Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8107 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8107 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore:
AVV_NOTAIO, del foro di REGGIO CALABRIA. in difesa di NOME COGNOME, ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso, dopo aver depositato la sentenza del Consiglio di Stato del 22/11/2023;
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, reso il 29 agosto 2023, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE – decidendo sulla richiesta di riesame proposta dal difensore di COGNOME avverso il decreto emesso il 16 agosto 2023 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale con cui era stato convalidato il sequestro preventivo urgente disposto dal Pubblico ministero il 7 agosto 2023, eseguito il 10 agosto 2023, ed era stato disposto il sequestro preventivo dell’area pubblica di circa 20.000,00 mq e delle strutture realizzate annesse, consistenza concessa con atto del 27.03.2015 alla RAGIONE_SOCIALE, con susseguente contratto di subconcessione da questa stipulato il 27.03.2023 con la RAGIONE_SOCIALE, mentre era stata disposta la restituzione all’avente diritto degli impianti per la riproduzione musicale – ha respinto il ricorso e confermato il decreto adottato nei confronti del suddetto COGNOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, e di NOME COGNOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in esclusivo riferimento al reato inserito al capo F), nell’imputazione provvisoria elevata a carico dei due indagati.
Il reato a cui il provvedimento è restato correlato è quello di cui agli artt. 110, 81, secondo comma, e 681 cod. pen., in relazione agli artt. 68 e 80 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, per avere gli indagati, nelle rispettive qualità, aperto e mantenuto tale un luogo di spettacolo denominato “Estate della Mulina”, adibito a discoteca, con accesso del pubblico previo pagamento di biglietto di ingresso e con afflusso di 100 e più avventori, senza aver conseguito la prescritta licenza del questore e senza aver predisposto le misure necessarie a tutela dell’incolumità pubblica, essendo assenti le uscite di sicurezza e un piano di sicurezza antincendio, in un immobile già degradato per come descritto nei restanti capi di accusa e meglio specificato nel medesimo capo F), reato contestato come commesso in RAGIONE_SOCIALE, dal 19 giugno al 27 luglio 2023, con condotta in atto sino alla data di esecuzione del sequestro.
Il Tribunale – premesso che a carico dei due indagati si procedeva anche in ordine al reato sub E), per avere realizzato all’interno della suddetta area, sottoposta a vincolo paesaggistico e di tutela del patrimonio artistico e storico, 21 fabbricati in legno, reato peraltro, a differenza di quello sub F), non posto a base della misura cautelare reale, in quanto soltanto per quello di cui al capo F) era stato ritenuto sussistente il fumus, mentre il periculum in mora era stato individuato nella necessità di un intervento di urgenza al fine di impedire l’uso dell’area per l’ulteriore utilizzazione della stessa a fini di intrattenimento pubblico con modalità pericolose – ha preso atto delle articolate deduzioni rassegnate dalla difesa, ma ha ritenuto che le stesse non scalfissero il riscontro dei requisiti
legittimanti la cautela reale, riferita anche all’intera area suindicata, oggetto della concessione comunale in favore di RAGIONE_SOCIALE, società rappresentata del ricorrente, superficie comunque interessata dall’attività illecita, il cui ulterior corso era da prevenire.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento e affidando l’impugnazione a due motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia l’assenza del fumus commissi delicti e la contraddittorietà della motivazione, per la superfluità del sequestro esteso alla società concessionaria.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la contraddittorietà e illogicità della motivazione alla base del provvedimento impugnato nella parte in cui non si era convalidato il sequestro limitatamente alla sfera della RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da COGNOME.
Secondo la difesa, il fumus avrebbe dovuto ritenersi mancante anche in ordine all’unico reato posto alla base del sequestro preventivo, giacché la RAGIONE_SOCIALE aveva sempre fatto quanto era nelle sue possibilità per la manutenzione dell’enorme area oggetto di concessione, come dimostrava l’accoglimento da parte del Tribunale Amministrativo Regionale del suo ricorso avverso il provvedimento di revoca della concessione a suo tempo emesso dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE: l’unico, residuo addebito, rispetto alla serie di contestazioni esaminate e scartate con lo stesso provvedimento genetico, era inerente al reato di cui all’art. 681 cod. pen., in relazione alla cui condotta il ricorrente ribadisce che la sua società aveva vietato l’uso del bene quale discoteca nel contratto stipulato con la RAGIONE_SOCIALE e, per il resto, non era al corrente se tale società avesse adibito la struttura a vera e propria discoteca oppure al compimento di uno spettacolo dal vivo, né aveva l’obbligo di vigilare sull’attività della sublocataria, giacché non partecipava in alcun modo alla corrispondente attività, sicché la motivazione resa non poteva reputarsi coerente, in mancanza di un collegamento quanto al possesso dell’area e alla sua responsabilità in merito all’oggetto del sequestro. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In tal senso il ricorrente rimarca la mancanza di motivazione in merito alla prospettata limitazione del sequestro all’area e all’accesso della zona destinata al ballo, sempre nei confronti della RAGIONE_SOCIALE: non si ravvisa la ragione per la quale era stato disposto il sequestro dell’intera area, comprensiva degli stand dedicati alla ristorazione e alla distribuzione di alimenti e bevande, estranei alla superficie coinvolta dalla condotta censurata ai sensi dell’art. 681 cod. pen.; sicché, essendo stata interessata soltanto l’area adibita a spettacoli ed essendo state violate le prescrizioni stabilite nella subconcessione, non sussisteva motivo di estendere il sequestro nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, estensione che, peraltro,
aveva cagionato pregiudizio all’immagine di quest’ultima società.
Con memoria successivamente depositata la difesa del ricorrente ha articolato motivi nuovi, condensati nella prospettazione della violazione di legge in ordine all’astratta configurabilità del concorso dell’indagato nel reato di cui all’art. 681 cod. pen. e dell’apparenza della motivazione quanto al fumus del corrispondente concorso materiale nel reato stesso.
In aggiunta alle considerazioni svolte nell’atto di impugnazione si segnala che tanto l’ordinanza genetica quanto il provvedimento del Tribunale difettavano di qualsiasi descrizione dei modi di manifestazione del contributo concorsuale della società rappresentata dal ricorrente, per cui non erano espresse le ragioni per, la quali il fumus del suo concorso nel reato si riteneva sussistente, anche perché lo stesso decreto di sequestro lo aveva escluso per tutti gli altri reati contemplati nell’imputazione provvisoria non individuando l’evenienza di una posizione di garanzia del tipo di quella espressa in quell’editto; sicché l’affermazione del suo concorso finiva per risolversi in una surrettizia applicazione dell’art. 113 cod. pen., sottendendo l’ipotesi del concorso colposo nel reato doloso, ipotesi però esclusa dall’elaborazione dottrinale maggioritaria; in ogni caso, anche l’elemento psicologico della colpa avrebbe dovuto ritenersi assente nel caso di specie, stante il contenuto del contratto di subconcessione, che espressamente aveva vietato l’attività di discoteca e aveva escluso qualsiasi obbligo di custodia e di controllo a carico della società concedente.
Il Procuratore generale ha depositato memoria, in vista della requisitoria da pronunciarsi nella discussione orale, e, con essa, ha preannunciato la richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso, osservando, in particolare, che, al di là del divieto introdotto nell’atto di subconcessione, nelle occasioni rilevate dalla polizia giudiziaria si erano svolti spettacoli nel sito in assenza di autorizzazione e senza il rispetto delle prescrizioni impartite dai RAGIONE_SOCIALE, con accesso del pubblico attraverso un edificio pericolante, con l’effetto che l’area di circa 20.000,00, essendo stata coinvolta nella realizzazione di tale spettacoli senza autorizzazione, era stata correttamente sequestrata, essendo indifferente che l’attività illecita fosse stata svolta dalla società subconcessionaria, poiché l’intera area era stata attinta dal fumus e dal periculum legittimanti il sequestro preventivo, non potendo considerarsi determinante in contrario l’inserzione del divieto di quell’attività nella subconcessione e rilevando, invece, che essa era stata poi praticata, nonostante la concessione all’interno dell’ippodromo inerisse alle sole funzioni di stabilimento balneare e impianto sportivo.
Nel corso della discussione orale, il Procuratore generale ha richiamato la memoria già prodotta sollecitando l’inammissibilità del ricorso, mentre la difesa del ricorrente, depositata la sopravvenuta decisione del Consiglio di Stato · inerente al contenzioso intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, ha ribadito le conclusioni di cui al. ricorso e alla memoria susseguente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene l’impugnazione infondata e, dunque, da rigettarsi per le ragioni che seguono.
Va preliminarmente ricordato che, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso soltanto per violazione di legge, in tale nozione dovendo comprendersi sia gli errores in iudícando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o, comunque, privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893 01).
Chiarito ciò, appare opportuno puntualizzare che i giudici del riesame hanno preso atto in modo compiuto delle osservazioni svolte dalla difesa di COGNOME: il contratto di subconcessione vietava espressamente i servizi di discoteca alla RAGIONE_SOCIALE; la RAGIONE_SOCIALE aveva più volte invitato la suddetta società a ottemperare ai rilievi mossi in occasione dei vari controlli, laddove la sublocazione del terreno era stata determinata dall’esigenza di recuperare parte degli ingenti costi e, in ogni caso, la RAGIONE_SOCIALE aveva autorizzato soltanto eventi di musica dal vivo, senza essere tenuta a vigilare 24 ore su 24 sull’attività svolta dai terzi; sarebbe stato, pertanto, sufficient sequestrare soltanto le attrezzature funzionali alle attività svolte dalla RAGIONE_SOCIALE, in ogni caso dovendo dissequestrarsi il terreno gestito tuttora dalla RAGIONE_SOCIALE.
Posta tale cornice, il Tribunale ha, tuttavia, considerato che, pure se il ricorrente aveva contestato il fumus del reato sub F) per la parte relativa all’attribuibilità dello stesso alla società di cui COGNOME era legale rappresentante, per l’esistenza dell’addotta subconcessione, ogni eventuale incertezza sul punto
della concreta detenzione del sito non toglieva legittimità al sequestro preventivo, che era stato disposto per evitare la prosecuzione dell’attività, risultata pericolosa per la pubblica incolumità: pertanto – a prescindere dalle responsabilità rispettive dei due indagati, in relazione al ruolo nelle società rappresentate – restava l’evenienza di rilevanti indizi in ordine al reato di cui all’art. 681 cod. pen.
I giudici del riesame cautelare hanno, sul tema, specificato che il reato a cui la cautela è coordinata è da ritenersi integrato anche quando non risulti richiesta o rilasciata la licenza, con le relative prescrizioni, o quando la stessa sia risultata scaduta: e, nel caso in esame, la comunicazione della notizia di reato del 2 agosto 2023 imponeva di ipotizzare concretamente la suddetta condotta illecita, in quanto, nonostante l’inibitoria disposta dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a seguito del sopralluogo dei RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, l’area oggetto della addotta subconcessione alla RAGIONE_SOCIALE, per la quale erano state stabilite le prescrizioni risultate non ottemperate, era stata utilizzata per spettacoli pubblici con l’accesso di un cospicuo pubblico.
4. La base giustificativa che il Tribunale ha posto a sostegno della conferma del provvedimento applicativo della misura cautelare reale preventiva, avente ad oggetto l’intero ambito immobiliare interessato dall’attività svolta in modo che, secondo l’ipotesi accusatoria dotata di adeguato fumus, era avvenuta in modo da violare l’art. 681 cod. pen., costituisce una motivazione effettiva, e non apparente, né totalmente carente in ciascuno degli snodi decisivi.
Inoltre, non si ravvisa alcuna violazione di legge nella sua concreta declinazione, essendo stata adeguatamente individuata l’evenienza dei corrispondenti presupposti.
4.1. Si muove dal rilievo che, secondo consolidati arresti (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840 – 01; Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 273069-01; Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, COGNOME, Rv. 258279-01; Sez. 2, n. 2248 del 11/12/2013, COGNOME, Rv. 260047-01), in tema di sequestro preventivo non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona destinataria del sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la sussumibilità del fatto contestato in una determinata ipotesi di reato, con la specificazione che tale sommaria valutazione investe tutti gli elementi fattispecie, incluso l’elemento soggettivo che deve accompagnare la condotta, il cui difetto, tuttavia, può essere ragione di annullamento della misura cautelare, in sede di riesame, solo ove la sua inesistenza emerga in tutta evidenza (Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015-01; Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, COGNOME,
Rv. 266896-01; Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014, COGNOME, Rv. 259337-01).
Questo assunto, tuttavia, non implica che, nel verificare la sussistenza dei presupposti per l’emanazione del sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., i giudici del riesame debbano limitarsi alla verifica, puramente estrinseca, dell’astratta configurabilità del reato, pena il rischio di un controll epidermico della fattispecie, tale da determinare il corrispondente pericolo di una risposta sostanzialmente oracolare alla richiesta di riesame del vincolo cautelare, inerente a beni che non di rado sono destinati a concorrere in modo rilevante alla determinazione delle condizioni di vita dell’indagato.
Il suo controllo, dunque, va esteso, per una corretta e completa valutazione del fumus commissi delicti, alla disamina, da svolgersi in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, incombendo, quindi, al giudice, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, benché gli sia precluso l’accertamento del merito dell’azione penale e il sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, il compito di operare il suo controllo, non meramente cartolare, sulla base fattuale nel singolo caso concreto, secondo il parametro del fumus del reato ipotizzato, con riferimento anche all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo (Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014, COGNOME, Rv. 259337 – 01, anche in relazione a Corte cost., ord. n. 153 del 2007; Sez. 1, n. 21736 del 11/05/2007, COGNOME, Rv. 236474 – 01; Sez. 4, n. 10979 del 29/01/2007, COGNOME, Rv. 236193 – 01).
4.2. Ritenuto, in tale prospettiva, che, in sede di riesame del fumus commissi delicti, il giudice sia tenuto, per non incorrere nella violazione di legge, a fornire, nei limiti del giudizio cautelare, un’adeguata motivazione circa l’infondatezza o la superfluità degli argomenti opposti con le deduzioni difensive, così come deve argomentare in merito ai requisiti della concretezza e attualità del periculum, in modo che sia dimostrato, sempre per il grado necessario in fase cautelare, un legame funzionale essenziale, e non meramente occasionale, fra il bene e la possibile commissione di ulteriori reati o l’aggravamento o la prosecuzione di quello per cui si procede (v. per l’analisi dei corrispondenti requisiti Sez. 2, n. 37100 del 07/07/2023, COGNOME, Rv. 285189 – 01; Sez. 3, n. 42129 del 08/04/2019, M., Rv. 277173 – 01), si considera che il Tribunale ha convenientemente spiegato le ragioni per le quali il reato di cui all’art. 681 cod. pen., con la realizzazione, pericolosa e senza le prescritte cautele, dell’attività di discoteca aperta al pubblico, era da ritenersi in concreto commesso e come fosse necessario prevenire che l’illecita condotta proseguisse con le ulteriori conseguenze foriere di pericolo concreto e attuale, in relazione al bene protetto dalla norma contravvenzionale risultata, a livello di apprezzabile
fumus, violata.
È opportuno ricordare, su questo tema, che integra la contravvenzione di cui all’art. 681 cod. pen. l’organizzazione di un pubblico spettacolo in violazione delle prescrizioni a tutela dell’incolumità pubblica, indicate dalla competente commissione tecnica di vigilanza, nel caso in cui le stesse siano state recepite e trasfuse nella licenza rilasciata dall’Autorità di pubblica sicurezza (Sez. 1, n. 40678 del 14/09/2023, Giai Baudissard, Rv. 285130 – 01)!, va anche rimarcato che tale contravvenzione, afferente all’apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, configurata dalla norma suindicata a carico di chi apra o tenga aperti luoghi del genere anzidetto senza aver osservato le prescrizioni dell’autorità a tutela dell’incolumità pubblica, è da ritenersi integrata anche nel caso in cui manchi del tutto, in quanto non richiesta o, comunque, non rilasciata o scaduta di validità, la licenza, nelle quale le suddette prescrizioni avrebbero dovuto essere contenute (Sez. 1, n. 27633 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 255707 – 01), dovendo d’altro canto osservarsi che lo stesso reato viene consumato in esito alla condotta di chi tiene aperto, anche in modo occasionale, un locale per lo svolgimento di trattenimenti danzanti in mancanza del prescritto certificato di agibilità, non valendo ad escludere la sussistenza del reato il conseguimento di diversi atti amministrativi (Sez. 3, n. 55361 del 09/11/2018, COGNOME, Rv. 274565 – 01; Sez. F, n. 38028 del 28/08/2014, COGNOME, Rv. 261095 – 01).
4.3. Nel quadro così delineato, va, in primo luogo, osservato che nessuna specifica contestazione in ordine al profilo oggettivo della violazione della suddetta norma incriminatrice il ricorrente si profila aver sviluppato nelle doglianze condensate nei due motivi, da trattarsi congiuntamente, per l’intima connessione che li avvince.
· GLYPH Le censure appaiono, invece, finalizzate a escludere ogni responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da COGNOME, dato che essa aveva ceduto in subconcessione parte della consistenza oggetto della concessione stipulata con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in data 27.03.2015.
Tuttavia, che la società rappresentata dal ricorrente fosse, al momento dei fatti oggetto di questo procedimento, concessionaria della consistenza è pacifico, sebbene debba rilevarsi che COGNOME, pur adducendo la sua estraneità all’attività abusiva realizzata nell’ambito della consistenza oggetto della concessione, per effetto della successiva subconcessione dalla RAGIONE_SOCIALE conclusa con RAGIONE_SOCIALE il 27.03.2023, non abbia in questa sede, ad ogni fine, prodotto l’atto di concessione, ma abbia accluso soltanto copia dell’atto intercorso fra la RAGIONE_SOCIALE e la dedotta subconcessionaria.
Il dato deve ritenersi assodato, allo stato delle attuali acquisizioni, atteso
che anche l’esito (confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato intervenuta il 24.10.2023) del contenzioso instaurato innanzi al giudice amministrativo dalla RAGIONE_SOCIALE per impugnare il provvedimento di decadenza dalla concessione adottato nei suoi confronti dal RAGIONE_SOCIALE concedente, esito favorevole alla società, corrobora tale assunto.
Dunque, con riferimento al periodo oggetto dell’attività dedotta nella imputazione provvisoria, la RAGIONE_SOCIALE era concessionaria della complessiva consistenza immobiliare suindicata e aveva stipulato un atto, dedotto come subconcessione, con la società rappresentata dall’altro indagato, NOME COGNOME.
Tutto ciò assodato, che gli obblighi e le responsabilità scaturenti per la RAGIONE_SOCIALE e il suo legale rappresentate dalla posizione di concessionaria di bene pubblico potessero reputarsi elisi dalla stipula dell’atto susseguente, inquadrato dal ricorrente come subconcessione, costituisce affermazione che il Tribunale ha motivatamente ritenuto non dirimente.
Essendo la posizione della RAGIONE_SOCIALE quella della legittima concessionaria dell’immobile e risultando, sempre per le evidenze valutabili, che l’attività illecita si era compiuta e si stava compiendo nell’ambito della consistenza immobiliare oggetto della concessione, non appare criticabile nella sede di legittimità l’argomentazione dei giudici della cautela secondo cui tale immediata relazione tra l’immobile e la società concessionaria non poteva essere ritenersi, in sede cautelare, venuto a cessare al fine di escludere dal sequestro l’area circostante la zona utilizzata a discoteca: la base logica e fattuale su cui si sono orientati i giudici della cautela è che il complesso della consistenza era, complessivamente e unitariamente, risultato interessato dall’attività svolta in modo abusivo e pericoloso.
4.4. La difesa del ricorrente ha proposto di annettere primario rilievo al fatto che la RAGIONE_SOCIALE ha subconcesso parte della consistenza alla RAGIONE_SOCIALE, come da contratto prodotto del 27.03.2023, facendone derivare, anche in virtù delle clausole negoziali inibenti l’impiego dell’area a discoteca e volte a porre a carico della subconcessionaria ogni obbligo e costo scaturente dall’attività organizzata, la prefigurazione dell’esclusiva responsabilità della società subconcessionaria e del suo legale rappresentante per le attività oggetto del reato sub F).
L’argomento – certo suscettibile di ulteriore approfondimento nel corso del prosieguo procedimentale – deve ritenersi, tuttavia, non conducente in questa fase, siccome esso è stato basato sulla mera produzione del contratto stipulato fra le suddette società, atto dalle medesime denominato come “subconcessione transitoria di spazi esterni”, rispetto alla cui conclusione nessuna deduzione è
stata svolta per puntualizzare se esso sia stato notificato al RAGIONE_SOCIALE concedente e, prima ancora, se la disciplina della concessione del bene pubblico consentisse l’instaurazione di tale rapporto derivato, se essa esigesse o meno, per dispiegare efficacia, l’autorizzazione dell’Ente concedente e – in ipotesi affermativa, ossia pure nel quadro di questo eventuale ulteriore rapporto – quali fossero gli obblighi persistenti in capo alla società concessionaria; elementi senza l’accertamento dei quali l’esclusione della corresponsabilità del titolare del rapporto di concessione per le attività nella consistenza oggetto della medesima non può dirsi dotata di sufficiente fondamento deduttivo e dimostrativo.
4.5. Infine, sempre nell’alveo del già evidenziato punto inerente al coinvolgimento nell’accertamento giudiziale del fumus esteso all’utilizzo deviante e pericoloso della complessiva consistenza immobiliare oggetto della concessione, afferente al rapporto fra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, nessuna deduzione specifica è stata articolata dal ricorrente per contrastare la sintetica, ma precisa, notazione inserita nel provvedimento impugnato in merito al fatto che lo svolgimento di attività al pubblico senza le debite autorizzazioni è continuata nonostante l’inibitoria disposta dal RAGIONE_SOCIALE, che non ha potuto non far conseguire la piena consapevolezza della concessionaria della situazione determinatasi, senza l’emersione di una concreta e incisiva reazione della stessa all’impiego contra ius del bene pubblico affidato alle sue cure dall’Ente concedente; ciò, per la conseguente rilevazione, in punto di fumus, del concorso o della cooperazione della RAGIONE_SOCIALE e, dunque, del suo legale appresentante nell’attività illecita dalla RAGIONE_SOCIALE, oltre che per la sua ancora più marcata valenza in ordine al periculum.
Al riguardo, non sembra poter rilevare decisivamente, allo stato delle acquisizioni in atti, il distinguo proposto dalla difesa nei motivi nuovi, in ordine all’elemento soggettivo di natura colposa che potrebbe connotare la condotta del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, a differenza di quello che si ascrive alla posizione del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, posto che il reato a cui è coordinata la cautela rivesta la natura giuridica di contravvenzione, che nella fattispecie concreta non pare escluso doversi sanzionare, sia a titolo di dolo, sia a titolo di colpa, anche questa meno grave condizione psicologica profilandosi sufficiente a caratterizzarne l’elemento soggettivo, in carenza di distinzioni emergenti dalla norma e in conformità dei principi fissati dall’art. 43 cod. pen.
In tal senso, anche l’affidamento ad altri della gestione del proprio bene (id est, del bene detenuto in concessione) in modo non adeguatamente presidiato per la tutela dell’interesse protetto dalla norma appare non esonerare da responsabilità l’obbligato in via primaria (Sez. 1, n. 31571 del 27/06/2006, Stasi, Rv. 234784 – 01; Sez. 1, n. 4835 del 31/03/1999, Saxl, Rv. 213396 – 01).
Nella situazione esaminata, pertanto, l’approdo raggiunto dal Tribunale del riesame appare incensurabile, in quanto i dati di fatto analizzati non permettono di escludere ictu °cui/ la sussistenza dello stesso elemento soggettivo del reato.
Conclusivamente, la valutazione compiuta nel provvedimento impugnato si è dimostrata idonea a resistere alle censure articolate dal ricorrente., per cui l’impugnazione non può ricevere favorevole vaglio e deve essere rigettata.
A tale statuizione consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 dicembre 2023
Il Consi liere
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Il Presidente