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Sequestro preventivo: la Cassazione e la motivazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7466/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un’ordinanza di sequestro preventivo. Il provvedimento riguardava una società, quote, denaro e autovetture nell’ambito di un’indagine per associazione a delinquere, frode e trasferimento fittizio di beni. La Corte ha stabilito che la motivazione del provvedimento di riesame è valida anche se richiama ampiamente un atto precedente, a patto che emerga un’autonoma rielaborazione critica da parte del giudice. Inoltre, ha ribadito che la valutazione del ‘fumus delicti’ in sede di riesame del sequestro preventivo si limita alla configurabilità astratta del reato, senza entrare nel merito della fondatezza dell’accusa, che è riservata al giudizio successivo.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo: quando la motivazione “per relationem” è legittima?

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui requisiti di validità di un’ordinanza di sequestro preventivo, offrendo importanti chiarimenti sulla sufficienza della motivazione e sui limiti del sindacato di legittimità. Con la sentenza in commento, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, confermando il vincolo reale su una società operante nel settore automobilistico. L’analisi della Corte si concentra su due aspetti cruciali: la validità della motivazione che richiama un altro atto e la corretta perimetrazione del concetto di fumus delicti.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine penale per reati gravi, tra cui associazione per delinquere, frode in commercio e trasferimento fittizio di valori. Il Pubblico Ministero aveva disposto un sequestro preventivo d’urgenza sui beni di una società a responsabilità limitata, ritenuta uno schermo per attività illecite. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) convalidava il sequestro, e successivamente il Tribunale del Riesame confermava l’ordinanza.

L’indagato, amministratore della società, proponeva ricorso per cassazione, lamentando principalmente due vizi del provvedimento impugnato: la mancanza di un’autonoma motivazione da parte del Tribunale e l’assenza del fumus delicti, ovvero degli indizi di reato sufficienti a giustificare la misura.

Le censure sul sequestro preventivo e la motivazione apparente

La difesa dell’imprenditore sosteneva che l’ordinanza del Tribunale del Riesame fosse illegittima perché si era limitata a riprodurre pedissequamente il contenuto del decreto di sequestro emesso dal GIP, che a sua volta era una ‘fotografia’ di un’altra ordinanza cautelare. A dire del ricorrente, mancava una rielaborazione critica e autonoma delle censure difensive, rendendo la motivazione solo apparente.

Inoltre, si contestava la sussistenza stessa degli indizi di reato, ritenendo insufficienti gli elementi a sostegno dell’ipotesi di intestazione fittizia della società e delle presunte frodi (come la modifica dei contachilometri delle auto vendute).

La questione del periculum in mora

Un secondo motivo di ricorso denunciava la violazione di legge in relazione alla sussistenza del periculum in mora, ossia il pericolo che la libera disponibilità dei beni potesse aggravare le conseguenze dei reati. Secondo la difesa, l’assenza di solidi indizi di colpevolezza rendeva ingiustificato anche il mantenimento del vincolo sui beni aziendali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondate e generiche le censure proposte. Le argomentazioni dei giudici forniscono una guida chiara sui principi che governano il sequestro preventivo.

Validità della motivazione “per relationem”

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la motivazione per relationem, ovvero quella che richiama il contenuto di un altro atto, è pienamente legittima anche in sede di riesame. Ciò che conta non è che la valutazione sia ‘diversa o difforme’, ma che sia ‘autonoma’. L’autonomia si manifesta quando dal provvedimento emerge che il giudice ha preso conoscenza degli atti, ha esaminato le argomentazioni difensive e ha compiuto una rielaborazione critica degli elementi a sua disposizione. Nel caso di specie, il Tribunale aveva operato un apprezzamento ‘individualizzante’ della rilevanza probatoria, dimostrando di aver svolto il proprio compito di controllo.

I limiti della valutazione del fumus delicti

La Corte ha inoltre sottolineato la natura specifica del giudizio in sede di riesame di un sequestro preventivo. In questa fase, il giudice non deve accertare la fondatezza dell’accusa, ma solo la ‘configurabilità astratta’ del reato ipotizzato. Il controllo si limita a verificare che i fatti contestati, così come descritti, possano integrare una determinata fattispecie di reato. Non è consentito, in questa sede, un’analisi approfondita del merito dell’accusa, né la valutazione di prove a discarico sopravvenute, che dovranno essere sottoposte al giudice della cautela in un momento successivo.

L’assenza del periculum in mora, infine, è stata giudicata una censura generica e consequenziale al rigetto del motivo sul fumus delicti. Una volta riconosciuta la valenza strumentale della società rispetto all’illecito, il pericolo di reiterazione dei reati è stato ritenuto logicamente conseguente.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza alcuni capisaldi della procedura penale in materia di misure cautelari reali. In primo luogo, conferma che la motivazione di un’ordinanza non deve essere necessariamente originale, ma deve dimostrare un vaglio critico e autonomo da parte del giudice. In secondo luogo, traccia una linea netta tra il giudizio cautelare, focalizzato sulla configurabilità del reato e sul pericolo, e il giudizio di merito, deputato all’accertamento della responsabilità. Per le difese, ciò significa che l’impugnazione di un sequestro preventivo deve concentrarsi sui vizi di legittimità e sulla logicità della motivazione, piuttosto che tentare di anticipare una valutazione probatoria completa, preclusa in quella fase processuale.

Un giudice può motivare un’ordinanza semplicemente copiando un altro atto?
No, non può semplicemente copiare. Tuttavia, può utilizzare la tecnica della motivazione ‘per relationem’, richiamando le argomentazioni di un altro provvedimento, a condizione che dimostri di aver esaminato autonomamente gli atti, valutato le censure della difesa e compiuto una rielaborazione critica degli elementi, facendo proprio il ragionamento richiamato.

Cosa viene valutato esattamente quando si discute di ‘fumus delicti’ per un sequestro preventivo?
In sede di riesame del sequestro preventivo, la valutazione del ‘fumus delicti’ si limita alla configurabilità astratta del reato. Il giudice non deve stabilire se l’indagato è colpevole, ma solo se i fatti, così come contestati, sono riconducibili a una specifica ipotesi di reato prevista dalla legge. Non si tratta di un giudizio sulla fondatezza dell’accusa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi sono stati ritenuti generici e infondati. La Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale era adeguata e autonoma, e che le censure sul ‘fumus delicti’ e sul ‘periculum in mora’ miravano a ottenere una valutazione di merito sulla fondatezza dell’accusa, cosa non consentita nel giudizio di legittimità su una misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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