Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34374 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34374 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da:
COGNOME NOME, nato a Santa Maria Capua Vetere il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 07/03/2025 del Tribunale del riesame di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso l’inammissibilità del ricorso.
PREMESSO IN FATTO
Con ordinanza in data 07/03/2025, il Tribunale del riesame di Lecce rigettava il riesam proposto da NOME COGNOME – quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE – avverso il decreto del 7 marzo 2025 con cui il GIP del Tribunale di Lecce aveva applicato allo stesso l misura cautelare reale del sequestro preventivo in relazione al delitto di cui all’articol quaterdecies cod. pen..
Avverso detta ordinanza propone ricorso il COGNOME.
2.1. Con un primo motivo lamenta violazione di legge, violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli articoli 322-ter e 240 cod. pen., 125 e 321 cod. proc.
Evidenzia che il COGNOME ha svolto il ruolo di intermediario in 25 trasporti di rifiuti, quando l’autorizzazione della RAGIONE_SOCIALE era ancora valida, per cui egli ha agito con tutta la dilige necessaria per un operatore del settore.
Evidenzia, inoltre, la mancanza grafica di motivazione in ordine ai contenuti della memori difensiva che riportava le valutazioni tecniche del c.t. COGNOMENOME COGNOME.
2.2. Con un secondo motivo lamenta violazione di legge, violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli articoli 322er e 240 cod. pen., 125 e 321 cod. proc. p
Nell’ordinanza nulla si dice sul periculum in mora che deve sempre sussistere quando viene disposto il sequestro preventivo del profitto.
Nel caso di specie, poi, le somme erano già vincolate per effetto di altro sequestro e qui insuscettibili di dispersione.
2.3. con un terzo motivo lamenta violazione di legge, violazione di legge processuale e vizi di motivazione in relazione agli articoli 322-ter e 240 cod. pen., 125 e 321 cod. proc. pen..
L’ordinanza gravata non effettua alcuna distinzione tra profitto derivante da operazioni lec ed operazioni illecite (confiscabile), con ciò contravvenendo a quella giurisprudenza che disting tra «reato-contratto» e «reato in contratto», in cui non può considerarsi profitto del re parte di corrispettivo percepite per la parte lecita della prestazione eseguita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia come i lamentati vizi di cui all’articolo 606, l c) ed e), sono inammissibili in quanto proposti per motivi non consentiti dalla legge.
Ed infatti, a norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in materia di misure cau reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere – quanto all motivazione della relativa ordinanza – soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della stessa ( ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 283916).
In tale categoria rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presen di una motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità manifesta o la contraddittorietà, quali possono essere denunciate nel giudizio di legittimità soltanto tramite il motivo di rico ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. (v., ex plurimis, sez. 5, 11 gennaio 2007, n. 8 rv. 236255; sez. 6, 21 gennaio 2009, n. 7472, rv. 242916; sez. un., 28 gennaio 2004, n. 5876, rv. 226710).
3. Ciò premesso, il motivo relativo alla mancanza di gravità indiziaria è inammissibile.
3.1. Sul punto, i Collegio ritiene opportuno ribadire il consolidato orientamento della C (v., ex multis, Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, COGNOME, Rv. 268683; Sez. 4, n, 38466 del 12/07/2013, COGNOME, Rv. 257576) secondo cui la nozione di «gravi indizi di colpevolezza» di all’art. 273 cod. proc. pen. non è omologa a quella che qualifica lo scenario indiziario idon fondare il giudizio di colpevolezza finale.
Al fine dell’adozione della misura, invero, è sufficiente l’emersione di qualunque elemen probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’in in ordine ai reati addebitati. I detti indizi, pertanto, non devono essere valutati secondo gli criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192 cod. pen. proc., comma 2 (pe ragione l’art. 273 cod. proc. pen., comma 1-bis richiama l’art. 192 cod. proc. pen., commi 3 e 4, ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale, oltre alla gravità, richiede la precisi concordanza degli indizi).
La stessa Corte costituzionale ha del resto evidenziato (sentenza n. 121 del 2009) che «l gravità indiziaria richiesta dall’art. 273 cod. proc. pen. si propone come un criterio il cui metro di accertamento è eterogeneo rispetto a quello della sostenibilità dell’accusa in giudizio: per aspetti anche più rigoroso, per certi altri più debole, in ragione sia della possibilità ch degli atti di indagine unilateralmente acquisiti dalla polizia giudiziaria o dal pubblico min considerati per la misura cautelare risultino inutilizzabili in sede di giudizio, sia per l’e che la loro valenza e il loro significato cedano o si trasformino, in uno o altro senso, attr la dialettica dell’assunzione probatoria dibattimentale».
Ne deriva, quindi, che «ai fini delle misure cautelari, è sufficiente qualunque eleme probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’in in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrisp agli “indizi” intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio fina colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, ric precisione e la concordanza degli indizi – non richiamato dall’art. 273 comma 1-bis, cod. proc. pen.» (Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269179 – 01; conformi, ex multis: Sez. 2, n. 8948 del 10/11/2022, dep. 2023, Pino, Rv. 284262 – 01; Sez. 2, n. 48276 del 24/11/2022, Tiganciuk, Rv. 284299 – 02).
3.2. Il Collegio evidenzia ancora che in materia cautelare, pur non potendosi parlare «doppia conforme», laddove le due ordinanze cautelari pervengano a conclusioni sovrapponibili, seguendo i medesimi passaggi argomentativi (come nei caso di motivazione per relationem), esse si integrano, formando un unicum.
In tal senso, la giurisprudenza della Corte ritiene (Sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, dep. 19 Trimboli, Rv. 212768 – 01) che «in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata da
giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, esser utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandos ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della cautelare».
Analogamente, Sez. 6, n. 32359 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226517 – 01, ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame integra e completa quello del giudice che h emesso l’ordinanza applicativa, purché questa (come in questo caso) contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione, con la mera esclusione (Sez. 6, Sentenza n. 18476 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, n.m.) del caso in cui il provvedimento custodia le s mancante di motivazione in senso grafico oppure ove, pur esistendo materialmente una motivazione, essa si risolva in clausole di stile o in una motivazione meramente apparente e cio tale da non consentire di comprendere l’itinerario logico-giuridico esperito dal giudice.
Le due ordinanze, quindi, andranno considerate unitariamente ai fini di valuta l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di ricorso.
3.3. Scendendo in concreto, il COGNOME risponde del delitto (rubricato al capo 3) di cui all’a 452-quaterdecies, cod. pen., per avere, in concorso con altri soggetti e al fine di conseguire ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività conti organizzate, prelevato, ricevuto, trasportato, intermediato e comunque gestito abusivamente e clandestinamente un ingente quantitativo di rifiuti, rinvenienti da processi di tratta meccanico di rifiuti contraddistinti dal codice EER 19.12.12., tutti illecitamente smaltiti me abbandono in siti non autorizzati, diversi dal luogo indicato nei formulari di identificazione tutti falsamente compilati al fine di eludere l’attività di controllo.
Segnatamente gli indagati, mediante 63 trasporti complessivi effettuati (di cui nr. 23 d società RAGIONE_SOCIALE, nr. 36 dalla ditta individuale COGNOME NOME e nr. 4 dalla RAGIONE_SOCIALE, per il tramite della intermediazione delle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con la partecipazione della società RAGIONE_SOCIALE), smaltivano un totale di circa 1. 642.115 Kg di rifiuti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE, formalmente diretti all’impianto di recupero della RAGIONE_SOCIALE, ma in realtà sma siti non autorizzati (quale il capannone privato sito in Pulsano e quello sito nella zona indus del comune di Ferrandina, all’interno del plesso già sede della società «RAGIONE_SOCIALE sottoposta a procedura fallimentare).
3.3.1. L’ordinanza impugnata, alle pagine 1-2, evidenzia come i rifiuti speci contraddistinti dal codice CER 191212, prodotti da diverse imprese del centro-sud Italia (tra la RAGIONE_SOCIALE Villa Literno), apparentemente destinati, in base ai documenti di traspo all’impianto di trattamento della RAGIONE_SOCIALE sito ad Onano in provincia di Viterbo, veniv sistematicamente dirottati in altri siti non autorizzati tramite una capillare rete organ orchestrata da COGNOME NOME NOME qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE e dagli espon
di società di ntermediaztone e di trasporti, con la collaborazione degi autisti e dei custodi d aree abusivamente destinate a discarica, individuate a Pulsano, Ferrandma, San Martino Valle Caudina, Villapiana Lido e Cassano allo ionio.
RAGIONE_SOCIALE, in particolare, amministrata dall’odierno ricorrente, ha assunto il ruolo intermediaria nel conferimento di rifiuti provenienti dalla RAGIONE_SOCIALE, destinati apparentem all’impianto di Onano ma in realtà dirottati, dalle imprese di trasporto RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ad altre loc
3.3.2. L’ordinanza genetica dal canto suo, in punto di gravità indiziaria, nell’analizz figura del COGNOME, a pag. 55 sottolinea (correttamente) come sullo stesso, in quali intermediario, incombe il preciso onere effettuare le dovute attività di vigilanza e control rispetto del principia della responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti poiché l’a intermediazione, pur senza detenzione, rientra nell’ambito della gestione dei rifiuti, i cu sono tutti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiu questione (richiamando, tra le tante, Sez. 3, n. 5912 dell’11/12/2019, Rv. 278411- 01)».
3.3.3. Il ricorso appunta la sua doglianza esclusivamente sulla esistenza/validit contraffazione della autorizzazione in possesso della RAGIONE_SOCIALE, ma non si confronta con l ricostruzione del fatto operata dalle due ordinanze, che descrivono in modo preciso smaltimento abusivo dei rifiuti in località diverse dalla EKO, formale destinataria dei rifiut risultando pertanto generico e inammissibile.
3.3.4. In tal senso, di alcuna utilità si presentava la memoria tecnica a firma del DrCOGNOME COGNOME citata dal ricorrente e prodotta all’udienza del 4 marzo 2025, che si limita ad attestar contraffazione (per parziale omissione) della copia della autorizzazione della EKO in possess della RAGIONE_SOCIALE FER, ma non influisce sulla ricostruzione fattuale operata dai giudici della caut
Va infatti ribadito in questa sede che l’omessa valutazione di una memoria difensiva no determina alcuna nullità, ma può (solo) influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giu della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono sta espresse le ragioni difensive (Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578-01).
Si è anche affermato che, in tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame di una memoria difensiva da parte del tribunale del riesame non può essere dedotto in sede di legittimità, s che introduca temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive, non sussistendo un’omessa valutazione quando gli argomenti in essa sviluppati, sui quali il provvediment impugnato sia rimasto silente, siano smentiti dal complessivo impianto motivazionale, in quant logicamente incompatibili con la ricostruzione accertata e la valutazione formulata (Sez. 1 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 – 01; Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020, COGNOME, Rv 280670 – 01; Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276199 – 03), circostanza che, come visto dianzi, si è verificata nel caso di specie.
Quanto alle esigenze cautelari, la doglianza è infondata.
L’ordinanza genetica, a pagina 436, dopo avere sottolineato la differenza tra sequestr impeditivo (art. 321, comma 1, cod. proc. pen.) e sequestro finalizzato alla confisca (comma 2 rammenta che il «periculum», si identifica nella «probabilità di un danno futuro e che deriv dalla effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa o al suo uso che si ha quando poss essere aggravate o protratte le conseguenze del reato, agevolata la commissione di altri reati detto pericolo va inteso in senso oggettivo, deve essere concreto e attuale e conseguente all disponibilità delle «cose pertinenti al reato».
Inoltre, affinché sussista il periculum è necessario che il possibile aggravamento o protrazione del reato, o la possibile agevolazione di nuovi reati, e conseguenza dovuta a disponibilità della cosa da sequestrare che si pone in rapporto stabile e strumentale rispett reato c.d. «consequenzialità»
Il requisito del periculum si atteggia in modo differente in relazione ai due tipi di sequestro Nel caso di sequestro impeditivo, il presupposto del periculum viene valutato con riferimento, prevalentemente, alla persona indagata ed all’utilizzo che quest’ultima può fare de res (prevenzione «speciale»). Infatti, il giudizio di pericolosità non concerne la natura intri del bene ma è connesso al possesso della cosa in riferimento alla destinazione che alla stessa vuole dare l’indagato.
Il comma 1 dell’articolo 321 cod. proc. pen. prevede tre diversi casi in cui si può proced a sequestro, ovvero evitare: l’aggravamento delle conseguenze del reato; la protrazione dell conseguenze del reato; l’agevolazione nella commissione di altri reati.
Nelle prime 2 ipotesi si fa riferimento ai casi in cui il sequestro preventivo, con rifer al «reato accertato», costituisce il mezzo per interrompere l’attività criminosa o per impe l’espansione degli effetti. Nella terza ipotesi (agevolazione nella commissione di altri invece, vengono in rilievo «altri reati» per la cui commissione la cosa pertinente al rea oggettivamente idonea.
Infine, il GIP rammenta che il ricorso all’istituto di cui al comma 1 non richiede la nec di dover determinazione il valore del profitto, che opera, invece, in caso di sequestro finali alla confisca.
Nel sequestro funzionale alla confisca, disciplinato dal comma 2 dell’art. 321 c.p.p., inv come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione, il provvedimento di sequestro preventivo «deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla defini del giudizio» (Sez. U., n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
Nel caso in esame, il giudice precisa che sussiste il fumus commissi delicti in ordine all’ integrazione del delitto di cui all’art. 452-quaterdecies c.p., l’ultimo comma del quale prevede espressamente la confisca obbligatoria delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estrane
reato e, in caso di impossibilità, la confisca per equivalente di beni di valore equivalente d condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità.
Successivamente, rammentati i principi di diritto espressi recentemente da questa Corte in tema di confisca diretta del profitto e di responsabilità solidale nell’obbligazione da confisca U., n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287756), e ritenuto che mancasse la prova della diretta derivazione causale dal reato delle somme indicate quale profitto del del contestato, il GIP ha disposto (ag. 442) il sequestro per equivalente pro quota (pari a C 18.644,18 nei confronti di ciascun indagato) del profitto quantificato in C 391.527,81 e desti alla confisca obbligatoria.
Quanto al periculum il GIP evidenzia che «vi è l’elevato pericolo che dette somme di denaro, nelle more dello svolgimento del processo vengano disperse, cosi come i beni di cui gli indaga hanno la disponibilità, non risultando allo stato dagli atti che gli indagati abbiano r disponibilità economiche al di fuori del profitto illecito dei reati de quo, tenuto conto che l’attività degli stessi è inerente la gestione illecita dei rifiuti», con ciò soddisfacendo l’onere di motivazione richiesta dalla citate sentenza Ellade delle Sezioni Unite.
Come è stato infatti stabilito da questa Corte, «il provvedimento di sequestro prevent finalizzato alla confisca ex art. 240 cod. pen. deve contenere la concisa motivazione d periculum in mora, che può essere desunto sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da el soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gl stessi debbano necessariamente concorrere» (Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, Fricano, Rv. 283769 – 01).
La motivazione, seppur coincisa, sussiste; il motivo è pertanto infondato.
6. La terza doglianza – relativa alla messa distinzione tra componente lecita e illecit profitto – è inammissibile, non essendo stata dedotta con i motivi di riesame, che han contestato solamente la sussistenza di fumus e periculum in mora.
Ed infatti, come è stato in proposito recentemente evidenziato da questa Corte (Sez. 3, n 29366 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286752 – 01), il riesame delle ordinanze che dispongono misure cautelari costituisce comunque un tipico mezzo di impugnazione, ancorché fornito di caratteristiche peculiari rispetto agli altri mezzi di impugnazione (Sez. U, n. 11 del 08/07/ dep. 1994, COGNOME, non mass. sul punto).
Pertanto, la natura della domanda del riesame «non può non imporre di tenere conto di tale ontologica caratteristica, che sarebbe invece completamente pretermessa, lo si anticipa, ove s giungesse a ritenere insussistente qualsivoglia onere, per l’interessato, di produzione cri rispetto all’atto impugnato. Riducendosi, altrimenti, l’essenza di tale atto di impugnazio altro da sé, riconducibile, piuttosto, a mere forme di promovimento di controlli da p
dell’Autorità Giurisdizionale, non distanti, in ragione della posizione di imparzialità e t esercitata dall’organo decisore, quale, in questo caso, il tribunale del riesame, pur con le dov diversità, da interventi in “autotutela” della Pubblica Amministrazione, ancorché promoss dall’interessato e connotati dalla assenza di obblighi della Amministrazione di attivarsi (cf tale ultimo punto, Consiglio di Stato, Sezione VI – Sentenza 6 aprile 2022, n. 2564). Così che, in ultima analisi, il procedimento potrebbe ridursi, come sostenuto da certa dottrina, piutt che alla fase di impugnazione, a mezzo di controllo che si pone in successione cronologica rispetto ad un precedente provvedimento, del quale condividerebbe ogni potere, contenuto ed effetto».
Chiaramente, la natura del giudizio cautelare (connotato da maggiore «fluidità», non solo sugli aspetti probatori, ma anche nella stessa contestazione), impone di considerare con minore incisività e rigore l’obbligo di specifica enunciazione dei motivi, che debbono, tuttavia, e esplicitati.
Del resto, anche la più risalente giurisprudenza, la quale ritiene che il tribunale sia ten valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo presupposti della misura (fumus commissi delicti e periculum in mora), per effetto della natura devolutiva del riesame, non estende tale obbligo anche all’analisi di aspetti ulteriori, qual esempio, elementi fattuali – non espressamente dedotti – da cui possa desumersi un diverso inquadramento giuridico della fattispecie di reato contestata (Sez. 3, n. 37608 del 09/06/202 Rv. 282023 – 01 Sez. 3, n. 35083 del 14/04/2016, Rv. 267508), tra i quali sicuramente rientr quello oggetto della presente doglianza.
Il ricorso va quindi rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spe processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 luglio 2025.