Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22592 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22592 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato ad Afragola il 15/07/1976, nella sua qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 22/04/2024 del Tribunale di Parma letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 22 aprile 2024, e depositata il 23 aprile 2024, il Tribunale di Parma, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha rigettato l’istanza di riesame proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante, NOME COGNOME avverso il decreto con il quale il G.i.p. del Tribunale di Parma aveva disposto nei confronti della stessa il sequestro
preventivo a fini di confisca diretta dell’importo di 92.872,00 euro, con riguardo al reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché, in caso di incapienza totale o parziale, il sequestro a fini di confisca per equivalente, nei confronti di NOME COGNOME, di beni per un valore fina alla concorrenza di detto importo.
Il reato per cui si procede, relativo alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, è stato ipotizzato nei confronti di NOME COGNOME quale amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALE con riferimento alla dichiarazione presentata per l’anno d’imposta 2018 in relazione all’utilizzo di fatture emesse da tre società per l’ammontare complessivo di 201.895 euro, con indebita detrazione IVA per 44.416,90 euro ed evasione IRES per 48.455,00 euro.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza impugnata indicata in epigrafe la società RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante, NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 240 cod. pen. e 12bis d.lgs. n. 74 del 2000, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ammissibilità del sequestro a fini di confisca diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE
Si deduce, in primo luogo, che, secondo numerose decisioni di legittimità, la confisca in forma diretta di somme di denaro non è ammissibile quando queste, come nel caso di specie, non possano avere alcuna derivazione dal reato per cui si procede, ad esempio perché costituite da rimesse effettuate da terzi successivamente alla scadenza della data di consumazione del reato (si citano: Sez. 3, n. 8995 del 2018, Barletta; Sez. 3, n. 41104 del 2018, COGNOME; Sez. 5, n. 48625 del 2018, RAGIONE_SOCIALE.r.l.; Sez. 3, n. 6348 del 2019, RAGIONE_SOCIALE; Sez. 3, n. 31516, RAGIONE_SOCIALE). Si osserva che il principio apparentemente contrario, enunciato da Sez. U, n. 42415 del 2021, si riferisce al profitto accrescitivo, e non al profitto da risparmio di spesa, quale quello derivante dal reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, come infatti puntualizzato da una successiva pronuncia (Sez. 3, n. 11806 del 28/03/2022).
Si deduce, in secondo luogo, che, nella specie, non risulta neanche configurabile la fattispecie di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, perché le somme indicate nelle fatture ritenute mendaci sono state pagate quasi per intero, o contestate, e le operazioni ivi riportate sono state regolarmente effettuate.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) , c) ed e) , cod. proc. pen., con riguardo alla ritenuta sussistenza del periculum in mora .
Si deduce che la motivazione addotta a base dell’affermazione delle esigenze cautelari è apodittica, perché valorizza i precedenti dell’imputato e la nomina di un amministratore di origine extra-comunitaria, ponendosi in contrasto con le indicazioni fornite da Sez. U, n. 36959 del 2021, Ellade. Si osserva che i precedenti penali non hanno alcuna rilevanza al fine di accertare l’esistenza di un concreto ed attuale rischio di dispersione delle garanzie patrimoniali, e che il nuovo amministratore è il figlio dell’indagato, e non un prestanome. Si aggiunge che sia la società, sia l’indagato risultano ampiamente solvibili, come si evince anche dall’immediato rinvenimento della somma indicata nel decreto di sequestro, oltre che dai risultati economici conseguiti dall’impresa, documentati dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.
In parte prive di specificità e in parte infondate sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano l’affermazione della sussistenza del fumus commissi delicti con riguardo all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, e l’ammissibilità del sequestro a fini di confisca diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE
2.1. Le censure concernenti l’affermazione della sussistenza del fumus commissi delicti in ordine all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 sono prive di specificità.
Il Tribunale premette che le fatture da ritenere inesistenti, ed utilizzate da RAGIONE_SOCIALE‘ nella dichiarazione fiscale, sono undici, tre emesse da ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sette emesse da ‘UNITEC’ e una emessa da ‘PHFC’, si riferiscono tutte all’anno di imposta 2018, recano un importo complessivo di 201.895,00 euro, ed hanno comportato una indebita detrazione IVA per 44.416,90 euro, nonché un’evasione IRES per 48.455 ,00 euro.
Rappresenta, poi, che: a) le tre fatture emesse da ‘RAGIONE_SOCIALE‘ recano tutte la data 31 dicembre 2018, sebbene detta società fosse stata dichiarata fallita oltre quattro mesi prima, il 9 agosto 2018; b) le sette fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE‘ recano tutte data successiva a quella della cessazione dell’operatività dell’azienda, avvenuta nel febbraio 2018, con chiusura delle utenze energetiche e telefoniche ; c) ‘RAGIONE_SOCIALE‘, inoltre, è risultata inadempiente a tutti gli obblighi dichiarativi e tributari, ha rilasciato fatture per importi molto elevati nei confronti di innumerevoli destinatari e non ha indicato congrui acquisiti o costi di personale; d ) la fattura emessa da ‘RAGIONE_SOCIALE‘ si riferisce a prestazioni di manutenzione elettrica non coeren ti con l’attività aziendale, relativa all’attività di pulizia di edifici; e) ‘RAGIONE_SOCIALE‘ è ditta rimasta coinvolta in procedimenti penali per
false fatture, quale ditta ‘cartiera’, ed è stata dichiarata fallita nell’anno 2020; f) ‘D.RAGIONE_SOCIALE‘ ha prodotto lettere di contestazione alle tre ditte fornitrici, con richiesta di storno delle fatture, prive di data certa, non registrate nella contabilità della società e improduttive di conseguenze sui costi dichiarati; g) le dichiarazioni del teste N anni, nel 2018 capocantiere di ‘RAGIONE_SOCIALE‘, acquisite dalla difesa ex art. 391bis cod. proc. pen., si limitano ad asserire l’inadeguatezza del personale di ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘UNITEC’ e ‘PHFC’ rispetto alle prestazioni richieste, anche per il numero di lavoratori forniti e per il conteggio delle ore effettivamente lavorate.
A fonte di queste precise indicazioni, il ricorso si limita ad affermare, del tutto assertivamente, che le prestazioni oggetto delle fatture in contestazione sono state regolarmente effettuate e pagate, almeno in gran parte.
Lo stesso, quindi, da un lato, non indica gli elementi istruttori su cui poggiano le sue affermazioni, e, sotto altro profilo, non si confronta compiutamente con i dati esposti dal Trib unale a fondamento dell’ordinanza impugnata.
2.2. Le censure concernenti l’ammissibilità del sequestro a fini di confisca diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE sono infondate .
Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287756 -02, ha precisato: «La confisca del denaro che costituisce il prezzo o il profitto del reato è diretta se vi è la prova del nesso di derivazione del denaro dal reato», aggiungendo inoltre: «L’ estensione della nozione di profitto, e, quindi, la possibilità di disporre la confisca diretta del ‘ provento ‘ del reato (surrogati, utilità mediate, reimpieghi) non esime, come anche nel caso di ablazione prezzo del reato, dalla prova del nesso di derivazione della res dal reato (cfr., in motivazione, § 19).
Tuttavia, questa enunciazione di principio, se limita di molto il possibile oggetto della confisca diretta del denaro, e quindi del sequestro funzionale a tale confisca diretta, perché consente questa forma di ablazione con riguardo alle sole somme di cui è accertato il nesso di derivazione causale dal reato, non ne esclude in radice l’ammissibilità, nemmeno nei confronti dei terzi, essendo comunque possibile l’accertamento di tale rapporto eziologico anche relativamente al numerario presente nel patrimonio di un soggetto non sottoposto ad indagini.
Ciò premesso, poi, con riferimento al caso di specie, occorre osservare, in primo luogo, che il provvedimento genetico del vincolo ha disposto il sequestro a fini di confisca diretta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, la quale non risulta indagata, della somma di 92.872,00 euro, nonché, in caso di incapienza totale o parziale, il sequestro a fini di confisca per equivalente, nei confronti di NOME COGNOME, di beni per un valore fino alla concorrenza di detto importo. E, in secondo luogo, che la concreta e specifica individuazione delle
somme di denaro da sottoporre a vincolo è avvenuta solo in sede di esecuzione del provvedimento del G.i.p., ad opera dei militari della Guardia di Finanza, i quali, agendo su delega del P.M., hanno proceduto al sequestro di somme di denaro giacenti su un conto corrente di pertinenza della società RAGIONE_SOCIALE, esattamente per l’importo di 92.872,00 euro.
In altri termini, nella vicenda in esame emerge che: a) le somme concretamente sottoposte a sequestro sono state individuate non già dal provvedimento del G.i.p., ma solo in fase di esecuzione di detto provvedimento; b) non vi sono elementi per poter escludere, già in questa sede, l’assenza di un nesso di derivazione dal reato per cui si procede delle somme di denaro in concreto sottoposte a vincolo.
Di conseguenza, posto che i principi enunciati da Sez. U, n. 13783 del 2015, cit., non precludono in radice l’applicazione della confisca diretta di somme di denaro, la questione circa la assoggettabilità a sequestro a fini di confisca diretta delle somme in concreto sottoposte a vincolo non può essere esaminata in questa sede, siccome preposta alla verifica della legittimità della decisione del Tribunale quale giudice del riesame del provvedimento genetico, ma non anche alla verifica della legittimità dell’esecuzione di quest’ultimo .
Piuttosto, per valutare se le somme concretamente sottoposte a sequestro siano assoggettabili a confisca diretta, e, quindi, legittimamente apprese a titolo di sequestro funzionale a tale tipo di ablazione, occorrerebbe rivolgere istanza di restituzione al P.M. ex art. 321 cod. proc. pen ., nonché, ulteriormente, all’esito di una eventuale determinazione negativa del G.i.p., appello al Tribunale del riesame ex art. 322bis cod. proc. pen.
Del resto, analoga soluzione risulta seguita dall’orientamento consolidato della giurisprudenza in tema di sequestro probatorio, per l’ipotesi in cui il decreto del pubblico ministero dispone il sequestro di beni senza indicare specificamente le cose da sottoporre a vincolo, rimettendo alla discrezionalità della polizia giudiziaria delegata l’esatta individuazione delle stesse: in questo caso, il decreto, se non è seguito da convalida, non è impugnabile mediante riesame, con la conseguenza che, qualora il pubblico ministero non disponga la restituzione ai sensi dell’art. 355, comma 2, cod. proc. pen., l’interessato può avanzare al medesimo la relativa istanza, con facoltà di proporre opposizione al giudice per le indagini preliminari nell’ipotesi di diniego (così, tra le tante, Sez. 2, n. 42517 del 15/10/2021, Soave, Rv. 282208 – 01, e Sez. 6, n. 39040 del 02/05/2013, Massa, Rv. 256327 – 01).
Manifestamente infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, le quali contestano l’affermazione della sussistenza del periculum in mora ,
deducendo che la motivazione sul punto è apodittica, e non tiene conto della solvibilità della società e dell’indagato.
Come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 cod. pen. deve contenere la concisa motivazione del periculum in mora , che può essere desunto sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere (così Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769 -01).
Nella specie, l’ordinanza impugnata ha legittimamente valorizzato sia elementi oggettivi, sia elementi soggettivi.
Ha infatti evidenziato, per quanto attiene al profilo soggettivo, che l’attuale ricorrente è stato recentemente condannato, sia pure con sentenza non definitiva, e proprio nella qualità di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE , per reati tributari commessi in più periodi di imposta, con varie società cartiere, diverse da quelle emittenti le fatture in contestazione nel presente procedimento, e per importi consistenti (per tali reati è stata disposta la confisca fino alla concorrenza dell’importo di 289.922,64 euro ), sicché è ragionevole ritenere la sua propensione a pratiche di frode fiscale svolte professionalmente.
Ha poi rimarcato, in riferimento al profilo oggettivo, che la società RAGIONE_SOCIALE ha un capitale sociale di soli 900,00 euro, che dall’ultimo bilancio depositato, risalente al 2012, risultano immobilizzazioni materiali ed immateriali per un valore complessivo di 60.264,00 euro, e che non sono stati allegati documenti relativi alla posizione reddituale o patrimoniale dell’attuale ricorrente.
Alla complessiva infondatezza delle censure seguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/05/2025.