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Sequestro preventivo: inammissibile senza periculum

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero avverso l’annullamento di un sequestro preventivo. La decisione si fonda sulla totale assenza, nel ricorso, di argomentazioni relative al ‘periculum in mora’, ovvero il pericolo che la libera disponibilità dei beni possa compromettere la futura confisca. La Corte ha ribadito che, per disporre un sequestro preventivo, non è sufficiente dimostrare l’esistenza del reato, ma è indispensabile motivare anche l’urgenza della misura.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo: Ricorso del PM inammissibile senza prova del Periculum in Mora

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8005 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: per ottenere un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, non basta dimostrare la probabile esistenza di un reato. La Procura deve anche, e necessariamente, motivare il cosiddetto periculum in mora, ovvero il pericolo concreto che la libera disponibilità dei beni possa pregiudicare l’esecuzione di una futura confisca. L’assenza di tale motivazione rende il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile per carenza di interesse.

I Fatti del Caso: Annullamento di un Sequestro Preventivo

Il caso trae origine da un’indagine per il reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 512 bis c.p.). Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo dell’intero compendio aziendale di una società, ritenendo che fosse fittiziamente intestata a un soggetto per eludere misure di prevenzione patrimoniale.

Successivamente, il Tribunale del Riesame, adito dalla difesa dell’indagata, annullava il provvedimento, disponendo la restituzione dei beni. Il Tribunale, pur riconoscendo l’esistenza del delitto contestato, ne aveva decretato la prescrizione, individuando il momento consumativo in un atto societario risalente al 2016.

Contro questa decisione, la Procura della Repubblica proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge penale. Secondo l’accusa, il reato non si era esaurito nel 2016, ma si era perpetuato attraverso successive operazioni societarie fino al 2021, escludendo così la prescrizione.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Carenza di Interesse

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, senza entrare nel merito della questione sulla prescrizione del reato. La decisione si fonda su un vizio procedurale preliminare e assorbente: la carenza di interesse.

I giudici di legittimità hanno osservato che l’intero ricorso della Procura si concentrava esclusivamente sulla dimostrazione della sussistenza del reato e sull’erroneità della valutazione del Tribunale del Riesame in merito alla prescrizione. Tuttavia, il ricorso ometteva completamente di argomentare sul secondo pilastro fondamentale di ogni misura cautelare: il periculum in mora.

Le Motivazioni: Il Ruolo Cruciale del Periculum in Mora nel Sequestro Preventivo

La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, in particolare la sentenza a Sezioni Unite ‘Ellade’ del 2021, secondo cui ogni provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve contenere una motivazione, seppur concisa, sulle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla sentenza definitiva. In altre parole, l’accusa deve spiegare perché è pericoloso attendere la fine del processo per sottrarre i beni dalla disponibilità dell’imputato.

La sentenza estende al sequestro preventivo (misura reale sulla proprietà) un principio già consolidato per le misure cautelari personali (come la custodia in carcere): è inammissibile il ricorso del PM che si limiti a contestare la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza senza prospettare nulla in ordine alle esigenze cautelari. L’accoglimento di un simile ricorso, infatti, non porterebbe a nessun risultato pratico. Anche se la Cassazione avesse dato ragione alla Procura sull’esistenza del reato, in assenza di una dimostrazione del periculum, il sequestro non avrebbe potuto essere ripristinato.

La Procura aveva tentato di giustificare il proprio interesse sostenendo che una decisione sul punto sarebbe stata ‘dirimente’ per il futuro processo. La Corte ha respinto questa argomentazione, definendola una richiesta di ‘interpretazione autentica’ della legge, una funzione astratta che non le compete, specialmente se non collegata a un interesse concreto e specifico come quello cautelare.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per l’Accusa

Questa pronuncia rafforza la tutela del diritto di proprietà, anche nel contesto di un procedimento penale. Per l’accusa, le implicazioni sono chiare: quando si impugna un provvedimento che nega o annulla un sequestro preventivo, non è sufficiente concentrarsi solo sugli indizi di reato. È imperativo costruire un’argomentazione solida anche sul fronte del periculum in mora, dimostrando con elementi specifici il rischio di dispersione dei beni. In assenza di questo doppio binario motivazionale, l’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguente consolidamento della libertà dei beni.

Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile per carenza di interesse, poiché la Procura ha basato la sua impugnazione esclusivamente sulla sussistenza del reato, omettendo completamente di motivare il ‘periculum in mora’, cioè il pericolo concreto che i beni potessero essere dispersi prima della fine del processo.

È sufficiente dimostrare l’esistenza di un reato per ottenere un sequestro preventivo?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dalla sentenza, per disporre un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, è necessario motivare sia la probabile esistenza del reato (fumus commissi delicti) sia il pericolo nel ritardo (periculum in mora).

Quale principio è stato applicato in questo caso?
La Corte ha esteso al sequestro preventivo un principio già valido per le misure cautelari personali: l’appello del PM è inammissibile se contesta solo gli indizi di colpevolezza senza affrontare le esigenze cautelari, poiché il suo accoglimento non porterebbe ad alcun risultato pratico vantaggioso per l’accusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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