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Sequestro preventivo: la motivazione è essenziale

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo per circa un milione di euro, emessa nell’ambito di un’indagine per truffa al Servizio Sanitario Nazionale. La Corte ha stabilito che la motivazione sul ‘periculum in mora’, ovvero il rischio concreto di dispersione dei beni, era solo apparente e non basata su elementi fattuali specifici. Inoltre, ha censurato la confusione operata dal tribunale tra il danno subito dall’ente pubblico e il profitto effettivamente conseguito dall’indagato, un semplice dipendente.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Perché una Motivazione Generica Non Basta

Il sequestro preventivo è uno strumento incisivo che consente di bloccare i beni di un indagato prima ancora di una condanna definitiva. Tuttavia, proprio per la sua invasività, la legge richiede che il suo utilizzo sia rigorosamente giustificato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8124/2024) ribadisce un principio fondamentale: la motivazione che sorregge il provvedimento non può essere generica o apparente, ma deve ancorarsi a fatti concreti, specialmente per quanto riguarda il rischio di dispersione del patrimonio.

I Fatti del Caso: Truffa al Servizio Sanitario e Sequestro

Il caso trae origine da un’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale. Secondo l’accusa, il gruppo predisponeva false ricette mediche per ottenere illecitamente farmaci, lucrando sul corrispettivo erogato dal servizio sanitario. Nell’ambito di questa indagine, il Giudice per le indagini preliminari disponeva un sequestro preventivo, sia in forma diretta che per equivalente, per un importo di quasi un milione di euro nei confronti di vari indagati, tra cui un dipendente di una farmacia.

Il Tribunale del riesame, chiamato a valutare la legittimità del sequestro, confermava la misura, ritenendo sussistente il periculum in mora, ossia il pericolo concreto che gli indagati potessero disperdere i loro beni, rendendo vana un’eventuale futura confisca. Questa decisione veniva però impugnata davanti alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’indagato, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando gli atti per un nuovo giudizio. Le ragioni della decisione si concentrano su due vizi fondamentali del provvedimento impugnato: la motivazione apparente sul periculum in mora e l’errata identificazione del profitto del reato.

L’Annullamento per Motivazione Apparente sul Periculum in Mora

Il punto centrale della sentenza riguarda la motivazione. La Cassazione ha ritenuto che gli argomenti usati dal Tribunale per giustificare il pericolo di dispersione dei beni fossero solo ‘apparenti’. Tra questi figuravano:
* L’ingente guadagno illecito.
I collegamenti con l’estero di altri* coindagati.
* La generica ‘tendenza a delinquere’ e la ‘disinvoltura’ nell’operare.

Secondo la Corte, questi elementi si limitano a descrivere la gravità del reato contestato (fumus commissi delicti), ma non dimostrano il requisito ulteriore e distinto del periculum, cioè il pericolo concreto e attuale che proprio quell’indagato potesse disperdere il proprio patrimonio. Si è creato, così, un indebito automatismo tra l’accertamento del reato e la presunzione del pericolo, in contrasto con i principi sanciti anche dalle Sezioni Unite della Cassazione.

Distinzione tra Danno e Profitto: un Principio Fondamentale

Un altro errore cruciale evidenziato dalla Corte è stata la confusione tra il danno subito dal Servizio Sanitario Nazionale (oltre 800.000 euro) e il profitto effettivamente conseguito dal ricorrente. Il Tribunale aveva sostanzialmente equiparato le due cifre, senza spiegare come un semplice magazziniere di farmacia potesse aver intascato una somma così ingente.

La Cassazione ha ricordato che danno e profitto sono nozioni distinte. Il profitto è il vantaggio economico diretto derivante dal reato, mentre il danno è la perdita patrimoniale subita dalla vittima. Identificare l’uno con l’altro senza un’adeguata analisi è un errore logico e giuridico che vizia il provvedimento di sequestro.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base del principio che una misura cautelare reale, che incide sui diritti fondamentali del cittadino, non può basarsi su automatismi o presunzioni. L’onere di motivazione del giudice deve essere assolto spiegando in modo specifico e fattuale le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca. Argomenti generici, che si limitano a ripercorrere la condotta illecita, non sono sufficienti a dimostrare quel ‘qualcosa in più’ richiesto dalla legge: il pericolo concreto che l’indagato, nelle more del giudizio, si disfi dei propri beni.

Inoltre, la Corte ha sottolineato la necessità di una quantificazione precisa e logica del profitto da sequestrare, distinguendolo dal danno e rapportandolo al ruolo specifico dell’indagato nel presunto schema criminale. Un’assertiva equiparazione tra il danno totale e il profitto di un singolo partecipe, soprattutto se con un ruolo secondario, costituisce una motivazione carente.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza annulla l’ordinanza e rinvia al Tribunale per un nuovo esame. Quest’ultimo dovrà rivalutare il caso attenendosi a principi rigorosi: dovrà fornire una motivazione puntuale e concreta sul periculum in mora, basata su elementi oggettivi o soggettivi specifici, e dovrà quantificare in modo logico e distinguibile sia il danno subito dall’ente pubblico sia il profitto effettivamente attribuibile al ricorrente. Questa pronuncia rafforza le garanzie individuali, ribadendo che il sequestro preventivo non può essere una conseguenza automatica dell’accusa, ma deve poggiare su basi solide e rigorosamente dimostrate dal giudice.

Quando un sequestro preventivo può essere annullato per vizio di motivazione?
Un sequestro preventivo può essere annullato quando la motivazione sul ‘periculum in mora’ (il pericolo di dispersione dei beni) è ritenuta ‘apparente’, ovvero generica, basata su automatismi e non ancorata a elementi di fatto concreti e attuali che dimostrino il rischio specifico che l’indagato disperda il suo patrimonio.

Nel sequestro, il profitto del reato è la stessa cosa del danno causato?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il profitto del reato e il danno sono concetti giuridici distinti. Il profitto è il vantaggio economico diretto ottenuto dall’autore del reato, mentre il danno è la perdita economica subita dalla vittima. Le due cifre non possono essere automaticamente equiparate, ma devono essere determinate in modo autonomo.

In caso di concorso di persone, il sequestro può riguardare l’intero profitto nei confronti di un solo indagato?
Sì. La Corte ha ribadito l’orientamento consolidato secondo cui, in base al principio solidaristico che regola il concorso di persone nel reato, è legittimo il sequestro preventivo per l’intero importo del profitto anche nei confronti di un solo concorrente, a prescindere da come il guadagno illecito sia stato poi effettivamente ripartito tra i correi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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