Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31812 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31812 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cosenza il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/2/2024 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvi quanto al reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. cod. pen., 256, d. Igs. n. 152 d e quanto al sequestro delle quote della “RAGIONE_SOCIALE“, e riget resto;
udite le conclusioni dei difensori del ricorrente, AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/2/2024, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in parziale accoglimento della richiesta avanzata ex art. 324 cod. proc. pen. da
NOME COGNOME e NOME COGNOME, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso il 19/1/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribuna limitatamente al reato di cui all’art. 452-bis cod. pen. ed alle partecipa societarie in “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, confermando nel la misura con riguardo ai reati di cui agli artt. 137, 256, d. Igs. 3 aprile 2 152.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, in proprio e nella qualità amministratore unico e legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE deducendo i seguenti motivi:
mancato rispetto del principio di proporzionalità. Il Tribunale avrebb mantenuto in sequestro tutte le quote sociali e l’intera azienda con evide sproporzione rispetto alle finalità di tutela, specie a fronte dell’annullamento misura in ordine al reato più grave, quale il delitto di cui all’art. 452-bis co Non si comprenderebbe, dunque, perché la misura non sia stata limitata al cicl dei rifiuti, o agli scarichi fognari. Sotto altro profilo, si evidenzia che il annullamento del sequestro sarebbe privo di ogni effetto pratico: le due società cui sono state svincolate le partecipazioni societarie, infatti, sare interamente riconducibili alla “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“, in termini di proprietà e di contr così che il dissequestro risulterebbe privo di reali conseguenze;
violazione ed erronea applicazione degli artt. 137 e 256 contestati; carenz assoluta di fumus. Il Tribunale non avrebbe valutato un decisivo documento prodotto, quale la deliberazione del Consiglio Metropolitano di Reggio Calabria n 119 del 1°/12/2022, che, approvando le linee guida operative per il rilasc dell’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA), equiparerebbe gli scarichi ospedalieri a quelli domestici, tali, dunque, da non rendere necessario il provvedimento; ta regime, peraltro vigente anche a Roma, in zona riguarderebbe anche l’RAGIONE_SOCIALE, struttura ben più ampia di quella in esame. Al riguar si sottolinea poi che quest’ultima non effettuerebbe servizio di ristorazione p pazienti e smaltirebbe i rifiuti sanitari tramite ditte specializzate. In for delibera citata, dunque, potrebbe esser riscontrato, al più, un allacciamento rete fognaria privo di autorizzazione, di cui all’art. 124, d. Igs. n. 152 del con sanzione solo amministrativa e divieto di misure cautelari;
violazione di legge. Leggendo l’ordinanza, emergerebbe evidente che il G.i.p. si sarebbe limitato a copiare la richiesta cautelare avanzata dal Pubblico Ministe mancherebbe, dunque, un’autonoma valutazione degli elementi a fondamento della misura, con conseguente nullità del provvedimento;
violazione di legge, erronea applicazione del d.P.R. n. 254 del 2003; vizio d motivazione. L’ordinanza non motiverebbe affatto con riguardo al citato decreto n 254, in forza del quale lo sversamento delle urine e del sangue nella rete fogna
sarebbe pratica lecita, tranne nei casi – non ravvisati in questa vicenda pazienti affetti da malattie trasmissibili attraverso gli escreti. Analogamente, varrebbe quanto alle sacche di drenaggio, che ben potrebbero essere sversat nella rete fognaria, salve le eccezioni appena citate e mai riscontrate n struttura;
vizio assoluto di motivazione con riguardo al profilo soggettivo del ricorrent che avrebbe sempre operato correttamente o, al più, in buona fede. Nessun argomento, poi, sarebbe stato speso quanto al periculum, mantenuto inalterato anche con l’annullamento del sequestro in ordine al delitto di cui all’art. 45 cod. pen.;
violazione di legge e vizio assoluto di motivazione. Il Tribunale del riesam nel confermare il decreto di sequestro del 19/1/2024, avrebbe utilizzato anche g argomenti di cui al decreto di sequestro del 1°/12/2023, autonomo e non oggetto di riesame, per quanto questi ultimi non fossero stati utilizzati nella sec misura, neppure per relationem; l’ordinanza impugnata, pertanto, avrebbe compiuto un’ingiustificata ed indebita integrazione del decreto genetico d 19/1/2024, attraverso il richiamo al precedente provvedimento. Si eccepisce, poi il bis in idem sostanziale, in quanto il 12/3/2024 sarebbe stato emesso – nei confronti del ricorrente – un decreto penale di condanna che riguarderebbe propri le condotte contestate nel primo capo di imputazione di cui al decreto di sequest del 19/1/2024, poi oggetto di riesame;
omessa motivazione, infine, quanto alle immutate esigenze cautelari nonostante l’annullamento del sequestro con riguardo al delitto di cui all’art. bis cod. pen., così ribadendo gli argomenti del primo motivo.
La difesa ha prodotto indagini difensive e documentazione a corredo dei motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato; con la precisazione, peraltro, che non può ess utilizzato in questa sede il verbale di investigazioni difensive prodotto il 1°/7/ in quanto relativo a dichiarazioni (di tale NOME COGNOME) assunte il 17 magg 2024, quindi successivamente all’emissione dell’ordinanza impugnata.
Con riguardo al primo motivo, peraltro ribadito con l’ultimo, in tema d proporzionalità della misura, il Collegio ne evidenzia l’inammissibilità; la cens infatti, si sviluppa, per un verso, su argomenti di puro merito, non consenti sede di legittimità, e, per altro verso, su considerazioni astratte adeguatam superate dall’ordinanza, peraltro qui sindacabile – in punto di motivazion
soltanto nei limitati ambiti di cui all’art. 325 cod. proc. pen., ossia per man radicale o per . mera apparenza.
4.1. Sotto il primo profilo, il ricorso lamenta che la riduzione della misura sequestro compiuta dal Tribunale, con la restituzione delle partecipazio societarie della “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, sarebbe s teorica, attesa la totale riconducibilità delle due società – quanto a propr controllo – alla ricorrente “RAGIONE_SOCIALE“, mantenuta integralmente sequestro per quote sociali ed azienda; ebbene, questo argomento, di puro merito risulta palesemente estraneo al giudizio di legittimità, oltre a non confrontars la motivazione stesa al riguardo dal Tribunale, che ha adeguatamente indicato l ragioni per le quali le partecipazioni delle due citate società meritavano di e dissequestrate, ossia perché estranee alle contestazioni in esame.
4.2. Quanto, poi, al mantenimento in sequestro – per “RAGIONE_SOCIALE” – di tutte le quote sociali e dell’azienda, il Collegio osserva che la censura è in termini evidentemente ipotetici e dubitativi, dunque inammissibili (“Perché no si è pensato a sequestrare il ciclo dei rifiuti e gli scarichi fognari? C’era bisogno di questo tipo di misura adottata, tra l’altro, in un periodo di rila RAGIONE_SOCIALE, da poco rilevata da un’altra società?”). Ne confronto, ancora, con la motivazione resa dal Tribunale, tutt’altro che assent di mera apparenza, con la quale – proprio in punto di proporzionalità della misu – è stato confermato il sequestro in ragione delle fattispecie di reato risco quanto a fumus, tali da investire l’attività della clinica nel suo complesso e ne sua gestione e, dunque, evidentemente non circoscritte a singoli reparti o specif ambienti.
Con riguardo, poi, al secondo motivo di ricorso, in forza del quale l’atti ospedaliera non richiederebbe l’Autorizzazione unica ambientale, come da deliberazione del Consiglio Metropolitano di Reggio Calabria n. 119 del 1°/12/2022, in quanto i relativi scarichi sarebbero assimilabili a quelli domes il Collegio ne rileva la manifesta infondatezza.
5.1. La questione, infatti, non risulta essere stata sottoposta al Tribunal riesame (non si riscontra nella memoria difensiva depositata il 15/2/2024), n potendo essere avanzata, pertanto, per la prima volta innanzi alla Corte cassazione.
5.2. A conferma di ciò, peraltro, si evidenzia che il motivo di riesa riguardante proprio l’autorizzazione in oggetto conteneva un’impostazione de tutto differente, esplicativa – contrariamente a quanto sostenuto in questa se della necessità per “RAGIONE_SOCIALE” di munirsi dello stesso provvedimento In particolare, come si legge nella sintesi dei motivi (pag. 1), la difesa prodotto documentazione “funzionale a dimostrare l’impegno profuso dal dott.
COGNOME per ottenere l’AUA (…). A tal proposito, versava in atti le istanze presentate a partire dal 2019 relative a tale autorizzazione, evidenziando il susseguirsi di vicissitudini che ne impedivano di fatto l’acquisizione, reputando dimostrata la buona fede del dott. COGNOME che si era invece impegnato a regolarizzare tale aspetto nel corso della gestione della società, anche tramite l’acquisto di un depuratore”.
Non può essere accolto, di seguito, neppure il terzo motivo di ricorso, che contesta all’ordinanza genetica l’assenza di una autonoma valutazione degli elementi a fondamento della misura, che sarebbero stati integralmente copiati dalla richiesta di sequestro preventivo avanzata dal Pubblico Ministero.
6.1. In disparte la genericità della censura, che non indica neppure un passaggio dell’ordinanza del G.i.p. che sarebbe connotato da tale sovrapposizione di argomenti, il Collegio osserva che il Tribunale del riesame si è comunque espresso sul punto, ancora con motivazione priva di ogni apparenza: alla pag. 2 del provvedimento, infatti, si legge che il G.i.p. aveva fatto “espressamente proprio il vaglio” degli elementi a base della richiesta, da ritenere, dunque, evidentemente verificati ed analizzati.
Ancora infondato, poi, risulta anche il quarto motivo di ricorso, che contesta l’assenza di fumus nel reato in rubrica, evidenziando che il Tribunale non avrebbe considerato il tenore del d.P.R. n. 254 del 2003 e la conseguente liceità della pratica, corrente nella clinica sequestrata, di sversamento nella rete fognaria di escreti, sangue e sacche di drenaggio.
7.1. Il Tribunale del riesame, rispondendo alla medesima censura, ha ampiamente sottolineato che, dalle emergenze investigative (ben richiamate alla pag. 4), era emersa “la totale noncuranza del trattamento dei liquidi rinvenuti all’interno delle sacche che, a prescindere dalla loro natura (infetti o meno) e contaminazione con il sangue, venivano comunque riversati nel “vuotatoio”. Tanto che, a seguito del subentro dell’amministrazione giudiziaria, tale pratica era cessata, e le buste contenenti urine venivano mantenute piene ed inserite nei contenitori di rifiuti speciali, dunque senza operare il suddetto svuotamento.
7.2. Questa motivazione, , ben diversa da un argomento meramente apparente, è dunque fondata su un accertamento in fatto, non sindacabile dal Giudice di legittimità. Questa motivazione, ancora, risulta immune dalla censura proposta nel ricorso che, nuovamente, si fonda su una considerazione di puro merito non consentita in questa sede: si sostiene, infatti, che oggetto dello sversamento sarebbero stati escreti, sangue e contenuto di sacche di drenaggio, da ritenere lecito ex art. 6, comma 2, d.P.R. n. 254 del 2003, perché non avrebbe interessato pazienti con malattie infettive (dunque, trasmissibili con tali rifiuti), de quali non si sarebbero registrati casi. In senso contrario, peraltro, il Tribunale ha
sottolineato – come già richiamato – che era stata riscontrata una “totale noncuranza” nel trattamento dei vari liquidi contenuti nelle sacche, senza alcun riguardo per la loro natura e per l’eventuale carattere infetto, così che la tesi sostenuta con il ricorso risulta non meritevole di accoglimento.
Manifestamente infondato, poi, è il quinto motivo di ricorso, che censura sia la mancata verifica della buona fede del ricorrente, se non del suo corretto operato, sia l’assenza di motivazione quanto al fumus ed al periculum.
8.1. Con riguardo al primo profilo, occorre qui ribadire che, per costante indirizzo, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché esso emerga “ictu °culi” (tra le molte, Sez. 2, n. 18331 del 22/4/2016, COGNOME, Rv. 266896). Di tale evidenza, tuttavia, il ricorso non specifica indici eventualmente offerti al Giudice del riesame e non valutati, limitandosi a rivendicare – in termini generici e, ancora, di merito – il corretto operato del ricorrente o la sua buona fede.
8.2. Quanto, poi, alla dedotta assenza di motivazione circa il fumus delle contravvenzioni ascritte, questa risulta ben contraddetta dall’ordinanza impugnata, in termini tutt’altro che apparenti. Il Tribunale, infatti, ha adeguatamente riscontrato le condotte di cui agli artt. 137 e 256, d. Igs. n. 152 del 2006, evidenziandone i contenuti sulla base di numerose risultanze investigative (pagg. 3-5) che, peraltro, il ricorso neppure menziona, tantomeno contesta. Negli stessi termini, poi, si conclude quanto al periculum, la cui formula dichiarativa, solo apparentemente sintetica, deve essere letta in rapporto all’intero provvedimento cautelare, che ne costituisce la logica premessa in fatto.
Non può essere accolto, poi, neppure il sesto motivo di ricorso, secondo cui, in primo luogo, il Tribunale avrebbe integrato il provvedimento genetico con argomenti di un altro decreto di sequestro preventivo (del 1°/12/2023), non impugnato e, peraltro, mai richiamato nell’ordinanza genetica della presente vicenda cautelare. Il provvedimento impugnato, pronunciandosi sul fumus, si è infatti limitato ad affermare una circostanza di fatto non contestata, e cioè che il primo decreto aveva cristallizzato la contestazione relativa al deposito e all’abbandono incontrollato dei rifiuti, essendo risultato che “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE gestiva, in sistematica violazione di legge, i rifiuti pericolosi prodotti dalla struttur sanitaria, non distinti dai rifiuti destinati alla raccolta ordinaria”. Nessuna integrazione indebita dell’ordinanza genetica qui in esame (del 19/1/2024), dunque, ma solo una precisazione a sostegno del ravvisato fumus dei reati.
9.1. Quanto, poi, alla seconda parte del motivo, che eccepisce la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. per bis in idem (un decreto penale di condanna del 12/3/2024, in atti, emesso nei confronti del COGNOME per lo stesso fatto di cui al primo capo di imputazione del decreto del 19/1/2024), basti osservare che l’ordinanza in esame non può certo essere contestata, in questa sede, in forza di un provvedimento successivo.
Il settimo motivo, infine, deve essere rigettato in forza di tutti gli argomenti spesi quanto alla prima doglianza, alla luce dell’identico tenore delle questioni poste.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2024
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