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Sequestro preventivo: la Cassazione sui presupposti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11788/2024, ha rigettato il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo di un immobile. La Corte ha chiarito che il ricorso è ammissibile solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione, salvo casi estremi. Ha inoltre confermato che il ‘periculum in mora’ può essere considerato ‘in re ipsa’, ovvero implicito nel fatto stesso dell’occupazione abusiva, poiché questa impedisce ai legittimi aventi diritto di godere del bene, causando un danno economico evidente.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo di Immobile: la Cassazione chiarisce i presupposti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11788/2024) offre importanti chiarimenti sui requisiti per l’applicazione del sequestro preventivo, in particolare quando riguarda un bene immobile. La decisione analizza i concetti di fumus boni iuris e periculum in mora, specificando i limiti del ricorso in Cassazione e la validità della motivazione che definisce il danno ‘in re ipsa’.

I Fatti del Caso: Occupazione Illegittima e Provvedimento Cautelare

Il caso ha origine dal sequestro preventivo di un immobile, già di proprietà di una persona deceduta, che era occupato dal ricorrente. Il Tribunale del riesame di Chieti aveva confermato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, rigettando l’istanza presentata dall’occupante.

Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, contestando la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura cautelare.

I Motivi del Ricorso: Fumus e Periculum contestati

La difesa ha basato il ricorso su due argomenti principali:

1. Insussistenza del fumus boni iuris: Secondo il ricorrente, gli elementi a sostegno dell’accusa non erano conclusivi. In particolare, una perizia sulla firma apposta dal defunto su un presunto contratto di locazione era smentita da un’altra consulenza di parte. Inoltre, l’analisi del traffico telefonico non forniva una prova definitiva sulla sua presenza nel luogo di sottoscrizione del contratto.
2. Insussistenza del periculum in mora: La difesa contestava la motivazione del Tribunale, giudicata tautologica. L’affermazione secondo cui ‘il danno è in re ipsa’ (cioè implicito nella cosa stessa) non indicava, a suo dire, un danno specifico che la permanenza dell’indagato nell’immobile avrebbe potuto causare.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato sotto ogni profilo e fornendo una disamina dettagliata dei principi che regolano il sequestro preventivo.

Limiti del Ricorso in Cassazione

In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: avverso le ordinanze in materia di sequestro preventivo, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazione di legge (art. 325 c.p.p.), non per vizi di motivazione. Un difetto di motivazione può integrare una violazione di legge solo quando è talmente grave da risultare assente, palesemente illogico o contraddittorio, rendendo incomprensibile il ragionamento del giudice. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale del riesame è stata giudicata ampia e sufficiente.

La Sussistenza del Fumus Boni Iuris

La Corte ha ritenuto l’accertamento del fumus boni iuris ineccepibilmente fondato. Gli elementi, tra cui le conclusioni di una consulenza e le analisi del traffico telefonico che escludevano la presenza dell’indagato al momento della firma del contratto, costituivano una base solida per ritenere probabile la sussistenza del reato. L’argomentazione del ricorrente è stata definita ‘generica’ perché non affrontava il punto cruciale: come avrebbe potuto firmare il contratto se non si trovava nel luogo in cui questo è stato concluso?

La validità del Periculum in Mora ‘In Re Ipsa’

La parte più interessante della sentenza riguarda la valutazione del periculum in mora. La Corte ha spiegato che la formula ‘in re ipsa’, utilizzata dal Tribunale, non era affatto vuota o tautologica. Il pericolo concreto derivava dal perdurante possesso del bene da parte dell’indagato. Tale situazione aggravava le conseguenze del reato, ostacolando le attività della curatela dell’eredità giacente e il completamento della successione.

In sostanza, l’occupazione abusiva impedisce ai legittimi aventi diritto (eredi o curatore) di disporre del bene, ad esempio mettendolo a reddito o utilizzandolo direttamente, causando così un pregiudizio economico diretto e immediato. L’espressione ‘danno in re ipsa’ esprime proprio questa evidenza: l’occupazione illegittima arreca inevitabilmente un danno a chi ha legittime aspettative di fruizione del bene.

Le conclusioni: la legittimità del provvedimento

La Corte di Cassazione ha concluso rigettando il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La sentenza rafforza il principio secondo cui la sottrazione della disponibilità di un immobile ai legittimi proprietari o eredi costituisce una ragione sufficiente a soddisfare il requisito del periculum in mora per il sequestro preventivo. Il danno non è ipotetico, ma concreto e attuale, e risiede proprio nell’impedimento al godimento del diritto di proprietà.

È possibile ricorrere in Cassazione contro un sequestro preventivo per vizi di motivazione?
No, di regola il ricorso in Cassazione avverso le ordinanze di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge. Un vizio di motivazione è censurabile solo se l’apparato argomentativo del giudice manca del tutto o è talmente privo di coerenza e logica da equivalere a una violazione di legge.

Cosa si intende quando il pericolo che giustifica il sequestro è ‘in re ipsa’?
Significa che il pericolo di danno è una conseguenza diretta, implicita e ovvia del fatto stesso. Nel caso di occupazione abusiva di un immobile, il danno per i proprietari (come l’impossibilità di affittare o usare il bene) è una conseguenza inevitabile dell’occupazione stessa, senza bisogno di dimostrare un ulteriore e specifico pregiudizio.

Quali elementi sono stati ritenuti sufficienti per giustificare il ‘fumus boni iuris’ nel caso di specie?
La Corte ha considerato sufficienti, tra gli altri, le conclusioni di una consulenza tecnica sulla firma apposta su un contratto e le risultanze delle analisi del traffico telefonico dell’indagato, le quali escludevano la sua presenza nel luogo e nel momento in cui il contratto sarebbe stato sottoscritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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