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Sequestro preventivo: la Cassazione conferma la misura

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per truffa ai danni dello Stato. La sentenza ribadisce che, per l’applicazione della misura cautelare reale, non è necessaria una completa formulazione dell’imputazione, essendo sufficiente la sussistenza del ‘fumus commissi delicti’, ovvero la concreta configurabilità di un reato. Il ricorso è stato giudicato aspecifico perché non si confrontava con le motivazioni del provvedimento impugnato.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Truffa: la Cassazione chiarisce i presupposti

Il sequestro preventivo è uno strumento cruciale nelle indagini per reati economici, finalizzato a bloccare i profitti illeciti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 15143/2024) offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per la sua applicazione, in particolare nel contesto di presunte truffe ai danni dello Stato, e sui limiti del ricorso contro tali misure. Analizziamo insieme i fatti e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine avviata a seguito di denunce presentate dal direttore di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL). Le denunce segnalavano pagamenti sospetti per prestazioni sanitarie mai autorizzate né eseguite, per un valore di diversi milioni di euro. Le investigazioni hanno fatto emergere un sistema fraudolento basato sull’emissione di mandati di pagamento illeciti da parte di dipendenti infedeli dell’ASL.

Tra i beneficiari di questi pagamenti figurava una società operante nel settore delle analisi cliniche, il cui legale rappresentante aveva ricevuto una somma di oltre 192.000 euro in assenza di qualsiasi documentazione giustificativa. Di conseguenza, il Tribunale ha emesso un decreto di sequestro preventivo per un importo corrispondente, ritenendo sussistente il fumus commissi delicti del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato.

L’indagato ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, che ha però confermato il sequestro. Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione.

Il Ricorso e i principi sul sequestro preventivo

Nel suo ricorso, l’indagato lamentava principalmente due vizi:

1. Violazione di legge: per la nullità del decreto a causa dell’assenza di una formale e completa imputazione preliminare.
2. Vizio di motivazione: per la presunta mancanza di argomentazioni sulla natura degli artifizi e raggiri e sul suo consapevole concorso nel reato.

La difesa sosteneva, in sostanza, che la vicenda si sarebbe dovuta risolvere sul piano civilistico come un mero pagamento indebito, e non su quello penale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato e aspecifico. Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere la logica che governa il sequestro preventivo.

Innanzitutto, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: ai fini dell’emissione di un sequestro preventivo, non è necessaria una completa formulazione del capo di imputazione, come invece richiesto per il rinvio a giudizio. Nella fase delle indagini preliminari, è sufficiente che emerga la sussistenza di un reato in concreto, il cosiddetto fumus commissi delicti.

Il Tribunale del Riesame, secondo la Corte, ha correttamente adempiuto al proprio dovere di verifica. Non si è limitato a una valutazione astratta della configurabilità del reato, ma ha analizzato le risultanze processuali concrete. In particolare, ha evidenziato:

* L’individuazione di due specifici mandati di pagamento emessi a favore della società del ricorrente.
* La creazione di tali mandati da parte di un dipendente ASL e l’esecuzione da parte di un altro, entrambi coinvolti in numerose altre vicende analoghe.
* L’assenza totale di documenti giustificativi che attestassero le prestazioni sanitarie pagate.
* Una relazione dei nuovi dirigenti ASL che confermava l’irregolarità e l’assenza di pezze d’appoggio.

La Corte ha inoltre sottolineato che il ricorso dell’indagato era aspecifico perché non si confrontava con questi elementi puntuali. La difesa si è limitata a negare l’esistenza di un reato, proponendo una qualificazione alternativa (pagamento indebito), senza però contestare nel merito le prove addotte dall’accusa e valorizzate dal Tribunale. Un ricorso, per essere ammissibile, deve correlare le proprie ragioni a quelle della decisione impugnata, e non può ignorarle.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza alcuni principi cardine della procedura penale in materia di misure cautelari reali. In primo luogo, il livello di prova richiesto per un sequestro preventivo è la ‘serietà’ degli indizi che delineano la configurabilità di un reato, un presupposto meno stringente rispetto ai ‘gravi indizi di colpevolezza’ necessari per le misure cautelari personali. In secondo luogo, il ricorso per cassazione contro tali provvedimenti è ammesso solo per violazione di legge, inclusi i vizi di motivazione talmente gravi da renderla inesistente o meramente apparente. Un ricorso che si limita a riproporre genericamente la propria tesi difensiva, senza un confronto critico e puntuale con le argomentazioni del giudice, è destinato all’inammissibilità.

È necessaria una formulazione completa del capo di imputazione per disporre un sequestro preventivo?
No, la sentenza chiarisce che il decreto di sequestro preventivo può essere emesso anche in difetto della completa formulazione di un capo di imputazione, non essendo prevista nella fase delle indagini preliminari. È sufficiente l’esplicitazione della sussistenza di un reato in concreto.

Qual è il livello di prova richiesto per un sequestro preventivo?
Non occorre un compendio indiziario che si configuri come ‘grave’ ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen. (come per le misure personali). È invece imprescindibile la verifica puntuale e concreta degli elementi in base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto la ‘serietà’ degli indizi è presupposto per l’applicazione delle misure cautelari reali.

Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità. La difesa non si è confrontata con gli specifici elementi posti a fondamento della motivazione dell’ordinanza impugnata (come l’assenza di documenti giustificativi e il coinvolgimento di dipendenti infedeli), limitandosi a sostenere genericamente che si trattasse di un mero pagamento indebito rilevante solo sul piano civilistico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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