Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17240 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17240 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a ROMA il 17/03/1945 COGNOME nato a ROMA il 21/12/1940
avverso l’ordinanza del 24/09/2024 del TRIBUNALE di ROMA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi rigettarsi il ricorso;
letta la memoria, in replica alle conclusioni della Procura generale, depositata dai difensori dei ricorrenti, con le quali si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Roma, in funzione di giudice dell’appello cautelare reale ex art. 322-bis cod. proc. pen., rigettava l’impugnazione proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso dal Tribunale capitolino quale giudice del dibattimento, che a sua volta rigettava l’istanza di restituzione di parte dei beni oggetto del sequestro preventivo.
COGNOME e COGNOME sono imputati quali concorrenti nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione aggravata dell’art. 4 I. 146 del 2006, per aver distratto dal patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, fallita il 15 febbraio 2013, beni per oltre 5.600.000,00 di euro, avvalendosi di una organizzazione criminale operante in più Stati della Unione europea. Il sequestro fu disposto, per quanto emerge dai provvedimenti in atti, in ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. in funzione della confisca – diretta e per equivalente – del profitto quantificato in euro 5.608.573, pari al valore dei beni sociali distratti.
I ricorsi per cassazione proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME del tutto sovrapponibili, constano di tre motivi ciascuno, che saranno enunciati congiuntamente e nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 II primo motivo dei due ricorsi lamenta violazione di legge processuale penale, in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., per assenza di motivazione quanto al periculum in mora, in relazione ai beni dei quali si è richiesta la restituzione, vale a dire le quote sociali di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE
Per un verso l’ordinanza impugnata richiamerebbe il giudicato cautelare formatosi sul periculum in maniera non corretta, in quanto nel primo procedimento cautelare – conseguente al rigetto da parte. del G.i.p. per difetto di esigenze cautelari della richiesta di sequestro genetica – il tema non era mai stato oggetto di una specifica doglianza da parte del pubblico ministero appellante, né di approfondimento da parte del Tribunale che accoglieva l’appello, in quanto sostanzialmente ritenuto connesso alla oggettiva pericolosità delle res.
L’ordinanza qui impugnata, in sostanza, trascurerebbe che medio tempore sono intervenute le Sez. U Ellade, che hanno diversamente regolato i presupposti della confisca per equivalente quanto al profilo del periculum, che non può essere tratto dalle sole modalità del fatto-reato per cui si procede, come ora invece ritiene il Tribunale del riesame di Roma.
Inoltre, apodittica risulterebbe l’affermazione dell’ordinanza impugnata che depotenzia le condotte degli allora indagati, che avevano condotto il G.i.p. ad escludere il periculum, consistenti nell’arco temporale intercorrente fra le condotte relative alla società fallita – del luglio 2009 – e l’ordinanza di rigetto del G.i.p. d luglio 2016, non risultando alcuna condotta dispositiva di beni da parte degli imputati.
Peraltro, rispetto al richiamato giudicato cautelare, l’ordinanza impugnata ha trascurato di valutare i nova allegati, quali i dati economici e contabili relativi alle società le cui quote sono state sequestrate, le valutazioni di stima delle
partecipazioni societarie intestate agli imputati, attestanti un valore superiore a quello del ipotizzata futura confisca, come anche il contratto intercorrente fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che impediva agli imputati di cedere liberamente le quote durante il contratto di mandato, rinnovato nel 2023 per un ulteriore triennio.
2.2 Il secondo motivo lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 321 cod. proc. pen. e 11 I. 146 del 2006, in quanto l’ordinanza impugnata ha ritenuto sufficiente la motivazione del periculum in mora quanto alla confisca diretta, non risultando necessaria anche per quella per equivalente. I motivi criticano l’automatismo per cui la motivazione per il sequestro diretto integri anche quella del vincolo di valore. La confisca per equivalente è di natura sanzionatoria e non ripristinatoria, come quella diretta, cosicché si impone un maggiore onere motivazionale, come richiesto dalla Sez. U. Ellade.
Anche non corretto risulterebbe il richiamo a esigenze specialpreventive, estranee al periculum richiesto per il sequestro funzionale alla confisca, in quanto afferenti al diverso sequestro impeditivo.
2.3 Il terzo motivo lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 125, 321 cod. proc. pen. e 11 I. 146 del 2006 quanto alla motivazione apparente in tema di permutabilità del sequestro delle quote societarie, in violazione dei canoni di adeguatezza e proporzionalità della misura.
I ricorrenti avevano in via subordinata rappresentato di voler sostituire alle quote liquidità certe ed esigibili di pari valore. La motivazione impugnata cadrebbe in un evidente travisamento dei dati offerti, disarticolante l’iter motivazionale, in quanto la quota del 15% di RAGIONE_SOCIALE Bracco è stata produttiva di dividendi già deliberati, il cui complessivo ammontare risulta se non altro equivalente al valore delle quote RAGIONE_SOCIALE
Aver trascurato l’esistenza di tale diritto alla percezione dei dividendi, già quantificati, avrebbe consentito di operare una estensione del sequestro a tali importi con restituzione delle quote citate.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria e conclusioni scritte con le quali ha chiesto rigettarsi i ricorsi.
I difensori hanno depositato memoria, in replica alle conclusioni della Procura generale, insistendo per l’accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
Va innanzi tutto ricordato che in materia di misure cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge e che pertanto è consentito dedurre censure attinenti la motivazione del provvedimento impugnato solo nei limiti in cui oggetto di doglianza sia l’assoluta mancanza di un apparato giustificativo della decisione o, quanto meno il difetto dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza del medesimo, tanto da evidenziarne l’inidoneità a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. un. n. 25932 del 29 maggio 2008, COGNOME, rv 239692; Sez. Un., n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.C. COGNOME in proc.COGNOME, Rv. 226710). Nella nozione di violazione di legge, rileva Sez. U COGNOME, si devono ricomprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (da ultimo, fra le altre, nello stesso senso, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01).
Va inoltre evidenziato che il sequestro è stato disposto in relazione al delitto di bancarotta per distrazione aggravato dall’art. 4 della I. 146 del 2006, avendo contribuito alla commissione del delitto un gruppo criminale organizzato impegnato in attività illecite in più di uno Stato.
L’art. 3 della legge citata definisce il reato transnazionale come quello nel quale sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, cosicché trova applicazione l’art. 11 della stessa legge, che prevede la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente nei termini che seguono: «1. Per i reati di cui all’ articolo 3 della presente legge, qualora la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non sia possibile, il giudice ordina la confisca di somme di denaro, beni od altre utilità di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente a tale prodotto, profitto o prezzo. In caso di usura è comunque ordinata la confisca di un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari. In tali casi, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di danaro o individua i beni o le utilità assoggettati a confisca di valore corrispondente al prodotto, al profitto o al prezzo del reato».
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Pacifica è la natura obbligatoria della confisca per equivalente in esame (fra le altre, Sez. 2, n. 5778 del 30/11/2022, dep. 10/02/2023, Rv. 284391 – 01; Sez. 2, n. 16100 del 27/02/2019, Kamata, Rv. 276051 – 01).
Venendo all’esame dei primi due motivi dei ricorsi, si tratta di censure strettamente connesse, da trattarsi congiuntamente.
4.1 Deve evidenziarsi in primo luogo come le Sez. U Ellade abbiano affermato che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”. In particolare, le Sezioni Unite si confrontavano con un sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato, in ordine al quale la Corte ha chiarito che l’onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01).
Va premesso, quindi, che la pronuncia delle Sezioni Unite, invocata a più riprese dai ricorrenti, chiarisce – dal fol. 15 par. 6.3.1 – che l’onere motivazionale è richiesto sia per i casi di confisca facoltativa, sia anche per quelli di confisca obbligatoria, in ragione della esegesi letterale e sistematica dell’art.321 cod. proc. pen. come anche del principio di proporzione, che deve riguardare anche il sequestro funzionale alla confisca per equivalente, connotata da intento sanzionatorio, con netta distinzione rispetto al sequestro impeditivo, del quale viene rimarcata l’autonomia.
Unica eccezione all’onere motivazionale si rinviene nel caso dell’art. 240, comma secondo, n. 2 cod. pen. in quanto in quel caso di verte in tema di beni ad intrinseca pericolosità.
A tale onere motivazionale deve attenersi anche il Tribunale del riesame, investito da censura in ordine alla sussistenza del periculum in mora.
4.2 Va da subito osservato come il Tribunale di Roma abbia adempiuto a tale onere di motivazione, dovendosi per altro evidenziare come proprio Sez. U. Ellade non richieda la necessità di un doppio onere motivazionale in relazione alla confisca diretta e, poi, a quella per equivalente, risultando quest’ultima conseguenza ex lege della prima, come è nel caso dell’art. 11 cit. che prevede che «qualora la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non
· GLYPH sia possibile», «il giudice ordina la confisca ..». L’obbligatorietà della confisca per equivalente, in sostanza, correttamente viene ritenuta dal Tribunale sorretta dalla motivazione che giustifica la confisca diretta.
Nel caso in esame il Tribunale del riesame preliminarmente affronta il tema, qui ‘attaccato’ dai ricorrenti, della sussistenza del giudicato cautelare che per il Collegio capitolino non sarebbe stato superato da Sez. U Ellade. Ma la censura sul punto non è decisiva, in quanto comunque il Tribunale offre una adeguata motivazione, poi, nel merito della doglianza proposta (cfr. foll. 8 e s.).
Corretto è affermare che il sequestro per equivalente – in funzione della confisca – si giustifica in relazione alla impossibilità di procedere alla apprensione diretta dei beni distratti (immobilizzazioni immateriali, immobilizzazioni materiali, immobilizzazioni finanziarie, rimanenze di magazzino, crediti, disponibilità liquide), costituenti nel caso di specie profitto del reato aggravato, non essendo necessaria una motivazione aggiuntiva relativa al pericolo di dispersione dei beni a sequestrarsi per equivalente. Tanto non viene richiesto da Sez. U Ellade, trattando in modo omogeneo sia la confisca diretta che quella per equivalente, quest’ultima richiamata al par. 6.4 fol. 16 della autorevole pronuncia.
L’ordinanza impugnata, pertanto, ai foll. 8 e ss. risponde alla ‘richiesta’ di motivazione proveniente da Sez. U Ellade, affermando che i beni oggetto di distrazione – e dunque di potenziale confisca diretta – pari ad oltre 5 milioni di euro, non sono stati mai rinvenuti, né sono stati in alcun modo recuperati, né ne è stata indicata la destinazione, cosicché impossibile è la confisca diretta. In sostanza si verte in tema di una dispersione del profitto già in atto (fol. 7) a fronte della quale ricorre la necessità di anticipare l’effetto ablativo della confisca in relazione al valore equivalente dei beni. Ciò anche in considerazione delle modalità dei fatti-reato contestati, consistiti nello svuotamento sistematico della società fallita, attraverso un sofisticato meccanismo predisposto da noti professionisti, con il ricorso a gruppi criminali operanti all’estero, il che integra una non trascurabile spregiudicatezza degli imputati e la loro tendenza alla frode.
In tale prospettiva, osserva il Tribunale del riesame, anche la circostanza che non vi siano state altre dispersioni di beni da parte degli allora indagati, nel tempo intercorso fra l’inizio delle indagini e la conoscenza delle stesse da parte di costoro e l’emissione della misura cautelare reale, non risulta in sé adeguato ad escludere il periculum in mora a fronte della circostanza permanente che i beni distratti non sono mai stati rinvenuti.
Già in sé tale motivazione risulta certamente non integrare la natura apparente – richiesta dalla violazione di legge deducibile con il rimedio di legittimità in esame – ma risulta invece sufficiente, come pure rileva la Procura generale, ad assicurare l’onere motivazionale richiesto.
E, per altro, risulta essere, quella in esame, una motivazione in linea con quanto affermato da Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769 – 01 che richiede che la concisa motivazione del “periculum in mora” possa essere tratta sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere.
E in tal senso, la motivazione incentrata su . Ile condotte tenute dagli indagati, sottraendo beni per milioni di euro (fol. 8, lett. a), quindi anche con riferimento al dato quantitativo, senza che i beni medesimi distratti siano mai stati rinvenuti, risulta in linea con quanto richiesto.
D’altro canto la stessa Sez. U Ellade chiarisce come sia «il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizi».
A tal riguardo deve evidenziarsi come nel caso in esame la condotta distrattiva, integrante il reato per cui si procede, dimostri in sé la capacità degli indagati di disperdere i beni, costituisca un riferimento motivazionale adeguato e certamente non apparente, in uno anche alla valutazione quantitativa già richiamata e all’esistenza di una organizzazione internazionale e al coinvolgimento di professionisti.
Inoltre, va anche evidenziato che la valutazione del Tribunale del riesame non si sostanzia solo nel verificare la sussistenza della condotta di reato, consistente nella distrazione, ma anche nel riferirsi alla dispersione anche internazionale dei beni sottratti. Il che vuol dire andare oltre la condotta in sé necessaria e sufficiente ad integrare il delitto di bancarotta patrimoniale, in quanto quest’ultimo è configurato anche dalla sola destinazione dei beni a finalità diverse da quelle sociali, il che non implica, come necessaria, l’irreperibilità delle risorse societarie distratte, che nel caso in esame viene invece evidenziata dall’ordinanza del Tribunale di Roma (sul punto della distrazione per destinazione a finalità diverse da quelle sociali, con distacco dal patrimonio e messa in pericolo della garanzia dei creditori, Sez. 5, n. 7437 del 15/10/2020, dep. 25/02/2021, COGNOME, Rv. 280550
– 02; Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, Sistro, Rv. 261446 – 01; sulla irrilevanza della reperibilità del bene distratto, tanto che non esclude il reato la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore degli organi concorsuali, da ultimo Sez. 5, n. 48872 del 14/07/2022, COGNOME, Rv. 283893 – 01).
In tale prospettiva si spiega anche il successivo passaggio motivazionale, nel quale vengono richiamate esigenze potenzialmente attribuibili al sequestro impeditivo: certamente, come osservano le difese, il rischio di confusione sussiste, anche perché il Tribunale non riconduce il pericolo di dispersione – tratto dalla circostanza che gli imputati continuino a svolgere attività imprenditoriale e abbiano dimostrato inclinazione a tali operazioni dispersive – ai beni dei quali si chiede la restituzione, sequestrati per equivalente, bensì all’originario profitto della bancarotta già mai rinvenuto e dunque reinvestibile, il che però attiene al pericolo del sequestro innpeditivo.
E GLYPH comunque, GLYPH l’argomentazione GLYPH dell’ordinanza GLYPH impugnata GLYPH integra ulteriormente il tema della inclinazione soggettiva alla dispersione e al reimpiego in attività imprenditoriali ulteriori, il che risponde anche a quanto delineato dalle Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01, per le quali il criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro in oggetto va rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, e «deve ritenersi corretto, con riferimento, come nel caso di specie, al sequestro che abbia ad oggetto cose profitto del reato, l’indirizzo che afferma la necessità, sia pure facendola impropriamente rientrare nell’alveo dell’esigenza di evitare la protrazione degli effetti del reato (in realtà già insita nel sequestro impeditivo), che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato».
In sostanza, ferma la distinzione fra le due tipologie di sequestro – rispettata dal provvedimento impugnato che non trasforma il sequestro preventivo funzionale alla confisca in quello impeditivo – le valutazioni sul periculum possono anche sovrapporsi.
D’altro canto, e comunque, oltre alla sufficienza della prima parte della motivazione, sopra analizzata, anche non apparente è la valutazione della sussistenza della relazione di proporzione rispetto al fattore ‘tempo’, essendo trascorsi sette anni dall’esecuzione del sequestro e rilevando il Tribunale che il caso in esame – rispetto a quello prospettato dalla difesa, richiamando Sez. 6, n. 1645 del 21/11/2022, dep. 17/01/2023, Parisi Rv. 284158 – 01 – si caratterizzi per una minore durata del sequestro, ma soprattutto per la circostanza che a differenza del caso COGNOME gli imputati non hanno rinunciato alla prescrizione. Ciò determina la certezza quanto ai tempi di definizione del processo, anche con una
pronuncia di estinzione del reato, come anche tenendo in conto che il dibattimento «è alle battute conclusive, essendo stata calendarizzata la discussione finale».
Tale ultima considerazione si inserisce perfettamente in quanto afferma Sez. U. Ellade, che richiede un onere motivazionale anche correlato alla natura interlocutoria del provvedimento che, evidentemente, nel caso in esame, ben presto andrà a cessare con la decisione del giudizio di primo grado.
A ben vedere, quindi, le argomentazioni richiamate dalla ordinanza impugnata sostengono una motivazione complessivamente non apparente né in violazione di legge.
In tal senso Sez. U. Ellade richiedeva una ‘concisa motivazione’ anche del periculum che nel provvedimento impugnato si rinviene, motivazione tratta sia da elementi oggettivi, con riferimento alla significativa consistenza quantitativa e qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere.
4.3 Quanto all’omessa valutazione della nuova consulenza allegata con le note difensive al Tribunale del riesame – in data 19 settembre 2024, citate al fol. 3 dell’ordinanza e richiamate dai ricorrenti con il primo motivo di ricorso – il Tribunale del riesame offre comunque una non apparente motivazione, a proposito del tema della surrogabilità delle quote in sequestro con il diritto di credito ai dividendi. Seppur indirettamente il Tribunale, affermando l’incertezza del credito nei confronti della società in ordine ai dividendi, esclude che il patrimonio degli imputati sia divenuto tanto maggiore da integrare una sopravvenuta sproporzione con il valore da confiscare, che giustificherebbe il cessare del periculum. Quest’ultima era la argomentazione proposta dalla difesa al fol. 5 della memoria depositata al Tribunale del riesame.
In sostanza, il Tribunale esclude che l’allegazione del contributo tecnico che attesta i nuovi dati positivi del patrimonio delle società – le cui quote sono in sequestro – possa escludere il pericolo di dispersione del patrimonio dei ricorrenti, che, per quanto solido nella prospettiva difensiva, certamente non per questo non è suscettibile di dispersione ulteriore.
Per altro, la censura sul punto non è decisiva, tenuto in conto che l’argomentazione sull’an del sequestro risulta ancorata alle valutazioni ulteriori, non apparenti e in precedenza esaminate, in ordine alla sussistenza del periculum, quali i dati quantitativi e qualitativi della dispersione, in prospettiva oggettiva e soggettiva. In tal senso, quindi, l’onere motivazionale funzionale alla proporzionalità anche nell”an’ del vincolo cautelare, viene assicurato nella prospettiva di Sez. U. Ellade, evitando l’indebita compressione dei diritti
costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, «quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno
strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio».
5. In ordine al terzo motivo, lo stesso, come anticipato, denuncia un non consentito travisamento, che afferisce al vizio di motivazione e non alla violazione
di legge. D’altro canto, nessuna violazione di legge si riscontra, in quanto il
Tribunale del riesame evidenzia il difetto di certezza ed esigibilità del credito della ricorrente nei confronti della società, in quanto la distribuzione dei dividendi non
è stata disposta nella interezza, cosicché corretto è il ritenere che la sostituzione di quanto in sequestro non verrebbe a essere garantita allo stato da un diritto
analogamente convertibile e fruibile. In tal senso, l’argomentare del Tribunale risulta in sintonia con quanto affermato da questa Corte in più occasioni in
relazione a fattispecie analoghe (Sez. 3, n. 37660 del 17/05/2019, COGNOME, Rv.
277833 – 01, Sez. 3, n. 12245 del 17/01/2014, COGNOME, Rv. 261496 – 01; Sez. 6, n. 36095 del 01/07/2009, COGNOME, Rv. 244870 – 01).
Consegue il rigetto dei ricorsi, con condanna al pagamento delle spese processuali dei ricorrenti.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/03/2025.