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Sequestro preventivo: la motivazione del periculum

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza di sequestro preventivo per un valore di oltre 115.000 euro. La decisione si fonda sulla carenza di motivazione riguardo al ‘periculum in mora’, ovvero il rischio concreto di dispersione dei beni. Sebbene il ‘fumus boni iuris’ (la parvenza del reato di truffa aggravata) fosse stato ritenuto sussistente, il tribunale non ha adeguatamente spiegato perché fosse necessario anticipare gli effetti della confisca, ignorando le prove del solido patrimonio dell’indagato.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Periculum in Mora: Quando la Motivazione è Apparente

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è uno strumento potente nelle mani dell’autorità giudiziaria, ma il suo utilizzo deve essere ancorato a presupposti solidi e ben motivati. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 32897/2025) ha ribadito un principio fondamentale: non basta la semplice parvenza di un reato (fumus boni iuris) per giustificare il vincolo sui beni di un indagato. È indispensabile dimostrare anche il periculum in mora, ovvero il rischio concreto di dispersione del patrimonio. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Matera, in funzione di giudice del riesame, confermava un provvedimento di sequestro preventivo per un valore di 115.498 euro a carico di un individuo indagato per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.). L’accusa si basava sulla presunta presentazione di domande per ottenere contributi pubblici relativi a terreni di cui l’indagato non era più legittimo proprietario e per i quali era già stata disposta una condanna al rilascio forzoso.

L’indagato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi dell’ordinanza impugnata.

Le Ragioni del Ricorso e il Ruolo del sequestro preventivo

La difesa articolava il ricorso su tre motivi principali:

1. Violazione di legge sulla sussistenza del fumus boni iuris: Si sosteneva che la motivazione del Tribunale fosse solo apparente, non avendo considerato che l’indagato non aveva prodotto documentazione falsa e che i terreni, seppur non più di sua proprietà, erano rimasti nella sua disponibilità di fatto.
2. Violazione di legge e motivazione apparente sul periculum in mora: Questo è il punto focale della vicenda. La difesa aveva prodotto documentazione attestante un cospicuo patrimonio mobiliare e immobiliare dell’indagato, sostenendo che non vi fosse alcun rischio di sottrazione dei beni. Il Tribunale, secondo il ricorrente, aveva ignorato tali elementi, fornendo una motivazione generica e tautologica.
3. Errata quantificazione del profitto: Veniva contestato l’importo sequestrato, ritenendo che il profitto illecito, sulla base di una perizia di parte, dovesse essere ricalcolato in una somma notevolmente inferiore (circa 45.000 euro).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i tre motivi, giungendo a una decisione che accoglie parzialmente le ragioni del ricorrente.

Sul fumus boni iuris: Il primo motivo è stato respinto. La Cassazione ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente motivato la sussistenza del reato, individuando l’elemento cruciale nell’assenza di un possesso legittimo dei fondi, requisito indispensabile per poter richiedere gli indennizzi pubblici.

Sul periculum in mora: Il secondo motivo è stato accolto. La Corte ha richiamato l’importante pronuncia delle Sezioni Unite “Ellade” (n. 36959/2021), secondo cui il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve contenere una motivazione, seppur concisa, anche sul periculum in mora. Tale motivazione deve spiegare le ragioni concrete che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla sentenza definitiva.

Le Motivazioni: il Periculum non può essere presunto

Il cuore della decisione risiede proprio nella critica alla motivazione del Tribunale del riesame. A fronte di una documentazione che attestava un patrimonio significativo dell’indagato, il giudice si era limitato a una motivazione puramente tautologica, facendo generico riferimento all’attività professionale dell’indagato e alla natura dei beni. Questo, per la Cassazione, non è sufficiente.

Non si può giustificare un sequestro preventivo limitandosi a dire che l’attività professionale dell’indagato o la natura dei beni creano un pericolo di dispersione. Il giudice deve valutare la situazione patrimoniale complessiva e spiegare perché, nonostante la presenza di beni consistenti, esista un pericolo concreto e attuale di insolvenza o di occultamento del patrimonio. La motivazione deve essere specifica e non basarsi su presunzioni generiche.

Per questo motivo, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al presupposto del periculum in mora, rinviando il caso al Tribunale di Matera per un nuovo giudizio sul punto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale nel nostro ordinamento. Il sequestro preventivo è una misura che incide profondamente sul diritto di proprietà e non può essere applicato con leggerezza. La decisione chiarisce che la pubblica accusa e i giudici hanno l’onere di motivare in modo concreto non solo l’esistenza del reato, ma anche l’urgenza di bloccare i beni. La semplice esistenza di un patrimonio, anche se cospicuo, non esclude il periculum, ma impone al giudice di spiegare perché quel pericolo sussiste ugualmente. In assenza di una tale motivazione, specifica e non apparente, il sequestro è illegittimo.

Per disporre un sequestro preventivo finalizzato alla confisca è sufficiente dimostrare la probabile esistenza di un reato?
No. Secondo la sentenza, oltre al ‘fumus boni iuris’ (la parvenza del reato), è indispensabile che il giudice fornisca una motivazione specifica e concreta sul ‘periculum in mora’, ossia il pericolo attuale che i beni possano essere dispersi o nascosti prima della fine del processo.

Cosa significa che la motivazione sul ‘periculum in mora’ non può essere tautologica?
Significa che il giudice non può giustificare il sequestro usando formule generiche o presunzioni, come fare riferimento all’attività professionale dell’indagato. Deve invece spiegare, basandosi su elementi concreti, perché in quel caso specifico esiste un rischio reale di dispersione del patrimonio, soprattutto se la difesa ha fornito prove di una solida situazione patrimoniale.

La Corte di Cassazione può decidere quale sia il corretto ammontare del profitto da sequestrare?
No. La sentenza chiarisce che la determinazione esatta del profitto illecito e i relativi calcoli aritmetici sono questioni di merito. La Corte di Cassazione, quale giudice di legittimità, non entra in tali valutazioni, che possono essere affrontate in altre fasi del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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