Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7466 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7466 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CANICATTI’ il 25/05/1993
avverso l’ordinanza del 05/09/2024 del TRIBUNALE di AGRIGENTO
visti gli atti e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto P.G. COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza emessa in data 5/09/2024 dal tribunale di Agrigento, in funzione di giudice del riesame, che ha confermato il decreto con cui il Gip del tribunale ha convalidato il sequestro preventivo, operato in via d’urgenza dal pubblico ministero, della società RAGIONE_SOCIALE e delle relative quote societarie, nonché di somme di denaro e autovetture specificate nei relativi verbali di sequestro.
La misura reale risulta disposta in relazione alle ipotesi di reato di cui agli artt. 110, 416, 640, 515 e 512-bis cod. pen., per cui l’odierno ricorrente risulta indagato.
La difesa affida il ricorso a due motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME con requisitoria-memoria del 15 dicembre 2024, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo la difesa denuncia la violazione degli artt. 125, comma 3, 292, 325, comma 1, cod. proc. pen., nonché degli artt. 321, comma 1, cod. proc. pen., in relazione agli artt. artt. 110, 416, 640, 515 e 512-bis cod. pen. (Assenza del fumus delicti e mancanza e/o apparenza della motivazione).
In particolare, si lamenta che la struttura motivazionale del provvedimento impugnato consista nella pedissequa ed integrale riproduzione del decreto di sequestro preventivo del Gip del Tribunale di Agrigento che, a sua volta, costituisce una “fotografia” della precedente ordinanza cautelare emessa nell’ambito di altro procedimento connesso.
Si era, quindi, al cospetto di un’ordinanza priva di un’autonoma rielaborazione da parte del decidente e del tutto apparente riguardo all’effettiva disamina delle censure difensive, in quanto il Tribunale non aveva fornito alcun elemento concreto per ritenere che la società RAGIONE_SOCIALE risulti essere fittiziamente intestata al ricorrente e creata allo scopo di consentire all’organizzazione criminale a sfondo
familiare riferibile a NOME NOME di continuare a perpetrare i traffici delittuosi già realizzati per il tramite delle altre imprese da loro gestite ed oggetto di sequestro.
Si sostiene, infatti, che del tutto insufficienti siano gli elementi evocati al riguardo dal giudice cautelare a sostegno del fumus delicti, per lo più di carattere documentale e, peraltro smentiti, nella loro portata accusatoria, dagli esiti delle successive indagini della G.d.F. compendiate nella nota del 3/10/2024, allegata al ricorso.
Con riferimento, poi, alla fattispecie di cui all’art. 515 cod. pen., si lamenta che il giudice cautelare abbia riportato soltanto il dato testuale della disposizione, senza indicare elementi a corredo della presunta consegna agli acquirenti delle auto i cui contachilometri sarebbero stati modificati, soggetti peraltro mai individuati o identificati.
Il motivo è manifestamente infondato e generico.
Quanto al primo profilo di censura, va ribadito come in tema di misure cautelari personali ricorre un’autonoma valutazione da parte del giudice ex art. 292, comma 2, lett. c) bis, cod. proc. pen. – anche in sede di gravame – quando venga richiamato in maniera più o meno estesa il provvedimento impugnato con la tecnica di redazione “per incorporazione”, con condivisione delle considerazioni già svolte da altri, poiché valutazione autonoma non vuol dire valutazione diversa o difforme, sempreché emerga dal provvedimento una conoscenza degli atti del procedimento e, se necessario, una rielaborazione critica degli elementi sottoposti a vaglio giurisdizionale, eventualmente con la graduazione o rigetto delle misure (ex multis: Sez. 5, n. 70 del 24/9/2018, dep. 2019, Rv. 274403).
Nel caso di specie, la circostanza che, ai fini della dimostrazione del fumus delicti, l’ordinanza impugnata abbia fatto pedissequo richiamo alle emergenze processuali evidenziate nel provvedimento genetico a fondamento della disposta cautela reale, non rende privo di autonomia il differente profilo attinente all’apprezzamento della rilevanza probatoria di tali elementi, che risulta essere stato compiuto dal Tribunale del riesame mediante un giudizio che si avvale di profili valutativi aventi carattere “individualizzante”, per come anche si ricava dall’esame della documentazione offerta dalla difesa in udienza, nonché del tema del periculum in mora, condotto in assenza di specifica doglianza sul punto da parte del ricorrente.
Quanto al secondo profilo di doglianza, la censura è generica, in quanto l’ordinanza impugnata alle pagine 10-12 ha indicato una pluralità di elementi di carattere indiziario, non soltanto di carattere documentale, ma anche derivanti
dall’esito di accertamenti di p.g., la cui convergenza dà logicamente conto di come la società di cui il ricorrente risulta amministratore appaia fittiziamente intestata a NOME COGNOME quale strumento per realizzare, in continuità con il disegno criminoso da costui già perseguito e al fine di agevolare la commissione di delitti di riciclaggio, truffe ai danni di acquirenti di autovetture usate.
E tanto vale anche con riferimento al contestato delitto di cui all’art. 515 cod. pen., posto che gli accertamenti di p.g. – al di là dell’indicata commistione con le altre società riferibili al gruppo familiare NOME – hanno consentito di riferire direttamente ad autovetture della RAGIONE_SOCIALE la decurtazione dei chilometri.
Infine, va ritenuta inammissibile in questa sede l’allegazione difensiva della nota della G.d.F. del 3/10/2024 – che a detta della difesa conterrebbe elementi a discarico idonei ad escludere il fumus delicti trattandosi di documentazione sopravvenuta all’ordinanza impugnata che deve essere preventivamente sottoposta al giudice della cautela, altrimenti trasformandosi il giudizio di legittimità in una non consentita fase di merito.
Con il secondo motivo la difesa lamenta la violazione degli artt. 125, comma 3, 292, 325 cod. proc. pen., in relazione all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. (Violazione di legge ed illogicità motivazionale in relazione alla sussistenza del requisito del periculum in mora).
Il motivo è inammissibile e generico.
L’assenza del periculum in mora, infatti, si lega alla denunciata assenza di elementi indiziari a corredo dell’attività illecita svolta dal ricorrente e della natura strumentale della sua società, con ricadute anche sul mantenimento del vincolo reale sulle autovetture sequestrate.
Si tratta, però, di un tema che, per come rilevato nel paragrafo precedente, non trova, allo stato, rilievo, anche tenuto conto che l’accertamento del fumus delicti è limitato alla configurabilità, quale fattispecie astratta di reato, del fatto così come contestato, non potendo il sindacato del giudice del riesame investire la fondatezza dell’accusa (Sez. U, n. 4 del 25/03/1993, COGNOME, Rv. 193118 – 10).
Con la conseguenza che l’ipotizzato pericolo di reiterazione dei reati si lega perfettamente alla riconosciuta valenza strumentale della compagine societaria all’ordito illecito perseguito dal correo, al quale il ricorrente si è volontariamente prestato, in uno con la natura anche di corpo del reato di parte dei beni in sequestro.
E tanto a prescindere dall’ulteriore rilievo, comune anche al motivo precedente, che in questa sede non sono consentite denunce che investono la motivazione del provvedimento impugnato.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione di profili di inammissibilità evidenziati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende.
Così deciso, il 23 gennaio 2025.