Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2500 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2500 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a Cardinale il 26/09/1954 avverso l’ordinanza del 13/06/2024 del Tribunale di Catanzaro.
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento emesso in data 31 luglio 2020 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro ha convalidato il sequestro preventivo del patrimonio mobiliare ed immobiliare di NOME COGNOME indagato per il reato di cui agli artt. 81, 512-bis e 416-bis.1, cod. pen.
In data 19 gennaio 2022 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lamezia Terme ha condannato il figlio del ricorrente (COGNOME NOME NOME) per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., disponendo la confisca dei beni a lui riconducibili.
In data 11 settembre 2023, NOME COGNOME ha chiesto la revoca del sequestro preventivo dei beni personali a lui intestati nonché del compendio aziendale della ditta Sherwood, sostenendo il venir meno delle esigenze poste a fondamento del provvedimento cautelare reale in considerazione di quanto affermato nella sentenza di condanna emessa nei confronti del figlio NOME.
Con provvedimento del 31 ottobre 2023, il Tribunale di Lamezia Terme, ha rigettato l’istanza di revoca avanzata da NOME COGNOME
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza pronunciata in data 13 giugno 2024 con la quale il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’appello avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro preventivo.
Il ricorrente lamenta, con l’unico motivo di impugnazione, inosservanza degli artt. 292, 321 e 322 cod. proc. pen. nonché mancanza ed erroneità della motivazione in ordine alla permanenza dei presupposti legittimanti il sequestro.
La difesa eccepisce che il provvedimento impugnato sarebbe privo di autonoma valutazione in ordine agli elementi sopravvenuti indicati nell’atto di appello (sentenza emessa nei confronti del figlio del ricorrente nella cui motivazione sarebbe stata esclusa la titolarità occulta di NOME COGNOME dei beni intestati al padre NOME e mancata confisca di tali beni ai sensi del comma 7 dell’art. 416-bis cod. pen.).
A giudizio della difesa, la sentenza emessa nei confronti di NOME COGNOME costituirebbe fatto nuovo idoneo ad escludere la persistenza dei presupposti legittimanti la permanenza del vincolo reale, non avendo il giudice dell’abbreviato disposto la confisca della ditta Sherwood e dei beni personali di NOME COGNOME.
È stato, inoltre, evidenziato che il sequestro preventivo sarebbe stato disposto dal giudice per le indagini preliminari ex art. 416-bis, comma 7, cod. pen. e non ai sensi dell’art. 240-bis, cod. pen, come erroneamente affermato del Tribunale di Lamezia Terme.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Appare necessario, preliminarmente, ricordare che avverso le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge, per censurare, cioè, errores in iudicando o errores in procedendo commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione può integrare gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento manchi del tutto, sia fondato su affermazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. 2, n. 18951 del
14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; da ultimo Sez. 2, n. 11320 del 13/12/2022, COGNOME, non massimata).
Nel caso di specie, il riferimento alla violazione di legge ed all’apparenza della motivazione è chiaramente strumentale ad una non consentita rivalutazione della vicenda nel merito. Il Tribunale di Catanzaro, con motivazione sintetica ma esaustiva, ha adeguatamente argomentato in ordine all’insussistenza di elementi di novità idonei a superare la preclusione endoprocessuale del giudicato cautelare (vedi pagg. 1 e 2 del provvedimento impugnato) con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dal Monteleone.
Sotto altro profilo non può non rimarcarsi che la parte, con l’atto di appello, si è limitata a dedurre genericamente profili di novità (in particolare la sopravvenuta sentenza di condanna del figlio del ricorrente), senza tuttavia chiarire in quale misura ed in quali termini tali asseriti fatti nuovi avrebbero provocato un mutamento complessivo del quadro cautelare.
Il ricorso, così come l’appello cautelare dal sovrapponibile contenuto, è generico e privo del requisito dell’autosufficienza; il ricorrente, a fronte di una motivazione priva di contraddizioni e di manifeste illogicità, si limita a dedurre violazione di legge ed apparenza di motivazione con affermazioni generiche ed a pod ittiche.
Il ricorrente si è, infatti, limitato ad affermare che il giudice per le indagin preliminari, con la sentenza depositata in data 18 luglio 2022 con cui NOME COGNOME è stato condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., ha disposto la confisca dei beni a lui riconducibili (indicati alle pagg. 2215-2226-2227 e 2232 della sentenza); deducendo, in modo del tutto generico ed apodittico, che il giudice non avrebbe “ritenuto provata l’ipotesi che vedeva COGNOME NOME quale reale titolare dei beni del proprio genitore” (pag. 5 del ricorso), senza peraltro far riferimento ad alcun specifico passaggio motivazionale in una sentenza di 2.268 pagine, allegata esclusivamente su supporto informatico.
Deve essere, in ogni caso, rimarcato che -diversamente da quanto affermato assertivamente a pag. 5 del ricorso- il giudice dell’abbreviato nulla ha argomentato in ordine all’effettiva titolarità dei beni intestati a NOME COGNOME e della ditta RAGIONE_SOCIALE nonché in relazione alle condotte di interposizione fittizia contestate all’odierno ricorrente (vedi pag. da 1561 a pag. 1677 della sentenza), limitandosi a confiscare i beni “nella titolarità di NOME COGNOME” (vedi pagg. 2226 e 2227 della sentenza) in relazione ai soli reati contestati a quest’ultimo nel diverso procedimento definito con le forme del rito abbreviato.
Appare, pertanto, del tutto congetturale e destituita di fondamento l’affermazione difensiva secondo cui la mancata confisca nel giudizio abbreviato relativo alla
posizione di NOME COGNOME implicherebbe l’esclusiva riconducibilità al ricorrente dei beni in sequestro nel presente procedimento ed il conseguente venir meno delle ragioni giustificanti il mantenimento del vincolo reale.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2024
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