Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32491 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32491 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
NOME COGNOME
CC – 17/09/2025
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da:
RAGIONE_SOCIALE
COGNOME COGNOME (quale Socio della RAGIONE_SOCIALE) nato a ATRI il DATA_NASCITA
RAGIONE_SOCIALE (quale Socio della RAGIONE_SOCIALE)
avverso l’ordinanza del 18/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Firenze
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME
L’AVV_NOTAIO NOME COGNOME conclude insistendo per l’ accoglimento del ricorso;
L’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO conclude riportandosi ai motivi esposti
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Firenze, con ordinanza emessa il 21 marzo 2025, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari di Firenze in data 22 gennaio 2025, impugnato da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE quali soci di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE quale socio di RAGIONE_SOCIALE e il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze del 12 febbraio 2025 impugnato da COGNOME, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE quali soci di RAGIONE_SOCIALE, e da RAGIONE_SOCIALE quale socio di RAGIONE_SOCIALE.
I provvedimenti impugnati avanti al Tribunale del riesame erano stati emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze rispettivamente il 22 gennaio 2025, con oggetto il sequestro preventivo dell’area di cantiere sita in INDIRIZZO e delle aziende RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e il 12 febbraio 2025, con oggetto il sequestro preventivo delle quote societarie di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
In data 16 febbraio 2024 si verificava il crollo di una parte di edificio in costruzione sito all’interno del cantiere ubicato in Firenze INDIRIZZO, ove era in corso di realizzazione un nuovo supermercato della catena RAGIONE_SOCIALE.
La committente dei lavori era RAGIONE_SOCIALE di proprietà di RAGIONE_SOCIALE e i lavori erano stati appaltati ad RAGIONE_SOCIALE che li aveva, a sua volta, subappaltati a RAGIONE_SOCIALE il cui legale rappresentante era COGNOME COGNOME.
Nel corso delle indagini era stato conferito dal pubblico ministero un incarico di consulenza ingegneristica al fine di determinare le cause del crollo, che erano state individuate nel macroscopico sottodimensionamento della trave che aveva ceduto, rispetto ai carichi che era stata progettata per sopportare, primo fra tutti il proprio peso.
Il giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di disastro innominato in capo a COGNOME; quanto, invece, alla RAGIONE_SOCIALE – impresa cui, come detto, erano stati subappaltati i lavori – emergeva che la stessa era inadeguata rispetto agli stessi, trattandosi di impresa di recente costituzione, che non aveva nØ le capacità, nØ i mezzi per realizzare tale commessa e che anche in altri cantieri aveva avuto problemi legati ad errori di progettazione.
Quanto al capo B) di incolpazione, il giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto sussistenti in capo al COGNOME i gravi indizi di colpevolezza, stante la sua piena
Rilevava il Tribunale che nessuna questione era stata avanzata circa la sussistenza del fumus commissi delicti , essendosi appuntate le critiche dei ricorrenti avverso il periculum in mora , ovvero sulla adeguatezza e proporzionalità del disposto sequestro rispetto alle singole posizioni.
Il Tribunale rilevava come le ragioni del gravame non avessero inficiato la ricostruzione del pubblico mistero, che riconduceva la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE al medesimo indagato COGNOME, nonostante le dimissioni del medesimo dalle cariche ricoperte e nonostante il mutato assetto societario.
Dalle dichiarazioni di COGNOME era emerso che la proprietà, intesa come COGNOME, non solo aveva continuato ad esercitare, anche dopo la nomina dell’amministratore giudiziario, pressioni al fine di concordare quello che si sarebbe dovuto riferire, ma aveva avuto sempre un atteggiamento oppositivo nei confronti del predetto amministratore, di volta in volta accusato di lavorare per la concorrenza, ovvero di avere fatto spendere troppi soldi alla proprietà.
Le condotte dell’indagato erano, secondo il provvedimento impugnato, tese ad interferire con l’operato degli inquirenti in maniera tale da coprire, ovvero ridimensionare, la propria responsabilità e quella della società.
Il provvedimento richiamava – poi – alcune conversazioni intercorse fra l’indagato e la figlia, dalle quali emergeva come anche in un altro cantiere si erano evidenziate le medesime falle progettuali sulle travi, emerse tragicamente a Firenze, e come a distanza di sei mesi da quel fatto nessuno fosse ancora intervenuto a correggere tali errori strutturali di progettazione.
Ciò rilevava al fine di dimostrare come il modus operandi di RAGIONE_SOCIALE non fosse mutato neppure a seguito del disastro e come fosse del tutto inveterato; pertanto, si palesava necessario il sequestro dello stabilimento RAGIONE_SOCIALE ove erano stati prodotti i materiali poi utilizzati nel cantiere ove era avvenuto il disastro e di tutti i cantieri di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso detto provvedimento propone ricorso RAGIONE_SOCIALE a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, che deduce cinque motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 178 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione al principio della domanda cautelare.
Tale ragione di doglianza era già stata sottoposta al Tribunale del riesame, sotto il profilo della mancata corrispondenza della richiesta cautelare del pubblico ministero rispetto al provvedimento di sequestro emesso dal giudice per le indagini preliminari.
Mentre, infatti, nella richiesta era stato fatto richiamo agli artt. 19 e 53 d.lgs. 231/2001 con riferimento all’ente RAGIONE_SOCIALE, sottoposto alle indagini ai sensi del d.lgs. 231/2001, il sequestro era stato disposto su beni di società di cui il COGNOME Ł legale rappresentante, quali beni pertinenti al reato, con una interpretazione estensiva della domanda cautelare,
che aveva portato ad imporre il vincolo anche su beni di pertinenza di una società che non era sottoposta ad indagini.
Tale motivo di ricorso Ł stato affrontato in poche righe nel provvedimento impugnato con argomentazioni che, secondo il ricorrente, non sono idonee a superare l’evidente vizio di correlazione fra il disposto sequestro e la domanda cautelare, che non può essere ricondotto ad un mero lapsus calami , ovvero all’errato richiamo agli artt. 19 e 53 d. lgs 231/2001.
2.2 Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge con riferimento agli artt. 321 e 325 cod. proc. pen.
Il provvedimento impugnato, nella tesi del ricorrente, affronta il relativo motivo di doglianza soltanto sotto il profilo della sequestrabilità dei beni di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE in quanto riconducibili all’indagato COGNOME, senza rispondere alla critica relativa all’applicabilità dello strumento cautelare nei confronti di un ente non sottoposto ad indagini.
Tale omissione sarebbe riconducibile, secondo il ricorrente, ad una violazione di legge, essendo sul punto la motivazione completamente omessa ovvero apparente.
In questa maniera, si sarebbero eluse le norme che disciplinano la materia dei sequestri nei confronti degli enti poichØ, lungi dal disporre un sequestro finalizzato alla confisca, come previsto dagli artt. 19 e 53 d. lgs. 231/2001, Ł stato disposto un sequestro considerando non già la titolarità dei beni in capo agli enti, bensì in capo all’indagato.
La funzione del disposto sequestro, come resa evidente dai provvedimenti cautelari, Ł quella di impedire che la progettazione e la produzione proseguano con le modalità utilizzate in precedenza e che, in tesi accusatoria, avevano portato al crollo dell’edificio.
Tuttavia, il sequestro impeditivo non può essere disposto nei confronti dell’ente in ragione del disposto dell’art. 53, comma 1, d.lgs. 231/2001 che non richiama l’art. 321 comma 1 cod. proc. pen., poichØ la funzione del sequestro applicabile all’ente Ł solo conservativa; pertanto, stante la mancata iscrizione quale indagato dell’ente RAGIONE_SOCIALE, il pubblico ministero avrebbe aggirato l’ostacolo normativo ricorrendo al sequestro impeditivo disposto nei confronti della persona fisica.
Nella prospettazione del ricorrente, l’illegittimità del disposto sequestro si manifesta sia sotto il profilo della non proporzionalità dello strumento, sia in quanto misura inidonea a prevenire illeciti del tipo di quello commesso, posto che RAGIONE_SOCIALE non ha commesso alcun illecito tale da determinare dei profili di responsabilità dell’ente.
La ragione che ha indotto il legislatore a limitare la ricorribilità allo strumento del sequestro impeditivo nei confronti dell’ente riposa nella necessità di assicurare continuità economica ed operativa all’ente, contemperando le esigenze di garanzia con quelle di tutela dell’attività societaria.
Ritiene il ricorrente che il ricorso allo strumento del sequestro impeditivo sia stato un espediente per aggirare il divieto normativo, soprattutto perchØ disposto su beni di pertinenza di enti terzi rispetto all’indagato.
Ribadisce che il silenzio sul punto dell’impugnato provvedimento costituisce una violazione di legge.
2.3 Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 321 comma 1 cod. proc. pen. sotto il profilo del mancato rispetto del principio di pertinenzialità della res sequestrata rispetto al reato.
Il rapporto di pertinenzialità lega la cosa sequestranda al reato e non al suo autore e nel caso in esame tale rapporto di pertinenzialità fra le aziende sequestrate e il reato manca,
non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale fra il bene e il reato commesso.
Nessun elemento costruttivo Ł stato prodotto dalla RAGIONE_SOCIALE; il sequestro Ł stato esteso a tale azienda perchØ la RAGIONE_SOCIALE Ł erroneamente ritenuta controllante di RAGIONE_SOCIALE e, comunque, riconducibile all’indagato.
2.4 Con il quarto motivo lamenta la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. e dell’art. 5 par. 3 e 4 TUE e art. 49 art. 3 e 53 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali nonchØ violazione dell’art. 1 prot. 1 CEDU.
L’impugnato provvedimento non avrebbe, infatti, esplicitato in alcun modo la ragione per la quale dovevano sequestrarsi tutti i beni aziendali e non solo una parte di essi, con ciò contravvenendosi al principio espresso sia dalla Corte di legittimità, sia dalla giurisprudenza eurounitaria secondo cui Ł necessario valutare la proporzionalità fra il mezzo impiegato e il fine perseguito.
2.5 Con il quinto motivo lamenta violazione dell’art. 321 comma 1 cod. proc. pen. per carenza del periculum in mora .
Il giudizio di pericolosità contenuto nell’impugnato provvedimento Ł basato su una mera presunzione, priva della seppure minima concretezza, che la libera disponibilità del bene possa assumere un carattere strumentale per la commissione di reati del medesimo genere.
Propone ricorso RAGIONE_SOCIALE a mezzo del difensore di fiducia NOME COGNOME COGNOME deducendo due motivi di doglianza.
3.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 321 comma 1 cod. proc. pen. per assoluta carenza di motivazione in ordine alla eccepita impossibilità di applicare il sequestro impeditivo ad una società.
Nonostante tale rilievo critico fosse già contenuto nel gravame, sul punto il provvedimento impugnato tace, limitandosi a ribadire che i beni sono stati sequestrati per il legame con l’indagato COGNOME, stante la riconducibilità a lui della società.
Secondo il ricorrente, tale affermazione non sarebbe sufficiente a contrastare efficacemente le critiche avanzate, in quanto Ł pacifico che l’unico sequestro che si possa applicare ad una società ex d. lgs. 231/2001 Ł quello conservativo, diretto, cioŁ, a garantire la effettività della futura confisca.
Lamenta, poi, il ricorrente il mancato rispetto del criterio di proporzionalità, tale da consentire di individuare e sequestrare, eventualmente, il solo stabilimento in cui fu prodotta la trave incriminata e non tutto il complesso aziendale, e ciò al fine del bilanciamento e della salvaguardia di tutti gli interessi in gioco.
Inoltre, essendo l’unica prospettiva affrontata quella personale dell’indagato, sarebbe stata sufficiente una misura interdittiva nei suoi confronti; la lettura della vicenda cautelare non può esaurirsi nella vicenda personale dell’indagato, dovendosi aver riguardo alle singole soggettività coinvolte.
E’ comunque necessario, secondo il ricorrente, che l’illecito sia stato commesso nell’ambito dell’attività di quello specifico ente; sotto il profilo della ammissibilità del motivo di ricorso va evidenziato come, sul punto, la motivazione sia del tutto carente, ricorrendo un caso di violazione di legge.
3.2 Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge sotto il profilo della carenza
del periculum in mora .
Sottolinea il ricorrente come vi sia stato un avvicendamento ai vertici aziendali, con nomina di un nuovo amministratore, e come il tecnico, cui si addebita il difetto di progettazione della trave, non abbia piø alcun rapporto di lavoro con la società in oggetto; tali rilievi escluderebbero in nuce il sussistere del periculum in mora , in difetto di qualunque attualità e concretezza del pericolo.
Propone ricorso anche RAGIONE_SOCIALE, quale titolare delle quote di RAGIONE_SOCIALE, a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi di ricorso.
4.1 Con il primo motivo deduce nullità dell’ordinanza impugnata per avere giustificato la sussistenza del requisito del periculum in mora con una motivazione apparente, in quanto priva dei requisiti di coerenza, completezza e ragionevolezza.
Secondo la prospettiva del provvedimento impugnato, infatti, l’azienda e le partecipazioni azionarie al capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE devono essere sottoposte a sequestro per prevenire il rischio che i reati oggetto del procedimento, riguardanti la RAGIONE_SOCIALE, possano essere reiterati attraverso la RAGIONE_SOCIALE.
Secondo il ricorrente, il provvedimento avrebbe dovuto motivare diffusamente circa la concretezza e attualità del pericolo, segnatamente circa il legame strutturale fra il bene sottoposto al vincolo e la consumazione del reato stesso.
Entrambi i provvedimenti cautelari non hanno motivato sul punto, circa, cioŁ, il legame fra RAGIONE_SOCIALE e la commissione del reato.
Il provvedimento si sofferma sulle criticità operative di RAGIONE_SOCIALE e sul collegamento fra le due società, collegamento che non giustifica in alcun modo il vincolo esteso anche alla seconda società.
Infatti, il provvedimento impugnato sottolinea come RAGIONE_SOCIALE sia società controllante di RAGIONE_SOCIALE, avente come socio unico RAGIONE_SOCIALE, le cui quote di maggioranza sono detenute dai figli dell’indagato.
Secondo il ricorrente, il fatto che il provvedimento impugnato ipotizzi la sussistenza del pericolo Ł affermazione che si pone in antitesi con la necessaria valutazione del pericolo che, al contrario, deve essere concreto e attuale.
In particolare, il periculum viene riferito al rischio di sostituzione della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE nelle commesse affidate alla prima. Tale argomentazione si rivelerebbe fallace poichØ la possibilità di sostituire una società con l’altra Ł subordinata al consenso del committente; in ogni caso tale pericolo sarebbe scongiurato dal vincolo imposto sull’azienda della RAGIONE_SOCIALE e dalla nomina di un amministratore giudiziario.
L’evidenziato collegamento soggettivo fra le due società Ł aspetto ontologicamente diverso dal rapporto di strumentalità fra la RAGIONE_SOCIALE e il reato oggetto del procedimento; le ulteriori osservazioni contenute nell’impugnato provvedimento relative al permanere di un forte legame della compagine societaria con COGNOME non sarebbero sufficienti a dimostrare il suddetto periculum .
In ogni caso, nell’impugnato provvedimento non sono indicati elementi dimostrativi della commistione fra le due società, che operano in aree geografiche differenti, nØ elementi che evidenzino criticità riferibili direttamente ad RAGIONE_SOCIALE.
In difetto, dunque, di elementi dimostrativi della destinazione funzionale di RAGIONE_SOCIALE alla commissione dei reati, l’affermazione della sussistenza di un periculum
in mora Ł puramente congetturale.
Non sarebbe poi stata valutata la circostanza che RAGIONE_SOCIALE ha ceduto l’8 agosto 2024 la direzione di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, società detenuta al 49,5 % da NOME COGNOME, al 49,5 % da NOME COGNOME e per l’1 % da NOME COGNOME; pertanto il rapporto fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Ł venuto meno.
In particolare, sarebbe stata omessa ogni valutazione circa la sussistenza del periculum in mora in relazione al sequestro impeditivo disposto sulle azioni di RAGIONE_SOCIALE detenute da RAGIONE_SOCIALE.
Il relativo vizio motivazione Ł così grave e radicale da integrare una violazione di legge, deducibile ex art. 325 comma 1 cod. proc. pen.
4.2 Con il secondo motivo lamenta violazione di legge circa la omessa motivazione in punto al requisito della necessaria pertinenzialità richiesto dall’art. 321 comma 1 cod. proc. pen.
Il provvedimento impugnato ha completamente omesso di valutare la sussistenza del nesso di pertinenzialità fra i beni del complesso aziendale di RAGIONE_SOCIALE e delle azioni di RAGIONE_SOCIALE e il reato; nessun collegamento funzionale Ł stato indagato, infatti, fra i beni oggetto del provvedimento cautelare e il reato per cui si procede.
Come già rilevato, RAGIONE_SOCIALE Ł soggetto terzo estraneo rispetto ai fatti oggetto del procedimento, nØ nella attività svolta dal ricorrente sono state evidenziate le medesime criticità ritenute sussistenti quanto a RDB.
Il vincolo di pertinenzialità e strumentalità non può essere confuso con l’appartenenza o la riferibilità del bene ad un determinato soggetto; pertanto, il fatto che, dietro lo schermo societario, le attività siano comunque riferibili o riconducibili all’indagato non sarebbe elemento sufficiente a legittimare il disposto sequestro.
Osserva il ricorrente che il sequestro impeditivo non può investire qualsiasi bene suscettibile anche astrattamente di aggravare o protrarre le conseguenze del reato laddove manchi, appunto, il requisito della pertinenzialità.
Ribadisce, poi, che Ł frutto di mera congettura la possibilità che nella gestione di RAGIONE_SOCIALE si verifichino le medesime criticità ritenute sussistenti in RDB.
Il sequestro delle quote di AMG evidenzia l’assoluta insussistenza del requisito della pertinenzialità, poichØ l’avvenuto sequestro di RDB avrebbe dovuto scongiurare il rischio dell’assorbimento da parte di RAGIONE_SOCIALE delle commesse di RDB; sotto tale profilo il sequestro delle quote di AMG risulta del tutto ininfluente.
4.3 Con il terzo motivo lamenta l’apparente motivazione in punto di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura.
Il disposto sequestro manifesta la propria evidente sproporzione, posto che ha colpito non solo la società RAGIONE_SOCIALE, bensì anche la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.
L’impugnato provvedimento nulla ha in concreto affermato sulla verifica della proporzionalità fra il vincolo imposto e i rischi che tale vincolo Ł destinato a scongiurare, posto che la sostituzione di RDB con RAGIONE_SOCIALE nelle commesse Ł rimasta una previsione del tutto congetturale; al contrario, si sarebbe dovuto dimostrare che il sequestro di RDB non fosse sufficiente a scongiurare il protrarsi o l’aggravarsi delle conseguenze del reato.
In particolare, il provvedimento avrebbe dovuto indicare perchØ l’amministrazione
giudiziaria di RDB non sia strumento sufficiente ad impedire tale paventata sostituzione e perchØ, conseguentemente, si sia dovuto imporre il vincolo anche a RAGIONE_SOCIALE e alle azioni detenute da RAGIONE_SOCIALE.
Quando il sequestro impeditivo investe una impresa, anche in presenza di un collegamento stretto fra la stessa e l’illecito, Ł necessario comunque valutare la proporzionalità fra l’ampiezza del vincolo cautelare e le esigenze cautelari stesse e ciò deve valere a maggior ragione nel caso di beni appartenenti a soggetti terzi.
Nel caso concreto non Ł dimostrata l’unicità dell’impresa e, in ogni caso, non Ł dimostrato che le medesime criticità rilevate in RDB ricorrano anche nella conduzione di RAGIONE_SOCIALE.
Propongono ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame anche NOME COGNOME, NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE tramite il difensore di fiducia, NOME COGNOME, esponendo due motivi di doglianza.
5.1 Con il primo motivo denunciano la violazione di legge in ragione della omessa motivazione circa la sussistenza di un periculum in mora tale da giustificare il sequestro delle quote societarie di RAGIONE_SOCIALE.
Secondo i ricorrenti, non sarebbe stata esplicitata la ragione che ha portato ad apporre il vincolo cautelare non solo all’azienda di RAGIONE_SOCIALE ma anche alle quote societarie della stessa RDB detenute dai ricorrenti.
Posto, infatti, che il provvedimento genetico aveva individuato i fattori di rischio della possibile reiterazione di condotte di rilevanza penale nella inadeguatezza della ditta esterna e del tecnico esterno, il tribunale avrebbe dovuto esplicitare la ragione per cui riteneva sussistente il periculum nonostante fosse stata cambiata la ditta esterna e si fosse interrotto il rapporto di lavoro con il tecnico.
Tali interventi sono stati posti in essere dalla compagine societaria prima che si avesse contezza delle risultanze investigative e, dunque, nessuna inerzia Ł individuabile in capo a chi deteneva le quote societarie di RAGIONE_SOCIALE.
Sul punto, dunque, la motivazione Ł meramente apparente, poichØ il provvedimento omette di confrontarsi con tali argomenti e quindi Ł incorso in una violazione di legge ex art. 606 comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
Il Tribunale avrebbe dovuto spiegare quale fosse la necessità di privare i soci della libera disponibilità delle quote, posto che già con il sequestro del compendio aziendale si era scongiurato il pericolo che l’attività continuasse a venire esercitata con le criticità evidenziatesi.
La pericolosità dei soggetti non si può trasfondere nella pericolosità dei beni aziendali.
L’ordinanza impugnata, in conclusione, omette ogni motivazione circa la sussistenza di un concreto e attuale periculum in mora tale da giustificare il sequestro delle quote sociali di RAGIONE_SOCIALE.
5.2 Con il secondo motivo il ricorrente rileva l’assenza di motivazione circa il rapporto di pertinenzialità fra le quote sociali di RAGIONE_SOCIALE e il reato per cui si procede.
Secondo il ricorrente il provvedimento impugnato incorre in un evidente errore allorquando ancora la pertinenzialità al collegamento fra l’indagato e la res , anzichØ fra la res e il reato. Mancherebbe, cioŁ, ogni dimostrazione di una diretta correlazione fra il reato e il bene oggetto dell’apprensione.
Nelle more della celebrazione dell’udienza sono state depositate in data 4 settembre 2025 da parte dell’AVV_NOTAIO memoria con motivi nuovi per RAGIONE_SOCIALE, in cui si ribadisce l’inapplicabilità del sequestro impeditivo all’ente non indagato nonchØ il difetto di pertinenzialità fra la res e il reato; memoria in data 13 settembre, sempre nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, contenente motivi aggiunti a firma dell’AVV_NOTAIO che richiama il difetto di pertinenzialità e l’omessa valutazione a tal fine della consulenza del dott. COGNOME; il difetto di un periculum in mora dotato di attualità e concretezza, nonchØ il difetto di proporzionalità e adeguatezza del disposto sequestro.
AVV_NOTAIO ha depositato in data 14 settembre memoria con motivi nuovi nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, quali titolari delle quote di RAGIONE_SOCIALE, ribadendo l’inapplicabilità del sequestro impeditivo all’ente RDB incolpato per la responsabilità amministrativa da reato ex L. 231/2001; l’assenza in relazione al sequestro delle quote sociali di RAGIONE_SOCIALE di un periculum in mora concreto e attuale.
Sono state, ancora, depositate una memoria degli AVV_NOTAIO.ti COGNOME e COGNOME in data 11 settembre, nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, di precisazione dei motivi di ricorso ed ulteriore memoria difensiva in data 15 settembre dell’AVV_NOTAIO nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, con deposito di sentenza di questa sezione della Corte di annullamento del provvedimento cautelare emesso nei confronti di COGNOME.
Il PG ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
AVV_NOTAIO per RAGIONE_SOCIALE ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza; l’AVV_NOTAIO per RAGIONE_SOCIALE ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
AVV_NOTAIO per le quote RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha parimenti concluso illustrando i motivi di ricorso di cui ha chiesto l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati nei termini che di seguito si preciseranno.
Posto che le questioni di diritto evidenziate sono comuni a piø ricorrenti verranno affrontate unitariamente.
1.1 Il motivo con cui si eccepisce la violazione del petitum cautelare (primo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE) Ł infondato.
La richiesta del PM del 3 dicembre 2024 aveva ad oggetto – per quanto Ł qui di interesse – il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen. di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE («chiede il sequestro preventivo della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE»); nella parte espositiva della richiesta, nel paragrafo intitolato «richiesta di sequestro preventivo della RAGIONE_SOCIALE», era presente anche la richiesta di estensione della misura cautelare reale a RAGIONE_SOCIALE.
Il provvedimento del G.I.P. in data 22 gennaio 2025 aveva disposto il sequestro preventivo dell’area di cantiere (su cui nessuna osservazione critica Ł stata fatta), già sottoposta a sequestro probatorio, nonchØ il sequestro preventivo del complesso aziendale di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE.
Il Gip osservava che la richiesta del PM, pur richiamando gli artt. 19 e 53 d.lgs. 231/2001, che disciplinano il sequestro a scopo di confisca nei confronti di RDB, nella parte
motiva faceva riferimento ad un sequestro preventivo ex art. 321 comma 1 cod. proc. pen. nei confronti di COGNOME NOME; chiedendo, quindi, il sequestro del complesso di beni pertinenti alla società di cui l’indagato Ł legale rappresentante al fine di evitare che la libera disponibilità del complesso aziendale potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato; dunque, la richiesta veniva intesa come formulata direttamente nei confronti di COGNOME.
L’ordinanza del Tribunale per il riesame impugnata avanti a questa Corte afferma che il sequestro adottato Ł di tipo impeditivo, al di là del richiamo errato alle norme del d.lgs. 231/2001, sulla base del tenore della richiesta e di quanto risulta dal provvedimento genetico.
Circa la consistenza del petitum cautelare, questa Suprema Corte ha affermato che «… alla domanda formulata dalla parte pubblica corrisponde la genesi di un fenomeno devolutivo che assegna al giudice un potere decisorio, il cui ambito di applicazione ben può essere circoscritto all’interno dei confini tracciati dal devolutum ». Ne discende «…che il perimetro del potere delibativo assegnato al giudice non può fuoriuscire dall’alveo tematico tracciato dalla richiesta del pubblico ministero, giacchØ, ove al giudice stesso fosse riconosciuto uno ius variandi tale da consentirgli di debordare dallo specifico petitum che ha formato oggetto della richiesta, finirebbe per evocarsi in capo all’organo giurisdizionale un potere sostanzialmente officioso, che invece il legislatore ha inteso ripudiare» (v. Sez. 6, n. 2658 del 20/12/2013, dep. 2014, Saà, Rv. 257791).
Dato per assodato che il giudice non può fuoriuscire dall’alveo tematico assegnatogli dal PM con la richiesta di emissione della misura cautelare, come correttamente osservato dal Tribunale del riesame, emerge – dal tenore della richiesta cautelare e delle motivazioni poste a fondamento della richiesta, così come dal tenore del provvedimento genetico – che il richiamo alle norme del d. lgs. 231/2001 fosse errato e con corrispondente al contenuto del petitum .
In conclusione, la lamentata mancata corrispondenza fra petitum cautelare e provvedimento cautelare Ł insussistente, poichØ appunto i decreti non sono andati oltre il devoluto cautelare, che aveva ad oggetto il sequestro impeditivo dei beni aziendali di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE.
1.2 Circa la natura delle violazioni denunciate nei ricorsi.
I ricorrenti denunciano violazioni di legge processuale ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. c) cod. proc. pen. sotto il profilo della omessa o apparente motivazione, dovendosi ricordare che, in base all’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse ai sensi degli artt. 322 bis e 324 cod. proc. pen. può essere proposto solo per violazione di legge.
Secondo un costante insegnamento di questa Corte, che ha ribadito tale limite normativo, il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio Ł ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Mannolo, Rv. 285608 – 01)
In tema di impugnazione di misure cautelari reali, rientrano nella nozione di violazione
di legge, per la quale soltanto può essere proposto ricorso per cassazione ex art. 325, comma 1, cod. proc. pen., anche l’assoluta mancanza di motivazione e la motivazione apparente, sicchØ il tribunale del riesame, a fronte di specifiche censure mosse dal ricorrente in ordine al ” fumus commissi delicti “, Ł tenuto, nei limiti del giudizio cautelare, a fornire adeguata motivazione circa l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti con il ricorso, incorrendo, in caso contrario, nella denunciata “violazione di legge”, cui consegue l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza. (Sez. 2, n. 37100 del 07/07/2023, De, Rv. 285189 – 01)
La motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio Ł meramente apparente – quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al ” fumus ” del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto. (Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314 – 01).
Stante il tenore degli insegnamenti sopra richiamati, l’accoglimento dei motivi di ricorso non potrà che fondarsi sulla ritenuta assenza ovvero apparenza della motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti del disposto sequestro; l’accertamento dei requisiti legittimanti il vincolo reale impone che gli stessi siano calati nella peculiarità del caso concreto, oltre che essere adesi al dettato normativo e agli insegnamenti di questa Corte.
Circa la inapplicabilità del sequestro impeditivo alla persona giuridica ex d.lgs. 231/2001 (secondo motivo RAGIONE_SOCIALE e primo motivo RAGIONE_SOCIALE).
Tale motivo Ł infondato.
Non ignora questo collegio che sul punto si siano registrate decisioni di segno opposto: secondo una prima, in tema di misure cautelari reali, il sequestro preventivo impeditivo, di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., non può essere disposto nei confronti di un ente, del quale sia stata ritenuta sussistente la responsabilità da reato (Sez. 6, n. 19717 del 12/02/2025, Pmt, Rv. 288087 – 01); secondo una seconda, al contrario, in tema di responsabilità da reato degli enti e persone giuridiche, Ł ammissibile il sequestro “impeditivo” di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., non essendovi totale sovrapposizione e quindi incompatibilità logico giuridica tra il suddetto sequestro e le misure interdittive (Sez. 2, n. 34293 del 10/07/2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 273515 – 01).
Il provvedimento impugnato affronta la questione implicitamente, ribadendo quanto già contenuto nei provvedimenti genetici: il sequestro dei complessi aziendali e delle quote societarie delle due società, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha una funzione impeditiva e viene disposto nei confronti di entrambe le società per la commistione operativa e gestionale delle stesse, che sono di fatto possedute dalla medesima famiglia.
Non si tratterebbe, dunque, di un sequestro impeditivo imposto – illegittimamente – nei confronti di un ente indagato per illeciti amministrativi di cui al d. lgs. 231/2001, ovvero addirittura nei confronti di un ente neppure indagato per detti illeciti, quale RAGIONE_SOCIALE, bensì di un sequestro preventivo su beni la cui libera disponibilità da parte dell’indagato persona fisica, amministratore unico di tutte le società che sono partecipate l’una dall’altra, potrebbe aggravare o protrarre le conseguenze del reato, come affermato dal Tribunale del riesame alla pag. 23.
Oltre alla riferibilità di entrambe le società alla medesima direzione del COGNOME, il provvedimento fa riferimento alla unicità dell’attività tecnica e di progettazione che in entrambe le società fa capo agli stessi professionisti.
In linea di principio e con una valutazione astratta tale ragionamento non si pone in
contrasto con l’insegnamento contenuto nella seconda delle due massime sopra riportate, laddove in motivazione la Corte ha precisato che, mentre la misura interdittiva paralizza l’uso del bene criminogeno solo in modo indiretto e temporaneo, al contrario, il sequestro e la successiva confisca colpiscono direttamente il bene, eliminando il pericolo che il bene possa essere destinato a commettere altri reati.
L’ampia motivazione di tale sentenza prende le mosse dalla relazione ministeriale al d.lgs. 231/2001, che ha confermato la non applicabilità del sequestro impeditivo in ragione della sua incompatibilità con le sanzioni interdittive irrogabili nei confronti delle persone giuridiche, sanzioni che avrebbero la medesima finalità.
La disamina circa gli effetti dei due istituti ne evidenzia, secondo la Corte, la non sovrapponibilità, poichØ il provvedimento interdittivo previsto dal d. lgs. 231/01 importa un vincolo all’utilizzo del bene solo indiretto e temporaneo, mentre l’effetto del sequestro impeditivo Ł tendenzialmente definitivo, laddove all’esito del giudizio di cognizione sia disposta la confisca; non solo, mentre il sequestro impeditivo ha per oggetto le cose ed Ł finalizzato a sottrarle a chi ne abbia la disponibilità in ragione delle esigenze di tutela della collettività, al contrario la misura interdittiva Ł diretta contro la società; il sequestro impeditivo ha la finalità di impedire l’utilizzo dei singoli beni ed evitare che possano continuare ad agevolare la commissione di altri reati.
Secondo tale pronuncia, dunque, delimitati i confini dei due istituti in termini di non sovrapponibilità, escludere la possibilità di applicare il sequestro impeditivo all’ente rischierebbe di creare un regime privilegiato rispetto a quello generale, privando così la collettività di un efficace strumento di tutela al fine di eliminare dalla circolazione beni criminogeni.
Chiosa, dunque, la motivazione, affermando che nulla vieta di disporre il sequestro impeditivo nei confronti della persona fisica indagata o imputata che utilizzi il bene criminogeno di proprietà dell’ente che, conseguentemente, sia pure in modo indiretto, ne verrebbe privato.
Di conseguenza, in ragione del rinvio generale operato dall’art. 34 d.lgs. 231/2001 alle norme del codice di procedura penale, anche nei confronti dell’ente deve ritenersi ammissibile il sequestro impeditivo, proprio per la richiamata applicabilità alle disposizioni del codice di rito, in quanto compatibili.
Non basta: i disposti sequestri impeditivi aventi ad oggetto le aziende, cioŁ il complesso dei beni produttivi riferibili alle due società, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e le quote societarie non appaiono astrattamente nemmeno in contrasto con quanto affermato dall’altro arresto di legittimità, di segno contrario, che, richiamando il disposto dell’art. 53 d. lgs. 231/2001, esclude che nel procedimento nei confronti di un ente collettivo possano essere sottoposte a sequestro cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilità possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati.
Il punto, infatti, come sottolineato dal provvedimento genetico e ribadito nel provvedimento impugnato, Ł che i disposti sequestri non hanno di mira l’ente collettivo, bensì dei beni, perchØ tali sono sia le aziende, sia le quote societarie, il cui libero utilizzo da parte dell’indagato persona fisica, in tesi accusatoria, avrebbe la conseguenza di protrarre o aggravare le conseguenze del reato: affermare che nel procedimento a carico di una persona fisica vi siano delle limitazioni all’applicabilità dell’art. 321 comma 1 cod. proc. pen. laddove il bene sequestrando sia riferibile ad un ente collettivo, vorrebbe dire, come affermato dal primo dei due arresti sopra richiamati, creare una inaccettabile ed illegittima zona di impunità e privare il sistema di un formidabile strumento preventivo.
3. Circa il rapporto di pertinenzialità dei beni rispetto al commesso reato (terzo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE, secondo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE, secondo motivo del ricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE).
Affermato, dunque, che in linea di principio Ł ammissibile il disposto sequestro preventivo, in quanto avente ad oggetto beni di proprietà di terzi, la cui libera disponibilità da parte dell’indagato COGNOME potrebbe protrarre o aggravare le conseguenze del reato, Ł necessario verificare che il provvedimento impugnato – e prima ancora i provvedimenti genetici – non siano incorsi nella denunciata violazione di legge: non abbiano, cioŁ, verificato la sussistenza dei presupposti legittimanti la disposta misura reale, primo fra tutti il rapporto di pertinenzialità fra la res oggetto del sequestro e il fatto di reato oggetto del procedimento.
Come insegna questa Corte, infatti, per il sequestro preventivo Ł necessaria la sussistenza del requisito della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro preventivo deve caratterizzarsi da una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la ” res ” ed il reato commesso (Sez. 6, n. 5845 del 20/01/2017, F., Rv. 269374 – 01).
Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa sequestrata; non, invece, un collegamento tra il reato e il suo autore, cosicchØ possono essere oggetto del sequestro anche le cose in proprietà di terzo estraneo, se la loro libera disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato stesso (Sez. 3, n. 1806 del 04/11/2008, dep. 2009, Pepe, Rv. 242262 – 01).
E’ proprio in ragione del necessario collegamento fra la cosa e il reato, e non già fra la cosa e il suo autore, che Ł astrattamente possibile, come accaduto nel caso di specie, disporre il sequestro impeditivo di beni di pertinenza di un soggetto diverso dall’indagato: ma ciò soltanto nella misura in cui vi sia un evidente legame fra detta cosa e il reato per cui si procede.
Si può richiamare la massima secondo cui, in tema di sequestro preventivo di somme di denaro, la misura cautelare può essere disposta nei limiti in cui risulti accertato il nesso di pertinenzialità rispetto al reato, ravvisabile qualora il denaro costituisca il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, oppure sia servito a commetterlo, ovvero sia concretamente destinato alla commissione dello stesso (Sez. 6, n. 17997 del 20/03/2018, Bagalà, Rv. 272906 – 01).
In motivazione si Ł affermato che – premesso che il sequestro preventivo può essere disposto quando vi Ł pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati – al fine di evitare una indiscriminata compressione dei diritti individuali di proprietà e di uso della cosa, Ł necessario che il bene oggetto di sequestro preventivo si caratterizzi per una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la ” res ” ed il reato, e che risulti con chiarezza la probabilità che venga reiterata, in caso di libera disponibilità della cosa, la condotta vietata.
Dunque, il sequestro preventivo presuppone la preventiva individuazione del rapporto di pertinenza della res con i reati per i quali si procede, quindi l’accertamento della strutturalità e non della mera occasionalità di tale legame con il reato.
E’ proprio in ragione di tale rapporto strutturale fra la res sequestranda e il reato commesso che si realizza lo scopo preventivo della misura, che consiste nell’evitare che
vengano protratte o aggravate le conseguenze di quel reato, ovvero che la libera disponibilità di quel bene possa portare alla commissione di ulteriori reati: non di qualunque tipo di reati, ovviamente, ma del tipo di quello per cui si procede, in conseguenza della pertinenzialità del bene rispetto a quel particolare reato.
Il potere di disporre il sequestro di un oggetto ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen. ricorre quando la libera disponibilità di una cosa possa agevolare la commissione di altri reati della stessa specie, ma tale pericolo deve essere inteso non come una astratta mera eventualità, ma in senso oggettivo, come concreta possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che il bene assuma carattere strumentale rispetto alla suddetta agevolazione (cfr. Cass., Sez. 5, 19 maggio – 27 giugno 2000, n. 2899, COGNOME, CED 216548).
Infine, Ł evidente che il periculum che si intende evitare attraverso l’adozione del sequestro preventivo deve essere consequenzialmente connesso al reato oggetto del procedimento (cfr. Cass., Sez. 6, 5 luglio 1995 – 7 settembre 1995, n. 2819, Con): la mera funzione preventiva astrattamente considerata non Ł, invero, sufficiente a legittimare il provvedimento di sequestro (così Cass., Sez. 1, n. 2254, del 13 maggio – 18 giugno 1994).
Di conseguenza, ciò che i provvedimenti genetici e il provvedimento impugnato avrebbero dovuto specificamente evidenziare Ł il legame di pertinenzialità e di connessione concreta tra i beni oggetto del sequestro ed il reato oggetto del procedimento; si ribadisce, non con qualunque altro reato, poichØ la funzione preventiva non può essere valutata in senso astratto, cioŁ nell’ottica di una generale prevenzione, in quanto ciò imporrebbe un sacrificio alla libera disponibilità del bene non connotato da concretezza e attualità, ma basato su una mera ipotesi.
Nel primo provvedimento genetico (dalle pagg 17 e segg.) si ripercorrono le deposizioni dei dipendenti di RAGIONE_SOCIALE sulla base delle quali Ł stato possibile ricostruire la filiera di produzione della trave asseritamente responsabile del crollo della struttura.
Tale trave venne realizzata nello stabilimento di Alseno di RDB; le aree di detto stabilimento erano condotte in comodato da RAGIONE_SOCIALE che forniva la manodopera per le lavorazioni, mentre i macchinari ed altro erano forniti da RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE realizzava i manufatti in base alle schede tecniche di produzione, prima con il confezionamento di acciaio e ferro e con l’inserimento delle armature nel cassero, quindi con la gettata di calcestruzzo.
Circa il nesso di pertinenzialità fra l’azienda di RAGIONE_SOCIALE e il reato, il provvedimento genetico richiama le indicate carenze che riguardavano l’operato di RDB nel cantiere ove avvenne il crollo e in particolare, l’inadeguatezza di RAGIONE_SOCIALE e, piø in generale della struttura produttiva dello stabilimento di Alseno, incapace di operare con sufficiente rapidità e consistenza di forniture; inadeguatezza che avrebbe portato a quella gestione frettolosa e problematica del lavoro, con reiterate mancanze nei manufatti, spesso corrette altrettanto frettolosamente in cantiere, che aveva provocato e si era congiunta sinergicamente all’inadeguatezza progettuale di COGNOME, così portando agli eventi mortali e lesivi colposi.
Dunque, la motivazione in ordine al nesso di pertinenzialità fra la struttura produttiva di RAGIONE_SOCIALE e il reato per cui si procede sussiste ed appare logica: RAGIONE_SOCIALE Ł la società che, utilizzando come manodopera i cottimisti di RAGIONE_SOCIALE, ha realizzato la trave; tale trave, per inadeguatezza progettuale e per incapacità produttiva si Ł rivelata inadatta a sostenere i carichi necessari; l’assetto produttivo di RAGIONE_SOCIALE, dunque – sostiene il giudice per le indagini preliminari – non solo ha un legame strutturale e pertinenziale con il reato, ma se lasciato nella libera disponibilità dell’indagato COGNOME rischia di protrarre e/o aggravare le
conseguenze del reato, ovvero di portare alla commissione di reati analoghi.
Del tutto carente, per contro, sia nel provvedimento genetico, sia nel provvedimento del Tribunale di Firenze, Ł la motivazione relativa al nesso di pertinenzialità fra l’azienda RAGIONE_SOCIALE e il reato, così come fra le quote societarie di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e il reato.
Il provvedimento genetico sottolinea le vicende societarie di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e il fatto che l’indagato sia legale rappresentante di entrambe; circa lo stabilimento di Alseno, ricorda che venne acquistato da RAGIONE_SOCIALE, che lo concedette in locazione a RAGIONE_SOCIALE che, a sua volta, lo aveva concesso in comodato a RAGIONE_SOCIALE che vi operava.
Ribadisce, poi, che vi sono elementi per ritenere la stretta connessione fra l’operatività di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e per ritenere che tali imprese siano diretta emanazione della famiglia imprenditoriale COGNOME.
L’orizzonte del provvedimento si sposta, quindi, ad un piano preventivo prognostico: si afferma che, senza il vincolo cautelare imposto ad entrambe le aziende, vi Ł il rischio che le commesse della controllata passino alla controllante con una pressione sulla stessa ancora maggiore e con gravi rischi per l’incolumità individuale e pubblica.
Il provvedimento impugnato sul punto sostiene che la necessità del sequestro disposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE discende dal fatto che la stessa sia società controllante di RAGIONE_SOCIALE, ma soprattutto perchØ e società riconducibile al medesimo imprenditore e ai suoi familiari.
Dunque, errando, il provvedimento individua la pertinenzialità del bene come legame fra l’indagato e la res piuttosto che, come corretto, fra la res e il reato, tanto Ł vero che nessun accenno viene fatto al necessario vincolo strutturale che deve sussistere, come piø sopra ampiamente ricordato in ragione degli arresti di questa Corte, fra il bene sequestrando e il reato per cui si procede.
NØ il nesso di pertinenzialità può essere sostituito dalla mera finalità preventiva, come accade nei provvedimenti genetici, con i quali Ł stato disposto il sequestro sia del complesso dei beni aziendali di RAGIONE_SOCIALE, sia di RAGIONE_SOCIALE ma anche delle relative quote societarie, non ritenendosi sufficiente, al fine di evitare di agevolare la commissione di ulteriori reati, imporre il vincolo solo sui beni e ritenendosi necessario il vincolo sullo strumento societario stesso: infatti (cfr. pag. 18 del decreto del 12 febbraio 2025 e pagg 23 e segg. del provvedimento impugnato), si sottolinea come il mero sequestro delle aziende non sia sufficiente a salvaguardare le esigenze cautelari, stante le condotte tenute dalla famiglia COGNOME volte a mantenere la gestione e direzione delle società in maniera del tutto identica a quanto fatto in precedenza al crollo.
In motivazione sono richiamate le dichiarazioni di testi e le conversazioni captate da cui Ł ritenuto enucleabile tale non tranquillizzante atteggiamento in capo a tutta la famiglia COGNOME cui sono ritenute fare capo, in maniera del tutto univoca e indistinta fra loro, sia RAGIONE_SOCIALE che RAGIONE_SOCIALE, che controlla la prima e che Ł a sua volta posseduta dai tre COGNOME; il Tribunale sottolinea come, nonostante i mutamenti di cariche e il passaggio di mano dei pacchetti di controllo, la situazione – che appare formalmente mutata – non lo sia a livello sostanziale, rimanendo il controllo di tutte le società in mano alla famiglia COGNOME.
La RAGIONE_SOCIALE, in buona sostanza, pur essendo un soggetto giuridico distinto da RDB RAGIONE_SOCIALE, viene ritenuto, nel provvedimento impugnato e nei provvedimenti genetici, una ulteriore emanazione dell’indagato, tanto Ł vero – e questa Ł una delle ragioni per cui le iniziative impeditive sono state estese anche a tale soggetto giuridico – che l’ufficio tecnico e i professionisti che operano erano i medesimi per entrambe le società.
Ma, al di là di questo intento, ampiamente illustrato, la motivazione Ł del tutto silente sul collegamento strutturale fra il reato e il complesso aziendale di RAGIONE_SOCIALE, ovvero fra il reato e le quote societarie della stessa e di RDB.
Non viene in alcun modo spiegato, al di là della finalità preventiva del sequestro – che Ł chiarissima – come si atteggi il primo termine della questione, vale a dire quale pertinenza tali ulteriori beni abbiano rispetto al reato per cui si procede, in quanto il legame pertinenziale Ł individuato fra i beni e l’indagato.
Conclusivamente tale motivo di ricorso – con la sola esclusione del ricorrente RDB rispetto al quale il rapporto di pertinenzialità Ł motivato – Ł fondato e il provvedimento impugnato deve essere annullato sotto tale profilo, con rinvio al Tribunale di Firenze, sezione del riesame, perchØ affronti il profilo della pertinenzialità del complesso aziendale di RAGIONE_SOCIALE e delle quote societarie di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE con il reato per il quale si procede, fornendo adeguata motivazione.
Circa la carenza di motivazione quanto alla proporzionalità del disposto sequestro rispetto alle esigenze cautelari (quarto motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE; primo motivo del ricorso RDB; terzo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE).
Il test di proporzionalità Ł volto a «valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piø misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (Corte cost., sent. n. 1 del 2014).
La giurisprudenza di legittimità si Ł attestata sul consolidato principio di diritto secondo cui i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità – dettati dall’art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali – sono applicabili anche al sequestro preventivo, dovendo il giudice motivare adeguatamente sull’impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva (Sez. 3, n. 21271 del 07/05/2014, COGNOME, Rv. 261509; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 8382 del 16/01/2013, COGNOME, Rv. 254712; Sez. 3, n. 12500 del 15/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252223; Sez. 5, n. 8152 del 21/01/2010, COGNOME, Rv. 246103; nonchØ, in tema di sequestro finalizzato alla confisca diretta, Sez. 2, n. 29687 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276979).
I principi affermati si possono così sintetizzare: anche in tema di sequestro preventivo c.d. «impeditivo», il principio di proporzionalità impone al giudice cautelare di motivare sull’impossibilità di fronteggiare il pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di altri reati ricorrendo a misure cautelari meno invasive oppure limitando l’oggetto del sequestro o il vincolo posto dallo stesso in termini tali da ridurne l’incidenza sui diritti del destinatario della misura reale (Sez. 5, n. 17586 del 22/03/2021, COGNOME, Rv. 281104 – 01).
La sentenza sez. 3, n. 30405 del 08/04/2016, Murino, RV. 267587 – 01 ha sottolineato che anche le modalità di attuazione del provvedimento devono essere le meno gravose tra quelle possibili ed adeguate a salvaguardare gli effetti del sequestro, «in ossequio al principio di proporzionalità applicabile – sia nella fase genetica, sia in quella funzionale anche alle misure cautelari reali».
In caso di sequestro preventivo dell’intero compendio aziendale, i principi di adeguatezza e proporzionalità impongono al giudice della cautela di verificare il valore preponderante, o quanto meno il significativo rilievo, dell’utilizzo strumentale della impresa alla consumazione dei reati per cui Ł stata richiesta la misura, rispetto alla operatività lecita
della impresa stessa, onde evitare che il vincolo coercitivo determini una esasperata compressione dei diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata (Sez. 6, n. 13166 del 02/03/2022, COGNOME, Rv. 283139 – 01).
In ragione degli insegnamenti sopra richiamati e che qui si intendono ribaditi, sotto il profilo delle eccepita carenza o mera apparenza della motivazione sulla proporzionalità del vincolo imposto rispetto alle esigenze salvaguardate, il motivo proposto da COGNOME Ł fondato.
Analoga doglianza Ł proposta da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ma per detti ricorrenti, essendo fondato il motivo circa la mancanza di motivazione in punto di vincolo pertinenziale fra la res sequestrata e il reato, che Ł questione che precede logicamente quella in punto alla proporzionalità, il relativo motivo Ł assorbito stante l’accoglimento del motivo sub 3.
Per contro, il motivo di doglianza circa il difetto di proporzionalità proposto da RAGIONE_SOCIALE deve essere esaminato, stante il non accoglimento, rispetto a RDB, della doglianza in punto di omessa motivazione circa il vincolo di pertinenzialità fra l’azienda e il reato, per come esposto sub 3.
Sul punto il provvedimento impugnato tace, limitandosi a ribadire come, al di là delle dimissioni dell’indagato e del mutato assetto societario, a tirare le fila di entrambe le società sia sempre il NOME COGNOME; infatti, la necessità di sequestrare, non solo lo stabilimento di Alseno, ma tutti i cantieri di RAGIONE_SOCIALE (ed anche di quelli di RAGIONE_SOCIALE) viene fatta discendere dalla riconducibilità di tutti all’indagato: ma si tratta di affermazione che nulla ha a che vedere con la valutazione della proporzionalità dell’ampiezza del sequestro con le esigenze cautelari.
NØ il provvedimento genetico soccorre sul punto, limitandosi a ipotizzare il rischio astratto che le commesse di RDB vengano portate a termine da RAGIONE_SOCIALE, con modalità analogamente concitate e negligenti.
Il pericolo, in quanto probabilità di un danno futuro, deve avere caratteristiche di concretezza e richiede, quindi, un accertamento in concreto, sulla base di elementi di fatto, in ordine all’effettiva e non generica possibilità che la cosa di cui si intende vincolare la disponibilità assuma, in relazione a tutte le circostanze del fatto (natura della cosa, la sua connessione con il reato, la destinazione alla commissione dell’illecito, le circostanze del suo impiego), una configurazione strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione del reato ipotizzato ovvero alla agevolazione alla commissione di altri reati (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, COGNOME).
Ecco che anche il requisito della proporzionalità, come quello della pertinenzialità, deve essere calato nella concretezza del pericolo, nell’ottica di determinare l’ampiezza del vincolo cautelare nella misura strettamente necessaria a prevenire l’aggravamento o il protrarsi delle conseguenze dannose ovvero la commissione di reati analoghi, non su un piano meramente ipotetico, ma nella specificità della situazione contingente.
L’onere motivazionale, poi, Ł ancora piø stringente con riferimento a beni aziendali, dovendosi, come sopra affermato, specificare la ragione per la quale sia necessaria la totale paralisi dell’attività imprenditoriale, che Ł il risultato del vincolo imposto su tutti i beni aziendali di RDB, a fini impeditivi, e non una piø contenuta, ma altrettanto efficace, limitazione della libera disponibilità dei beni, nell’esigenza di un perfetto contemperamento fra le esigenze cautelari, da un lato, e la libertà dell’iniziativa economica privata e la proprietà privata dall’altro.
Sotto questo profilo, dunque, il provvedimento impugnato Ł mancante di motivazione e deve essere annullato, con rinvio al Tribunale di Firenze, sezione del Riesame, perchØ affronti il tema relativo al requisito della proporzionalità fra il disposto vincolo reale su tutti i
beni aziendali di RAGIONE_SOCIALE e le esigenze cautelari del caso concreto.
Circa l’eccepita carenza di motivazione in punto al periculum in mora , sotto il profilo della carenza della attualità e concretezza del medesimo (quinto motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE; secondo motivo del ricorso RDB; primo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE; primo motivo del ricorso NOME, NOME e NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE).
L’accoglimento dei motivi che precedono assorbe tale ultimo motivo ed esonera la Corte del vaglio circa la fondatezza dello stesso.
Per le ragioni sopra evidenziate l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla luce dell’omessa motivazione sulla sussistenza del nesso di pertinenzialità dei disposti sequestri rispetto al vincolo imposto sul compendio aziendale di RAGIONE_SOCIALE e sulle quote societarie di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, nonchØ dell’omessa motivazione sul rispetto del principio di proporzionalità da parte del disposto sequestro sul compendio aziendale di RAGIONE_SOCIALE.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Firenze sezione per il riesame
Così Ł deciso, 17/09/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME