Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10409 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10409 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Milano il 21/10/1979, COGNOMENOMECOGNOME nata a Milano il 15/07/1981, avverso l’ordinanza del 18/10/2024 del Tribunale di Pavia; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 18 ottobre 2024, il Tribunale di Pavia ha respinto il riesame proposto dai ricorrenti avverso il decreto di sequestro preventivo del G.I.P. del Tribunale di Pavia del 24/09/2024, con il quale Ł stato disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, delle somme di denaro in esso meglio specificate, nonchŁ avverso il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. in data 25/09/2024.
Avverso la predetta ordinanza, NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, nonchØ NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propongono distinti ricorsi per cassazione, sollevando motivi sovrapponibili, ad eccezione del terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME, proposto nell’esclusivo interesse di quest’ultima.
2.1 Con il primo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, i ricorrenti lamentano nullità dell’ordinanza ex art. 125, comma 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 324 cod. proc. pen.
Deducono i ricorrenti che gli unici atti significativi del fascicolo erano un’annotazione della Guardia di Finanza, aliquota della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia del 12/09/2023 e la comunicazione di notizia di reato della Guardia di Finanza, Nucleo di polizia economico-finanziaria, del 22/04/2024. Mancavano le fatture di cui si contesta l’inesistenza soggettiva ed anche altri elementi (tabulati, RIT, altre annotazioni di polizia giudiziaria) citati nel decreto di sequestro
preventivo.
2.2 Con il secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME si lamenta nullità dell’ordinanza ex art. 125, comma 3, cod. proc. pen. per inesistenza fisica della motivazione sul ruolo di amministratore di fatto, nonchØ violazione di legge in relazione agli artt. 110 cod. pen., 2 d.lgs. n. 74/2000 e con riferimento all’art. 2639 cod. civ.
Si deduce che, nonostante NOME COGNOME fosse chiamata a rispondere del delitto di cui al capo D) in qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, l’ordinanza impugnata non aveva indicato alcun elemento in base al quale alla ricorrente era stata attribuita tale qualità.
2.3 Con il secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME e con il terzo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME i ricorrenti lamentano violazione di legge in relazione agli artt. 8, 12, lett. c), 16, 27 e 321 cod. proc. pen. e con riferimento alla competenza dell’Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento di sequestro preventivo, nonchØ nullità del provvedimento ex art. 125, comma 3, cod. proc. pen.
Premettono i ricorrenti che i reati di cui ai capi D) (art. 2 d.lgs. n. 74/2000) ed E) (artt. 110, 648-ter.1 cod. pen.) loro contestati, commessi entrambi in Corsico (MI), radicavano la competenza territoriale di Milano, mentre il Tribunale di Pavia, sul presupposto che il piø grave reato di cui al capo D) era connesso ex art. 12, lett. c), cod. proc. pen. al reato di cui al capo C) (art. 8 d.lgs. n. 74/2000), contestato nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME ha ritenuto la competenza del Tribunale di Pavia.
Contestano i ricorrenti la sussistenza della connessione ipotizzata dal Tribunale cautelare, trattandosi di reati contestati nei confronti di soggetti diversi e del tutto autonomi tra loro, perchØ commessi in autonomia e per finalità di egoistico risparmio fiscale delle distinte società.
2.4 Con il terzo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME e con il quarto motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME i ricorrenti lamentano violazione di legge, in relazione all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. e con riferimento al periculum in mora, nonchØ nullità del provvedimento ex art. 125, comma 3, cod. proc. pen.
Premettono i ricorrenti che la sussistenza del periculum era stata dal Tribunale ritenuta sulla base di dati costituiti dal riferimento a segnalazioni di operazioni sospette e dal richiamo all’acquisto delle 18 unità immobiliari. Lamenta la difesa che trattasi di motivazione apparente, perchØ priva di capacità dimostrativa del pericolo di dispersione e delle esigenze anticipatorie del vincolo, essendo stato evidenziato, nella memoria difensiva a sostegno del riesame, come il pericolo prospettato fosse smentito dai bilanci degli anni 2021-2022 prodotti in atti ed anche dalla stessa ipotesi di autoriciclaggio contestata al capo E) che evidenzia come non vi fosse stata alcuna distrazione.
3. E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME con la quale si ribadisce il difetto di competenza territoriale dell’Autorità giudiziaria che ha emesso il decreto di sequestro preventivo, nonchØ la circostanza che gli unici atti significativi allegati al fascicolo fossero una annotazione di p.g. e la comunicazione di notizia di reato della Guardia di Finanza, mancando gli ulteriori atti richiamati dal decreto di sequestro preventivo. Si aggiunge che la doglianza relativa alla posizione della COGNOMENOMECOGNOME circa la mancanza di elementi a fondamento della contestazione di amministratore di fatto con riferimento al capo D), Ł comunque proponibile perchØ il Tribunale Ł sempre soggetto all’obbligo di verifica dei presupposti applicativi del sequestro. Quanto, infine, al periculum in mora, si ribadisce la doglianza di motivazione apparente perchØ priva di capacità dimostrativa sul pericolo di dispersione e sulle esigenze anticipatorie del vincolo, sia con riferimento alle segnalazioni di operazioni sospette, sia con riferimento all’acquisto delle 18 unità immobiliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente deve essere affrontata la questione della incompetenza territoriale dell’Autorità giudiziaria di Pavia, oggetto del secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME e del terzo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME. La doglianza Ł manifestamente infondata. Deve essere ricordato, in proposito, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte nella sua piø autorevole composizione (Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, G., Rv. 271223), che, ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall’art. 12, lett. c), cod. proc. pen. e della sua idoneità a determinare uno spostamento della competenza per territorio, non Ł richiesto che vi sia identità fra gli autori del reato fine e quelli del reato mezzo, ferma restando la necessità di accertare che l’autore di quest’ultimo abbia avuto presente l’oggettiva finalizzazione della sua condotta alla commissione o all’occultamento di un altro reato; finalizzazione che il G.I.P. – con valutazione non contestata ed in questa sede non sindacabile – ritiene sussistente e individua, del tutto logicamente, nella destinazione unitaria dei profitti illeciti accumulati dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, trasferiti nella RAGIONE_SOCIALE ai fini dell’acquisto di beni immobili. Anche in materia di competenza per territorio derivante da connessione tra reati tributari, si applica la regola generale dettata dall’art. 16 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 31517 del 29/09/2020, Eusebio, Rv. 280161), dal momento che il d.lgs. n. 74/2000 non contiene, quanto alla competenza per territorio derivante dalla connessione, principi diversi rispetto a quelli fissati nel codice di rito. E, dunque, correttamente individuati come piø gravi tra i reati connessi, i reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, di pari gravità, il giudice competente a giudicare sul primo reato Ł esattamente individuato in quello di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, posto che l’emissione delle fatture ne precede il loro utilizzo. Nel caso in esame, il reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, contestato al capo D) della provvisoria incolpazione, Ł stato commesso in territorio rientrante nella competenza territoriale dell’Autorità giudiziaria di Pavia, sicchŁ la competenza territoriale Ł correttamente radicata presso il Tribunale di Pavia.
Deve poi richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'” iter ” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, NOME, Rv. 254893).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Tanto premesso, il primo motivo, comune ad entrambi i ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME, Ł manifestamente infondato, dovendo ritenersi che, nel caso di specie, rispetto alla valutazione del fumus commisi delicti , non sia configurabile nØ una violazione di legge, nØ un’apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del Riesame adeguatamente illustrato le ragioni
poste a fondamento della propria decisione di rigetto del riesame cautelare.
La doglianza, nel limitarsi a lamentare che il fumus sia fondato su due informative di polizia giudiziaria, senza l’acquisizione delle fatture e di altri elementi citati dal decreto di sequestro, omette un adeguato confronto con la motivazione della ordinanza impugnata e, prima ancora, con la motivazione del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P., laddove Ł compiutamente illustrato come il compendio indiziario sia fondato anche sulla consultazione delle banche dati dell’Agenzia delle entrate, in esse emergendo a) che le fatture emesse dalla cartiera RAGIONE_SOCIALE fossero confluite nelle dichiarazioni IVA presentate dalla RAGIONE_SOCIALE negli anni di imposta 2020 e 2021; b) che la RAGIONE_SOCIALE, dopo aver acquistato in regime di sospensione IVA, con l’obbligo di rivendere con lo stesso regime fiscale, avesse rivenduto il 98% dei prodotti acquistati alla RAGIONE_SOCIALE che aveva invece applicato l’IVA, violando il regime di sospensione, così determinando il versamento di tutto il debito IVA in capo alla cedente RAGIONE_SOCIALE e fruendo di un corrispondente importo di credito IVA, indebitamente detratto.
Ed Ł oggetto di costante affermazione in giurisprudenza il principio secondo cui, in tema di reati tributari, per il principio di atipicità dei mezzi di prova nel processo penale, di cui Ł espressione l’art. 189 cod. proc. pen., il giudice possa avvalersi anche degli elementi accertati attraverso la consultazione delle banche-dati (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 39646 del 13/06/2024, Gualano, con riferimento alla determinazione della imposta evasa sulla base di banca-dati contenente i riferimenti delle fatture commerciali emesse o ricevute, dove Ł stato sottolineato il contenuto ‘materiale’ di detto accertamento, poichŁ fondato su dati ‘reali’, costituiti dalla fatture che all’Amministrazione tributaria risultano emesse ed utilizzate, poco rilevando che il dato informativo in tal modo acquisito non sia stato implementato dal prelievo fisico dei documenti i cui contenuti sono stati in tal modo assunti agli atti).
Una motivazione, quindi, ampiamente esistente, esauriente e comunque sicuramente tale da escluderne quella assenza o apparenza di esistenza che sola concreta il vizio di violazione di legge eccepibile in questa sede.
Il secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME Ł inammissibile perchØ nuovo, non essendo stato dedotto in sede di riesame.
Infatti, secondo il riepilogo dei motivi di impugnazione proposti davanti al Tribunale del riesame, come riportato nella ordinanza impugnata e rimasto incontestato, la ricorrente, sotto il profilo del fumus commissi delicti, ha censurato la ricostruzione accusatoria, ritenendo il fatturato della Spazio Stock – crescente negli anni – incongruo rispetto al ricorso a meccanismi illeciti e comunque contestando l’assunto accusatorio circa gli ipotizzati rapporti economici tra Market Stock e Spazio Stock. E deve essere in proposito rammentato, sia che sussiste un onere di specifica contestazione del riepilogo delle contestazioni, così come dei motivi di appello, contenuto nel provvedimento impugnato, allorquando si ritenga che non sia stata menzionata la medesima questione come già proposta in sede di gravame, sia che in ragione di tale principio, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286752).
Il principio secondo cui non sono proponibili questioni coinvolgenti valutazioni in fatto mai prima sollevate trova applicazione anche nel caso di ricorso avverso ordinanza del Tribunale del riesame in tema di misura cautelare reale (Sez. 3, n. 24081 del 29/05/2024, Starita; Sez. 5, n. 11099 del 29/01/2015, Rv. 263271, secondo cui non sono deducibili per la prima volta davanti alla Corte di cassazione le questioni giuridiche che presuppongono un’indagine di merito; Sez. 3, n. 35889 del 01/07/2008, Rv. 241271).
Sussiste, infatti, violazione del divieto di “novum” nel giudizio di legittimità quando siano per la prima
volta prospettate in detta sede questioni coinvolgenti valutazioni in fatto, mai prima sollevate ovvero siano dedotti motivi di censura attinenti capi e/o punti della decisione ormai intangibili per non essere investiti da tempestiva doglianza nella fase di merito e, perciò, assistiti dalla presunzione di conformità al diritto (Sez. 4, Sentenza n. 7985 del 18/05/1994 Rv. 199216; v. Sez. 3, Sentenza n. 32699 del 27/02/2015 Rv. 264518).
Ed il principio secondo cui non sono proponibili questioni coinvolgenti valutazioni mai prima sollevate trova applicazione, come anticipato, anche nel caso di ricorso avverso ordinanza del Tribunale del riesame in tema di misura cautelare. Tale regola Ł ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. e trova la sua ” ratio ” nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione del provvedimento di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo del giudice dell’impugnazione, perchØ non segnalato con i motivi di gravame (Sez. 1, n. 26997 del 31/03/2023, Portale; Sez. 2, n. 33732 del 08/06/2017, Surgo; Sez. 4, Sentenza n. 10611 del 04/12/2012 – dep. 07/03/2013 – Rv. 256631).
Deve, quindi, concludersi nel senso che, in tema di impugnazioni cautelari reali, la parte che propone richiesta di riesame, per la natura di mezzo di gravame della stessa, Ł tenuta ad articolare appositi motivi, sicchØ, ove successivamente proponga ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale del riesame, Ł tenuta a dedurre motivi corrispondenti a quelli con i quali erano state fatte valere le questioni a questo prospettate, pena l’inammissibilità delle deduzioni, siccome nuove (Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, cit.).
4. Le doglianze in tema di periculum in mora, oggetto del terzo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME e del quarto motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME, sono manifestamente infondate.
La giurisprudenza di legittimità ha fissato i criteri di riferimento per ravvisare la sussistenza delle esigenze cautelari necessarie per il mantenimento del sequestro preventivo a fini di confisca, in particolare sul denaro.
Come precisato dalle Sezioni Unite, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, ad eccezione delle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, per le quali Ł sufficiente la mera indicazione della appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege” (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848). Tanto in modo da garantire coerenza con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando appunto un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio. Ed Ł stato conseguentemente aggiunto come l’indicazione che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile, comporti una diversa modulazione del contenuto motivazionale del provvedimento coercitivo, dove «Ł il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della
sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, cit., in motivazione).
E la sussistenza del periculum in mora può essere desunta sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa (in ragione cioŁ dell’entità del profitto determinante il quantum sequestrabile e successivamente confiscabile, che, nel caso di specie, Ł pari alla rilevante cifra di euro 482.919,17 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, di euro 577.500,00 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, di euro 572.919,17 nei confronti di NOME COGNOME, di euro 772.419,17 nei confronti di NOME COGNOME) o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi elementi (oggettivi e soggettivi) debbano necessariamente concorrere, essendo tra di loro alternativi per fondare la giustificazione del sequestro (Sez. 3, n. 44874 dell’11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769).
Nella fattispecie, la articolata motivazione del G.I.P., riassuntivamente ripresa dal Tribunale del riesame, fa perno su vari ordini di argomentazioni: l’abbandono di società cartiere con ingenti debiti tributari; le movimentazioni di denaro dai conti correnti delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, del tutto anomale perchØ prive di un’apparente motivazione economica, dirette in favore degli indagati COGNOME e COGNOME, o in favore di beneficiari terzi, seguite da ingenti prelievi in contanti o da ricariche di carte prepagate in favore di soggetti di comodo; il reinvestimento dei profitti illeciti nell’acquisto di immobili intestati alla RAGIONE_SOCIALE, della quale la COGNOME Ł legale rappresentante e socia al 50%. In tal modo, l’ordinanza impugnata trae argomento per sostenere il pericolo attuale di dispersione patrimoniale idoneo a giustificare l’anticipazione degli effetti della futura confisca.
Ebbene, gli argomenti esposti sostengono la motivazione del periculum in mora, avuto riguardo alla rilevante entità (vale a dire la consistenza quantitativa) del profitto confiscabile e, in via anticipatoria, sequestrabile, nonchØ alle condotte poste in essere dagli indagati (le consistenti movimentazioni anomale di denaro dai conti correnti delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, prive di alcuna motivazione economica, il reinvestimento dei profitti illeciti nell’acquisto di immobili facenti capo ad altra società), argomenti che rendono non apparente, ma realmente esistente, una motivazione facente leva sul fatto che, dalla permanente disponibilità dei beni in capo alle persone fisiche e giuridiche indicate nel provvedimento impugnato, si possa desumere la possibile dispersione, anche in ragione – quanto al denaro – della difficile, dal punto di vista obiettivo, rintracciabilità e, di conseguenza, del recupero ai fini della confisca in caso di condanna (cfr., Sez. 3, n. 44874 dell’11/10/2022, Fricano, cit.).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in assenza di profili idonei ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità dei ricorsi, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 19/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME