Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2847 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2847 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BERGAMO il 11/11/1972
avverso l’ordinanza del 03/06/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Monza Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la reiezione del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza descritta in epigrafe il Tribunale di Monza ha rigettato il riesame interposto da NOME COGNOME avverso il sequestro ex ad 321, comma 1, cod. proc. pen. disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza sul presupposto degli indizi ascritti all’indagato con riguardo al concorso in una ipotesi di corruzione propria (capo 10); sequestro caduto sull’intero capitale sociale e sul relativo patrimonio aziendale di una società di capitali (la RAGIONE_SOCIALE) ritenuta integralmente riferibile all’indagato oltre che strumentalmente asservita alla realizzazione della condotta illecita allo stesso contestata.
Propone ricorso la difesa dell’indagato, adducendo, con una unica censura, violazione di legge quanto alla sussistenza del periculum legittimante l’intervento
cautelare oltre che in relazione alla proporzionalità del sequestro adottato, caduto su tutte le quote della società RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale avrebbe ritenuto la condotta del COGNOME non isolata, facendo leva, tuttavia, su emergenze indiziarie attestanti il complessivo sistema illecito che ruotava intorno alla figura del COGNOME, soggetto protagonista di diverse ipotesi di corruzione disvelate dalle indagini, che tuttavia non vedevano altrimenti complice o corresponsabile il ricorrente.
In definitiva, il sistema illecito riscontrato, seppur coinvolgente diversi imprenditori della zona, non poteva essere valorizzato processualmente a sostegno di una condotta che rimaneva occasionale, anche con riguardo allo strumentale utilizzo della società riferibile al ricorrente nel portare ad esecuzione l’accordo corruttivo raggiunto con il Colombo, di contro integralmente sottoposta al vincolo.
Del resto, ad avviso della difesa, sarebbe anche apodittica l’affermazione secondo cui lasciare in capo ai familiari del COGNOME, formali intestatari delle quote sequestrate, la libera disponibilità delle stesse, sarebbe “pericolosa” perché, nell’interesse del ricorrente, essi potrebbero compiere operazioni straordinarie potenzialmente integranti illeciti, anche al solo scopo di occultare reati commessi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento per le ragioni precisate di seguito.
2.Sono fondate le doglianze dirette a contestare la ritenuta sussistenza del periculum fondante la misura preventiva adottata nella specie.
2.1. Va premesso che non è in contestazione la circostanza che la corruzione nel caso ascritta al ricorrente è stata retribuita dal suddetto con somme versate dalla RAGIONE_SOCIALE (le cui quote, sostanzialmente riferibili a Roncalli senza che il ricorso nulla obietti s punto, risultano integralmente soggette a sequestro) ad altra società (la RAGIONE_SOCIALE) sostanzialmente riferibile al corrotto, la quale ultima ebbe ad emettere, dunque, fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti.
2.2. Ciò premesso, osserva il Collegio che, in disparte la conducenza logica del riferimento ai rilevanti flussi finanziari che hanno connotato nel tempo l’azione imprenditoriale della suddetta società facente capo al ricorrente – ininfluente sul tema i discussione-, il Tribunale, a sostegno del periculum, ha evidenziato la stretta contiguità di COGNOME con alcuni intestatari fittizi (familiari del ricorrente), nonché la vola riferibilità della restante partecipazione societaria (intestata ad una società di diritt estero).
2.3. Tali indicazioni, sebbene rilevanti nell’ottica del possibile dominio che il ricorrente potrebbe operare sul futuro esercizio dell’attività di impresa in questione, lasciano tuttavia inesplorato il tema di partenza che deve dare contenuti al giudizio
inerente al periculum: il rischio di reiterazione di condotte analoghe o l’illegittimo protrars della condotta illecita riferibile all’indagato, giacché solo muovendo da tale dato, assume poi rilievo il possibile utilizzo strumentale a tali fini della compagine in questione.
2.3.1. Sul punto, il provvedimento gravato si limita a sottolineare “la disponibilità dimostrata da COGNOME ad aderire al “Sistema Colombo” allo scopo di perseguire gli interessi di espansione edilizia della RAGIONE_SOCIALE” (destinataria immediata delle ricadute economiche conseguenziali alla ipotesi di corruzione contestata), anche a costo “di consumare il grave delitto di corruzione” contestato. Ma si tratta, in tutta evidenza, di una motivazione meramente apparente, perché affatto idonea a dare conto delle ragioni per le quali l’ipotesi di corruzione ascritta al ricorrente non avrebbe un portato meramente occasionale.
2.3.2. Né, del resto, può ritenersi che l’obiettiva marginalità della condotta ascritta al ricorrente venga meno per effetto del più ampio contesto nel quale tale iniziativa illecita si è innestata, là dove non si precisi in che termini, diversi rispetto allo specifico fatto contestazione, COGNOME se ne sia reso immediato protagonista, così da poter concretamente ascrivere allo stesso un ruolo di maggior rilievo nelle vicende criminali a giudizio, tale da esondare gli argini della specifica situazione descritta al capo 10) della rubrica, a lui espressamente attribuita.
3.Non diversamente è a dirsi della proporzionalità della misura adotta.
Secondo il Tribunale, l’assenza di pregiudizio conseguenziale al vincolo totalitario apposto con il sequestro troverebbe conferma nella finalità prettamente conservativa della misura, caduta su una società che – avendo ad oggetto la costruzione e la compravendita di immobili e risultando dunque titolare di un patrimonio costituito da beni insuscettibili di rapida obsolescenza oltre che priva di un settore “retail e di dipendenti”non vedrebbe gravemente compromessa la relativa azione imprenditoriale.
Infine, proprio la sostanziale riferibilità dell’ente al ricorrente malgrado le risultanz formali e il conseguente dominio ascrittogli renderebbero impossibile rintracciare altra modalità di attuazione dell’intervento cautelare che possa ritenersi in grado di neutralizzare il pericolo riscontrato.
4. Si tratta di affermazioni non condivisibili.
4.1. La giurisprudenza di legittimità si è ormai attestata da tempo sul consolidato principio di diritto secondo cui i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità dettati dall’art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali – debbano ritenersi applicabili anche al sequestro preventivo, dovendo il giudice motivare adeguatamente sull’impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva (ex multis, Sez. 3, n. 21271 del 07/05/2014, Rv. 261509; Sez. 5, n. 8382 del 16/01/2013, Rv. 254712; Sez. 3, n. 12500 del 15/12/2011, dep. 2012, Rv. 252223;
Sez. 5, n. 8152 del 21/01/2010, Rv. 246103; Sez. 2, n. 29687 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276979).
4.2. Seppur imprescindibile per ciascun sequestro, il test di proporzionalità va tuttavia modulato in termini differenti a seconda della natura e della funzione del tipo di intervento in prevenzione adottato.
Avuto riguardo al sequestro preventivo c.d. impeditivo, si è così rimarcato che il giudice deve motivare sull’impossibilità di fronteggiare il pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di altri reati ricorrendo a misure cautelari meno invasive oppure limitando l’oggetto del sequestro o il vincolo posto dallo stesso in termini tali da ridurne l’incidenza sui diritti de destinatario della misura reale ( in termini, da ultimo, Sez. 5, n. 17586 de/ 22/03/2021, Rv. 281104).
4.3. In particolare, là dove, come nel caso di specie, il vincolo cautelare sia caduto in via totalitaria sulle partecipazioni di un ente societario, finendo, dunque, per comportare, anche indirettamente, l’apprensione materiale dell’intero compendio aziendale, graverà sul giudice della cautela l’onere di verificare il valore preponderante, o quanto meno il significativo rilievo, dell’utilizzo strumentale della impresa in riferimento alla consumazione dei reati per cui è stata richiesta la misura, rispetto alla operatività lecita della impresa stessa, onde evitare che il vincolo coercitivo determini una esasperata compressione dei diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata (Sez. 6, n. 13166 del 02/03/2022, Rv. 283139 01; Sez. 2, n. 29687 del 28/05/2019, Rv. 276979).
Sotto questo versante la decisione gravata si rivela integralmente carente rispetto ad uno snodo essenziale del relativo percorso giustificativo, così da giustificare un vizio di motivazione di tale consistenza da imporne l’annullamento.
5.1. Per un verso, il riferimento alla concreta dinamica imprenditoriale dell’ente sottoposto a sequestro, oltre che marcatamente contraddittorio rispetto al complessivo portato dell’ordinanza (in altra parte della medesima decisione si fa riferimento agli ingenti flussi finanziari riscontrati analizzando la relativa contabilità, segno di una intensa attività imprenditoriale dalla quale di fatto allo stato risulterebbe estromesso il soggetto titolare), è di per sé inconferente, perché non eslude l’immediata e preclusiva incidenza che comunque l’intervento cautelare in questione assume su diritti (proprietà e libera iniziativa imprenditoriale) presidiati costituzionalmente e convenzionalmente.
5.2. Per altro verso, va sottolineato che nell’affrontare il tema della proporzionalità del sequestro, il Tribunale ha finito essenzialmente per ribadire le argomentazioni spese a sostegno del pericolo sotteso all’intervento cautelare, evidenziando al contempo la necessità di considerare a tal fine l’interposizione comprovata dalla pacifica disponibilità dell’ente in capo al ricorrente e il rapporto di contiguità tra il ricorrente e i soggetti form intestatari delle dette partecipazioni.
5.2.1. È a dirsi, tuttavia, che le considerazioni spese nell’evidenziare le connotazioni proprie del pericolo da neutralizzare oltre a risultare viziate da quanto già evidenziato, costituiscono comunque solo l’antecedente logico del giudizio da rendere sul punto, sì che la relativa analisi non può di certo fermarsi alle dette valutazioni.
5.2.2. L’ulteriore spunto argomentativo riferito alla differenza tra dato formale e titolarità effettiva degli enti in questione, ben può ritenersi, ad avviso del Collegio, aspetto non irrilevante dello scrutinio da operare sul tema: la distonia tra potere di disposizione sostanziale e riferimenti formali, infatti, costituisce circostanza con la quale necessariamente confrontarsi nel modulare al meglio le possibilità di intervento cautelare alla luce del perseguito obiettivo di impedire ulteriori condotte illecite realizzate avvalendosi strumentalmente dei detti enti sociali, vieppiù proprio considerando il rapporto di contiguità familiare tra l’indagato e gli intestatari formali, puntualmente evidenziato nella specie alla luce del ruolo dominante che nel caso sembra potersi ascrivere al ricorrente rispetto a detta società.
5.3. Al contempo, tuttavia, tale argomento, per quanto rilevante sul piano logico, non può ritenersi esaustivo e assorbente rispetto alla verifica demandata nel caso al Giudice della cautela, che, di contro, per quanto già rassegnato, non poteva prescindere:
-da un comparato raffronto tra il pregresso agire, ordinario e lecito, della detta realtà imprenditoriale, e l’intensità dell’uso illecito di tale soggetto messo in luce dalle emergenze di indagine, giacché, quanto più risulti consolidato il primo e marginale il secondo, tanto più può ritenersi discutibile l’adottato intervento to~rsul piano della proporzionalità;
-dalla possibilità di rinvenire nell’ordinamento strumenti di intervento, anche estranei al perimetro offerto dalle iniziative attualmente messe in atto dall’Ufficio procedente, tali da garantire ugualmente l’obiettivo cautelare senza apportare una così radicale compressione dei valori costituzionali incisi dal sequestro adottato.
6.Da qui l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Monza perché, alla luce dei principi in diritto sopra rassegnati, colmi le decisive lacune e sani i radicali vizi argomentativi riscontrati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Monza competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc.pen.
Così è deciso, 12/11/2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente
ILLONI