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Sequestro preventivo: la motivazione è obbligatoria

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo emessa per reati tributari a carico di una società immobiliare. La decisione si fonda sulla totale assenza di motivazione riguardo al ‘periculum in mora’, ovvero il rischio concreto di dispersione dei beni. La Corte ha ribadito che, anche in caso di confisca obbligatoria, il giudice deve sempre spiegare le ragioni specifiche che rendono necessaria la misura cautelare, non potendosi basare su automatismi come l’ingente valore del debito.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: La Cassazione Ribadisce l’Obbligo di Motivazione sul Periculum

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 17892/2025) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: il sequestro preventivo, anche se finalizzato a una confisca obbligatoria, deve essere sempre sorretto da una motivazione specifica sul periculum in mora. Questo significa che il giudice non può limitarsi a constatare l’esistenza di un reato, ma deve spiegare concretamente perché esista il rischio che i beni vengano dispersi prima della fine del processo. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Un Sequestro per Reati Tributari

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Civitavecchia nei confronti di una società immobiliare e del suo legale rappresentante. La misura cautelare, sia in via diretta che per equivalente, era stata disposta in relazione a presunte violazioni tributarie (artt. 2 e 10-quater del D.Lgs. 74/2000).

Il provvedimento del G.i.p. era stato confermato dal Tribunale del riesame di Roma. La società, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio cruciale: l’ordinanza originale era priva di una reale motivazione sul cosiddetto periculum in mora, ovvero il pericolo concreto che i beni potessero essere sottratti alla garanzia dello Stato durante il procedimento penale.

La Decisione della Cassazione e il Sequestro Preventivo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio sia l’ordinanza del riesame sia il decreto di sequestro originario e ordinando la restituzione dei beni alla società. Il cuore della decisione risiede nella critica alla motivazione (o meglio, alla sua assenza) fornita dai giudici di merito.

Il G.i.p. aveva giustificato il sequestro sulla base di due argomenti, entrambi ritenuti errati dalla Cassazione:

1. Automatismo tra reato e sequestro: Il giudice aveva sostenuto che, essendo la confisca per reati tributari obbligatoria, non fosse necessaria alcuna specifica motivazione sul periculum.
2. Rischio presunto: In subordine, aveva affermato che l’ingente ammontare del debito tributario rendeva di per sé probabile la dispersione delle garanzie patrimoniali.

Le Motivazioni: Perché il Sequestro è Stato Annullato?

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto la fragile impalcatura argomentativa del provvedimento impugnato. Richiamando un fondamentale principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza ‘Ellade’ n. 36959/2021), i giudici hanno ribadito che ogni provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve contenere una, seppur concisa, motivazione sul periculum. È necessario spiegare perché si ritiene che, nelle more del giudizio, il bene possa essere ‘modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato’.

L’argomento basato sull’entità del debito è stato definito ‘apparente’ e frutto di un ‘automatismo congetturale’. La Cassazione ha chiarito che collegare automaticamente un debito elevato a condotte distrattive significa confondere il sequestro preventivo con il sequestro conservativo. Mentre per quest’ultimo può essere sufficiente dimostrare l’insufficienza del patrimonio a garanzia dei crediti, per il primo è indispensabile configurare un pericolo concreto e attuale di depauperamento futuro.

In sostanza, non si può presumere il rischio di dispersione solo perché il debito è alto; il giudice deve indicare elementi fattuali specifici che supportino tale timore.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela dei diritti patrimoniali e del principio di legalità. Le implicazioni pratiche sono significative:

* Onere della motivazione rafforzato: I Pubblici Ministeri che richiedono un sequestro e i G.i.p. che lo dispongono sono tenuti a un onere di motivazione non superficiale. Devono individuare e specificare gli elementi concreti che fondano il timore di dispersione del patrimonio.
* No ad automatismi: Viene censurata la prassi di giustificare misure cautelari così invasive sulla base di presunzioni o automatismi legati alla gravità del reato o all’entità del presunto profitto.
Maggiore tutela per l’indagato: L’indagato ha il diritto di vedere la propria posizione valutata sulla base di fatti concreti, non di congetture. Un provvedimento privo di una motivazione effettiva sul periculum* è illegittimo e deve essere annullato.

È necessario motivare il periculum in un sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando un principio delle Sezioni Unite, ha stabilito che il provvedimento di sequestro preventivo deve sempre contenere una concisa motivazione sul periculum, ovvero sul rischio concreto che il bene possa essere disperso o alterato prima della definizione del giudizio.

L’ingente valore del debito tributario è di per sé sufficiente a giustificare un sequestro preventivo?
No, la Corte ha specificato che considerare l’ingente entità del debito come prova automatica del rischio di dispersione è un errore. Si tratta di un ‘automatismo congetturale’ che confonde i presupposti del sequestro preventivo con quelli del sequestro conservativo.

Può il Tribunale del riesame integrare la motivazione sul periculum se questa è mancante nel decreto del G.i.p.?
No, la sentenza annulla l’ordinanza del riesame proprio perché ha tentato di sopperire a una motivazione che nel primo provvedimento era apparente o del tutto assente, confermando l’illegittimità dell’operato del primo giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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