Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8124 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8124 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Cosenza il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/06/2023 del Tribunale di Cosenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari con ordinanza del 4 novembre 2022 aveva disposto il sequestro preventivo, in via diretta, dei saldi attivi per l’importo di euro 994.388,57, nonchè per equivalente, nei confronti del ricorrente (e di altri coindagati), dipendente della RAGIONE_SOCIALE, ritenendo sussistente il fumus dei delitti di associazione a delinquere,
truffa ai danni del RAGIONE_SOCIALE e falso ideologico in certificati, con la predisposizione di false ricette mediche, spesate illecitamente presso diverse farmacie, per lucrare il corrispettivo erogato da parte del RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale, con ordinanza del 7 dicembre 2022, rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse degli indagati che veniva annullata dalla Seconda Sezione della Corte di cassazione, con sentenza numero 24750 del 3 maggio 2023, per assenza di motivazione sul requisito del periculum in mora, ritenendo assorbiti gli altri due motivi di ricorso relativi all’ erronea quantificazione del profitto e al mancata distinzione di questo tra i diversi concorrenti.
Il Tribunale di Cosenza, nel giudizio di rinvio oggetto del presente ricorso, ha rigettato l’istanza di riesame, ritenendo sussistente il pericolo di dispersione di quanto sequestrato sia per la natura strumentale al rafforzamento del sodalizio criminale, sia per la mancata desistenza degli indagati dai propositi delittuosi, nonostante l’intervento dell’autorità giudiziaria, con la capacità di disfarsi del denaro illecitamente conseguito; sia per la natura fungibile del denaro.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando due motivi.
2.1. Con il prima rileva violazione di legge e vizio di motivazione in quanto l’ordinanza non si è conformata al principio sancito dalla sentenza rescindente in ordine alla sussistenza del periculum in mora atteso che sono stati utilizzati argomenti contraddittori, stante la mancata dispersione ad oggi del denaro, e, comunque, argomenti apparenti perché fondati sul collegamento con l’estero di altri coindagati, ma non del ricorrente, sulla mera confiscabilità obbligatoria del denaro e sulla sua natura fungibile sebbene l’avvenuto sequestro riguardi anche l’autovettura e i beni immobili di Todaro.
In tal modo il Tribunale non ha indicato gli elementi di fatto da cui abbia desunto la necessità di un’anticipata esigenza ablatoria, tanto da violare il principio di proporzionalità e l’obbligo di motivazione enunciati sul tema dalla Corte di legittimità.
2.2. Con il secondo motivo rileva violazione di legge e vizio di motivazione in quanto, sebbene la sentenza rescindente avesse ritenuto il motivo sulla quantificazione del profitto assorbito nell’accoglimento del primo, l’ordinanza non ha provveduto ad indicare gli elementi indiziari in forza dei quali i beni sequestrati potessero ritenersi, in tutto o in parte, l’immediato prodotto o l’indiretto profitt della condotta illecita. Peraltro, il sequestro preventivo dei conti correnti aveva determinato l’apprensione anche di somme su essi confluite successivamente alla notifica del provvedimento ablatorio e, comunque, era stato confuso il concetto di
profitto (pari all’utilità conseguita di euro 15.203,50 in relazione alla RAGIONE_SOCIALE presso cui lavorava il ricorrente) con quello di danno (indicato in euro 829.432,73, corrispondente al danno patito dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con riferimento al capo 18) con l’effetto di disporre il sequestro per una somma illegittimamente determinata. Infine, non era stata operata una distinzione tra i diversi concorrenti in ordine al profitto da vincolare, nonostante anche detta questione fosse stata posta con il ricorso in Cassazione e fosse stata ritenuta assorbita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
Il Tribunale del riesame di Cosenza, a seguito della sentenza rescindente, ha fondato la motivazione sul periculum in mora, relativamente al disposto sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato, su argomenti da ritenersi apparenti in quanto fondati solo sui fatti accertati e sugli elementi costitutivi della condotta delittuosa contestata quali: a) l’ingente guadagno illecito ottenuto (pag. 5); b) il collegamento con l’estero di COGNOME (pagg. 6 e 7) – ma non di COGNOME -; c) la disponibilità a svolgere attività illecite (pag. 8); d) la natur strumentale dei beni al rafforzamento del sodalizio; e) l’assenza di «resistenza dai propositi illeciti nemmeno a fronte dell’intervento dell’autorità giudiziaria» (pag. 8); f) «il considerevole lasso di tempo nel quale le condotte delittuose si sono estrinsecate (dal 2019 a tutto il 2021, se non addirittura al febbraio dell’anno 2022), l’organizzazione di uomini e mezzi impiegati per il raggiungimento degli scopi illeciti, la disinvoltura dei correi nel prescrivere, da un lato, e nell’accumulare, dall’altro, farmaci mai effettivamente commercializzati, dei quali provvedevano con eguale spregiudicatezza alla distruzione, sono indici rivelatori della tendenza a delinquere nel settore e, conseguentemente, del pericolo che il denaro oggetto della misura ablativa anticipatoria, possa essere disperso, in modo da rendere inefficace la confisca» (pag. 9).
2.1. Detti argomenti non centrano la nozione di periculum in mora quale presupposto di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 cod. pen. nei termini richiesti dalla sentenza rescindente.
Esso, infatti, non può essere desunto, come fatto dal provvedimento, ripercorrendo la modalità fraudolenta della condotta illecita del ricorrente, valorizzandone genericamente il pericolo di reiterazione e richiamando i collegamenti con l’estero di altri coindagati, come COGNOME, con cui non risultano
rapporti diretti, altrimenti si crea un indebito automatismo tra accertamento del fumus commissi delicti e pericolo, concreto e attuale, che l’indagato, nelle more della definizione del giudizio di merito, possa distrarre il proprio patrimonio.
Il periculum in mora di certo può emergere, anche alternativamente, in base ad elementi oggettivi concernenti la consistenza quantitativa o la natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, oppure da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato purchè lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio (Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, Fricano, Rv. 283769).
In sostanza, l’onere di motivazione, proprio per evitare automatismi o motivazione apparenti, secondo la giurisprudenza di legittimità può dirsi assolto solo quando spieghi le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege. Le Sezioni unite hanno anche precisato che l’automatismo operante nella precedente interpretazione giurisprudenziale, che considerava sussistente in re ipsa il periculum nel caso di sequestro preventivo prodromico alla confisca obbligatoria, era antitetico rispetto al dettato costituzionale, consentendo alla misura cautelare reale di incidere, in via generalizzata e incondizionata, sui diritti fondamentali del soggetto attinto, anche in misura sproporzionata e più di quanto non lo possa la pronuncia di merito (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, NOME, Rv. 281848).
2.2. Inoltre, il Tribunale non ha risolto le altre questioni poste dalla difesa circa il profitto del reato con specifico riferimento: sia all’errata sovrapposizione tra danno subito dal SSN, di cui non sono state indicate le modalità di quantificazione, sia all’identificazione di questo con il profitto dell’indagato, mero magazziniere.
Il provvedimento, infatti, si è limitato a stabilire, in modo assertivo, che vi fosse identità tra il profitto del ricorrente (non quantificato) e «la somma fraudolentemente sottratta all’ente pubblico» (pag.6).
Si tratta di una motivazione assertiva alla luce del fatto che, proprio in assenza di una definizione legislativa delle nozioni di profitto e provento del reato, il significato di dette nozioni e, per l’effetto, il loro ammontare dipendono dal delitto in cui essi vengono in rilievo (Sez. 2, n.20976 del 22/02/2012, Rv. 252842)
Nel caso di specie, dato atto che, per ragioni anche di logica, il danno subito dall’ente pubblico, pari ad oltre 800.000 euro, non è identificabile con il profitto conseguito da COGNOME, tanto più che egli risulta essere il magazziniere di una RAGIONE_SOCIALE – non il titolare – e non sono menzionate indagini patrimoniali sulle sue
disponibilità economiche, il Tribunale, in sede di rinvio, sarà tenuto a definire anche quale sia l’entità della somma illecitamente acquisita dal ricorrente e come sia stato determinato il danno del SSN.
Privo di pregio è, invece, il motivo di censura relativo all’apprensione del denaro confluito successivamente al sequestro sul conto del ricorrente in quanto costituisce consolidato orientamento di questa Corte quello secondo il quale in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta è legittima l’apprensione di somme di denaro pervenute sul conto dopo l’esecuzione della misura, a nulla rilevando che siano state corrisposte o siano entrate nella disponibilità dell’avente diritto in un momento successivo rispetto alla materiale esecuzione del sequestro (Sez. 3, n.41589 del 16/05/2023, Rv. 285168). Infatti, secondo le Sezioni Unite il rapporto di pertinenzialità va individuato tra il reato e l’incremento monetario che ne è conseguito, dal che consegue che la materiale composizione della disponibilità in denaro diviene irrilevante, posto che oggetto della confisca sarà pur sempre una somma di valore pari a quella ottenuta dalla commissione del reato (Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, Rv. 282037).
Altrettanto infondato è il motivo di ricorso relativo alla mancata ripartizione del profitto in quanto costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo il quale, proprio con riferimento al reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, «è legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca eseguito per l’intero importo del prezzo o profitto del reato nei confronti di un concorrente del delitto …., nonostante le somme illecite siano state incamerate in tutto o in parte da altri coindagati, salvo l’eventuale riparto tra i concorrenti medesimi, che costituisce fatto interno a questi ultimi, privo di alcun rilievo penale, considerato i principio solidaristico che uniforma la disciplina del concorso di persone e che, di conseguenza, implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente, nonché la natura della confisca per equivalente, a cui va riconosciuto carattere eminentemente sanzionatorio» (da ultimo Sez. 2, n. 22073 del 17/03/23, Rv. 284740).
In conclusione l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale competente che dovrà nuovamente motivare sul periculum in mora oltre che sulla quantificazione del danno subito dal RAGIONE_SOCIALE e sul profitto del ricorrente.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di
Cosenza competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen. Così deciso il 23 gennaio 2024
La Consigliera estensora