Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28493 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28493 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sui ricorsi proposti da:
RAGIONE_SOCIALE legalmente rappresentata da Awais Raza, visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; udito l’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;
udito l’avv. NOME COGNOME del foro di Milano, in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME del foro di Milano, difensore di fiducia di RAGIONE_SOCIALE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 febbraio 2025, il Tribunale di Novara ha respinto il riesame proposta dai ricorrenti avverso il decreto di sequestro preventivo del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Novara del 2 dicembre 2024 finalizzato alla confisca in via diretta, sino alla concorrenza dell’importo di euro 23.528.198,62 delle somme di denaro depositate su conti correnti intestati alla RAGIONE_SOCIALE, nonchØ di libretti di risparmio, titoli, azioni, fondi e altri simili strumenti di investimento o altri beni fungibili, e, in caso di incapienza, fino alla concorrenza dell’importo di euro 10.572.396,22 quale I.V.A. indebitamente detratta per gli anni 2017-2019, delle somme di denaro depositate su conti correnti intestati a NOME COGNOME, nonchØ di libretti di risparmio, titoli, azioni, fondi e altri simili strumenti di investimento, di beni mobili registrati e di beni immobili intestati all’indagato o allo stesso riconducibili seppure intestati a terzi, nonchØ di qualsiasi altro bene avente valore economico nella disponibilità dello stesso, in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, per aver NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE dal 13/08/2009 al 02/11/2020, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse da varie società, indicato nelle dichiarazioni relative agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019 elementi passivi fittizi (capi a, b, c), nonchØ in relazione al reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 per aver NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE dal 13/08/2009 al 02/11/2020, al fine di consentire a terzi di evadere l’imposta sul valore aggiunto, emesso, nei confronti del
Sent. n. sez. 968/2025
CC – 24/06/2025
R.G.N. 9779/2025
committente RAGIONE_SOCIALE, fatture per operazioni inesistenti nei periodi d’imposta 2017, 2018 e 2019 (capi d, e, f).
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi.
2.1 Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., per mancanza di motivazione sul periculum in mora e in risposta al motivo di riesame.
Deduce la difesa che il Tribunale del riesame non aveva risposto ai motivi di riesame, sostenendo che la conoscenza in capo agli indagati dei contenuti degli accertamenti fiscali, nonchØ la presenza di elementi di contorno indicativi del piano criminale condiviso e pervicacemente coltivato motivasse la ricorrenza del periculum in mora, nonostante il ricorrente, dopo la sua fuoriuscita da RAGIONE_SOCIALE non avesse piø avuto alcun contatto con la società, stante anche la degenerazione dei rapporti con il nuovo amministratore unico, NOME COGNOME NØ ancora erano stati esplicitati motivi specifici per cui i beni del ricorrente, nelle more del giudizio, potessero essere modificati, dispersi, deteriorati o alienati.
2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., per mancanza di motivazione sul periculum in mora del sequestro del patrimonio del ricorrente.
Lamenta la difesa che l’incapienza del patrimonio del ricorrente, valorizzata nelprovvedimento di sequestro, non coincide con il periculum in mora, avendo la giurisprudenza di legittimità censurato l’automatismo secondo il quale sussiste il periculum allorchŁ il patrimonio finanziario del destinatario della misura cautelare reale non risulti sufficientemente capiente, dovendo comunque giustificarsi l’anticipazione dell’effetto ablativo sulla base di una valutazione prognostica, fornendo adeguata motivazione che tenga conto dei pregiudizi medio tempore verificabili.
Lamenta, inoltre, la difesa che l’esistenza di un contratto di compravendita di un immobile sito alle Isole Canarie, valorizzata anch’essa nel provvedimento di sequestro ai fini del periculum in mora, Ł circostanza del tutto generica, dal momento che l’atto, nemmeno acquisito, risale al 2018 e non Ł chiara quale ne fosse la valenza al fine di ritenere sussistente il periculum in mora.
Avverso l’ordinanza del Tribunale di Novara, anche la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidandosi a quattro motivi.
3.1 Con il primo motivo, la ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 18, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000, per aver erroneamente ritenuto sussistente la competenza territoriale del Tribunale di Milano.
La difesa ha osservato che, essendo contestati nel presente procedimento plurimi reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, tra i quali sussiste connessione teleologica ai sensi dell’art. 12, lett. c), cod. proc. pen., per cui, ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen., la competenza, per i procedimenti connessi, appartiene al giudice competente per il reato piø grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato. Trattandosi di reati di pari gravità, la difesa individua il primo reato in quello di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 commesso, ad avviso del Tribunale, dalle varie cooperative di cui RAGIONE_SOCIALE si avvaleva al fine di eseguire le condotte delittuose di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000. E poichØ le quattro società subappaltatrici indicate nel capo a) non avevano domicilio fiscale a Novara, ma in luoghi tra loro diversi, sicchŁ doveva trovare applicazione il criterio di cui all’art. 18, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000 secondo cui la competenza spetta al giudice del luogo in cui ha sede
l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo ad iscrivere la notizia di reato, nel caso di specie Milano, essendo pacifico che l’odierno procedimento era stato originato dalle indagini condotte dalla Procura della Repubblica milanese nell’ambito del procedimento iscritto al n. 17284/2021 R.G.N.R.
3.2 Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 2 d.lgs. n. 764 del 2000 e 25-quinquiesdecies d.lgs. n. 231 del 2001, nella parte in cui non ha considerato l’effettivo profitto del reato.
Lamenta la difesa che il Tribunale del riesame ha errato nel ritenere che venissero in considerazione due tronconi di fatturazioni per operazioni inesistenti che avevano generato due debiti IVA distinti ed autonomi, l’uno in capo a Saga, in relazione ai rapporti di fatturazione con le cooperative, l’altro in capo a Esselunga, in relazione ai rapporti di fatturazione con Saga.
Diversamente, osserva la difesa, che il diritto sovranazionale impone il rispetto del principio di proporzionalità e di neutralità, tale per cui, laddove il gettito fiscale non sia stato perso e, anzi, sia stato effettivamente percepito dall’Erario, esso non possa essere nuovamente richiesto: nell’ambito delle operazioni contestate il pagamento non era stato omesso, ma soltanto annullato da una partita di giro, in cui l’unico soggetto che, nella triangolazione tra società (società serbatoio, appaltatrici e committenti), avrebbe potuto ottenere un eventuale risparmio di spesa sarebbe stato l’ultimo soggetto della filiera, il committente, vale a dire RAGIONE_SOCIALE che aveva pagato, nel periodo 2016-2022, la somma di circa 47 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate, tra cui vi era anche la somma di euro 23.038.516,79 relativa alle operazioni fatturate da RAGIONE_SOCIALE
A differenza di quanto affermato dall’ordinanza impugnata, l’imposta relativa alla prima parte dell’operazione (appaltatore-subappaltatore) era replicata nella seconda parte dell’operazione (committente-appaltatore), con unicità del profitto facente capo al committente, per cui la misura cautelare reale applicata alla società ricorrente rappresentava una duplicazione della pretesa erariale, non avendo avuto Saga un risparmio di spesa, se non per la differenza tra l’I.V.A. da essa detratta e quella recuperata da Esselunga, quantificabile in euro 489.681,83.
3.3 Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 321 cod. proc. pen., nella parte in cui ha del tutto omesso di motivare in ordine alla sussistenza della colpa di organizzazione in capo a RAGIONE_SOCIALE
Deduce la difesa la totale mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza o meno della colpa di organizzazione in capo a RAGIONE_SOCIALE precisando che, in assenza di una colpa di organizzazione rimproverabile al soggetto giuridico, si vengono a sovrapporre e, quindi, a confondere la colpa specifica dell’ente con quella personale del soggetto agente, in violazione dei principi garantiti dall’art. 27 Cost.
3.4 Con il quarto motivo, la ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, cod. proc. pen., nella parte in cui ha ritenuto sussistente il periculum in mora, mancando di confrontarsi con alcune decisive doglianze difensive.
Deduce la difesa che, in sede di riesame era stata prodotta documentazione tributaria attestante la volontà di regolarizzare la posizione debitoria nei confronti dell’Erario, vale a dire i piani di rateizzazione per la regolarizzazione del versamento dell’I.V.A. nelle annualità in contestazione (2018-2023), ma il Tribunale aveva pretermesso qualsiasi valutazione in merito.
4. E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia della ricorrente, con
la quale si insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso, ribadendo a) l’incompetenza territoriale del Tribunale di Novara, per essere competente il Tribunale di Milano; b) l’erronea quantificazione del profitto, per non aver il Tribunale del riesame considerato che il profitto facesse capo unicamente alla società committente, e che, in base al principio di neutralità dell’I.V.A., che tale imposta non dovesse essere recuperata in misura eccedente rispetto a quella effettivamente dovuta allo Stato e quasi interamente versata dalla committente RAGIONE_SOCIALE, residuando la differenza di euro 489.681,83, molto distante dalla misura reale disposta nei confronti della ricorrente; c) l’omessa motivazione della colpa di organizzazione; d) l’insussistenza del periculum in mora, essendosi la ricorrente attivata per estinguere il debito erariale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE Ł infondato.
1.1. Occorre premettere che sussiste tra i reati contestati un nesso teleologico ex art. 12, lett. c), cod. proc. pen., con la conseguente necessità del radicamento della competenza per territorio dinanzi ad un’unica autorità giudiziaria, indipendentemente dalla circostanza che i reati siano stati commessi dagli stessi soggetti o da soggetti diversi, in applicazione del principio secondo cui, ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall’art. 12, lett. c), cod. proc. pen. e della sua idoneità a determinare uno spostamento della competenza per territorio, non Ł richiesto che vi sia identità fra gli autori del reato fine e quelli del reato mezzo, ferma restando la necessità di accertare che l’autore di quest’ultimo abbia avuto presente l’oggettiva finalizzazione della sua condotta alla commissione o all’occultamento di un altro reato (Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, Rv. 271223 – 01), finalizzazione che emerge dall’ordinanza impugnata.
E’ poi certamente applicabile, anche ai fini della individuazione della competenza per territorio derivante da connessione tra reati tributari (Sez. 3, n. 31517 del 29/09/2020, Eusebio, Rv. 280161), la regola generale dettata dall’art. 16, cod. proc. pen., dal momento che il d.lgs. n. 74 del 2000 non contiene, quanto alla competenza per territorio derivante dalla connessione, principi diversi rispetto a quelli fissati nel codice di rito. Ne consegue che, nei reati tributari, la competenza per territorio derivante dalla connessione Ł disciplinata dall’art. 16 cod. proc. pen., dovendosi quindi individuare il giudice competente per il reato piø grave e, a parità di gravità, quello competente per il primo reato commesso (cfr., in questo senso, Sez. 3, n. 42147 del 15/07/2019, Reale, Rv. 277984; Sez. 3, n. 37858 del 04/06/2014, COGNOME, Rv. 260115; Sez. 3, n. 20504 del 19/02/2014, Cederna, massimata per altro).
1.2. Tanto premesso, correttamente individuati, come piø gravi tra i reati connessi, i reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, di pari gravità, il giudice competente a giudicare sul primo reato Ł esattamente individuato in quello di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, posto che l’emissione delle fatture ne precede il loro utilizzo.
E, tra i reati di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 contestati nell’ambito del procedimento sottoposto all’esame della Corte, occorre individuare il primo tra essi commesso dopo il 25/12/2019, data di entrata in vigore del comma 1, lett. a), dell’art. 39 del decreto-legge 26.10.2019 n. 124, che ha modificato, inasprendole, le pene edittali dei reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000: rilevano, a questo fine, i reati di cui ai capi f), o), bb), ff), tutti commessi il 31/12/2019 – quindi in epoca successiva al richiamato inasprimento delle pene – in Novara e relativi a fatture per operazioni inesistenti emesse da varie società cooperative (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) in favore di Saga s.r.lRAGIONE_SOCIALE (capi o, bb, ff) e da RAGIONE_SOCIALE s.r.lRAGIONE_SOCIALE in favore di Esselunga s.p.a. (capo f).
1.3. Venendo alle regole per determinare la competenza per territorio del reato tributario piø grave, l’art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000 stabilisce, come criterio di carattere generale, che la competenza per territorio nei reati tributari si determina ai sensi dell’art. 8 cod. proc. pen. (ossia secondo le regole generali valide per i reati comuni) e che, qualora la competenza per territorio non possa essere determinata sulla base dell’esposto criterio di carattere generale, Ł competente il giudice del luogo di accertamento del reato, quale criterio sussidiario di chiusura.
Logico corollario di tali principi Ł che, nei reati tributari, non si applicano le regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen. perchØ la regola di chiusura Ł quella del luogo di accertamento del reato.
Inoltre, vengono poi in considerazione i commi 2 e 3 dell’art. 18 d.lgs. n. 74/2000, i quali – come precisato dalla relazione governativa – dettano disposizioni specifiche, intese a risolvere in via normativa i problemi connessi all’individuazione del giudice competente in ordine a determinate ipotesi di reato.
In particolare, il criterio generale di cui all’art. 18, comma 1, non si applica con riferimento ai reati tributari c.d. in dichiarazione, per i quali, a norma dell’art. 18, comma 2, d.lgs. n. 74/2000, Ł competente il giudice del luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale; il criterio generale non si applica, altresì, nel caso di plurima emissione di fatture nel medesimo periodo di imposta emessi o rilasciati in luoghi determinabili rientranti in diversi circondari, reato che si considera unico e per il quale, a norma dell’art. 18, comma 3, d.lgs. n. 74/2000, la competenza Ł attribuita al giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen.
1.4. Nel caso in esame, il reato piø grave e commesso per primo in ordine di tempo non rientra tra i reati in dichiarazione, sicchŁ non si applica il criterio di cui all’art. 18, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000. Ma non rileva neanche il criterio di cui all’art. 18, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000, perchØ non risulta che le fatture per operazioni inesistenti contestate nei capi f), o), bb), ff) siano state emesse, considerate in relazione a ciascuna contestazione, in luoghi determinabili rientranti in diversi circondari, posto che il criterio determinativo di competenza dettato dall’art. 18, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000 ha riguardo al singolo reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (Sez. 3, n. 11637 del 21/01/2025, Rv. 287724).
In ogni caso, alla luce delle argomentazioni contenute nel provvedimento cautelare genetico e nella ordinanza impugnata, le società cooperative emittenti fatture per operazioni inesistenti nei confronti di RAGIONE_SOCIALE sono risultate essere società filtro che non avevano mai pagato l’IVA. In sintesi, RAGIONE_SOCIALE, seppur avendo avuto per anni un ridottissimo numero di risorse umane e strumentali proprie, aveva in realtà movimentato un elevato numero di lavoratori che, sebbene formalmente alle dipendenze degli enti sub-fornitori, erano concretamente gestiti dalla stessa Saga che garantiva a costoro un’attività lavorativa perdurante, nonostante venissero licenziati e poi riassunti, in conseguenza dell’abbandono di un ente sub-fornitore, ormai pieno di debiti nei confronti dell’Erario, perchØ operante in regime di evasione fiscale e contributiva totale o pressochŁ totale, e della creazione di un nuovo ente sub-fornitore, con lo scopo di offrire ai committenti condizioni economiche rese convenienti dal descritto schema operativo che consentiva di lavorare con un sistema costante di evasione fiscale.
Le società filtro, dunque, costituite con lo scopo di offrire ai committenti condizioni economiche rese convenienti da uno schema operativo che consentiva di lavorare con un
sistema costante di evasione fiscale, divenivano in pochi anni inattive e sottoposte a liquidazione volontaria o assoggettate a procedure concorsuali. Nell’ambito di un tale contesto, in cui il Tribunale cautelare evidenzia una ‘stretta collaborazione’ tra la RAGIONE_SOCIALE e le società filtro, in cui le rappresentanze legali, le sedi legali o operative, gli intermediari nella trasmissione delle dichiarazioni fiscali e delle certificazioni uniche dei redditi erano spesso sovrapponibili a quelli di Saga, non Ł dato sapere in quale luogo le fatture siano state effettivamente emesse.
Occorre, infatti, precisare che il «luogo in cui il reato Ł stato commesso», previsto come criterio determinativo della competenza dall’art. 8, comma 1, cod. proc. pen. – e alla cui inapplicabilità discende, nel caso del delitto di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, l’operatività della regola della competenza del «giudice del luogo di accertamento del reato», fissata dall’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 – deve essere accertato sulla base di elementi oggettivi e non di mere congetture, idonei a fondare una ragionevole certezza al momento dell’esercizio dell’azione penale, ovvero, se la decisione deve essere assunta anteriormente, allo stato degli atti.
E l’accertamento del «luogo in cui il reato Ł stato commesso», con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, non può dirsi fondato sulla base di elementi oggettivi solo perchØ Ł individuata la sede dell’ente cui Ł attribuibile l’emissione delle fatture o degli altri documenti per operazioni inesistenti. NŁ può dirsi rispondente ad una massima di esperienza l’affermazione secondo cui le false fatture, almeno quando riguardano operazioni del tutto inesistenti, sono state emesse nel luogo in cui ha sede la ditta di emissione: proprio perchØ si tratta di documenti del tutto mendaci, e di “comodo” per altri soggetti, non vi sono ragioni per ritenere con ragionevole certezza che gli stessi, per ciò solo, siano stati emessi o rilasciati nel luogo in cui ha formalmente sede la ditta cui sono riferibili.
Una conferma di questa osservazione sembra desumibile anche dal dato normativo, non essendo stato cristallizzato, per il reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, il criterio del luogo in cui ha sede la ditta emittente; ed anche l’art. 18, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000, nel dettare una regolamentazione della competenza per territorio per il reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 per l’ipotesi di fatture o altri documenti emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, non prevede alcun riferimento, anche in questo caso, al criterio della sede dell’azienda o delle aziende.
1.5. Pertanto, ai fini della competenza per territorio dei reati tributari piø gravi ex art. 8 d.lgs. n. 74/2000 sopra individuati, non essendo individuabile il luogo di consumazione, opera la disposizione sussidiaria di chiusura dell’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 del luogo di accertamento del reato, come contestato dal pubblico ministero nella provvisoria incolpazione che ha indicato il luogo di commissione in Novara per tutte le contestazioni di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000.
A conferma di ciò deve aggiungersi che, secondo il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, e condiviso dal Collegio, la competenza per territorio, nel caso di reati connessi, si determina avendo riguardo alla contestazione formulata dal pubblico ministero, a meno che questa non contenga errori rilevanti, macroscopici e immediatamente percepibili (cfr.: Sez. 3, n. 38491 del 20/06/2024. Silipo, Rv. 287050 – 02; Sez. 1, n. 31335 del 23/03/2018, Giugliano, Rv. 273484 – 01; Sez. 1, n. 11047 del 24/02/2010, Guida, Rv. 246782 – 01), nella fattispecie non rilevabili.
Per altro verso, emerge dalla ordinanza impugnata (cfr. pagina 3) che ha proceduto all’accertamento dei fatti la Guardia di Finanza di Novara (nucleo PEF), nelle verifiche svolte
a fini fiscali per gli anni di imposta dal 2017 al 2023 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE avente sede in Caltignaga.
Opera, conseguentemente, per tutti i reati ascritti, la vis attractiva determinata dalla connessione.
Il secondo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE Ł infondato.
Sostiene la ricorrente che, nell’ambito delle operazioni contestate, il pagamento dell’IVA non era stato omesso, ma soltanto annullato da una partita di giro, in cui l’unico soggetto che, nella triangolazione tra società (società serbatoio, appaltatrici e committenti), avrebbe potuto ottenere un eventuale risparmio di spesa sarebbe stato l’ultimo soggetto della filiera, il committente, vale a dire Esselunga che aveva pagato, nel periodo 2016-2022, la somma di circa 47 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate, tra cui vi era anche la somma di euro 23.038.516,79 relativa alle operazioni fatturate da RAGIONE_SOCIALE, dal momento che l’imposta relativa alla prima parte dell’operazione (appaltatore-subappaltatore) era replicata nella seconda parte dell’operazione (committente-appaltatore), con unicità del profitto facente capo al committente, per cui la misura cautelare reale applicata alla società ricorrente rappresentava una duplicazione della pretesa erariale, non avendo avuto RAGIONE_SOCIALE un risparmio di spesa, se non per la differenza tra l’I.V.A. da essa detratta e quella recuperata da Esselunga, quantificabile in euro 489.681,83.
Sul presupposto che l’art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge, e che, quindi, in sede di legittimità, non possano essere devolute censure relative al vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità e/o contraddittorietà della motivazione, occorre premettere che lo sviluppo argomentativo contenuto nell’ordinanza sul punto riguardante la determinazione del profitto confiscabile rappresenta il frutto di una esauriente e razionale rassegna degli elementi prospettati, in questa sede non censurabile.
In ogni caso, la prospettazione difensiva non Ł fondata sia perchØ – anche in considerazione della fase cautelare in cui si verte – quanto affermato non Ł supportato da allegazioni adeguate (basti considerare che l’entità dell’IVA corrisposta da Esselunga in altro procedimento non Ł corrispondente a quella che si contesta essere stata evasa da RAGIONE_SOCIALE), sia alla luce dei principi espressi da questa Corte nella pronuncia Sez. 3, n. 11633 del 02/02/2022, Casanova, Rv. 282985, laddove Ł stato affermato che ‘integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini IVA l’utilizzo di elementi passivi fittizi costituiti da fatture emesse da una società che, attraverso contratti simulati di appalto di servizi, abbia in realtà effettuato attività di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione, ovvero i singoli lavoratori, e quello indicato in fattura’. Con la conseguenza che, quanto al versante dell’Iva, la fittizia interposizione apre la strada al recupero indebito dell’imposta stessa (Sez. 3, n. 20901 del 26/06/2020, Rv. 279509; Sez. 3, n. 4236 del 18/10/2018, Di Napoli, Rv. 275692; Sez. 3, n. 6935 del 23/11/2017, non mass.; Sez. 3, n. 24540 del 20/03/2013, Rv. 256424), mentre, con riguardo all’imposta sui redditi, l’utilizzo della fattura che dissimula una diversa prestazione apre la strada alla detrazione di costi anch’essi fittizi perchØ non correlati alla prestazione reale essendo funzionale ad abbattere indebitamente il reddito di esercizio mediante imputazione del costo dei servizi, rappresentato dal costo del lavoro che altrimenti le società non avrebbero potuto detrarre (Sez. 3, n. 20245 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286326, in motiv.).
Nell’ambito della richiamata pronuncia Ł stato condivisibilmente affermato, sulla base dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, che, quando un’operazione di acquisto di un
bene o di un servizio Ł inesistente, essa non può avere alcun collegamento con le operazioni del soggetto passivo tassato a valle. Di conseguenza, quando manca la realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi, non può sorgere alcun diritto a detrazione (sentenza del 27 giugno 2018, SGI e COGNOME, C-459/17 e C460/17, EU:C:2018:501, punto 36) ed Ł pertanto «inerente al meccanismo dell’IVA il fatto che un’operazione fittizia non possa dare diritto ad alcuna detrazione di tale imposta», per cui, nella situazione in cui il carattere fittizio delle operazioni ostacola la detraibilità dell’imposta, il rispetto del principio di neutralità dell’IVA Ł garantito dalla possibilità, che spetta agli Stati membri prevedere, di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purchØ l’emittente della fattura dimostri la propria buona fede o abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdita di gettito fiscale (sentenza del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 43).
In linea con le conclusioni cui giunge la richiamata pronuncia Sez. 3, n. 20245 del 14/02/2024, COGNOME, non contrasta con il diritto comunitario una normativa nazionale che prevede l’indetraibilità dell’iva, pur assolta dall’emittente, in presenza di fatture per operazioni inesistenti ove sia al contempo garantita la possibilità di rettifica dell’imposta indebitamente fatturata in presenza di buona fede in capo all’emittente.
Pertanto, nella ipotesi concreta, deve escludersi una situazione di buona fede in capo a RAGIONE_SOCIALE nell’utilizzo in dichiarazione IVA delle fatture per operazioni inesistenti emesse dalle varie società cooperative, nØ la ricorrente ha assolto allo specifico onere dimostrativo della dedotta duplicazione di imposta, vale a dire della sovrapponibilità tra l’IVA che lo Stato ha recuperato nei confronti di Esselunga s.p.a. e quella indebitamente detratta da RAGIONE_SOCIALE
Il terzo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE Ł manifestamente infondato.
L’art. 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, impone la confisca (diretta) del bene che costituisce il profitto o il prezzo del reato purchØ non appartenga a “persona estranea al reato”.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato a piø riprese che la confisca del profitto di reato Ł possibile anche nei confronti di una persona giuridica per i reati commessi dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica, quando il profitto sia rimasto nella disponibilità della stessa, non potendo considerarsi l’ente una persona estranea al detto reato, pur se Ł estraneo al procedimento (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258646; nello stesso senso, Sez. 3, n. 17840 del 05/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275599). Non può, invero, dirsi estraneo al reato l’ente che ha tratto un vantaggio immediato e diretto dal reato commesso da chi aveva il potere di rappresentarlo (Sez. 3, n. 18049 del 01/02/2024, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 286315; Sez. 3, n. 5255 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284068).
In linea con tali principi, il sequestro preventivo Ł stato disposto, ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, in via diretta, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE con riferimento al profitto dei reati tributari di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, corrispondente all’IVA indebitamente detratta dalla società negli anni 2017-2022, per cui evidente Ł l’infondatezza della tesi difensiva che individua nella sussistenza della colpa di organizzazione – di cui si deduce la mancata dimostrazione – il presupposto del sequestro a fini di confisca, invece richiesto e disposto sulla base della normativa di cui al d.lgs. n. 74 del 2000.
Pertanto, il Tribunale cautelare, pur non avendo motivato sul punto, si sarebbe dovuto limitare a rigettare la doglianza, con la conseguenza che il rilievo dell’omessa risposta, pur essendo esatto, non comporta l’annullamento della decisione impugnata perchØ la mancata valutazione di quegli argomenti non era in grado di incidere sull’esito della decisione (Sez. 2, n. 42513 del 09/07/2021, COGNOME, non mass.), in forza del principio secondo cui, in tema di
impugnazioni, il mancato esame, da parte del giudice di secondo grado, di un motivo di appello non comporta l’annullamento della sentenza quando la censura, se esaminata, non sarebbe stata in astratto suscettibile di accoglimento, in quanto l’omessa motivazione sul punto non arreca alcun pregiudizio alla parte (Sez. 3, n. 21029 del 03/02/2015, COGNOME, Rv. 263980).
Il quarto motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE nonchØ i motivi del ricorso presentato da NOME COGNOME congiuntamente esaminati trattandosi di doglianze incentrate tutte sul periculum in mora, sono infondati.
4.1 La giurisprudenza di legittimità ha fissato i criteri di riferimento per ravvisare la sussistenza delle esigenze cautelari necessarie per il mantenimento del sequestro preventivo a fini di confisca.
Come precisato dalle Sezioni Unite, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, ad eccezione delle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, per le quali Ł sufficiente la mera indicazione della appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege” (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
Le Sezioni Unite hanno chiarito che la motivazione deve soffermarsi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato; un’esigenza, questa, rapportata appunto alla ratio della misura cautelare, volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo.
In definitiva, Ł dunque il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum , le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi il pericolo di dispersione, utilizzazione o alienazione del bene al generico riferimento alla natura fungibile del denaro (Sez. 3, n. 23936 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286671), e potendo il giudice valutare ogni elemento presente nel caso concreto, ivi comprese le modalità di realizzazione degli illeciti oggetto di provvisoria contestazione, purchØ indicativo del pericolo di dispersione del bene.
4.2. Ciò posto, richiamati gli stringenti limiti stabiliti dall’art. 325 cod. proc. pen. relativi al sindacato della Cassazione avente ad oggetto le ordinanze relative a provvedimenti cautelari reali – che Ł circoscritto alla possibilità di rilevare la sola violazione di legge, così come dispone testualmente l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv.
269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656) -, nel caso di specie non può affermarsi che la motivazione resa dal provvedimento impugnato, quanto ai dati di fatto valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, sia omessa o ovvero apparente, avendo il Tribunale desunto il periculum da specifici elementi in atti.
4.2.1. Quanto al Bollini, il Tribunale, dopo aver precisato che il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari conteneva una sia pur sintetica motivazione in ordine al periculum in mora, facendo riferimento alla intervenuta conoscenza, in capo agli indagati, del contenuto degli accertamenti fiscali, in relazione alle concrete modalità di commissione dei delitti ipotizzati nell’arco degli anni 2017-2024, ha integrato la motivazione, valorizzando uno specifico comportamento dell’indagato, vale a dire l’operazione di acquisto di una proprietà immobiliare nelle Gran Canarie (Las Palmas), che, valutato unitamente alla intervenuta notifica del processo verbale di constatazione alle società interessate, costituente i rilievi sostanziali posti a fondamento delle contestazioni penali, Ł tale da confermare il rischio che l’indagato, nelle more del procedimento, possa porre in essere condotte di dissimulazione, dispersione e/o alienazione del patrimonio personale, con conseguente sottrazione o diminuzione delle garanzie erariali.
4.2.2. Quanto alla RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale cautelare ha valorizzato da un lato la crescente esposizione debitoria della società, caratterizzata da un ridotto indice di solvibilità ed anche da un calo significativo del volume di affari, con omesso versamento dell’IVA dovuta anche in periodi di imposta successivi a quelli oggetto di provvisoria incolpazione (pagina 16 dell’ordinanza impugnata); dall’altro, la circostanza che, dopo la notifica del processo verbale di constatazione, la RAGIONE_SOCIALE ha ceduto terreni e fabbricati di sua proprietà, così diminuendo il totale delle immobilizzazioni, e, dopo aver trasferito la sede legale da Caltignaga a Peschiera Borromeo, il socio unico di RAGIONE_SOCIALE divenuto RAGIONE_SOCIALE avente la medesima sede legale di Saga, con varie anomalie caratterizzanti l’atto di cessione di quote, mancante di indicazioni circa le modalità del corrispettivo pattuito, nonchØ il subentro al dimissionario NOME COGNOME del nuovo amministratore NOME COGNOME il cui verbale di nomina dava atto di un’assemblea tenutasi in Caltignaga nonostante fosse già intervenuto il trasferimento di sede legale e della assenza dell’amministratore di nuova nomina (non espressosi sull’accettazione dell’incarico), di cui non erano riportati i dati anagrafici completi ed il cui nominativo peraltro era già emerso in relazione a consorzi interessati dall’indagine (pagina 17 dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale, pertanto, dopo aver correttamente affermato la possibilità di integrare la motivazione del decreto di sequestro preventivo in punto di periculum in mora, impedita solo dalla totale mancanza di motivazione del provvedimento genetico (Sez. 6, n. 15852 del 28/02/2023, Rv. 284598; Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019), nella specie non ravvisabile nei confronti del Bollini, ha affermato la sussistenza di plurimi indici oggettivi e soggettivi del periculum in mora, denotanti, in via di prognosi, il possibile depauperamento nel tempo in maniera sostanziale e irreversibile del patrimonio della persona fisica e della RAGIONE_SOCIALE e, conseguentemente, della garanzia di attuazione della misura ablativa, mettendo in evidenza, in particolare, come la società fosse stata caratterizzata, sia all’epoca dei fatti, sia anche successivamente, da una gestione spregiudicata improntata a logiche fraudolente e di dissipazione, verificabili nel corso del giudizio al fine di sottrarre, in caso di condanna, il patrimonio della società alle pretese creditorie dello Stato.
4.3. A fronte di tale apparato argomentativo, che certamente non può dirsi mancante o apparente, i motivi in esame, laddove censurano la capacità dimostrativa degli elementi addotti a sostegno della sussistenza del periculum , si risolvono, a ben vedere, in una critica
alla congruità della motivazione, che esula dal perimetro segnato dall’art. 325 cod. proc. pen., mentre sono generici nella parte in cui censurano l’omessa valutazione dei piani di rateizzazioni avviati da Saga per la regolarizzazione delle annualità di imposta contestate, non essendo stato dimostrato, in linea con il disposto di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, che il piano di rateizzazione fosse stato in concreto avviato e che la ricorrente fosse in regola con i pagamenti, e, comunque, sussistendo in contrario, sulla base degli elementi esposti nella ordinanza impugnata, il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale.
Per i motivi indicati, i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 24/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME