Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5248 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5248 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AUGUSTA il 01/04/1996
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SIRACUSA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
udito il difensore
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con l’ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Siracusa, adito ex artt. 322 e 324, c.p.p., confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Siracusa in data 2.5.2024, avente ad oggetto una serie di beni mobili strumentali, rigettando il riesame proposto in qualità di terzo interessato dalla società “RAGIONE_SOCIALE“, amministrata da NOME COGNOME.
Il provvedimento di sequestro preventivo è stato adottato nell’ambito del procedimento penale sorto a carico di NOME COGNOME, padre del Di NOME COGNOME, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, contestato in relazione al fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE“, di cui il Di Domenico COGNOME era stato amministratore, prima di diritto e, successivamente, di fatto.
Secondo l’ipotesi accusatoria, in particolare, il Di Domenico COGNOME aveva creato una nuova società, denominata “RAGIONE_SOCIALE“, intestata ai due figli NOME e NOME, il cui amministratore di diritto era l’attuale ricorrente, del pari indagato a titolo di concorrente nel reato ascritto al padre, che aveva assunto anche il ruolo di preposto alla gestione della nuova società, sino all’anno 2019, trasferendo a quest’ultima tutti i beni di quella fallita, a fronte di pagamenti fittizi che non entravano realmente nelle casse sociali, ma, attraverso un sistema di bonifici paralleli, venivano intascati direttamente dal Di NOME Vincenzo.
Premesso che il proposto riesame aveva a oggetto esclusivamente la sussistenza del periculum in mora, il tribunale del riesame, applicando i principi in tema di sequestro preventivo, di cui all’art. 321, co. 2, c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240, c.p., ha evidenziato come l’apparente cessione dei beni alla nuova società, amministrata di fatto da NOME e di diritto dal figlio NOME, determini un rischio di dispersione della garanzia patrimoniale, dunque dei beni assoggettabili a confisca, posto che, in assenza del disposto vincolo reale, è configurabile la concreta possibilità che i beni strumentali distratti vengano ceduti a terzi di buona fede.
Il tribunale del riesame, inoltre, procedeva poi a una doppia integrazione del provvedimento cautelare reale, rilevando, da un lato, come NOME COGNOME debba considerarsi concorrente nel disegno criminoso del padre, dall’altro che il sequestro si giustifica anche ove si trattasse di beni non confiscabili, nella prospettiva di impedire che il reato venga portato a conseguenze ulteriori attraverso la dispersione dei beni.
Avverso il menzionato provvedimento, di cui chiede l’annullamento, propone ricorso per cassazione il NOME COGNOME nella sua qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, lamentando violazione di legge sotto diversi profili.
In articolare, ad avviso del ricorrente, difetta del tutto la motivazione del periculum in mora parametrata sulla società ricorrente amministrata da COGNOME NOME COGNOME, né tale motivazione può dirsi surrogata da quella, meramente apparente, relativa al preteso ruolo di amministratore di fatto della società “RAGIONE_SOCIALE, svolto da COGNOME Domenico Vincenzo.
Difetta, inoltre, la valutazione sull’attualità del periculum in mora in ordine a condotte poste in essere a nove anni di distanza dall’adozione del sequestro preventivo, senza tacere che nel giustificare comunque il sequestro nella prospettiva impeditiva, il tribunale del riesame ha inammissibilmente confermato il provvedimento cautelare per finalità diverse da quelle per le quali fu chiesto e disposto.
Il ricorrente lamenta anche il difetto di motivazione, con riferimento alla mancata indicazione di elementi soggettivi e oggettivi diversi da quelli desunti dalle modalità di commissione del reato in contestazione, da cui poter desumere il rischio che nelle more del processo la futura esecuzione della confisca possa essere vanificata da atti di dispersione del patrimonio
Deduce, infine, la mancata risposta alle questioni poste in sede di riesame, anche attraverso la produzione di una consulenza tecnica, volte a contestare la possibilità di configurare nel caso in esame gli indispensabili requisiti della concretezza e dell’attualità del pericolo di dispersione dei beni, tenuto conto anche della solidità della “RAGIONE_SOCIALE, rimanendo in definitiva priva di motivazione l’assunto secondo cui la suddetta società si sarebbe potuta spogliare dei beni in sequestro nelle more del processo.
2.1. Con requisitoria scritta del 5.10.2024, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni.
In via preliminare va ribadita la piena legittimità del ricorso per cassazione proposto dalla società “RAGIONE_SOCIALE, in qualità di terzo interessato, per mezzo del suo legale responsabile, condividendo il Collegio l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di sequestro preventivo, il terzo intestatario del bene aggredito è legittimato a contestare, oltre alla fittizietà dell’intestazione, anche l’oggettiva confiscabilità del bene in difetto del
“fumus commissi delicti” e del “periculum in mora”, potendo l’assenza dei presupposti della confisca avvalorare la tesi della natura non fittizia, ma reale dell’intestazione (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 15673 del 13/03/2024, Rv. 286335; Sez. 3, n. 9709 del 10.10.2023, Rv. 286032).
Sempre in via preliminare va, altresì, rammentato il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte alla luce del quale il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, circostanza del tutto assente nel caso in esame (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608).
Tanto premesso, riguardando le proposte eccezioni il difetto assoluto di motivazione sul “periculunn in mora”, che, secondo la prospettiva del ricorrente integrerebbe una violazione di legge, occorre richiamare, sia pure sinteticamente, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in subiecta materia, condivisi dal Collegio.
Come si è affermato in una serie di condivisibili arresti, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”.
Il “periculum in mora” può essere desunto sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere (cfr. Sez. 2, n. 49491 del 4/11/2022, Rv. 283993; Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, Rv. 283769; Sez. 3, n. 47054 del 22/09/2022, Rv. 283910; Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848).
Al riguardo si osserva che il ricorrente non ha articolato alcuna eccezione in punto di “fumus commissi delicti”, in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, oggetto del capo 3) dell’imputazione, contestata come commessa in concorso dal COGNOME Domenico Vincenzo e dal Di Domenico COGNOME.
Il che significa che non può essere messa in discussione in questa sede l’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, indicativi della riconducibilità dell’ipotesi delittuosa agli indagati, pur se il compendio complessivo non deve necessariamente assurgere alla persuasività richiesta dall’art. 273 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali (cfr., ex plurimis, Sez. 4, n. 20341 del 03/04/2024, Rv. 286366).
Se ciò è vero, come è vero, la motivazione con cui il tribunale del riesame ha ritenuto legittima l’apprensione di beni che costituiscono il profitto del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, pur concisa, non può dirsi del tutto assente, perché incentrata sulla ritenuta sussistenza di un pericolo di dispersione dei beni, desunto dalle modalità della condotta in contestazione e, in particolare, dal comportamento del Di NOME COGNOME che, avendo condiviso il disegno paterno di spoliazione della società fallita, rende invero concreto e attuale il pericolo di un’ulteriore dispersione dei beni in questione.
Ciò appare sufficiente a ritenere, ai fini cautelari, sufficientemente motivato il provvedimento oggetto di ricorso, senza che ci sia bisogno di fare riferimento alla finalità impeditiva del sequestro prevenuto, oggetto di un’integrazione operata dallo stesso tribunale del riesame, ma non consentita (cfr. Sez. 6, n. 53453 del 16/11/2016, Rv. 269498), e non scrutinabili gli ulteriori rilievi difensivi, con cui si denunciano vizi in tutta evidenza motivazionali.
5 Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 31.10.2024.