Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26604 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE
avverso l ‘ ordinanza del 31/03/2025 del TRIB. LIBERTA ‘ di Salerno
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l ‘ annullamento con rinvio dell ‘ ordinanza impugnata.
Udito il difensore, avv. NOME COGNOME del foro di Lecce, in difesa di RAGIONE_SOCIALE in proprio ed in sostituzione dell ‘ avv. NOME COGNOME del foro di Lecce, che ha insistito per l ‘ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, ha proposto ricorso avverso l ‘ ordinanza del Tribunale di Salerno del 31 marzo 2025, che, in sede di rinvio, a seguito di annullamento da parte della Corte di Cassazione di precedente ordinanza dello stesso Tribunale, ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 15 febbraio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania.
1.1. La articolata vicenda cautelare oggetto dell ‘ ordinanza del Tribunale del riesame si è dipanata nel modo di seguito indicato.
Nell ‘ ambito di un ‘ indagine nei confronti degli amministratori di fatto e di diritto della RAGIONE_SOCIALE (esercente attività di consulenza e pianificazione aziendale e attività secondaria di costruzione di edifici residenziali e non residenziali), il G.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania disponeva il sequestro preventivo di una somma pari a 12.479.061,00 euro nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE ovvero, in caso di impossibilità, il sequestro preventivo per equivalente di beni immobili o mobili, azioni e titoli di credito, quote sociali ed eventuali depositi di somme su conti correnti e altri rapporti finanziari, di cui gli indagati abbiano la disponibilità per un valore corrispondente a quello della singola quota di profitto, in ordine ai reati di cui all ‘ art. 316 ter cod. pen., così riqualificata l ‘ originaria contestazione del Pubblico Ministero in termini di 640 bis cod. pen.
Il Tribunale di Salerno, ritenuti integrati il fumus del reato e il periculum in mora , rigettava la richiesta di riesame e dichiarava l ‘ incompetenza per territorio del G.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania, disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Con provvedimento del 29 dicembre 2023, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Roma riqualificava i medesimi fatti nel reato di cui all ‘ art. 8 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 e disponeva in via d ‘ urgenza il sequestro preventivo dei beni su indicati: la contestazione era relativa all ‘ emissione di fatture per lavorazioni mai eseguite e all ‘ emissione, attraverso il successivo inserimento del credito di imposta al portale dell ‘ Agenzia delle Entrate, di documenti aventi valore analogo alle fatture, in cui gli amministratori comparivano come cedenti di crediti fiscali non esistenti in materia edilizia. Il G.i.p. del Tribunale di Roma, con provvedimento del 5 febbraio 2024, convalidava il decreto di sequestro preventivo emesso in via d ‘ urgenza e disponeva il sequestro dei beni su indicati, dichiarando contestualmente la propria incompetenza territoriale in favore di quella del Tribunale di Vallo della Lucania.
Su richiesta del Pubblico Ministero, in data 15 febbraio 2024, il G.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania emetteva decreto di sequestro preventivo ai sensi degli artt. 321, commi 1, 2 e 3 bis , cod. proc. pen. e 12 bis d.lgs. 74/2000. Il Tribunale di Salerno, con una prima ordinanza, rigettava la richiesta di riesame, ritenendo integrato il fumus dei reati contestati e il periculum in mora sia con riferimento alla finalità impeditiva (art. 321, comma 1, cod. proc. pen.), sia con riferimento alla finalità anticipatoria della confisca (artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 12 bis d.lgs. n. 74/2000).
La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza del 19 novembre 2024, annullava con rinvio l ‘ ordinanza emessa dal Tribunale di Salerno con riferimento alla ritenuta esistenza del periculum in mora . In particolare, la Corte, muovendo dal principio secondo il quale l ‘ applicazione del sequestro preventivo postula come indefettibile presupposto la domanda del pubblico ministero, rilevava che l ‘ ordinanza impugnata non aveva chiarito quale fosse, nel caso di specie, l ‘ oggetto della domanda cautelare.
1.2. Il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, con l ‘ ordinanza oggi impugnata, ha osservato che il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Vallo della Lucania, nel descrivere il periculum in mora , lo aveva collegato alla concreta probabilità che il credito di imposta illecitamente generato potesse essere compensato o monetizzato, con conseguente grave pregiudizio della possibilità di recupero del profitto di reato e, allo stesso tempo, aveva richiamato integralmente sia il decreto del G.i.p. del Tribunale di Roma del 5 febbraio 2024, sia la prodromica richiesta del PM di Roma, in cui veniva menzionata la duplice esigenza del sequestro: impeditiva e ai fini di confisca.
Secondo il Tribunale di Salerno, la lettura congiunta della richiesta cautelare del PM presso il Tribunale di Roma, del decreto del sequestro del G.i.p. del Tribunale di Roma e della richiesta del PM del Tribunale di Vallo della Lucania consente di affermare che la richiesta di sequestro preventivo è stata formulata ai sensi dell ‘ art. 321, commi 1 e 2, cod. proc. pen.
Avverso l ‘ ordinanza del Tribunale del Riesame in sede di rinvio, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE a mezzo del difensore, formulando sette motivi.
2.1.Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed in specie degli artt. 291 e 292 cod. proc. pen. Secondo il difensore, il PM presso il Tribunale di Vallo della Lucania non avrebbe reso intellegibile il tipo di sequestro richiesto e non avrebbe esplicitato il periculum posto alla base della richiesta. Se è vero che, in caso di motivazione insufficiente del decreto, il Tribunale del Riesame può attivarsi per il suo completamento, tanto non può fare quando la problematica
investe la domanda cautelare che, essendo atto di parte, non potrà mai essere implementata dal giudice dell ‘ impugnazione, neanche facendo richiamo ai contenuti della richiesta cautelare di altra Procura della Repubblica. Il Tribunale del Riesame, dunque, ha violato il principio espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8388 del 22 gennaio 2009, secondo cui va esclusa la possibilità non solo che il giudice applichi d ‘ ufficio una misura cautelare in mancanza di domanda del pubblico ministero, ma anche che adotti una misura più grave di quella richiesta. Ne consegue che il provvedimento del G.i.p. è affetto da nullità di ordine generale, assoluta, insanabile e rilevabile d ‘ ufficio.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed in specie degli artt. 291 e 292 cod. proc. pen. con riferimento alla impossibilità di integrazione della domanda cautelare da parte del Tribunale del Riesame. L ‘ ordinanza impugnata, nell ‘ affermare che la richiesta del PM presso il Tribunale di Vallo della Lucania deve essere letta unitamente alla richiesta del PM presso il Tribunale di Roma e al decreto del G.i.p. del Tribunale di Roma come richiamati, non tiene conto che il provvedimento disposto ai sensi dell ‘ articolo 27 cod. proc. pen. e quello emesso dal giudice incompetente sono autonomi, sicché il primo non può essere definito di conferma e di reiterazione del secondo. La motivazione del decreto del G.i.p., che, come chiarito dalla Corte di legittimità nella sentenza rescindente, si presta ad una lettura non univoca, riporta pedissequamente la richiesta cautelare del Pubblico Ministero, sicché la stessa domanda è da considerare irrituale, giacché non indica se effettivamente sia stato richiesto un sequestro impeditivo, ovvero un sequestro finalizzato alla confisca.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge e la nullità dell ‘ ordinanza genetica stante la insussistenza della motivazione sul periculum in relazione al sequestro finalizzato alla confisca. Il G.i.p. ha valutato solo ed esclusivamente la domanda cautelare del sequestro a fini impeditivi, sicché il Tribunale del Riesame avrebbe dovuto rilevare l ‘ inesistenza della motivazione in relazione al sequestro a fini di confisca, e, dunque, l ‘ impossibilità della integrazione. Il G.i.p., inoltre, ha disposto il sequestro preventivo per equivalente, eseguito anche su crediti d ‘ imposta non relativi ai reati contestati, senza fornire alcuna motivazione sulle esigenze cautelari. La polizia giudiziaria, infatti, ha eseguito il sequestro in modo arbitrario, sottoponendo a vincolo crediti relativi a tutte le annualità, sino al valore complessivo presente sul cassetto fiscale, compresi crediti del tutto estranei al reato contestato, a fronte di un decreto che non chiariva la necessità di sottoporre quei crediti a sequestro preventivo anche per equivalente.
2.4. Con il quarto motivo, ha dedotto la violazione della legge e in particolare dell ‘ art. 325 cod. proc. pen. e la nullità del provvedimento genetico per difetto di autonoma valutazione in relazione al periculum del sequestro impeditivo.
La difesa aveva adito il Tribunale evidenziando l ‘ assenza di autonoma valutazione del provvedimento del G.i.p., che si era limitato ad un pedissequo richiamo ai contenuti della richiesta cautelare avanzata dalla Procura. Con un ‘ operazione di inversione dell ‘ onere di allegazione che incombe sull ‘ ufficio di procura, il giudice del riesame ha contrastato l ‘ eccezione difensiva, rilevando che il vincolo ha avuto ad oggetto il profitto illecito, così legittimando il sequestro indistinto di tutto ciò che era presente sul cassetto fiscale. Secondo la giurisprudenza di legittimità, per poter procedere al sequestro, è necessario verificare che nel cassetto fiscale della società indagata siano presenti crediti di imposta ricollegabili all’azione delittuosa , ripartiti nelle diverse annualità che sarebbero state detraibili, individuabili in base allo specifico codice tributo; il sequestro per equivalente sarà sì ammissibile, ma potrà avere ad oggetto altri crediti d ‘ imposta solo per l ‘ importo non più suscettibile di essere soddisfatto in via diretta. Nel caso in esame la Guardia di Finanza ha promiscuamente eseguito il sequestro sui crediti d ‘ imposta, senza verificare quali dei crediti generati fossero riferibili ai lavori edilizi mai eseguiti, e nel decreto di sequestro non vi è alcuna specificazione circa i crediti di imposta da sottoporre a sequestro impeditivo.
2.5. Con il quinto motivo, ha dedotto: la nullità dell ‘ ordinanza genetica per l ‘ insussistenza della motivazione sul periculum; la nullità dell ‘ ordinanza impugnata per uso illegittimo del potere integrativo della motivazione e insussistenza del periculum per il sequestro impeditivo e per il sequestro finalizzato alla confisca. Secondo il ricorrente, la motivazione del Tribunale con riguardo alle ragioni che rendono necessaria l ‘ anticipazione dell ‘ effetto ablatorio sarebbe illogica e in contrasto con l ‘ orientamento della Suprema Corte, secondo cui il riferimento all ‘ incapienza del patrimonio del soggetto colpito rispetto all ‘ entità del debito tributario -o comunque al valore sino al quale la confisca dovrebbe operare -non costituisce argomento idoneo a soddisfare l ‘ obbligo motivazionale di cui il giudice risulta gravato (Sez. 3, n. 31025 del 06/04/2023, COGNOME, Rv 285042). Il difensore sottolinea la solidità dell ‘ azienda ricorrente, che rivestiva il ruolo di general contractor (e perciò era priva di dipendenti) e che non era ‘ società fantasma ‘ , come comprovato dalle fotografie prodotte in atti relative ai lavori svolti.
2.6. Con il sesto motivo, ha dedotto la nullità dell ‘ ordinanza genetica stante l ‘ insussistenza della motivazione sul periculum del sequestro preventivo finalizzato alla confisca; totale omissione della valutazione di elementi a discarico e in particolare della sentenza Sez. 6, n. 41798 del 2024 emessa nello stesso
procedimento nei confronti della banca BCC Terra d ‘ Otranto. Il difensore rileva che con tale sentenza è stata annullata l ‘ ordinanza del Tribunale di Salerno che ha respinto la richiesta di riesame avanzata dalla BCC di Terra D ‘ Otranto avverso il medesimo provvedimento di sequestro emesso in sede di rinnovazione dal G.i.p. di Vallo della Lucania e sostiene che, anche alla luce di tale pronuncia, risulta acclarato il difetto di individuazione della natura del sequestro disposto dal G.i.p. (e, per i rilievi di cui supra , anche il difetto della richiesta cautelare integralmente riportata nel decreto di sequestro). In questa sentenza, infatti -osserva il difensore -la Suprema Corte ha specificato le ragioni per cui non risulta possibile il sequestro finalizzato alla confisca (anche per equivalente) dei crediti di imposta, a fronte della commissione dell ‘ illecito tributario di cui all ‘ art. 8 d.lgs. n. 74/2000, chiarendo che non possono essere sottoposti a sequestro preventivo i crediti di imposta, giacché non rappresentano il profitto del reato tributario di cui all ‘ art. 8 d.lgs. n. 74/2000.
2.7. Con il settimo motivo, ha dedotto la violazione di legge e la nullità del decreto genetico stante l ‘ insussistenza della motivazione sul periculum del sequestro finalizzato alla confisca, in ragione di quanto affermato nella sentenza Sez. 3 n. 47540/2024 emessa nello stesso procedimento nei confronti di NOME COGNOME. In essa, su ricorso di NOME COGNOMEall ‘ epoca dei fatti legale rappresentante della Business Management), si era affermata l ‘ inesistenza della motivazione del decreto di sequestro con riferimento alle ragioni della anticipazione del vincolo ai fini di confisca.
Nel corso della discussione, le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere, nel complesso, rigettato.
Al fine di meglio inquadrare le questioni sollevate con i motivi dedotti, è necessario soffermarsi sul percorso argomentativo adottato dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento e sull ‘ oggetto della verifica demandata al giudice del rinvio.
In primo luogo, occorre dare atto che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1547 del 19/11/2024, ha ritenuto infondati sia i primi tre motivi del ricorso, attinenti alla competenza per territorio, sia il quarto motivo (per la parte relativa al fumus ), sia il quinto e il sesto motivo, attinenti al merito della vicenda.
La Corte ha, invece, ritenuto fondati il quarto e il settimo motivo, attinenti all ‘ esistenza del periculum, per le ragioni indicate nel par. 8 , che si possono così riassumere:
(i) secondo il principio affermato da Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848-01, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all ‘ art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all ‘ art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del ‘ periculum in mora ‘ , da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l ‘ anticipazione dell ‘ effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ‘ ex lege ‘ . La concisa motivazione del ‘ periculum in mora ‘ deve essere rapportata alle ragioni che rendono necessaria l ‘ anticipazione dell ‘ effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, in assenza di previsioni di segno contrario, o alla natura fungibile del denaro;
(ii) l ‘ art. 309, comma 9, cod. proc. pen., stabilisce che, quando la motivazione del provvedimento ‘ genetico ‘ manca o non contiene l ‘ autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, il Tribunale del riesame non può emendare il vizio, ma deve senz ‘ altro annullare il provvedimento impugnato. Le disposizioni concernenti il potere di annullamento del Tribunale sono applicabili -in virtù del rinvio operato dall ‘ art. 324, comma settimo, cod. proc. pen. -anche alle misure cautelari reali in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il Tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa;
(iii) il potere-dovere del Tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nelle sole ipotesi di motivazione mancante sotto il profilo grafico, apparente o inesistente per inadeguatezza normativa;
(iv) nel caso in esame, quanto al periculum, il decreto di sequestro così motiva: « sussiste la concreta probabilità che il credito di imposta illecitamente generato possa essere compensato e/o monetizzato con conseguente grave pregiudizio della possibilità di recupero del profitto del reato che potrebbe essere facilmente occultato». Tale motivazione -si legge nella sentenza rescindente -deve ritenersi «insufficiente/carente, ma certamente non mancante sotto il profilo
grafico, apparente o inesistente»; pertanto, è integrabile dal tribunale del riesame;
(v) le ragioni del sequestro indicate nel provvedimento genetico sono più «acconce a quelle di un sequestro impeditivo decretato ai fini del primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen. che ai fini della confisca obbligatoria del profitto del reato ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e 321, secondo comma, cod. proc. pen.», non rinvenendosi alcun ulteriore passaggio motivazionale del decreto genetico che spieghi le ragioni della anticipata ablazione a carico della società ricorrente in funzione della successiva confisca;
(vi) l ‘ ordinanza del Tribunale del riesame, oggetto di impugnazione, si diffonde sulle ragioni della anticipazione del vincolo cautelare apposto sui beni destinati ad essere confiscati ai sensi dell ‘ art. 321, secondo comma, cod. proc. pen., nonché sulle concorrenti esigenze cautelari di cui all ‘ art. 321, primo comma, cod. proc. pen. adottando una motivazione che, oltre a non essere apparente, non è stata oggetto di specifica censura della parte ricorrente e non è comunque sindacabile;
(vii), anche se, ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen ., la finalità cautelare impeditiva e quella anticipatoria della confisca possono convergere sul medesimo bene, occorre, tuttavia, che entrambe le finalità siano indicate nella domanda del pubblico ministero, non potendo il giudice adottare un decreto di sequestro preventivo per soddisfare esigenze non richieste. Ne consegue che, se il pubblico ministero chiede il sequestro preventivo del bene confiscabile al solo fine di evitarne la dispersione, il giudice non può adottare il decreto per le finalità cautelari di cui al primo comma dell ‘ art. 321 cod. proc. pen.; viceversa, se il pubblico ministero chiede il sequestro preventivo del bene ai soli fini cautelari di cui all ‘ art. 321, comma 1, cod. proc. pen., il giudice non può adottare il decreto per le finalità anticipatorie della confisca di cui al secondo comma. In entrambi i casi, ciò determina l ‘ inesistenza della motivazione sull ‘ esigenza cautelare non perseguita (e non indicata) dal requirente e la conseguente impossibilità del giudice del riesame di integrarla.
Sulla base di tali premesse argomentative, la Corte ha demandato al Tribunale di Salerno, quale giudice del rinvio, la verifica di quale fosse l ‘ oggetto della domanda cautelare formulata dal Pubblico Ministero.
3. Così perimetrato l ‘ ambito del giudizio di rinvio, i primi due motivi del ricorso, da trattare unitariamente in quanto attinenti alla insussistenza della domanda cautelare e, dunque, all ‘ esito della verifica demandata dalla sentenza rescindente, sono infondati.
3.1. Il Tribunale del riesame ha rilevato che il PM del Tribunale di Vallo della Lucania, nel descrivere il periculum in mora , lo ha collegato alla « concreta probabilità che il credito di imposta illecitamente generato possa essere compensato e/o monetizzato con conseguente grave pregiudizio della possibilità di recupero del profitto del reato che potrebbe essere facilmente occultato» , ma ha anche richiamato integralmente il provvedimento applicativo della misura cautelare reale adottato dal G.i.p. del Tribunale di Roma e la prodromica richiesta del PM di Roma e, richiamandoli, ne ha fatto proprio il contenuto che è stato così trasfuso, per relationem , nella richiesta di sequestro. Entrambi tali provvedimenti -ha rilevato il Tribunale -invocano la duplice esigenza del sequestro: impeditiva e ai fini di confisca.
In particolare:
– nella richiesta del PM presso il Tribunale di Roma -formulata espressamente ex art. 321 comma 1, 2, 3 bis cod. proc. pen. e 12 bis d.lgs. n. 74/2000 come richiesta di sequestro preventivo in forma diretta e per equivalente -si afferma che « i crediti costituiscono non solo il corpo del reato, sub specie di prodotto dello stesso, ma sono altresì intrinsecamente illeciti e suscettibili di confisca obbligatoria, sicché il vincolo del sequestro è finalizzato a scongiurare l ‘ ipotesi che il dissequestro possa dare avvio a negoziazione/transazioni illecite» e si afferma altresì che « sussistono i presupposti per l ‘ adozione di un provvedimento cautelare reale al fine di impedire la prosecuzione delle condotte illecite ed evitare l ‘ aggravamento delle relative conseguenze» ;
– nel decreto del G.i.p. del Tribunale di Roma, a proposito del periculum in relazione alla richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, si afferma « la necessità di una misura cautelare reale volta ad impedire la dispersione delle somme che costituiscono il profitto del reato» e si afferma, altresì, che « i crediti artatamente realizzati costituiscono non solo corpo del reato, sub specie di prodotto dello stesso, ma sono altresì intrinsecamente illeciti e suscettibili di confisca obbligatoria» ; in relazione alla richiesta di sequestro preventivo per equivalente, si afferma sussistere « il periculum in mora anche con riferimento a eventuali altri beni nella disponibilità degli indagati e sottoponibili a sequestro per equivalente, attesa la possibilità che possano essere alienati» .
La lettura congiunta della richiesta del PM presso il Tribunale di Roma, del decreto del G.i.p del Tribunale di Roma e della richiesta del PM presso il Tribunale di Vallo della Lucania -prosegue l ‘ ordinanza impugnata -consente di affermare che la domanda cautelare è stata formulata ai sensi dell ‘ art. 321, commi 1 e 2, cod. proc. pen. e che, pertanto, la motivazione del decreto del G.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania, ritenuta dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza
rescindente come insufficiente ma non mancante, è integrabile sotto entrambi i profili del sequestro a fini impeditivi e del sequestro a fini di confisca.
3.2. Il percorso argomentativo adottato dal Tribunale appare esente da censure.
L’assunto del Tribunale, secondo il quale il contenuto della richiesta di emissione del decreto di sequestro preventivo formulata dal PM di Vallo della Lucania deve essere integrato dal contenuto della richiesta formulata dal PM di Roma e dal contenuto del decreto adottato dal G.i.p. dichiaratosi territorialmente incompetente è coerente col tenore letterale della richiesta. La doglianza della parte ricorrente, secondo la quale tale richiamo non potrebbe valere a supplire il difetto della domanda cautelare contrasta con i principi generali che ritengono ammissibile la motivazione per relationem dei provvedimenti giudiziari. Questa Corte di legittimità, infatti, ha da tempo precisato che la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all ‘ esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l ‘ atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall ‘ interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l ‘ esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell ‘ organo della valutazione dell ‘ impugnazione (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664). Si è anche affermato, proprio in relazione alla materia cautelare, che la motivazione per relationem non dà luogo ad un provvedimento complesso, risultante cioè da più provvedimenti nello stesso convergenti, ma ad un documento unitario, semplificato nella sua veste grafica in quanto per la lettura di alcune parti della motivazione si rinvia ad altro documento di comune conoscenza (Sez. 3, n. 26483 del 05/04/2022, COGNOME Rv. 283394 -01 in motivazione) e che è legittima la motivazione ‘ per relationem ‘ dell ‘ ordinanza applicativa della misura cautelare disposta dal giudice competente ai sensi dell ‘ art. 27 cod. proc. pen., a condizione che non sia mutata la contestazione in diritto o la rappresentazione degli elementi di fatto nella richiesta del pubblico ministero (Sez. 6, n. 56455 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 274779 -01; Sez. 2, n. 11460 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 266557 -01; Sez. 2, n. 6358 del 28/01/201, Evangelista Rv. 262576 – 01).
Se questo è vero per i provvedimenti adottati da un organo giudicante, lo è, a maggior ragione, con riferimento a una richiesta di sequestro preventivo rivolta a un giudice che ha completa disponibilità di tutti gli atti richiamati.
La parte ricorrente, in sede di discussione, ha anche introdotto un argomento parzialmente differente rispetto al tenore della censura in esame, sostenendo che il richiamo alla richiesta di sequestro e al decreto di sequestro già intervenuti compiuto dal PM di Vallo della Lucania nella domanda cautelare sarebbe stato operato solo ai fini della indicazione degli elementi da cui desumere i gravi indizi di colpevolezza (il fumus del reato contestato), e non anche ai fini degli elementi da cui desumere le esigenze cautelari (il periculum ).
L’interpretazione proposta dal ricorrente confligge dal punto di vista letterale, prima ancora che dal punto di vista logico, col tenore complessivo della richiesta di sequestro che è formulata nei seguenti termini: « richiamata integralmente l’ordinanza applicativa della misura cautelare e la prodromica richiesta del PM, provvedimenti dai quali si desumono gravi indizi di colpevolezza a carico dei prevenuti in ordine ai delitti in contestazione, come evincibili dalla documentazione allegata; ritenuto che le esigenze cautelari rappresentate nel titolo cautelare devono effettivamente ritenersi sussistenti ». Com’è evidente, infatti, il PM presso il Tribunale di Vallo della Lucania ha fatto riferimento al precedente decreto di sequestro (‘ il titolo cautelare ‘ in atti) anche per l’indicazione delle esigenze cautelari.
Affermata la legittimità del richiamo, contenuto nella domanda cautelare, alla richiesta del PM presso il Tribunale di Roma e al decreto del G.i.p. del Tribunale di Roma (intervenuti nello stesso procedimento) e, per l’effetto, appurato che detta domanda aveva ad oggetto entrambi i sequestri (sia quello con finalità impeditiva, sia quello con finalità anticipatoria della confisca), si deve concludere che, a differenza di quanto sostenuto dalla parte ricorrente, nel disporre il sequestro con riferimento ad entrambe le finalità, il G.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania non è andato ultra petita. Sono pertanto infondati i motivi con i quali il ricorrente si duole che ciò sia avvenuto .
Inconferente è, infine, il rilievo per cui il provvedimento disposto ex art. 27 cod. proc. pen. e quello emesso dal giudice incompetente sono autonomi, non potendo il primo essere definito di conferma o di reiterazione del secondo. Nel caso in esame, infatti, è il richiamo effettuato nella domanda cautelare alla precedente richiesta di sequestro e al correlato decreto emesso dal giudice dichiaratosi incompetente a riempire di contenuto la richiesta stessa, ai fini della individuazione del tipo di sequestro richiesto.
4. Il terzo motivo, con cui si lamenta la mancanza della motivazione nel decreto genetico in ordine al periculum del sequestro finalizzato alla confisca e la conseguente impossibilità del Tribunale del riesame di adottare la motivazione mancante, è inammissibile.
Si deve premettere che, a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato, ex art. 627, comma 3, cod. proc. pen. ai principi e alle questioni di diritto decise con la sentenza di annullamento.
Come osservato nell’ordinanza impugnata, i l tema della inesistenza della motivazione del decreto di sequestro e, dunque, della sua integrabilità da parte del Tribunale del riesame (devoluto con il ricorso originario), è stato già affrontato nella sentenza di annullamento. Come si è chiarito, infatti, la sentenza rescindente ha dato atto: che la motivazione contenuta nel decreto di sequestro a proposito del periculum è insufficiente/carente, ma non inesistente e, dunque, integrabile dal Tribunale del riesame (par. 8.6.); che tale motivazione, sia pure di lettura non univoca, si attaglia maggiormente al sequestro impeditivo che a quello di confisca (par.8.7) e, dunque, seppure insufficiente, vale, comunque, per entrambe le finalità che possono sorreggere il titolo cautelare; che la motivazione del Tribunale, integrativa di quella del G.i.p., deve ritenersi «tutt ‘ altro che apparente» (par.8.11) ed è relativa sia alla finalità anticipatoria della confisca, sia alla finalità impeditiva, indicando ragioni non sindacabili in sede di legittimità (par. 8.11 e 8.13).
Il motivo di ricorso sottolinea il passaggio argomentativo della sentenza rescindente in cui si afferma « non vi è alcun passaggio motivazionale del decreto genetico che spieghi le ragioni della anticipata ablazione a carico della società ricorrente in funzione della successiva confisca» ( par. 8.8) e ne deduce che, secondo la sentenza di annullamento, il decreto genetico non aveva motivato in ordine alla finalità anticipatoria della confisca del sequestro. L ‘ interpretazione cosi fornita, tuttavia, non tiene conto del complessivo tessuto argomentativo della sentenza rescindente in cui si dà atto che la motivazione del decreto genetico era sì carente, ma poteva attagliarsi, in ultima analisi, ad entrambi i tipi di sequestro: la Corte, infatti, non ha affermato che la insufficiente motivazione fornita poteva riferirsi solo al sequestro impeditivo, bensì che valeva maggiormente per il sequestro impeditivo, con ciò necessariamente sottintendendo che, sia pure in misura minore, era coerente anche rispetto a quello anticipatorio. In altri termini, come l’ordinanza impugnata ha sottolineato, con il passaggio argomentativo richiamato dalla parte ricorrente, la Corte ha voluto affermare che nel decreto non erano state indicate motivazioni ulteriori, rispetto a quelle riportate: motivazioni che sono state valutate insufficienti, ma ‘non apparenti’ e dunque int egrabili dal Tribunale.
Coerentemente con tale assunto, d ‘ altronde, la stessa Corte di Cassazione ha valutato come non sindacabile nel contenuto la motivazione adottata dal Tribunale del riesame -integrativa rispetto ad entrambe le finalità -e ha demandato al giudice del rinvio la sola verifica del contenuto della richiesta del Pubblico Ministero, sul presupposto che l ‘ assenza della domanda (ai fini impeditivi di cui all ‘ art. 321,comma 1 cod. proc. pen., ovvero ai fini anticipatori della confisca di cui all ‘ art. 321 comma 2 cod. proc. pen.) determina l ‘ inesistenza della motivazione sull ‘ esigenza cautelare perseguita (par. 8.16), secondo i principi espressi da Sez. 6 n. 9756 del 30/10/2015, De Vizia, Rv. 259112-01.
5. Il quarto motivo, con cui si censura l ‘ apposizione del vincolo sui crediti d ‘ imposta presenti nel cassetto fiscale, senza verificare quali dei crediti generati fossero riferibili ai lavori edilizi mai eseguiti, in assenza di indicazione nel decreto di sequestro circa i crediti di imposta da sottoporre a sequestro impeditivo, è inammissibile.
Si osserva che si tratta di censura sovrapponibile a quella già formulata con il quinto motivo del ricorso avverso la prima ordinanza del Tribunale del Riesame, già ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione nella sentenza rescindente.
Invero, con il quinto motivo del ricorso originario, la parte ricorrente aveva dedotto l ‘ omessa motivazione in ordine alla effettività delle prestazioni fatturate e, dunque, in ultima analisi al carattere di ‘ società fantasma ‘ della RAGIONE_SOCIALE. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la censura rilevando: da un lato, che il ricorso avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322 bis e 324 cod. proc. pen. è ammesso solo per violazione di legge; dall ‘ altro, che la motivazione adottata dall ‘ ordinanza del Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza indiziaria dei reati, pur a fronte delle allegazioni difensive, era lineare e fondata su dati di fatto, debitamente indicati, di cui non era stata dedotta l ‘ inesistenza (par. 5.9 e 5.10).
Il motivo di ricorso proposto in questa sede ricalca, nella sostanza la stessa censura, sia pure sotto il profilo dell ‘ apposizione del vincolo su tutti i crediti di imposta presenti nel cassetto fiscale, senza distinzione fra quelli collegati ai reati contestati e quelli aventi natura lecita, a cui la Corte ha già risposto nei termini anzidetti, sottolineando la non sindacabilità della motivazione in ordine alla attribuzione alla RAGIONE_SOCIALE della natura di ‘società fantasma’.
6. Il quinto, il sesto e il settimo motivo, attinenti al merito della motivazione integrativa adottata dal Tribunale del riesame, sono inammissibili per plurime ragioni. In primo luogo, si ricorda che avverso il provvedimento impugnato, il ricorso per cassazione è esperibile nei ristretti limiti indicati dall ‘ art. 325 cod. proc.
pen., a tenore del quale «Contro le ordinanze emesse a norma degli artt. 322 bis e 324, il pubblico ministero, l ‘ imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge». In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che nel concetto di violazione di legge non possono essere ricompresi la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste dall ‘ art. 606, lett. e ), quali motivi di ricorso distinti e autonomi dalla inosservanza o erronea applicazione di legge (lett. b ) o dalla inosservanza di norme processuali (lett. c ) . Pertanto, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma del citato art. 325, comma 1, rientrano sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l ‘ apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l ‘ itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692), ma non l ‘ illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all ‘ art. 606 co. 1, lett. e ), c.p.p. ( ex multis : Sez. 6 n. 7472 del 21/1/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916).
Proprio sulla scorta di tale principio già la sentenza rescindente ha chiarito che la motivazione integrativa adottata dal Tribunale del Riesame rispetto alla duplice finalità del sequestro, ripresa negli stessi termini anche nell ‘ ordinanza del giudice del rinvio impugnata in questa sede, seppure succinta, non è sindacabile in sede di legittimità.
Il profilo del contenuto della motivazione -non censurato, peraltro, in sede di ricorso contro la prima ordinanza del Tribunale -non può, dunque, essere riproposto in questa sede.
Infine si osserva che la sentenza n. 47540/2024 emessa dalla Terza Sezione della Corte di Cassazione di annullamento senza rinvio dell ‘ ordinanza del Tribunale del riesame e del decreto di sequestro del G.I.P. del Tribunale di Vallo della Lucania, richiamata nel settimo motivo, verte su questione differente rispetto a quella oggetto del presente procedimento: in tale ultima sentenza, infatti, la Corte ha rilevato l ‘ inesistenza di alcun passaggio motivazionale nella ordinanza del Tribunale di Salerno che spieghi le ragioni di un sequestro finalizzato alla confisca del profitto, eseguito per equivalente ai danni del legale rappresentante dell ‘ ente.
7. Al rigetto del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deciso il 10 luglio 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME