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Sequestro preventivo: la Cassazione fa il punto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona contro un’ordinanza di sequestro preventivo su cinque immobili, emessa nell’ambito di un’indagine per riciclaggio. La sentenza chiarisce che il sequestro preventivo è legittimo anche in assenza di querela per il reato presupposto e che il ricorso in Cassazione non può vertere su una nuova valutazione dei fatti, ma solo su violazioni di legge, confermando la solidità del provvedimento impugnato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Legittimo anche Senza Querela per il Reato Presupposto

Il sequestro preventivo è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria per evitare che i proventi di un reato vengano dispersi. Ma quali sono i limiti e i presupposti per la sua applicazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 11139/2024) offre chiarimenti cruciali, in particolare sui reati di riciclaggio e sulla necessità della querela per il reato presupposto.

I fatti del caso: dal sequestro al ricorso

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Trieste che confermava il sequestro preventivo di cinque immobili intestati a una persona indagata per i reati di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) e autoriciclaggio (art. 648-ter c.p.). Secondo l’accusa, tali immobili erano stati acquistati con proventi illeciti. La difesa della ricorrente ha impugnato il provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità.

I motivi del ricorso: una difesa a tutto tondo

La difesa ha articolato il proprio ricorso su due motivi principali, cercando di smontare l’impianto accusatorio che aveva giustificato la misura cautelare reale.

La presunta mancanza di autonoma valutazione del giudice

In primo luogo, si lamentava che il Giudice per le Indagini Preliminari avesse disposto il sequestro senza un’adeguata e autonoma valutazione degli indizi, limitandosi a recepire acriticamente la richiesta del Pubblico Ministero. Secondo la difesa, questo vizio avrebbe reso nullo il provvedimento.

L’assenza di querela e il difetto di fumus commissi delicti

Il secondo motivo, più complesso, contestava la sussistenza dei presupposti del sequestro. La difesa ha sostenuto che:
1. Mancava la querela per il reato presupposto (nella fattispecie, l’appropriazione indebita), rendendo non configurabili i reati di riciclaggio contestati.
2. Il quadro indiziario (fumus commissi delicti) era debole, poiché le operazioni finanziarie erano tracciabili e parte delle somme era stata restituita.
3. Non sussisteva il pericolo di dispersione dei beni (periculum in mora), dato che l’acquisto di immobili in Italia, in modo lecito e tracciabile, rappresentava l’opposto di un tentativo di occultamento.

La decisione della Corte di Cassazione sul sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. In merito alla presunta mancanza di autonoma valutazione, i giudici hanno chiarito che la tecnica di redazione “per incorporazione” (che riporta cioè parti della richiesta del PM) è legittima quando, come nel caso di specie, dal provvedimento emerge chiaramente che il giudice ha esaminato gli atti e condiviso in modo ragionato e consapevole le argomentazioni, svolgendo un’attività di giudizio autonoma e integrativa.

Sul secondo motivo, la Corte ha fornito due chiarimenti fondamentali:
1. Irrilevanza della querela: È stato ribadito il consolidato principio di diritto secondo cui i reati di ricettazione e riciclaggio sono configurabili anche quando manca una condizione di procedibilità per il reato presupposto, come la querela. La punibilità del riciclaggio è autonoma e non dipende dalla procedibilità del reato che ha generato i proventi illeciti.
2. Limiti del giudizio di legittimità: Le doglianze relative alla consistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora sono state ritenute inammissibili perché miravano a una rivalutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di Cassazione. Il ricorso alla Suprema Corte è ammesso solo per violazione di legge, non per contestare l’apprezzamento delle prove fatto dai giudici di merito, a meno che la loro motivazione non sia totalmente assente, manifestamente illogica o meramente apparente, circostanze escluse nel caso in esame.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida principi fondamentali in materia di misure cautelari reali. In primo luogo, conferma l’autonomia del reato di riciclaggio rispetto alle vicende procedurali del reato presupposto. In secondo luogo, traccia una linea netta tra il giudizio di merito e quello di legittimità, ribadendo che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, emerge un chiaro messaggio: un sequestro preventivo basato su una motivazione logica e coerente, anche se non gradita alla difesa, è difficilmente scalfibile con un ricorso che tenti di rimettere in discussione la valutazione degli indizi operata dal Tribunale del Riesame.

È necessario che ci sia una querela per il reato presupposto (es. appropriazione indebita) per poter disporre un sequestro preventivo per riciclaggio?
No, la Corte ha ribadito il principio secondo cui i reati di ricettazione e riciclaggio sussistono anche in mancanza della condizione di procedibilità (come la querela) del reato presupposto.

In sede di ricorso per cassazione avverso un’ordinanza di sequestro preventivo, è possibile contestare la valutazione degli indizi fatta dal giudice?
No, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile chiedere alla Corte di rivalutare nel merito gli elementi indiziari (il fumus commissi delicti) o il pericolo di dispersione dei beni, a meno che la motivazione del giudice di merito non sia totalmente assente, illogica o meramente apparente.

Quando la motivazione di un provvedimento giudiziario che recepisce atti di altre parti (es. la richiesta del PM) è considerata valida?
La motivazione cosiddetta “per incorporazione” è valida quando dal contenuto complessivo del provvedimento emerge che il giudice ha esaminato gli atti e ha condiviso in modo ragionato e consapevole gli argomenti, integrandoli con una propria autonoma attività di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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