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Sequestro preventivo: la Cassazione e il periculum

Un imprenditore contesta un sequestro preventivo per frode IVA, negando il ‘periculum in mora’. La Cassazione conferma il sequestro, ritenendo sufficienti a provarlo sia l’entità del profitto illecito (€58.834,86) sia la condotta passata dell’indagato, e dichiara il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Reati Tributari: Quando il Rischio di Dispersione Giustifica la Misura Cautelare

Il sequestro preventivo è uno strumento cruciale nel contrasto ai reati economici, in particolare quelli di natura tributaria. Esso mira a congelare i beni dell’indagato per garantire che, in caso di condanna, lo Stato possa recuperare il profitto illecito. Ma quali sono i presupposti per la sua applicazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla valutazione del cosiddetto periculum in mora, ovvero il rischio che i beni vengano dispersi. Analizziamo il caso di un imprenditore accusato di frode fiscale e la decisione dei giudici supremi.

I Fatti del Caso

Un imprenditore individuale veniva indagato per il reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, ovvero l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Secondo l’accusa, per gli anni d’imposta 2020, 2021 e 2022, l’imprenditore aveva inserito nelle dichiarazioni IVA elementi passivi fittizi per evadere l’imposta per un importo totale di circa 58.834 euro. Di conseguenza, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, di beni fino a tale cifra.

L’imprenditore presentava ricorso al Tribunale del Riesame, sostenendo l’insussistenza del periculum in mora. La difesa produceva documentazione per dimostrare una situazione reddituale migliore di quella prospettata dall’accusa, la regolarità nei pagamenti IVA e un bilancio in crescita, argomentando che non vi fosse alcun rischio concreto di dispersione del patrimonio. Il Tribunale del Riesame, tuttavia, respingeva il ricorso, confermando la misura cautelare. L’imprenditore decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la validità del sequestro preventivo. I giudici supremi hanno ribadito che il ricorso in Cassazione contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali è consentito solo per violazione di legge e non per contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito. Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale del Riesame è stata ritenuta logica, coerente e giuridicamente corretta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione su alcuni principi cardine in materia di sequestro preventivo.

La Prova del Periculum in Mora

Il punto centrale della sentenza riguarda la dimostrazione del periculum in mora. La Cassazione chiarisce che tale rischio non deve essere provato con certezza assoluta, ma può essere desunto da una serie di elementi, sia oggettivi che soggettivi, che sono tra loro alternativi.

* Elementi oggettivi: Riguardano la consistenza quantitativa del profitto (nel caso di specie, oltre 58.000 euro) e la natura dei beni. Il denaro, essendo un bene fungibile e facilmente occultabile, comporta un rischio di dispersione intrinseco. Lo stesso vale per un patrimonio limitato a un unico immobile di valore simile al profitto del reato.
* Elementi soggettivi: Si basano sul comportamento dell’indagato. Pregresse inadempienze fiscali e la stessa natura fraudolenta della condotta contestata sono indici sufficienti a far temere che l’indagato possa compiere atti per sottrarre i propri beni alla garanzia dello Stato.

Nel caso esaminato, il Tribunale aveva correttamente valorizzato sia l’entità del profitto sia la condotta dell’imprenditore, protrattasi per più anni, ritenendoli sufficienti a giustificare la misura cautelare.

I Limiti del Ricorso in Cassazione

Un altro aspetto fondamentale è la natura del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito; non può rivalutare le prove o sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici delle fasi precedenti. Il ricorso è ammesso solo per violazione di legge, che include anche i vizi della motivazione talmente gravi (mancanza, manifesta illogicità, contraddittorietà) da renderla incomprensibile. Il tentativo della difesa di offrire una diversa lettura dei documenti finanziari è stato quindi considerato un tentativo inammissibile di rivalutazione del merito.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: per legittimare un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, la motivazione sul periculum in mora è necessaria ma non richiede prove schiaccianti. È sufficiente che il giudice illustri, con un ragionamento logico e basato su elementi concreti (oggettivi o soggettivi), il rischio che i beni possano essere dispersi prima della fine del processo. Questa pronuncia conferma la forza dello strumento del sequestro come mezzo essenziale per assicurare l’effettività della sanzione penale nei reati tributari, bilanciando le esigenze di tutela dell’erario con i diritti patrimoniali dell’indagato.

Per applicare un sequestro preventivo per reati tributari, è sempre necessario provare che l’indagato sta attivamente nascondendo i suoi beni?
No, non è necessario. La Corte di Cassazione ha chiarito che il periculum in mora (il rischio di dispersione dei beni) può essere desunto sia da elementi oggettivi (come l’elevata entità del profitto del reato o la natura dei beni, come il denaro, che è facilmente occultabile) sia da elementi soggettivi (come la condotta passata dell’indagato). Questi elementi sono alternativi tra loro.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione del giudice sul rischio di dispersione dei beni (periculum in mora)?
No, non direttamente. Il ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro è ammesso solo per “violazione di legge”. Non si può contestare l’apprezzamento dei fatti o la logicità della motivazione, a meno che questa non sia totalmente assente o palesemente illogica, tanto da equivalere a una violazione di legge.

Quali elementi considera il giudice per giustificare il sequestro preventivo in un caso di frode fiscale?
Il giudice valuta la sussistenza del fumus commissi delicti (la probabilità che il reato sia stato commesso) e del periculum in mora. Per quest’ultimo, come specificato nella sentenza, si considerano le condizioni economiche dell’indagato, il suo patrimonio (ad esempio, la presenza di un unico immobile di valore simile al profitto del reato), pregresse inadempienze fiscali, e la natura dei beni (denaro facilmente disperdibile) per evitare che vengano sottratti alla futura confisca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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