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Sequestro preventivo: la motivazione sul periculum

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo per reati tributari. La decisione si fonda sulla totale assenza di motivazione riguardo al ‘periculum in mora’, ovvero il rischio concreto che i beni potessero essere dispersi. La Corte ha ribadito che tale motivazione è sempre necessaria e non può essere presunta automaticamente, neanche di fronte a un ingente debito tributario, annullando così il provvedimento impugnato.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Motivazione sul Periculum

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17893 del 2025, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve sempre essere supportato da una motivazione specifica e concreta sul periculum in mora, ovvero il rischio di dispersione dei beni. Questa pronuncia chiarisce che non sono ammessi automatismi e che la motivazione non può essere considerata ‘implicita’, neanche in presenza di reati tributari con confisca obbligatoria.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Civitavecchia nei confronti di una società a responsabilità limitata e della sua legale rappresentante. La misura era stata disposta, in via diretta e per equivalente, in relazione a presunte violazioni tributarie previste dagli articoli 2 e 10-quater del D.Lgs. 74/2000. Il Tribunale del riesame di Roma aveva successivamente confermato il provvedimento. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando la nullità dell’ordinanza per vizio di motivazione proprio sul requisito del periculum.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro originario. La decisione si basa sulla palese violazione dei principi di diritto stabiliti dalle Sezioni Unite (sentenza ‘Ellade’, n. 36959/2021). I giudici di legittimità hanno censurato la motivazione del G.i.p., ritenendola apparente e in contrasto con le norme procedurali.

Analisi del sequestro preventivo e obbligo di motivazione

Il G.i.p. aveva giustificato il sequestro su un doppio binario, entrambi ritenuti errati dalla Cassazione:

1. Presunta superfluità della motivazione: Il primo giudice aveva sostenuto che, essendo la confisca per i reati tributari obbligatoria, non fosse necessaria alcuna specifica motivazione sul rischio di dispersione dei beni.
2. Riferimento all’ingente debito: In subordine, aveva affermato che l’ingente ammontare del debito tributario rendeva di per sé probabile la dispersione delle garanzie patrimoniali.

La Corte di Cassazione ha smontato entrambe le argomentazioni, evidenziando come queste si pongano in netto contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

Le Motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nella riaffermazione del principio secondo cui ogni provvedimento di sequestro preventivo, anche se finalizzato alla confisca obbligatoria, deve contenere una concisa ma effettiva motivazione sul periculum. Questo significa che il giudice deve spiegare, seppur brevemente, le ragioni concrete per cui si ritiene necessario anticipare gli effetti della confisca, evidenziando il rischio che i beni possano essere modificati, dispersi, deteriorati o alienati nelle more del giudizio.

La Corte ha definito la motivazione basata sull’ingente valore del debito come ‘apparente’ o ‘di mero stile’. Stabilire un automatismo tra l’entità del presunto illecito e il rischio di condotte distrattive equivale a sovrapporre impropriamente il sequestro preventivo (che richiede il periculum) con il sequestro conservativo (per il quale può bastare l’insufficienza patrimoniale a garanzia del credito). Il giudice deve, invece, indicare elementi fattuali, anche semplici, che rendano plausibile il pericolo che l’indagato possa compiere atti di disposizione patrimoniale volti a frustrare la futura confisca.

Inoltre, la Cassazione ha chiarito che il Tribunale del riesame non poteva ‘sanare’ una motivazione geneticamente viziata e in contrasto con i principi enunciati dalle Sezioni Unite. L’integrazione dei poteri motivazionali del riesame non può spingersi fino a sostituire una motivazione del tutto assente o palesemente illegittima.

Le Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela dei diritti patrimoniali e del principio di legalità. Essa impone ai giudici della cautela un rigore motivazionale che non ammette scorciatoie o presunzioni. Per disporre un sequestro preventivo, non è sufficiente accertare la sussistenza del fumus boni iuris (la parvenza del reato), ma è indispensabile argomentare, sulla base di elementi concreti, l’esistenza del periculum in mora. La decisione rafforza la garanzia che misure così invasive sul patrimonio di un soggetto, ancora presunto innocente, siano adottate solo quando strettamente necessarie per salvaguardare le finalità del processo penale.

È sempre necessaria la motivazione sul periculum per un sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando un principio delle Sezioni Unite, ha confermato che il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve sempre contenere una, seppur concisa, motivazione sul periculum, ossia sul rischio concreto che il bene possa essere disperso o modificato prima della definizione del giudizio.

L’ingente valore del debito tributario è sufficiente a giustificare da solo il periculum di dispersione dei beni?
No. Secondo la sentenza, basare la motivazione del periculum unicamente sull’ingente entità del debito tributario costituisce un automatismo congetturale e una motivazione meramente apparente o di stile, insufficiente a giustificare la misura cautelare.

Il Tribunale del riesame può integrare una motivazione del G.i.p. che sia totalmente errata o mancante?
No. Se la motivazione del primo giudice è radicalmente viziata, in quanto contrastante con principi di diritto consolidati (come in questo caso), il Tribunale del riesame non può ‘sanarla’ attraverso i suoi poteri integrativi. Il vizio genetico del provvedimento iniziale ne determina l’annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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