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Sequestro preventivo: la Cassazione sui requisiti

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un Procuratore contro l’annullamento di un sequestro preventivo in un caso di corruzione. La Corte ha ribadito che ogni sequestro preventivo, anche se finalizzato a una confisca obbligatoria, richiede una motivazione specifica sul ‘periculum in mora’ (pericolo nel ritardo). Inoltre, ha precisato che il prezzo del reato non può essere sequestrato a chi ha corrotto, a meno che non si dimostri che la somma sia rientrata nel suo patrimonio, poiché il pagamento di una tangente rappresenta una diminuzione, e non un aumento, della sua ricchezza.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: La Cassazione Ribadisce la Necessità della Motivazione sul Periculum in Mora

Con la sentenza n. 13620 del 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i requisiti del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, specialmente nei reati contro la Pubblica Amministrazione. La decisione riafferma due principi fondamentali: l’imprescindibile necessità di una motivazione sul ‘periculum in mora’ e i limiti precisi al sequestro del ‘prezzo del reato’ nei confronti del soggetto corruttore.

Il Contesto: Annullamento di un Sequestro Preventivo per Corruzione

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Avellino che aveva annullato un decreto di sequestro preventivo di somme di denaro. Il sequestro era stato disposto nei confronti di due soggetti indagati per fatti di corruzione legati a procedure di appalto. Il Tribunale aveva basato la sua decisione su due ragioni principali: la mancanza di una motivazione adeguata sul ‘periculum in mora’ (il pericolo nel ritardo) e, per la posizione del corruttore, l’erronea applicazione della misura sul prezzo del reato anziché sul profitto.
Il Procuratore della Repubblica, non condividendo la decisione, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che per i reati contro la Pubblica Amministrazione il sequestro sarebbe quasi automatico e che la legge consentirebbe di aggredire il patrimonio del corruttore per un valore pari alla tangente versata.

L’Obbligo di Motivazione sul Periculum nel sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Procuratore, confermando in toto l’impostazione del Tribunale. Il punto centrale della motivazione riguarda il ‘periculum in mora’. Richiamando la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite ‘Ellade’ (n. 36959/2021), la Corte ha ribadito che non esiste alcun automatismo. Ogni provvedimento di sequestro preventivo, anche quello previsto dall’art. 321, comma 2-bis, c.p.p. per i reati dei pubblici ufficiali, deve contenere una specifica e coincisa motivazione sulle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca.

Questo obbligo risponde al principio di proporzionalità, costantemente affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) a tutela del diritto di proprietà. Il giudice non può limitarsi a constatare la presenza del ‘fumus commissi delicti’, ma deve spiegare perché è urgente e necessario sottrarre il bene alla disponibilità dell’indagato prima della conclusione del processo.

La Confisca del Prezzo del Reato: Un Principio di Diritto Cruciale

La seconda parte della sentenza è altrettanto rilevante e riguarda la distinzione tra prezzo e profitto del reato. Il Procuratore sosteneva la possibilità di sequestrare al corruttore una somma equivalente a quella pagata come tangente (il prezzo del reato). La Cassazione ha smontato questa tesi con un ragionamento logico e giuridico impeccabile.

Distinzione tra patrimonio del corrotto e del corruttore

Il sequestro e la successiva confisca, sia in forma diretta che per equivalente, presuppongono un accrescimento patrimoniale illecito del soggetto che li subisce. Quando un soggetto corrotto riceve una tangente, il suo patrimonio si arricchisce illecitamente: quella somma rappresenta il profitto del reato ed è, pertanto, confiscabile.
Al contrario, quando il corruttore paga la tangente, il suo patrimonio subisce una diminuzione. Non vi è alcun accrescimento. Pertanto, non è possibile confiscare al corruttore il prezzo del reato, perché quella somma non è più nella sua sfera giuridico-patrimoniale. Sarebbe possibile farlo solo se si fornisse la prova che il denaro, dopo essere stato pagato, sia in qualche modo ‘rientrato’ nel patrimonio del corruttore, cosa che nel caso di specie non era stata dimostrata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme. I giudici hanno sottolineato che il dato letterale dell’art. 321, comma 2-bis, c.p.p. (laddove usa il verbo ‘dispone’) non è sufficiente a creare un’eccezione ai principi generali di proporzionalità e necessità che governano le misure cautelari reali. La tutela della proprietà, garantita a livello europeo, impone una valutazione concreta del rischio che, senza il sequestro, la futura confisca possa essere frustrata.
Sul tema del prezzo del reato, la Corte ha chiarito che la norma richiamata dal ricorrente (art. 322 ter, comma 2, c.p.), che permette di quantificare il profitto in misura non inferiore al prezzo, si applica alla posizione del soggetto corrotto (colui che si è arricchito), non a quella del corruttore (colui che ha pagato).

Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti messaggi agli operatori del diritto. In primo luogo, consolida l’orientamento secondo cui non esistono ‘zone franche’ dall’obbligo di motivazione per le misure che incidono sui diritti patrimoniali. Ogni sequestro deve essere giustificato non solo sulla base dei sospetti di reato, ma anche sull’urgenza concreta di agire. In secondo luogo, traccia un confine netto nell’applicazione della confisca al corruttore, evitando interpretazioni estensive che porterebbero a colpire un patrimonio non derivante da un illecito arricchimento. La decisione rafforza le garanzie individuali, assicurando che gli strumenti ablativi siano utilizzati in modo proporzionato e giuridicamente rigoroso.

È sempre necessario motivare il ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha confermato che il provvedimento di sequestro preventivo deve sempre contenere una motivazione sul ‘periculum in mora’, anche quando è finalizzato a una confisca obbligatoria come nei reati contro la Pubblica Amministrazione. Non esiste un automatismo.

Si può sequestrare al corruttore una somma di denaro pari al ‘prezzo del reato’, cioè la tangente pagata?
No, non direttamente. La Corte ha chiarito che il prezzo del reato può essere sequestrato al corruttore solo se vi è la prova che tale somma, dopo essere stata pagata al corrotto, sia in qualche modo rientrata nel suo patrimonio. Il semplice pagamento della tangente costituisce una diminuzione patrimoniale per il corruttore, non un accrescimento da confiscare.

La distinzione tra confisca obbligatoria e facoltativa influisce sull’obbligo di motivazione del sequestro?
No. Secondo la sentenza, la qualificazione formale della confisca come obbligatoria o facoltativa non elimina la necessità per il giudice di motivare il sequestro, in particolare riguardo al ‘periculum in mora’, in ossequio al principio di proporzionalità e alla tutela del diritto di proprietà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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