LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: la Cassazione sui requisiti

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di sequestro preventivo a carico di una società e del suo ex amministratore per reati fiscali. La Corte ha rigettato i ricorsi, stabilendo la corretta competenza territoriale, la legittimità del calcolo del profitto confiscabile e la sussistenza del *periculum in mora* (rischio di dispersione dei beni), basato su specifici comportamenti degli indagati post-indagine.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo in Reati Fiscali: La Cassazione detta le regole

Con la sentenza n. 28493/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di reati tributari: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca. Questa decisione offre chiarimenti fondamentali sui presupposti della misura, in particolare sulla valutazione del periculum in mora e sulla determinazione della competenza territoriale in caso di più reati connessi. Analizziamo una pronuncia che stabilisce principi solidi per la tutela degli interessi erariali.

I Fatti di Causa: una complessa frode fiscale

Il caso riguarda un’ordinanza di riesame che aveva confermato un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale nei confronti di una società e del suo ex legale rappresentante. Le accuse erano gravi: dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000) ed emissione delle stesse (art. 8 D.Lgs. 74/2000).

Secondo l’accusa, la società si avvaleva di un complesso sistema di cooperative ‘filtro’ che emettevano fatture per operazioni fittizie di subappalto di manodopera. Questo meccanismo permetteva alla società di indicare in dichiarazione elementi passivi fittizi, abbattendo l’imponibile e detraendo indebitamente l’IVA, a danno dell’Erario.

I Motivi del Ricorso

Sia la società che il suo ex amministratore hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni:

1. Incompetenza territoriale: La difesa della società sosteneva che la competenza non fosse del Tribunale che ha emesso il provvedimento, ma di un altro foro, in base al luogo dove sarebbe stato commesso il primo reato.
2. Errata quantificazione del profitto: Si argomentava che non vi fosse stato un reale danno per l’Erario, poiché l’IVA sarebbe stata comunque versata dal committente finale, un noto gruppo della grande distribuzione. Il sequestro, quindi, rappresenterebbe una duplicazione della pretesa fiscale.
3. Mancanza di motivazione sulla colpa di organizzazione: La società lamentava che il giudice non avesse motivato sulla sua colpa organizzativa, presupposto che riteneva necessario per il sequestro.
4. Insussistenza del periculum in mora: Entrambi i ricorrenti contestavano la sussistenza del pericolo di dispersione dei beni, ritenendo la motivazione del Tribunale insufficiente e basata su automatismi non consentiti.

La Decisione della Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha rigettato integralmente entrambi i ricorsi, confermando la legittimità del sequestro preventivo. Le motivazioni della Corte sono dense di principi giuridici di grande rilevanza pratica.

Competenza Territoriale nei Reati Fiscali Connessi

La Cassazione ha chiarito che, in presenza di reati connessi (legati da un nesso teleologico), la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave. In caso di pari gravità, come tra i delitti ex artt. 2 e 8 D.Lgs. 74/2000, la competenza è del giudice del primo reato commesso. Tuttavia, quando non è possibile determinare con certezza il luogo di emissione delle fatture false (reato ex art. 8), si applica il criterio sussidiario del luogo di accertamento del reato. Nel caso di specie, l’accertamento era stato svolto dalla Guardia di Finanza nella circoscrizione del Tribunale che ha agito, radicando così la sua competenza.

Il Profitto del Reato e l’Indetraibilità dell’IVA

La Corte ha smontato la tesi difensiva sulla presunta assenza di danno erariale. L’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, che mascherano un’intermediazione illegale di manodopera, rende l’IVA totalmente indetraibile. Il principio di neutralità dell’IVA non si applica in contesti fraudolenti. Pertanto, il profitto confiscabile corrisponde all’IVA indebitamente detratta dalla società, senza che si possa parlare di duplicazione d’imposta. Inoltre, la Corte ha sottolineato che non è necessario accertare la ‘colpa di organizzazione’ (propria della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001) quando si procede a un sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato ai sensi dell’art. 12-bis D.Lgs. 74/2000, in quanto la società beneficiaria non può essere considerata ‘terza estranea’ al reato commesso dal suo amministratore nel suo interesse.

La Sussistenza del Periculum in Mora nel sequestro preventivo

Questo è uno dei punti più significativi. La Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione del Tribunale sul periculum in mora, respingendo la tesi della genericità. Per l’ex amministratore, l’acquisto di un immobile all’estero (nelle Isole Canarie) dopo aver appreso dell’indagine fiscale è stato considerato un indice concreto del rischio di dispersione del patrimonio. Per la società, sono stati valorizzati una serie di elementi: la crescente esposizione debitoria, la vendita di terreni e fabbricati dopo la notifica degli accertamenti, il trasferimento della sede legale e un cambio di assetto societario con caratteristiche anomale. Questi comportamenti, valutati nel loro complesso, hanno integrato quel pericolo concreto che giustifica l’anticipazione dell’effetto ablativo tipico della misura cautelare.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali e sostanziali. In primo luogo, ha riaffermato che la regola per la competenza per territorio in caso di reati connessi è quella generale del codice di procedura penale (art. 16 c.p.p.), che individua il giudice del reato più grave o, a parità, del primo commesso. La specificità dei reati tributari emerge solo con le regole sussidiarie, come quella del luogo di accertamento (art. 18, co. 1, D.Lgs. 74/2000), applicabile quando il luogo di consumazione è incerto.
In secondo luogo, ha ribadito un principio cardine in materia di IVA: in presenza di frode, non esiste alcun diritto a detrazione. L’operazione fittizia non può avere alcun collegamento con le operazioni a valle, interrompendo il meccanismo di neutralità dell’imposta. Il profitto del reato è quindi netto e coincide con il risparmio d’imposta ottenuto fraudolentemente.
Infine, sul periculum in mora, la Corte ha seguito l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. Ellade, 2021), secondo cui la motivazione non può essere automatica ma deve basarsi su elementi specifici che rendano necessaria l’anticipazione della confisca. Tali elementi sono stati individuati nelle condotte post-indagine degli indagati, finalizzate a ridurre le garanzie patrimoniali per l’Erario.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per amministratori e società. La Cassazione conferma un approccio severo nella repressione delle frodi fiscali, legittimando l’uso incisivo del sequestro preventivo anche in fase di indagini. Emerge con chiarezza che qualsiasi atto dispositivo sul patrimonio successivo all’avvio di un’indagine fiscale può essere interpretato come un tentativo di dispersione dei beni e, quindi, giustificare l’apposizione di un vincolo cautelare. Inoltre, viene ribadito che le società che traggono vantaggio da reati fiscali commessi dai propri amministratori non possono essere considerate estranee al reato e sono soggette direttamente alla confisca del profitto illecito.

Come si determina la competenza territoriale in caso di più reati fiscali connessi tra loro?
Si applica la regola generale dell’art. 16 cod. proc. pen.: la competenza spetta al giudice del reato più grave e, in caso di pari gravità, a quello del primo reato commesso. Se il luogo di consumazione di quest’ultimo è incerto, si applica il criterio sussidiario del luogo in cui è avvenuto l’accertamento del reato da parte delle autorità.

Una società può evitare il sequestro del profitto derivante da una frode IVA sostenendo che l’imposta è stata comunque pagata dal cliente finale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di operazioni fraudolente (come l’uso di fatture per operazioni inesistenti), il diritto alla detrazione dell’IVA viene meno. Il profitto del reato, confiscabile tramite sequestro, è costituito proprio dall’imposta che la società ha indebitamente detratto, a prescindere da eventuali pagamenti effettuati da altri soggetti nella filiera.

Quali comportamenti possono dimostrare il ‘periculum in mora’ e giustificare un sequestro preventivo?
Comportamenti concreti che indicano un rischio di dispersione del patrimonio. Nella sentenza, sono stati considerati rilevanti: per la persona fisica, l’acquisto di un immobile all’estero; per la società, la vendita di beni immobili, il trasferimento della sede legale, una crescente esposizione debitoria e cambi anomali nell’assetto societario, tutti avvenuti dopo l’inizio delle indagini fiscali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati