Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30304 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30304 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME
Sent. n. sez. 626/2025 CC – 09/04/2025 R.G.N. 42455/2024
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nata a Torino il 18/01/1983, avverso l’ordinanza in data 24/10/2024 del Tribunale di Catanzaro, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 24 ottobre 2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha rigettato l’appello cautelare (RG Reali 125/24) proposto da NOME COGNOME in qualità di terza interessata, avverso l’ordinanza in data 21 maggio 2024 con cui la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo, disposto in data 26 aprile 2021 dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro e avente a oggetto i beni nella sua titolarità ma ritenuti nella sostanziale disponibilità del marito NOME COGNOME, assoggettato pure a sequestro di prevenzione patrimoniale, perchØ pericoloso ai sensi dell’art. 4, lett. a) e b) d.lgs. n. 159 del 2011.
La ricorrente, nella qualità di terza interessata alla restituzione dei beni sequestrati nell’ambito del procedimento a carico del marito, ha presentato due ricorsi per cassazione di identico tenore avverso due separate ordinanze emesse dal Tribunale del riesame in pari data, una relativa al fascicolo RG Reali 125/24, oggetto del presente ricorso per cassazione (RG 42455/24) e l’altra relativa al fascicolo RG Reali 121/24, oggetto del ricorso per cassazione rubricato al numero di RG 42457/24.
La ragione della presentazione di due separati ricorsi Ł dipesa dalla scelta difensiva originaria di chiedere la restituzione dei beni sia al G.i.p., competente sul sequestro preventivo, che però trasmetteva gli atti alla Corte di appello ove pendeva il processo penale a carico del COGNOME, sia al Giudice dell’esecuzione, sul presupposto che il COGNOME non aveva impugnato il capo della confisca. Entrambe le istanze sono state decise, dunque, dalla Corte di appello in data 21 maggio 2024 con due separati provvedimenti di rigetto. La ricorrente ha presentato un appello cautelare (RG Reali 121/24) e un’opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., riqualificata dalla Corte di appello come appello cautelare e trasmesso al Tribunale del riesame (RG Reali 125/24).
Il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame ha rigettato l’appello cautelare, così riqualificata l’opposizione, Ł affidato a tre motivi, ovvero, la violazione di norme processuali perchØ l’ordinanza non aveva tenuto conto degli elementi di novità allegati all’istanza di restituzione (primo motivo), la violazione di norme processuali e il vizio di motivazione per aver solo apparentemente motivato allorchØ era stata negata rilevanza ai fatti sopravvenuti che avevano eliso i presupposti applicativi del sequestro preventivo (secondo motivo), la violazione del bis in idem per il cumulo del sequestro di prevenzione del d.lgs. n. 159 del 2011 con il sequestro preventivo dell’art. 321 cod. proc. pen., sebbene la revoca della misura di prevenzione costituiva pur sempre un fatto rilevante ai sensi dell’art. 321, comma 3, cod. proc. pen. per la revoca anche del sequestro preventivo (terzo motivo), la violazione di norme processuali e il vizio di motivazione perchØ non era stato valutato l’elemento nuovo della revoca della misura di prevenzione ai fini della valutazione della sussistenza dei presupposti del fumus e del periculum del sequestro preventivo (quarto motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato.
E’ pacifico in fatto che sugli stessi beni intestati formalmente a NOME COGNOME siano coesistiti, per un certo periodo, sia il sequestro preventivo antimafia, a carico del marito NOME COGNOME, disposto con decreto della Sezione delle misure di prevenzione del Tribunale di Catanzaro, in data 7 febbraio 2023, sia il sequestro penale nell’ambito del procedimento penale sempre a suo carico per i reati degli art. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990, e che con decreto del 19 febbraio 2024, depositato l’11 marzo 2024, la stessa Sezione delle misure di prevenzione ha revocato il sequestro di prevenzione sui beni formalmente intestati a NOME COGNOME facendo salvo il sequestro penale, non essendo stata accertata, alla luce della nuova documentazione prodotta, la riconducibilità di tali beni al COGNOME.
E’ altresì pacifico che NOME Ł stato condannato per i reati degli art. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e che nella sentenza di condanna il G.u.p. ha disposto la confisca dei beni intestati alla COGNOME, ai sensi dell’art. 240bis cod. pen.
Tutti e quattro i motivi del ricorso per cassazione, da diverse angolazioni, pongono lo stesso problema dell’interferenza sul sequestro penale, oggi confisca, della revoca della misura di prevenzione patrimoniale. Secondo la ricorrente, premesso il principio del divieto del bis in idem delle misure cautelari reali, non possono ignorarsi le ragioni della revoca del sequestro antimafia ai fini del mantenimento del sequestro penale.
Sul punto del bis in idem , oggetto della prima parte del terzo motivo, si osserva che l’ordinamento contempla la coesistenza di plurimi vincoli su un medesimo bene, anche civili e penali allo stesso tempo. A livello normativo, si ricordano, tra gli interventi piø significativi, il
Testo Unico antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011) che si occupa di disciplinare, agli art. 30 e seguenti, i rapporti delle misure di prevenzione patrimoniali con i sequestri penali e, agli art. 52 e seguenti, i rapporti con le procedure concorsuali, e il Codice dell’insolvenza (d.lgs. n. 14 del 2019) che si occupa di regolare i rapporti tra la liquidazione giudiziale e le misure cautelari penali. In giurisprudenza, si vedano, ex plurimis , sul rapporto tra il sequestro preventivo e il conservativo, Sez. 2, n. 37983 del 01/12/2020, P., Rv. 280512 – 01; tra il sequestro preventivo e il probatorio, Sez. 6, n. 12544 del 12/02/2020, COGNOME, Rv. 278733 – 01; tra il sequestro civile e il penale, Sez. 3, n. 40323 del 20/06/2024, COGNOME, Rv. 287179-01; tra il sequestro preventivo antimafia e il fallimento, Sez. 1, n. 16797 del 22/03/2011, COGNOME, Rv. 250327-01, ove sono stati affermati principi tuttora validi. Questa Corte ha di recente dichiarato, con ampia e condivisibile motivazione, che Ł manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 24, 25 e 30 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per contrasto con gli artt. 42, 117 Cost. in relazione all’art. 1 Prot. Add. CEDU, nella parte in cui prevedono la possibilità di adozione cumulativa della confisca ordinaria (nel caso specifico per equivalente) e di prevenzione (Sez. 5, n. 18337 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 286518-02, che ha anche evidenziato che la confisca di prevenzione Ł stata ritenuta convenzionalmente legittima, in quanto dotata di base legale e proporzionata all’interesse pubblico perseguito mentre il procedimento delle misure di prevenzione non riguarda la “fondatezza” di una “accusa penale” per cui resta al di fuori dell’applicazione penale dell’art. 6 CEDU e rientra in quella civile, sentenza dell’8 giugno 2023 caso RAGIONE_SOCIALE c. Italia § 69; sentenza del 12 maggio 2015 nel caso RAGIONE_SOCIALE c. Georgia, § 121), e ciò per l’ontologica differenza tra la confisca ordinaria, limitata al profitto dello specifico reato commesso, e la confisca di prevenzione, basata sulla sproporzione tra redditi e investimenti e che, pertanto, ha ad oggetto anche beni che non sono correlati allo specifico reato oggetto di verifica nella fase di constatazione della pericolosità.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 24 del 27 febbraio 2019, ha rilevato che «le misure di prevenzione personale hanno una chiara finalità preventiva anzichØ punitiva, mirando a limitare la libertà di movimento del loro destinatario per impedirgli di commettere ulteriori reati, o quanto meno per rendergli piø difficoltosa la loro realizzazione, consentendo al tempo stesso all’autorità di pubblica sicurezza di esercitare un piø efficace controllo sulle possibili iniziative criminose del soggetto», mentre, con riguardo alla confisca di prevenzione, pur accostandola sul piano finalistico alla “confisca allargata” di cui all’art. 240bis cod. pen., ne ha evidenziato l’estraneità allo statuto costituzionale e convenzionale delle pene, sottolineando, anche alla luce delle argomentazioni svolte da Sez. U, COGNOME, che l’ablazione costituisce non già una sanzione, quanto piuttosto la naturale conseguenza dell’illecita acquisizione dei beni che ne formano oggetto (si vedano sul punto, le sentenze Sez. U n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707, in mot. al par. 4.1; Sez. U, n. 3515 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282474 – 02, in mot. 3.2; e amplius Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262607 – 01).
La ricorrente ha richiamato la suddetta sentenza della Corte costituzionale, ma per ricordare che la pesante compromissione dei diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica deve comunque soggiacere al combinato disposto delle garanzie stabilite dalla Corte costituzionale e dalla Corte EDU. Tale prospettazione Ł teorica. Già si Ł detto che i rapporti tra le misure antimafia e i sequestri penali sono disciplinati dal Testo Unico antimafia, qui si rimarca ulteriormente che non vi Ł nessun problema di interferenza tra le misure, essendo residuato solo il sequestro penale. E’ anche generica, perchØ solo nel ricorso per cassazione la ricorrente ha sollevato la questione, presupponendo un
accertamento di fatto neanche definito nei suoi contorni, la cui cognizione Ł preclusa al giudice di legittimità.
Il secondo punto del terzo motivo di ricorso, che si raccorda con gli altri, Ł relativo all’influenza spiegata dalla revoca della misura patrimoniale antimafia sul sequestro penale in corso. Sebbene la stessa Corte costituzionale abbia sottolineato una sovrapposizione tra la funzione della confisca antimafia e quella della cosiddetta allargata dell’art. 240bis cod. pen., non vi sono dubbi sulle differenze tra i due istituti, anche a livello di valutazione della piattaforma probatoria.
La giurisprudenza ha chiarito, in plurime occasioni, che la GLYPHconfisca di GLYPHprevenzione e la GLYPHconfisca prevista dall’art. 240bis cod. pen. presuppongono che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità diretta o indiretta dell’interessato e presentino un valore sproporzionato rispetto al reddito da quest’ultimo dichiarato ovvero all’attività economica dal medesimo esercitata, ma solo per la GLYPHconfisca di GLYPHprevenzione Ł prevista la possibilità di sottrarre al proposto i beni che siano frutto di attività illecita ovvero ne costituiscano il reimpiego; ne consegue che l’effetto preclusivo opera solo se il primo giudizio, oltre ad avere riguardato gli stessi beni, nella disponibilità delle medesime persone, abbia avuto ad oggetto il presupposto comune della sproporzione ed, in quello successivo, non siano emersi elementi nuovi. In altri termini, il rigetto della proposta della misura di prevenzione della confisca, ex art. 19 d.lgs. n. 159 del 2011, per mancato riscontro del requisito della pericolosità sociale del prevenuto non preclude l’applicabilità, nei confronti del medesimo bene, ed a seguito di un procedimento penale, della confisca ex art. 12sexies , d.l. n. 306 del 1992. Invece, la preclusione sussiste ove la decisione, emessa a seguito del procedimento di prevenzione, abbia escluso la sussistenza di un presupposto comune alle due misure, quale la sproporzione della disponibilità dei beni rispetto al reddito o la titolarità del bene, senza l’emersione di elementi nuovi di spessore determinante. In tal senso, il rigetto della misura di prevenzione patrimoniale non ha un effetto preclusivo di un successivo procedimento per la confisca ex art. 12sexies d.l. n. 306 del 1992 (ora art. 240bis cod. pen.), avente ad oggetto gli stessi beni e in danno della stessa persona, nel quale siano dedotti fatti nuovi o siano valutati fatti non rilevanti nel giudizio di prevenzione, comportando tale situazione soltanto l’onere di un piø rigoroso apparato motivazionale idoneo a giustificare, nella nuova e diversa situazione, la sussistenza dei presupposti del provvedimento, così da far emergere la decisività dei contenuti cognitivi eterogenei valutati (da ultimo, Sez. 1, n. 13242 del 10/11/2020, dep. 2021, Fortuna, Rv. 280986 – 01 che richiama Sez. 5, n. 15284 del 18/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272837 – 01 Sez. 1, n. 53625 del 27/10/2017, COGNOME, Rv. 272168 – 01; Sez. 6, n. 23040 del 07/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270482 – 01).
Nel caso in esame, la Sezione delle Misure di prevenzione del Tribunale di Catanzaro nel provvedimento di revoca del sequestro di prevenzione avente a oggetto i beni della moglie ha ribadito la pericolosità del marito, ai sensi dell’art. 4, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011, ma ha escluso, sulla base della documentazione depositata, l’intestazione fittizia dei beni. Diversamente, nel giudizio cautelare relativo al sequestro preventivo, la ricorrente non ha allegato la documentazione necessaria a escludere la fittizietà dell’intestazione e il collegamento dei beni all’attività illecita del marito, secondo i parametri dell’art. 240bis cod. pen. La documentazione avrebbe dovuto essere depositata già a corredo dell’istanza di restituzione dei beni, anche per contrastare le conclusioni della sentenza di condanna del G.u.p. che aveva disposto la confisca. Invece, Ł stata presentata, in sede di riesame, alla Corte di appello, che, non a caso, ha stigmatizzato la mancata produzione degli allegati, per
giunta neanche correlati ai fatti rappresentati, tant’Ł vero che il Tribunale del riesame, in sede di appello, ha evidenziato che non erano state esplicate le ragioni per cui ritenere che i beni fossero riferibili esclusivamente alla ricorrente.
La ricorrente ha insistito nel primo e nel secondo motivo sulla decisività del novum del decreto di revoca della misura di prevenzione, ma il Tribunale del riesame ha ben spiegato che, data l’autonomia dei giudizi, non era sufficiente la produzione del predetto decreto e, d’altra parte, non erano stati tempestivamente prodotti i documenti giustificativi della pretesa fin dall’istanza di restituzione. L’ordinanza impugnata, dunque, non solo ha ricostruito tutta la vicenda processuale, tra sequestro antimafia e sequestro penale, ma ha anche spiegato le ragioni per le quali il provvedimento restitutorio reso nella sede delle Misure di prevenzione non possa spiegare efficacia anche in questa. La motivazione si sottrae, pertanto, al controllo di legittimità, perchØ non ricorre il requisito della violazione di legge di cui all’art. 325 cod. proc. pen., in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, nØ ricorrono quei vizi della motivazione così, sempre rientranti nella violazione di legge, così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 26/06/2008, COGNOME, Rv. 239692 e Sez. U, n. 5876 del 13/2/2004, COGNOME, Rv. 226710, e tra le piø recenti Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01 e amplius con riferimento ai precedenti giurisprudenziali, Sez. 3, n. 19989 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279290-01; si vedano anche Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e altro, Rv 269656; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, COGNOME e altri, Rv. 242916; Sez. 6, n. 3529 del 01/02/1999, COGNOME, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104).
Il quarto motivo Ł inconsistente. La ricorrente si Ł lamentata del circolo, definito vizioso, tra il Tribunale del riesame e la Sezione delle Misure di prevenzione perchØ il primo non si era accontentato della documentazione già esaminata dalla seconda. La censura Ł ripetitiva delle altre e, ad avviso del Collegio, ha trovato esauriente spiegazione nell’ordinanza impugnata.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, 09/04/2025
NOME COGNOME