Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36196 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36196 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Tribunale di Ferrara, sezione riesame, emessa in data 02/05/2024 con la quale era confermato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ferrara di rigetto della richiesta di sequestro preventivo per equivalente avanzata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME e NOME, indagati per il reato di truffa ai danni dell Stato;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1 -bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5 – duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
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udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif.,con la quale il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata in data 1/07/2024 dall’AVV_NOTAIO, difensore fiduciario degli indagati con la quale si chiede il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Ferrara, sezione per il riesame, adito dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 322 bis cod. proc. pen., confermava il provvedimento emesso in data 19/03/2024 con il quale il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo anche per equivalente avanzata nei confronti di COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME, indagati per il reato di truffa aggravata commessa ai danni dello Stato.
Ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero che ha dedotto con un unico motivo la violazione dell’art. 640, comma 2, cod. pen. sotto il profilo della mancata configurazione a carico degli indagati di gravi indizi di colpevolezza per il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato.
Osserva in primo luogo il ricorrente che il Tribunale del Riesame, in via preliminare, ha affermato che la condotta di “artificio e raggiro” in capo agli indagati indicata dal PM nell’atto di appello (e cioè l’avere celato agli uffici del Motorizzazione Civile l’esportazione indebita di autovetture, gravate da fermo amministrativo) era significativamente diversa da quella descritta nel capo di incolpazione contenuto nella richiesta di sequestro preventivo (e cioè l’avere celato l’esistenza di fermo amministrativo sulle vetture esportate) e che l’intervenuta modifica dell’addebito provvisorio già, di per sé, era da considerarsi motivo sufficiente per il rigetto del proposto appello.
Tale affermazione è manifestamente erronea: nella condotta di “artificio e raggiro” descritta nell’atto di appello non è stata operata alcuna modificazione della originaria incolpazione, semplicemente sono stati sottolineati gli avverbi “dapprima” e “successivamente” al solo fine di meglio lumeggiare la sequenza della condotta degli indagati che avevano acquistato in molteplici occasioni 167
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autovetture gravate da fermo amministrativo e poi celato l’esportazione delle stesse.
In secondo luogo, il Tribunale del riesame ha comunque ritenuto infondata l’impugnazione osservando come non potesse farsi rientrare nella categoria di artificio o raggiro la condotta di omessa comunicazione agli enti pubblici creditori dell’ esportazione all’estero delle autovetture; tale comportamento- in assenza di qualsivoglia rapporto contrattuale e/o obbligo giuridico tra gli indagati e gli enti medesimi- era da qualificarsi come semplice “inerzia”.
Secondo il ricorrente, anche tale affermazione è erronea poiché, nel caso di specie, gli artifici e raggiri vanno individuati nel “combinarsi” della illecita esportazione dei mezzi gravati da fermo amministrativo per un verso, con la circostanza, per altro verso, che le stesse vetture, nonostante il trasferimento all’estero, apparivano ancora di proprietà del gruppo RAGIONE_SOCIALE ed iscritte al Pubblico Registro Automobilistico con l’originaria targa italiana, con conseguente inganno degli enti pubblici creditori circa la possibilità di rivalers su detti beni mobili per vedere soddisfatte le proprie pretese.
Infine, è inconferente l’affermazione del Tribunale del riesame secondo cui non sì configurerebbe neppure il reato di cui all’art. 334 cod. pen che ha ad oggetto i beni sottoposti a sequestro amministrativo: nel caso in esame non si è al cospetto della mera e semplice dispersione/sottrazione di un bene vincolato al soddisfacimento di una pretesa creditoria, bensì di una combinata condotta fraudolenta volta a creare una situazione di falsa apparenza che induceva negli enti pubblici l’erroneo convincimento di potere ancora far valere il proprio diritto di rivalsa su beni ormai in concreto non più disponibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché proposto in carenza di interesse.
1.1. Come risulta dall’esposizione che precede, il ricorso del pubblico ministero ha ad oggetto esclusivamente il profilo della sussistenza del fumus del reato di truffa aggravata provvisoriamente contestato nel corso delle indagini; manca, Invece, alcun cenno al profilo del periculum in mora.
1.2. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, anche nella materia delle impugnazioni relative ai procedimenti incidentali in materia cautelare, vige il principio generale, previsto a pena di inammissibilità (artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. A), cod. proc. pen.), del necessario
interesse della parte impugnante che non può essere meramente astratto o teorico, ma deve essere concreto, cioè diretto, in una effettiva prospettiva utilitaristica, ad ottenere la rimozione di una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, ovvero una pronuncia più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame.
Tale principio trova espressa applicazione anche nell’ambito delle impugnazioni della parte pubblica, proposte avverso i provvedimenti di annullamento delle ordinanze applicative di misure cautelari personali, con riferimento alle quali questa Corte ha affermato che, laddove il gravame sia proposto dal pubblico ministero, l’interesse all’ adozione del provvedimento restrittivo non può coincidere esclusivamente con l’esatta applicazione della legge, ma deve essere parametrato all’obiettivo del raggiungimento di un risultato concreto.
Ne consegue che la parte pubblica, quando l’annullamento sia stato pronunciato per difetto di gravità indiziaria, ha l’onere di indicare, a pena di inammissibili del ricorso in sede di legittimità per carenza di interesse, le ragioni a sostegno dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, pur se il provvedimento impugnato non le abbia esaminate (Sez. 3, n. 13284 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 281010-01; Sez. 6, n. 12228 del 30/10/2018, dep. 2019, COGNOME Gasperis, Rv. 276375-01). Detta esigenze hanno infatti carattere contingente e devono essere sottoposte a controllo costante circa le condizioni del loro insorgere ovvero del loro permanere nel corso del tempo (Sez. U, n. 16085 del 31/03/2011, Khali, Rv. 249324-01).
1.3. I principi enunciati trovano applicazione anche con riguardo alle impugnazioni proposte dal pubblico ministero avverso i provvedimenti emessi nella materia della cautela reale. L’interesse della parte pubblica a pr ricorso in cassazione avverso il provvedimento di diniego della richiest sequestro preventivo per assenza del fumus commissi delicti (situazione ricorrente nell’ipotesi di specie) si identifica, anche in tale caso, nella rimozion di tale decisum con la conseguente necessità per il pubblico ministero di contestare il mancato riconoscimento di tale requisito, ma altresì di rappresentare la ricorrenza dell’ulteriore indefettibile presupposto del periculum in mora e cioè la situazione reale che rende concreta la necessità di sottrazione all’indagato della disponibilità di beni che possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri illeciti, ovvero ancora la sottrazione degli stessi alla futura confisca (Sez. 2, n. 6027 del 10/01/2024, PM c/ Mazza NOME COGNOME, Rv. 285867-01). E ciò perché, al pari
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delle misure personali, anche le condizioni fattuali concernenti sia i beni da sottoporre a vincolo che il soggetto titolare degli stessi possono essere soggette a modifiche nel corso del tempo, tanto è vero che – come affermato con la pronuncia Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848-01 – l’indagine del giudice in merito al profilo del periculum in mora è sempre dovuta, indipendentemente dalla natura facoltativa o obbligatoria della confisca a cui è finalizzato il sequestro preventivo, essendo esclusi automatismi e presunzioni di sorta circa la sussistenza di un rischio concreto di dispersione di beni nel caso di apposizione del vincolo solo all’esito del giudizio di merito.
1.4 Dalle considerazioni che precedono discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso con conseguente assorbimento dell’esame relativo al profilo del fumus commissi delicti che, in ogni caso, nella specie non si configura.
Al di là del preliminare rilievo concernente la ontologica diversità della incolpazione contenuta nella richiesta di sequestro preventivo rispetto a quella riportata nell’atto di appello proposto ai sensi dell’art. 322 bis cod. proc. pen. le conformi argomentazioni in tema di fumus del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato sviluppate dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale del riesame non risultano concretamente confutate dal pubblico ministero. Anche in questa sede, il ricorrente individua l’elemento materiale della truffa nell’avere gli indagati celato l’avvenuta esportazione all’estero d varie autovettura gravate da fermo amministrativo trascurando l’argomentare dei giudici della cautela che hanno correttamente escluso la natura di raggiro di tale condotta consistente in un mero silenzio serbato al di fuori di un rapporto contrattuale con l’ente pubblico creditore (quindi inidoneo dello stesso a influire sulla volontà negoziale della pubblica amministrazione) ed in assenza di un obbligo giuridico di comunicazione nei confronti di questi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso Così deciso in Roma il 12/07/2024