Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18362 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18362 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 05/04/1957
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME il quale insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Milano rigettava la richiesta di riesame del ricorrente contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che aveva disposto il sequestro preventivo di una polizza assicurativa del valore di euro 1.683.317,95 presso la Cardif Vita s.p.a. di Milano, nonché quello di euro 8.581.944,05 giacente sul conto presso la Banca Popolare di Sondrio 13 di Milano.
La misura era stata pronunciata in relazione a due capi di imputazione provvisori relativi a presunti fatti distrattivi correlati al fallimento della soci IDB s.p.a.
In particolare, secondo la prospettazione accusatoria, il ricorrente, avrebbe distratto dalla fallita, in forza di una serie di operazioni economiche, la somma complessiva di euro 19.116.193,00 (capo 1).
Inoltre, in conformità al capo 3) della rubrica provvisoria, il COGNOME, in concorso con altri soggetti, avrebbe distratto dalle casse sociali l’importo di euro 4.636.00,00 quale compenso aggiuntivo a titolo di accordo transattivo per la risoluzione anticipata dei contratti di consulenza stipulati con la società e per la revoca di Consigliere del precedente Consiglio di amministrazione, come da delibera dello stesso Consiglio del 26 luglio 2017, e la successiva stipula di un accordo transattivo.
Avverso la richiamata ordinanza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, mediante i difensori di fiducia, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando quattro motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi entro i limiti richiesti dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo il ricorrente deduce violazione degli artt. 317, comma 2, 321, comma 2 e 325 cod. proc. pen., poiché, al momento dell’emanazione del decreto di sequestro preventivo, il Giudice per le indagini preliminari non sarebbe stato più competente, essendo stato già formato il fascicolo del dibattimento, non potendo al riguardo assumere rilievo la circostanza, in quanto demandata ad adempimenti della cancelleria, che tale fascicolo non era stato ancora trasmesso in concreto al giudice del dibattimento.
2.2. Con il secondo motivo, il COGNOME assume omessa motivazione sulla sussistenza del periculum in mora e, comunque, violazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura, per come evincibili dalla pronuncia delle Sezioni Unite “Ellade”.
A fondamento della censura pone in rilievo che, in realtà, non vi sarebbe, in assenza della misura, il pericolo di insolvenza evidenziato dal Tribunale del Riesame perché il sequestro era stato eseguito per l’intero, rilevantissimo importo per il quale era stato emesso e, peraltro, senza difficoltà, in quanto egli dopo il dissequestro degli importi nel precedente processo penale a suo carico per altri aspetti della complessa vicenda, conclusosi con una pronuncia assolutoria, non aveva occultato il denaro, bensì, al contrario, aperto un conto corrente e continuato ad investire in titoli.
2.3. Mediante il terzo motivo il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per violazione di legge in ordine alla mancata verifica della pertinenzialità del denaro sequestrato rispetto alle somme indicate nel capo di imputazione, considerato che aveva svolto attività lavorativa dalla quale aveva tratto ingenti disponibilità economiche sia prima che dopo la conclusione della vicenda in questione.
2.4. Con il quarto motivo lamenta violazione di legge e omessa motivazione con riferimento all’art. 321 cod. proc. pen. per erronea indicazione del profitto, senza alcuna valutazione neppure delle imposte versate all’erario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è manifestamente infondato.
Su un piano generale va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, per “giudice che procede”, competente ai sensi dell’art. 279 cod. proc. pen., deve intendersi, qualora la misura cautelare non sia applicata contestualmente alla sentenza di condanna, non la persona fisica ma l’ufficio che ha la materiale disponibilità degli atti, in quanto la regola dell’immutabilità del giudice, ex art. 525, comma 2, cod. proc. pen., non riguarda il procedimento cautelare, che ha natura incidentale e carattere autonomo rispetto a quello principale (ex multis, Sez. 5, n. 47398 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271854; Sez. 1, n. 4710 del 01/10/1998, COGNOME, Rv. 211496).
Di qui, la decisione impugnata si è posta nel solco della giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il collegio condivide, in forza della quale la competenza del giudice del merito a disporre il sequestro preventivo dopo l’esercizio dell’azione penale, è legata necessariamente all’emissione del decreto di rinvio a giudizio, all’ultimazione dell’attività di formazione del fascicolo d ufficio da parte del Giudice delle indagini preliminari ed al ricevimento degli atti da parte del giudice del merito, talché, medio tempore, resta ferma la competenza funzionale del Giudice delle indagini preliminari (Sez. 6, n. 4184 del 17/11/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203865), salvo che la parte che eccepisce l’incompetenza alleghi elementi dai quali poter desumere l’avvenuta trasmissione degli atti al giudice del dibattimento (Sez. 3, n. 47684 del 17/09/2014, COGNOME, Rv. 261241). Circostanza che, peraltro, il ricorrente neppure deduce sul presupposto che essa sarebbe priva di rilevanza, trattandosi di un adempimento posto a carico della cancelleria.
A differenza di quanto assume la difesa dello stesso COGNOME, del resto, tali principi operano, in applicazione analogica della disposizione espressa dall’art. 317, comma 2, cod. proc. pen. per il sequestro conservativo, anche nell’ipotesi di sequestro preventivo (Sez. 1, n. 40524 del 02/10/2008, COGNOME, Rv. 241707; Sez. 1, n. 47240 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230604).
2.11 secondo e il terzo motivo sono fondati, con rilevanza assorbente rispetto al quarto.
2.1.Sotto un primo aspetto, la motivazione della decisione impugnata in ordine alla sussistenza del periculum in mora è meramente apparente, così consentendo il sindacato di questa Corte di legittimità.
Infatti, le Sezioni Unite, nella pronuncia “Ellade”, hanno affermato che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
Come è stato puntualizzato nella giurisprudenza successiva deve essere escluso, di conseguenza, ogni automatismo decisorio che colleghi il pericolo di dispersione, utilizzazione o alienazione del bene al generico riferimento alla natura fungibile del denaro (Sez. 3, n. 23936 del 11/04/2024, COGNOME, Rv.
286671; Sez. 3, n. 9206 del 07/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286021, in motivazione).
Nella fattispecie in esame, di contro, la valutazione tanto del Tribunale del Riesame, quanto, nell’emanazione della misura genetica, del Giudice delle indagini preliminari, si è fondata, sostanzialmente, sulla considerazione, di carattere tautologico, per la quale il denaro è un bene di facile occultamento.
Tuttavia, alla stregua dei superiori principi richiamati, la natura fungibile del bene oggetto della misura non può essa stessa costituire il periculum in mora che la giustifica, dovendo sussistere concreti indici ulteriori che facciano temere che l’occultamento del denaro possa realizzarsi effettivamente in assenza della misura.
Inoltre, è stata completamente omessa la valutazione delle circostanze, puntualmente dedotte dal ricorrente, circa il lungo tempo trascorso dall’assunta commissione delle condotte contestate e il mancato occultamento del denaro da parte dello stesso finanche dopo che, nei mesi precedenti all’emanazione della misura, ne era rientrato in possesso a fronte del dissequestro per l’assoluzione dal delitto di autoriciclaggio in altro procedimento collegato alla medesima vicenda.
Né il periculum in mora necessario per l’emanazione di un provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca può ritrarsi in base alla sola titolarità, da parte del soggetto destinatario della misura, di un patrimonio inferiore a quello suscettibile di confisca, neppure quando l’oggetto del vincolo è costituito da un bene fungibile quale il denaro (Sez. 6, n. 45268 del 18/09/2024, Guido, Rv. 287311).
E, del resto, a ben vedere, le argomentazioni spese dal provvedimento censurato finiscono, almeno nella massima parte, a ricondursi a quelle sul solo fumus boni juris, essendo posta in rilievo la spregiudicatezza delle condotte della ricorrente nel depredare le casse della fallita in danno dei creditori e dei soci, anche per effettuare spese di carattere voluttuario.
2.2. Anche il terzo motivo è fondato poiché, nell’assumere l’onere del Novelli di dimostrare la provenienza del denaro da attività lecite, sono stati violati i canoni espressi dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella recente sentenza “COGNOME” (Sez. U, n. 13783 del 26 settembre 2024, dep. 08/04/2025, COGNOME), con i quali il giudice di merito è tenuto, dunque, a confrontarsi.
Difatti le Sezioni Unite, in tale decisione, hanno chiarito che la fungibilità è una caratteristica che inerisce alla natura del bene, ma è esterna rispetto alla
prova del nesso di pertinenzialità tra il bene e il reato che, invece, deve risolversi in un giudizio di relazione diverso avente ad oggetto il legame
eziologico di provenienza della res,
prova che deve essere fornita dal soggetto che richiede la misura, specie a fronte, come nella fattispecie considerata, di
puntuali allegazioni in senso contrario sull’esistenza di differenti fonti di reddito.
La pronuncia impugnata, invece, ha ritenuto (pag. 8) che fosse onere della parte ricorrente dimostrare puntualmente l’esistenza e l’entità dei redditi
di provenienza lecita, anche riguardo alla destituzione dall’attività di notaio, successiva alla sospensione volontaria nel mese di giugno dell’anno 2019.
3. Per le ragioni indicate il provvedimento impugnato deve quindi essere annullato, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Milano.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Milano.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 aprile 2025
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Il Consigliere COGNOME
Il Presidente