Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11714 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a Castellammare di Stabia il 28/07/1960 avverso l’ordinanza del 30/09/2024 del Tribunale di Salerno in funzione di riesame visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ ordinanza impugnata, il Tribunale di Salerno in funzione di giudice del riesame ha respinto , tra l’altro, la richiesta di riforma del provvedimento del 1° luglio 2024, con il quale è stato disposto dal Giudice per le indagini del Tribunale in sede il sequestro preventivo nei confronti di NOME e NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, dei beni indicati a p. 43 dell’ord inanza impugnata.
1.1. Il Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto il fumus commissi delicti in relazione al reato di cui al capo 13, nei confronti di NOME COGNOME per riciclaggio perché, secondo la contestazione provvisoria, l’indagato, quale amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE aveva ricevuto somme di denaro contante da NOME e NOME COGNOME per, poi, a fronte di
fatture per operazioni inesistenti emesse da questi ultimi, accreditare bonifici sui conti della RAGIONE_SOCIALE ( artt. 110, 81, secondo comma, 648-bis, 61-bis cod. pen., nella qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, per aver ricevuto somme contanti da COGNOME o/e NOME COGNOME per poi a fronte di fatture per operazioni inesistenti da costoro emesse bonificarle sui conti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, con la circostanza aggravante di aver commesso il reato con il contributo di un gruppo criminale operante in più di uno Stato – Italia, Bangladesh, Marocco).
Sulla scorta del fumus di tale reato il Giudice ha disposto il sequestro, sia ai sensi dell’art. 240bis cod. pen., sia ai sensi dell’art. 648quater cod. pen., atteso che la prima disposizione prevede, per i reati di cui agli artt. 648bis , 648ter , 648ter -1 cod. pen., la confisca del denaro dei beni e delle utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui abbia la disponibilità, in valore sproporzionato al proprio reddito, mentre la seconda prevede la confisca dei beni che costituiscono il profitto e il prodotto del reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca del denaro dei beni e delle utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per valore corrispondente al profitto prodotto.
Si tratta di sequestro disposto, in via diretta, nei confronti di NOME COGNOME oltre che del figlio NOME, nonché della società RAGIONE_SOCIALE, per l’importo complessivo di 275.057,00 € , sui conti correnti a questi intestati, indicando, in caso di impossibilità di reperire la somma, beni o altre utilità economiche, pari all ‘importo indicato nella disponibilità dei destinatari d el provvedimento cautelare, anche per interposta persona.
Nei confronti di NOME COGNOME in definitiva, sono state sequestrate quote di comproprietà dei beni immobili (v. p. 43 e ss. del ricorso), nonché quote societarie della RAGIONE_SOCIALE società in liquidazione pari al 100% per un valore nominale di oltre 10.000,00 € , nonché le quote detenute nella RAGIONE_SOCIALE per un valore nominale di 17.500,00 €.
Si tratta di importo complessivo che, secondo il Pubblico ministero che ha chiesto ed ottenuto la misura, ha, comunque, determinato una differenza in difetto pari a 108.382,80 rispetto al petitum cautelare.
1.2. Il Tribunale in funzione di riesame ha confermato l’ordinanza genetica osservando che andava applicata la previsione di cui all’art. 648quater cod. pen., il quale prevede che, nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti per uno dei delitti ivi indicati, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Al secondo comma la norma prevede che, nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca di cui al primo comma, va ordinata quella delle somme di danaro, dei beni o altre utilità delle quali il reo ha la
disponibilità, anche per interposta persona, per valore equivalente al prodotto, al profitto o al prezzo del reato.
Il Tribunale ha aderito all’indirizzo secondo il quale, in tema di confisca per equivalente, il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro è rappresentato dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette a ostacolare la provenienza delittuosa, poiché, in assenza di quelle operazioni, esse sarebbero destinate a essere sottratte definitivamente in quanto provento del delitto presupposto (si richiamano i precedenti di cui alle massime Rv. 286131; Rv. 286323; Rv. 280238; Rv. 282957).
Si richiama l’indirizzo di legittimità secondo il quale le ipotesi di confisca tipizzate dall’art. 648quater cod. pen. sono due e che, nel caso di riciclaggio, il profitto coincide col denaro derivante dal reato presupposto, quindi, con la ricchezza illecitamente conseguita dal reato presupposto, assumendo valore specializzante il compimento di attività dirette a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa, in quanto di carattere decisivo per la realizzazione dell’illecito profitto che, sulla scorta di tali condotte dissimulatorie, potrà realizzarsi con la consumazione del reato, la quale prescinde dalla restituzione del denaro ‘ ripulito ‘ all’autore del reato presupposto.
In definitiva, secondo il Tribunale, è proprio la condotta di riciclaggio che assicura al riciclatore l’integrale disponibilità giuridica dei valori riciclati, consentendone l’utilizzazione, sia attraverso un godimento diretto, sia mediante l’impiego in altre attività a contenuto economico. Sicché, si è reputata legittima la confisca per equivalente disposta per l’intera entità del prezzo o profitto, accertato nei confronti anche di un solo concorrente, indipendentemente dalla quota personale percepita, in quanto il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso di persone nel reato implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente, con conseguente solidarietà nella pena e nelle misure a carattere sanzionatorio quali la confisca per equivalente.
Ha rilevato il Tribunale che, nel caso di specie, l’entità del profitto è commisurata all’entità dei versamenti di denaro, effettuati a mezzo bonifici dalla società RAGIONE_SOCIALE, della quale legale rappresentante è NOME COGNOME, in favore della RAGIONE_SOCIALE ovvero della RAGIONE_SOCIALE di di NOME COGNOME, a fronte delle fatture emesse da tali società per operazioni inesistenti. Si è, dunque, reputato sufficientemente motivato anche il provvedimento genetico quanto al periculum in mora .
Il richiamo all’avvenuta esecuzione della misura cautelare personale, infatti, ben avrebbe potuto indurre, nelle more, l’indagato a privarsi dei propri beni sottraendoli all’eventuale futura confisca. Sicché, si è ritenuto che non vi sarebbe
omessa motivazione o motivazione apparente sul punto, ma che, anzi, il Giudice ha, con chiarezza, esplicitato il suo ragionamento.
Il riciclaggio, per il Tribunale del riesame, è stato commesso con modalità rese allarmanti dalla sistematicità delle condotte, dalla natura elevata degli importi che ne sono stati oggetto, dalla piena ed immediata disponibilità offerta dall’indagato alle richieste dei COGNOME. Si rimarca il collegamento dell’attività illecita con il più ampio contesto associativo descritto al capo 1, unitamente all’ampia disponibilità manifestata , all’inaffidabilità soggettiva ritenuta in relazione al titolo di reato in esame. Di qui la conferma della misura ablativa onde garantire l’efficacia della confisca.
Avverso detto provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione NOME COGNOME denunciando, per il tramite del difensore, con un unico motivo, violazione dell’art. 321 cod. proc. pen., violazione dei principi giurisprudenziali di cui alla sentenza delle Sezioni Unite, ricorrente Ellade, in punto di necessaria sussistenza del periculum in mora , anche in caso di sequestro finalizzato alla confisca, vizio di mancanza assoluta di motivazione rispetto alle ragioni della tutela anticipatoria del sequestro.
La sentenza delle Sezioni Unite citata ha affermato il principio secondo il quale il sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve contenere la concisa motivazione sul periculum , da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo, rispetto alla definizione del giudizio, salvo che si tratti di cose la cui fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o alienazione costituisca reato.
La motivazione del provvedimento ex art. 321 cit. deve avere ad oggetto il pericolo che, nelle more, la cosa suscettibile di confisca venga modificata, dispersa, deteriorata o alienata; ciò in quanto la ratio della misura cautelare è quella di preservare gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo.
Sulla scorta dei principi, il ricorrente aveva censurato il provvedimento emesso dall’ufficio del Giudice per le indagini preliminari che, a parere della difesa, si poneva in aperta contrapposizione rispetto al l’indirizzo citato.
Su tale punto il Giudice operava una motivazione stringata, individuando la ragione giustificativa dell’esigenza di tutelare la futura confisca, nell ‘ inaffidabilità dei soggetti, svolgendo un ragionamento cumulativo, non specifico per ciascun indagato, bensì indistintamente applicato a 19 situazioni soggettive diverse, equiparando la posizione anche di soggetti gravati da pesanti pendenze giudiziarie a quella del ricorrente.
Questi, invece, è privo di pregiudizi anche di polizia e, comunque, sottoposto a misura cautelare personale, dunque impossibilitato al movimento.
Si contestava, inoltre, con il riesame, la nullità del titolo per assenza di motivazione, nullità che non può essere sanata neanche dall ‘ integrazione della motivazione da parte del l’organo collegiale, vista l’assenza assoluta . Si sosteneva, infatti, con l’impugnazione l’apparenza della motivazione e, dunque, la nullità del decreto di sequestro, vizio non emendabile dal Tribunale.
3. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire richieste scritte, con le quali ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ai sensi degli artt. 127, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d. l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, in assenza di tempestiva richiesta di trattazione in camera di consiglio partecipata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
Va permesso che il ricorso attivato, ex art. 325 cod. proc. pen., è ammesso soltanto per violazione di legge.
Invero, è noto l’orientamento di questa Corte secondo il quale il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo (o probatorio), è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione, tali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a comprendere l’ iter l ogico seguito dal giudice.
Sicché il ricorso contro provvedimenti in materia di sequestro preventivo è ammissibile solo quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’ iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (tra le altre, Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Rv. 254893).
1.1. Ciò premesso, si osserva che, nel caso di specie, secondo il Tribunale del riesame la misura disposta è finalizzata alla confisca per equivalente, ex art. 648quater cod. pen. e ha ad oggetto beni di entrambi i COGNOME, padre e figlio, in uno ai beni della società amministrata, formalmente, da NOME COGNOME e di fatto anche dal padre NOME, senza distinguere specificamente l’entità del profitto, con la precisazione che, secondo il Pubblico ministero, vi è stato un difetto di oltre centomila euro rispetto all’entità di profitto complessivo individuato come riferibile a NOME, NOME COGNOME e alla s.r.l.
Quanto al fumus -punto non attaccato, specificamente, dal ricorso -ritiene il Tribunale che il sequestro e la confisca riguardano beni che rappresentano profitto o prodotto del reato di riciclaggio ascritto in via provvisoria al ricorrente.
La motivazione del Tribun ale non è carente e, anzi, è conforme all’indirizzo di questa Corte secondo il quale l’orientamento che limita la confisca al lucro del riciclatore (ovvero al “prezzo del reato”), ritenendo che, in caso opposto, si aggredirebbe il profitto del delitto presupposto (senza il concorso del riciclatore alla sua commissione), non sia condivisibile, ponendo un’irragionevole limitazione a quale sia l’oggetto del provvedimento ablatorio, senza considerare che la norma in esame (in coerenza con altre disposizioni interne e sovranazionali) intende esplicitamente sottoporre a confisca anche il “profitto” del delitto di riciclaggio (ad esempio, l’intero utile ritratto dall’alienazione della vettura rubata che sia modificata nei suoi dati identificativi, di modo da occultarne la provenienza, e che, in tal caso, corrisponde all’intero valore illecito conseguito grazie all’opera mistificatoria del riciclatore) e, soprattutto, il “prodotto”: che, in tale delitto, altro non rappresenta se non il risultato empirico dell’attività di trasformazione posta in essere dal medesimo riciclatore, ove pure svolta su denaro della cui provenienza illecita si miri a far perdere le tracce (in senso similare si vedano, Sez. 2, n. 10218 del 23/01/2024, Rv. 286131-01 e Sez. 2, n. 7503 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282957 – 01, che, peraltro, nella motivazione, fa ampi riferimenti sia a Corte cost. sentenza n. 146 del 2021, sia al quadro normativo sovranazionale dell’epoca; in termini analoghi, Sez. 2, n. 34218 del 04/11/2020, COGNOME, Rv. 280238- 01 e Sez. F, n. 37120 del 01/08/2019, COGNOME, Rv. 277288-01).
1.2. Il ricorrente, in definitiva, attacca il provvedimento impugnato in punto periculum in mora , sostenendo che la motivazione dell’ ordinanza genetica sarebbe inesistente e, quindi, non integrabile con intervento del Tribunale del riesame.
Su tale punto, il Collegio osserva che la motivazione del provvedimento genetico è riportata a pagina 43 del l’ordinanza impugnata, ove si espone che vi è il fumus del reato di cui al capo 13, per il quale è stata anche disposta la misura cautelare personale degli arresti domiciliari con divieto di colloqui.
Il Tribunale, poi, riporta la motivazione in punto di periculum del Giudice secondo la quale il rischio, nel caso al vaglio, è correlato proprio all’esecuzione della misura cautelare personale, disposta contestualmente a quella reale, perché questa potrebbe determinare gli indagati alla sottrazione di denaro di beni o utilità alla confisca all’esito della sentenza di condanna.
Quindi, aderendo alla giurisprudenza di questa Corte, Sez. U n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848 -01, deve rilevarsi che, nel caso di specie, la motivazione del provvedimento genetico non è inesistente ma, anzi, il Giudice
ha, con chiarezza, esplicitato il proprio convincimento in tema di periculum , rendendo una motivazione che ben poteva essere integrata dal Tribunale del riesame.
L’ordinanza impugnata, poi, con ragionamento non manifestamente illogico e completo, ha notato che l’esecuzione della misura cautelare personale avrebbe potuto indurre, nelle more, l’indagato a privarsi dei propri beni sottraendoli all’eventuale futura confisca. Si è, inoltre, rilevato che il riciclaggio è stato commesso con modalità rese allarmanti dalla sistematicità delle condotte e dall ‘entità degli importi che ne sono oggetto, nonché dalla piena ed immediata disponibilità offerta dall’indagato alle richieste dei COGNOME.
Si rimarca, altresì, il collegamento dell’attività di riciclaggio con un più vasto contesto di tipo associativo descritto al capo 1 dell’incolpazione provvisoria e si riscontra l’ampia disponibilità manifestata dall’indagato nei confronti di soggetti cui è contestato detto capo di incolpazione. Di qui la ritenuta necessità della misura ablativa onde garantire l’efficacia della confisca.
Si tratta, quindi, di motivazione che non è apparente quanto alle ragioni del periculum che si sono ravvisate nel disporre a carico di NOME COGNOME il sequestro di beni e somme in quell’entità (1/21 su cinque immobili, oltre somme di danaro delle società), trattandosi, infatti, di reato di riciclaggio ascritto all’indagato, in via provvisoria, in concorso.
Con riferimento alla proporzione del disposto sequestro, è appena il caso di rilevare che la recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte del 26 settembre 2024, ricorrente COGNOME si è occupata del concorso di persone nel reato e della confisca per equivalente del relativo profitto, valutando se questa possa essere disposta per l’intero nei confronti di ciascuno dei concorrenti, indipendentemente da quanto da ognuno percepito, ovvero se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto attribuibile a ognuno, oppure ancora se la confisca debba essere comunque ripartita tra i concorrenti, in base al grado di responsabilità di ciascuno o in parti eguali, secondo la disciplina civilistica delle obbligazioni solidali.
Con tale pronuncia, si è affermato il principio di diritto secondo il quale, in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito, precisando che il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti e che solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali. Si tratta di principio affermato anche per il caso di sequestro finalizzato alla confisca per il quale l’obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti.
Sicché il ricorrente potrà adire il giudice del merito cautelare per modulare, secondo i richiamati principi, la proporzione del sequestro disposto a suo carico.
Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna alle spese processuali, nonché al pagamento dell’ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 5 dicembre 2024