetta en perciò all’imputato che lamenti la – nancata deduzione dei costi ad essi inerenti, provarne l’esistenza (artt. 187 e 1.90, cod. proc. pen.), o quanto meno allegare elementi dai quali sia possibile, in coiformità al principio di atipicità dei mezzi di prova operante nel processo penale, nferirne la sussistenza (Sez. 5, Sentenza n. 40412 del 13/06/2019, COGNOME, R”. 277120 che ha respinto l’eccezione difensiva di inesatta determinazione dei debiti tributari causativi del dissesto, dovuta alla mancata valutazione dei costi dedl c bili, per essere gli stessi non ricostruibili a causa dell’omessa tenuta delle scrittur ,:! c.ontabili e dell’assenza di ulteriori elementi dimostrativi dei relativi esborsi; nché termini Sez. 3, Sentenza n. 8700 del 16/01/2019, Holz, Rv. 275856).
Nulla di tutto ciò è accaduto nel caso di specie, in cui alla richiesta :la par degli operatori conducenti l’accertamento tributario della documentazion ,E! ‘lei costi sostenuti dal COGNOME non ha fatto seguito da parte di costui alcuna pryluzione, né comunque l’allegazione elementi fattuali dai quali l’esistenza di tali cast poteva essere desunta. Il che esclude che la PG delegata alle indagini abbia fatto ricorso, a differenza di quanto poi accaduto con l’accertamento con adesione, al metodo induttivo contabilizzando costi presunti come il ricorrente inopinatament€ afferma, essendosi invece limitata a considerare i soli costi documentati ed annotati nelle scritture contabili: scelta questa compiutamente motivata dalla natura professionale dell’attività svolta da costui, esercente uno studio odontoia :rico, tal da escludere “una stretta correlazione tra le spese sostenute e i (cmpensi percepiti”, senza che alcuna confutazione sia stata svolta sul punto dalla difesa.
Chiarito che nella ricostruzione del reddito imponibile e nella conE;(: guente quantificazione dell’imposta evasa non è stato fatto alcun uso nel calcolo cei costi di deduzioni forfettarie, essendosi al contrario puntualmente seguito i netodo analitico, nessun pregio rivestono le contestazioni difensive che verrebbero ricondurre l’accertamento induttivo alla condotta postuma del contibuente,
ovverosia alla conciliazione con l’amministrazione finanziaria cui costui è addivenuto dopo la verifica fiscale da cui è scaturito il presente proceda ento.
Quanto alle contestazioni svolte in merito al periculum in occorre rilevare che, a dispetto del nomen juris della rubrica, le devolute itoglianze attaccano, peraltro in termini del tutto aspecifici, la motivazione resa dai giudic della cautela, venendo genericamente contestate le ragioni poste a fondamento della funzione anticipatoria sottesa al sequestro finalizzato alla confisca
Da un canto il ricorrente si duole dell’omessa considerazione del palamento già eseguito delle rate di imposta articolando una censura che sul piano motivazionale tralascia integralmente il rilievo, compiutamente messo ir evidenza dall’ordinanza in esame, che, invece, il provvedimento di sequestro fosse stato già parzialmente revocato dal giudice procedente per la parte corrisponce – ite agli importi versati nell’ambito del piano di rateizzazione disposto con l’accert amento con adesione, e che in punto di diritto rivela la sua manifesta infondatezz 3 avuto riguardo alla formulazione dell’art. 12 bis d. Igs. 74/2000 vigente al ir )mento dell’emissione della misura, come del resto anche della pronuncia impugrata. La previsione contenuta nel secondo comma, secondo cui la confisca diret:a o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro pr2yentivo ad essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 424 70 del 13/07/2016, COGNOME, Rv. 268384; Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsett), Rv. 266037). Si è specificato, in particolare, che la locuzione “non opera” non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata, ma che la stessa non divenga, più semplicemente, efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno salvo ad essere “disposta”, come ecita il comma 2 dell’art. 12-bis cit., allorquando l’impegno non venga rispettat ) e il versamento “promesso” non si verifichi. Ed invero, come già più volte chiarito, solo l’integrale pagamento del debito tributario, in virtù della necessità di ei ,itare la sostanziale duplicazione dello stesso, può condurre alla non operatività della confisca e, correlativamente, alla obliterazione del sequestro imposto a t,r;i1 fine, essendo invece insufficiente la mera ammissione ad un piano rateale di paga IT ento o il parziale pagamento effettuato a tale ultimo titolo (Sez. 3, n. 56,3:1 de 27/11/2013, COGNOME, Rv. 258691, nonché in motivazione Sez. 3, Sente n. 50157 del 27/09/2018, Fiusco, cit.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Dall’altro canto, la difesa rivolge censure del tutto generiche alla sussistenza del pericolo di dispersione del patrimonio senza neppure individuare ì beni colpiti dal vincolo reale, né superare il rilievo, per vero dirimente, speso dal Tribunale del
riesame relativo alla mancata indicazione di elementi volti a scongiurare il rischio di aggravamento dell’illecito, nulla venendo indicato dal ricorrente neanche in merito ad altre garanzie patrimoniali o comunque alle sue condizioni fi -kAziarie o reddituali, stante il protrarsi dell’attività professionale svolta e l’ome documentazione dei costi sostenuti
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, seguendo a tale esito a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, ravvisandosi profili di cc: pa nella determinazione della causa di inammissibilità, in favore della Czis3a delle ammende, della somma, equitativamente fissata come da dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamer to delle spese processuali e della somma di € 3.000 in favore della Cassa delle Ammende Così deciso il 14.10.2024