Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13802 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13802 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso propostéda:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da NOME, nato a Sant’Antonio abate il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza dell’8 settembre 2023 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria difensiva depositata il 9 gennaio 2024 dall’AVV_NOTAIO, con la quale, in replica alle conclusioni rassegnate dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, si insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza, resa 1’8 settembre 2023, con la quale il Tribunale di Napoli, investito dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE
Consutini ha confermato l’originario provvedimento reiettivo – emesso dal Gip dell’istanza di dissequestro avanzata dalla predetta società, quale terza interessata, avente per oggetto l’immobile sito nel Comune di Boscoreale alla INDIRIZZO, sottoposto a sequestro preventivo in riferimento ad ipotesi di bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte contestati in relazione alla gestione della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata falli
Il ricorso, proposto nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, si articola i quattro motivi d’impugnazione.
2.1. Il primo, formulato sotto il profilo della violazione di legge, deduce un’errata interpretazione ed applicazione degli artt. 322-bis cod. proc. pen. e degli artt. 1523 e ss. cod. civ. (disciplinanti la vendita con riserva di proprietà), ne parte in cui avrebbe ritenuto la ricorrente non legittimata a proporre l’impugnazione.
La difesa premette che l’immobile oggetto di sequestro, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, veniva originariamente venduto alla società RAGIONE_SOCIALE per la somma di 690.000 euro, con patto di riservato dominio, e, successivamente, (risolto consensualmente questo primo trasferimento, per inadempimento dell’acquirente), alienato, una seconda volta, sempre con patto di riservato dominio, ad altra società, la RAGIONE_SOCIALE, che, nelle more, lo aveva concesso in locazione alla RAGIONE_SOCIALE Distribuzione.
Stante il mancato pagamento di alcune rate del prezzo, la società venditrice provvedeva a inviare alla RAGIONE_SOCIALE atto di costituzione in mora e, successivamente, persistendo l’inadempimento, agiva prima per ottenere decreto ingiuntivo per il mancato pagamento della rate di prezzo non pagate e successivamente, avvalendosi della clausola risolutiva espressa, anche per l’accertamento dell’inadempimento e la conseguente risoluzione del contratto. Veniva, così pronunciata (il 17 maggio 2023) ordinanza ex art. 702-bis cod. proc. civ. con la quale veniva dichiarato risolto il contratto di vendita e accertato il dir della società alienante di trattenere le somme versate dalla parte acquirente sino al momento dell’inadempimento.
Così ricostruite le vicende circolatorie relative all’immobile, la difesa deduce che il Tribunale, ritenendo non legittimata alla restituzione la RAGIONE_SOCIALE, avrebbe violato l’art. 322-bis cod. proc. pen., perché, non avrebbe considerato che l’unico effettivo proprietario continuava ad essere la RAGIONE_SOCIALE, odierna ricorrente, non essendosi mai perfezionato il trasferimento, in ragione dell’inadempimento dell’acquirente e della conseguente risoluzione del rapporto. Per cui, se è vero che il contratto di locazione stipulato fra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE è opponibile alla proprietaria degli immobili, questo non fa
venir meno il diritto di quest’ultima ad ottenere la revoca del provvedimento cautelare emesso e trascritto sull’immobile, rimasto comunque in sua proprietà.
Gli altri motivi (il secondo, il terzo e il quarto), tutti formulati sotto il della violazione di legge (in relazione all’art. 240 cod. pen. e 125 cod. proc. pen.), deducono, sostanzialmente, l’estraneità e la buona fede del RAGIONE_SOCIALE e della società da lui rappresentata rispetto alla complessiva operazione posta in essere (in relazione alla quale, semmai, rivestirebbero la posizione di persona offesa) nonché la radicale assenza di motivazione in ordine ad eventuali condotte di partecipazione rispetto alle attività distrattive o fraudolente oggetto d contestazione e, comunque, la mancanza di un vantaggio ricevuto dal RAGIONE_SOCIALE o dalla società da lui amministrata all’esito della complessiva operazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Per come si è detto, il ricorrente deduce, da un canto, la sua legittimazione ad interloquire sulle vicende che interessano il bene di sua proprietà e, dall’altro, la sua totale estraneità rispetto ai fatti contestati agli indagati.
Il ricorso è infondato.
Seguendo un ordine logico, va preliminarmente ribadito, a fronte di un’unica pronuncia difforme (Sez. 3, n. 42144 del 25/06/2013, Sorgente, Rv. 257369), il principio, affermato sin dal 1997 (Sez. 6, n. 3975 del 16/10/1997, COGNOME, Rv. 210309) e più volte confermato (Sez. 3, n. 44901 del 09/02/2016, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 267921; Sez. 3, n. 32429 del 16/06/2004, COGNOME, Rv. 229351), per cui il terzo, titolare di un diritto reale sul bene oggetto di sequestro preventivo, legittimato ad impugnare (proponendo appello o istanza di riesame) la misura cautelare reale disposta sul bene di sua proprietà, anche quando la res è data in locazione a terzi, perché da un canto il proprietario conserva la disponibilità giuridica del bene e, dall’altro, essendo la misura cautelare funzionale alla definitiva ablazione del bene, il provvedimento mette in pericolo la situazione giuridica soggettiva nella sua titolarità.
Se, però, la RAGIONE_SOCIALE è legittimata a proporre impugnazione avverso il provvedimento ablatorio del suo diritto di proprietà, non è, all’evidenza, estranea alla fattispecie.
Dalla stessa pacifica ricostruzione della scansione fattuale (per come indicata dallo stesso ricorrente) emerge che la società fallita, all’esito della consensuale risoluzione del contratto di compravendita (per inadempimento dell’acquirente), abbia perso tanto l’immobile, quanto il relativo prezzo (inutilmente) pagato; parallelamente, la nuova società (riconducibile sostanzialmente agli stessi
indagati), acquista l’immobile ad un prezzo ridotto, sostanzialmente decurtato di quanto già pagato dalla fallita.
Cosicché, sotto il profilo delle rispettive consistenze patrimoniali (e a prescindere dalle determinazioni convenzionali evocate con la memoria depositata), il valore economico dei canoni pagati dalla società fallita viene trasferito, nella sostanza, alla nuova società acquirente con patto di riservato dominio.
In ciò la condotta distrattiva, concretamente realizzata con la partecipazione della RAGIONE_SOCIALE, della cui consapevolezza non si può dubitare alla luce di quanto evidenziato dalla Corte territoriale: le reciproche cointeressenze tra le diverse società acquirenti e conduttrici (tutte sostanzialmente riconducibili ai medesimi amministratori); le tempistiche dei due trasferimenti (avvenuti in prossimità della dichiarazione di fallimento); le condotte processuali della RAGIONE_SOCIALE, proprietaria dell’immobile (che non si sarebbe tempestivamente attivata per ottenere il pagamento di quanto dovuto ed anzi avrebbe sostanzialmente proseguito con le medesime persone lo stesso rapporto contrattuale).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della società ricorrente al pagamento delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16 gennaio 2024.