Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23151 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23151 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Palermo il 11/1/1948 avverso l’ordinanza resa il 17 gennaio 2025 dal Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo, sezione del riesame, ha respinto l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME nella qualità di indagato e socio della RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza del 3 dicembre 2024 del Tribunale di Palermo, quale giudice del dibattimento, con cui era stata respinta la richiesta di revoca del sequestro delle quote sociali e del compendio aziendale della società, sequestro già disposto con provvedimento del GIP del Tribunale di Palermo del 13 dicembre 2021, nonché la richiesta subordinata di applicazione di una misura cautelare meno invasiva.
Con il decreto del 13 dicembre 2021 il GIP aveva disposto il sequestro preventivo del patrimonio aziendale della RAGIONE_SOCIALE, delle quote sociali e del compendio aziendale, ritenendo sussistenti il fumus dei reati di ricettazione e di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
Il Tribunale del riesame con l’ordinanza impugnata ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da COGNOME COGNOME in relazione al compendio aziendale della RAGIONE_SOCIALE perché non legittimato a chiederne la restituzione.
Il Tribunale ha respinto l’appello proposto nell’interesse del Marino in relazione alle sue quote sociali, osservando che il periculum in mora non risulta inficiato o inciso dalla riduzione del profitto illecito originariamente indicato nell’incolpazione provvisoria di cui al capo A e dalla delimitazione del tempus commissi delitti, operata in occasione del rinvio a giudizio, poiché la misura cautelare impeditiva ha per oggetto le quote sociali e, già in sede di riesame, il Tribunale aveva precisato che la libera disponibilità delle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE, rischierebbe di favorire la protrazione l’aggravamento delle conseguenze del reato; ne consegue che nessuna refluenza sul sequestro riveste pertanto la tematica della riduzione del profitto effettuata in sede di udienza preliminare.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso COGNOME COGNOME, deducendo:
2.1. Violazione di legge e in particolare degli artt. 321 e 525, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento alla sopravvenienza di fatti idonei a far venir meno i presupposti della misura cautelare applicata (primo motivo).
L’ordinanza impugnata ha respinto l’appello proposto dal ricorrente che aveva chiesto la revoca del sequestro delle quote sociali, del patrimonio e del compendio aziendale di RAGIONE_SOCIALE e una riduzione del sequestro finalizzato alla confisca delle quote del patrimonio e del compendio aziendale di RAGIONE_SOCIALE ai soli cespiti aventi complessivamente valore pari a 70.000 C.
Osserva il ricorrente che, all’esito dell’udienza preliminare, il pubblico ministero ha riformulato il capo di imputazione della ricettazione, riducendo il quantitativo di materiale metallico ricevuto in 100.000 chili, a fronte dei 4.700.000 euro in origine indicati nella richiesta di rinvio a giudizio e ha, conseguentemente, limitato la determinazione dell’ingiusto profitto in circa 71.000 euro, a fronte degli 883.000 euro indicati nella richiesta di rinvio a giudizio.
Questa riduzione dell’importo realizzato in relazione al reato di ricettazione deve necessariamente refluire anche sulla determinazione dell’oggetto di cui al capo 1, relativo al traffico illecito di rifiuti, sebbene quest’ultimo non sia stato riformul verosimilmente per un errore materiale.
Osserva il difensore che, a dispetto di quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, la rideterminazione dell’originaria accusa e la riformulazione del capo di
imputazione sono intervenuti in epoca successiva al 13 dicembre 2021 e costituiscono fatti sopravvenuti idonei a far venir meno i presupposti della misura cautelare.
L’ordinanza impugnata, poi, non ha tenuto in nessun conto il secondo fatto sopravvenuto e cioè che il pubblico ministero ha rideterminato l’ingiusto profitto, riducendolo ad euro 71.000 circa, il che rappresenta un fatto sopravvenuto. Considerato che il sequestro è finalizzato a consentire la materiale esecuzione della confisca, non può colpire un bene il cui valore sia superiore all’importo del profitto realizzato.
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata ha completamente omesso di valutare la doglianza specifica relativa alla riformulazione della imputazione e così è incorso nel vizio di violazione di legge.
2.2. Violazione degli artt. 275 e 125 cod. proc. pen. con riferimento all’omessa motivazione in relazione alla richiesta subordinata di riduzione del sequestro preventivo e alla mancanza di proporzionalità e adeguatezza nella misura cautelare applicata (secondo motivo).
Con l’istanza di revoca e con l’atto di appello, COGNOME aveva chiesto, subordinatamente alla revoca del sequestro, di limitare la misura cautelare finalizzata alla confisca su singoli cespiti aventi complessivamente il valore pari ad euro 71.000 circa, e cioè il profitto indicato nel capo di imputazione all’esito dell’udienza preliminare. L’ordinanza non ha preso in alcun modo questa richiesta subordinata e si è limitata a respingere la domanda principale di revoca della misura cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché propone motivi non consentiti e generici.
Deve premettersi che, secondo l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (tra le tante, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129 – 01).
La più autorevole giurisprudenza della Corte di cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
Occorre preliminarmente rilevare che il Tribunale ha ritenuto inammissibile l’impugnazione relativamente al compendio aziendale poiché NOME COGNOME è un semplice socio e non è legittimato a proporre istanza di restituzione.
Ciò posto, va osservato che il sequestro preventivo è stato disposto ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen. a scopo impeditivo e anche ex art. 452-quaterdecies cod. pen. ai fini della successiva confisca; il Tribunale ha respinto l’istanza di revoca, osservando che gli elementi di novità addotti dalla difesa, la riduzione della quantità di metalli trattat e la conseguente riduzione del profitto del reato di ricettazione, non sono idonei ad inficiare il ritenuto periculum in mora e ad incidere sulle esigenze cautelari; che gli elementi di novità addotti dal ricorrente, pur ridimensionando l’entità del traffico illecit contestato non appaiono idonei a confutare la prospettazione accusatoria e non incidono sul periculum in quanto la disponibilità delle quote sociali da parte del ricorrente, considerato che l’azienda è servita alla realizzazione delle condotte in contestazione, rischia di agevolare la reiterazione delle condotte illecite già realizzate.
La difesa non contesta in modo specifico questa valutazione di persistente pericolosità e non si confronta con la natura anche impeditiva del disposto sequestro, ma si limita a formulare considerazioni relative alla riduzione del profitto, che possono al più incidere sul sequestro finalizzato alla confisca e non su quello impeditivo.
Così facendo, formula una censura generica, perché fondata su argomentazioni eccentriche rispetto alle motivazioni del rigetto dell’appello.
1.2. Con il secondo motivo lamenta che non sia stata presa in considerazione la richiesta che aveva formulato in subordine in sede di revoca, di limitare il sequestro a singoli cespiti del valore pari ad euro 71.000, ma anche detta censura è inammissibile poiché generica in quanto l’iter motivazionale assunto dal Tribunale nel provvedimento impugnato comporta l’implicito rigetto di questa seconda richiesta, e il ricorso non si confronta con la natura impeditiva del vincolo reale.
Questa Corte ha ribadito anche di recente che in caso di sequestro preventivo dell’intero compendio aziendale, i principi di adeguatezza e proporzionalità impongono al giudice della cautela di verificare il valore preponderante, o quanto meno il significativo rilievo, dell’utilizzo strumentale della impresa alla consumazione dei reati per cui è stata richiesta la misura, rispetto alla operatività lecita della impresa stessa, onde evitare che il vincolo coercitivo determini un’esasperata compressione dei diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata (Sez. 6, n. 13166 del 02/03/2022, Martinis, Rv. 283139 – 01).
E’ vero che anche in questo caso si impone il rispetto del principio di proporzione tra il sacrificio imposto all’azienda e le esigenze cautelari tutelate, ma al riguardo le deduzioni difensive appaiono generiche e introducono con il ricorso argomenti che esulano dal tenore dell’istanza di revoca originaria.
Per queste considerazioni il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità e con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una ammenda che si ritiene congruo determinare in euro 3000, in proporzione al grado di colpa nella proposizione della impugnazione
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Roma 3 giugno 2025
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Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
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Il Presidente
NOME COGNOME