Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 919 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 919 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Tropea il 23/06/1982, avverso l’ordinanza del 11/05/2023 del Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari reali, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 23 marzo 2023, avente ad oggetto la somma di danaro di euro 92.300,00.
Il ricorrente è indagato per i reati di estorsione ed illecita concorrenza, aggravat dall’uso del metodo mafioso, nonché per i reati di porto e detenzione in luogo pubblico di arma comune da sparo.
Il sequestro è stato disposto per finalità preventive ma anche in quanto finalizzato alla confisca prevista dall’art. 240-bis cod.pen. e quale profitto dei reati estorsione e illecita concorrenza.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo, con unico ed articolato motivo, violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza del fumus commissi delicti e per non avere il Tribunale motivato in ordine alla esigenza cautelare di tipo preventivo sottesa al sequestro, anche tenuto conto del fatto che le condotte contestate al ricorrente risalgono al 2018 a fronte del sequestro intervenuto nel 2023, con consequenziale mancanza di ragionevolezza temporale tra l’acquisizione dei beni e la commissione dei reati.
Il ricorrente rileva, preliminarmente, che la Corte di cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, sicché sarebbe stata effettuata una valutazione che si rivelerebbe decisiva anche nella attuale sede in quanto idonea ad escludere la sussistenza del fumus commissi delicti.
Il Tribunale, in ogni caso, non avrebbe tenuto conto dell’attività lavorativa e de redditi leciti del ricorrente, siccome documentati per gli anni 2020-2022, nonché delle donazioni ricevute da una zia che aveva venduto due immobili.
Ancora, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del ridimensionamento delle accuse scaturente dalle dichiarazioni della persona offesa dal reato di illecita concorrenza, COGNOME NOME, assunte in sede di investigazioni difensive e che il Tribunale avrebbe travisato.
Non vi sarebbero i presupposti per il sequestro finalizzato alla confisca ai sensi dell’art. 240-bis cod.pen. e, comunque, tal tipo di misura non era stata evidenziata nel provvedimento genetico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.Deve premettersi che, secondo l’art. 325, comma 1, cod.proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici del motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (tra le tante
sez.5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, COGNOME).
La più autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez.U. n.25932 del 2008, COGNOME.
2.Quanto all’astratta configurabilità dei reati, il Tribunale ha fatto riferimento a dichiarazioni delle persone offese dai reati di estorsione e di illecita concorrenza, entrambi produttivi di ricchezza.
Va precisato che la sentenza resa in sede cautelare dalla Corte di cassazione in data 7 giugno 2023, con la quale è stata annullata senza rinvio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti del ricorrente, non risulta aver scalfito la gravità indiziaria del reato di estorsione di cui al capo U, essendos limitata ad escludere solo la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen..
Fatta questa precisazione, la misura reale è stata disposta anche ai fini di confisca ritenendosi la somma in sequestro quale profitto del reato di estorsione di cui al capo U ed ex art. 240-bis cod.pen., sempre in relazione a tale reato con riguardo al quale l’odierno ricorso non contiene motivi di censura.
Il ricorrente si duole, invece, del travisamento delle dichiarazioni della persona offesa dal secondo reato (illecita concorrenza), da costei rese in sede di indagini difensive.
Tal vizio non è deducibile in questa sede ed il Tribunale, a tal proposito, non è incorso in difetto assoluto di motivazione o in motivazione apparente, ma ha argomentato in ordine alla necessità che tali dichiarazioni fossero adeguatamente vagliate in altra sede atteso il rischio che la persona offesa potesse essere stata indotta per paura a mitigare il racconto primigenio a carico dell’imputato.
3. In ordine alla sussistenza del peri culum in mora, il Tribunale ha correttamente ritenuto che la misura fosse stata disposta anche ai fini della confisca quale profitto del reato di estorsione ed anche ai sensi dell’art. 240-bis cod.pen., tanto ricavandosi dal provvedimento genetico.
Ne consegue che tutte le deduzioni del ricorrente inerenti alle finalità preventive del sequestro sono eccentriche.
A proposito dei requisiti della confisca allargata, il Tribunale ha argomentato in ordine alla situazione reddituale del ricorrente, ritenendola non proporzionata alla somma rinvenuta nella sua disponibilità.
Le contrarie deduzioni contenute nel ricorso a questo proposito, attaccano la consistenza della motivazione e non possono trovare ingresso in questa sede.
Quanto al criterio della ragionevolezza temporale, il Tribunale, sia pure sinteticamente, non ha ritenuto che vi fosse una eccessiva distanza tra i fatti commessi e l’epoca in cui il denaro è stato ritrovato al ricorrente.
Infine, il Tribunale ha correttamente motivato anche in ordine alla concretezza ed attualità dell’esigenza cautelare, facendo riferimento alla particolare natura volatile del denaro quale bene in sequestro, con la sua immanente facilità di dispersione, circostanze idonee a rendere necessaria la cautela reale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 28.11.2023.