Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11730 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11730 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; già RAGIONE_SOCIALE)
avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma del 20/06/2023;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso venga accolto, con annullamento dell’ordinanza impugnata;
sentite le conclusioni del difensore della società ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso chiedendo che il provvedimento impugnato sia annullato senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Roma con ordinanza del 20 giugno 2023 (motivazione depositata il successivo 20 luglio) ha respinto l’appello proposto ex art. 322 bis cod. proc. pen. dalla RAGIONE_SOCIALE, quale terza interessata, avverso l’ordinanza del Tribunale dibattimentale di Roma in composizione collegiale del 26 aprile 2023 che ha rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo sulla somma di euro 19.000.000.
La misura cautelare reale è stata adottata in relazione all’imputazione di cui agli artt. 110, 319-ter e 321 cod. pen., che per una ipotesi di corruzione in atti giudiziari vede imputati nel giudizio di primo grado tre soggetti: due privati, corruttori, e un magistrato della Commissione tributaria regionale di Roma che avrebbe, dietro il versamento di somma di denaro, adottato una decisione favorevole alla società in una controversia tributaria che la vedeva coinvolta in relazione a richiesta di rimborso di credito IVA.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame la RAGIONE_SOCIALE ha presentato, per mezzo dei propri difensori, ricorso nel quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato che non ha considerato l’intervenuta cessazione della materia del contendere derivante dal versamento da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE somme dovute nell’ambito del procedimento per la c.d. “pace fiscale” (ex decreto legge n. 119 del 2018), ragione per la quale il Pubblico ministero aveva formulato parere favorevole al dissequestro. Richiesta illegittimamente disattesa dal Tribunale collegiale e quindi dall’ordinanza del Riesame. Al riguardo, si rileva come il sequestro preventivo ha nella specie natura esclusivamente “impeditiva”, di tal che una volta venuta meno la controversia tributaria, e quindi il possibile relativo credito dell’Erario, non v sono più ragioni per il suo mantenimento. D’altro canto, anche la sentenza di legittimità, adottata nel 2021 dalla Cassazione nel medesimo procedimento incidentale reale e valorizzata dal Tribunale del riesame per ritenere ancora attuale la ratio del vincolo reale, è stata pronunciata in riferimento ad una situazione di fatto, diversa da quella attuale, nella quale il rapporto di credito/debito tributario era ancora sub iudice. Adesso, una volta definita la controversia con la procedura in questione, non può più ritenersi sussistente alcun pericolo, giuridicamente rilevante, attinente alla libera disponibilità del denaro (non suscettibile di confisca). Pericolo, si evidenzia, che era stato individuato nella “presunta prossimità o certezza della futura cessione del credito fiscale da parte della società in pendenza del giudizio tributario e nella conseguente frustrazione RAGIONE_SOCIALE aspettative, esistenti in capo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE di incasso del credito; sottolineandosi, altresì, che la stessa RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto “ormai estinta con effetti ex tunc la pretesa originaria, contenuta nell’avviso di accertamento, in quanto rideterminata nella misura di cui alla citata definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE liti”.
2.1. Con memoria depositata il 29 dicembre 2023, il difensore della RAGIONE_SOCIALE ha proposto “motivi nuovi” nei quali approfondisce e precisa le doglianze contenute nel ricorso originario. Ad essa è allegata, tra l’altro, l’ordinanza emessa dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione lo scorso 27 settembre 2023 con la quale è stato definito il contenzioso tributario relativo ai ricorsi proposti dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma (contestato come frutto della corruzione in atti giudiziari) e dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’originario diniego della definizione agevolata della controversia tributaria emesso dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. In particolare, la Cassazione ha dichiarato l’intervenuta estinzione del giudizio a seguito dell’effettuazione da parte della società dei dovuti versamenti, relativi alla rimessione in termini disposta dalla RAGIONE_SOCIALE per la definizione agevolata, attraverso il ricorso al ravvedimento operoso. Si insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
E’ pacifico che il sequestro preventivo – disposto a carico della RAGIONE_SOCIALE ricorrente, quale soggetto terzo interessato – ha natura esclusivamente “impeditiva”; infatti, il Tribunale del riesame ha escluso, con ordinanza del 16 settembre-15 ottobre 2019, la ricorrenza di un sequestro “finalizzato alla confisca del profitto del reato”, mantenendo il vincolo reale “limitatamente al sequestro innpeditivo ex art. 321 comma 1 c.p.p.”.
2.1. L’ordinanza impugnata – emessa prima della pronuncia della Sezione Tributaria della Cassazione ma in pendenza del procedimento di definizione agevolata – ha affrontato tale aspetto, ritenendo che “la definizione della vertenza sul piano tributario non fa venir meno l’attualità e la concretezza del periculum in mora su cui si fonda il sequestro preventivo del credito fiscale, stante la persistente esigenza di evitare che lo svincolo del credito di cui era stato chiesto originariamente il rimborso (e della somma trattenuta a garanzia del pagamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate), conseguente all’invocato dissequestro, possa aggravare le conseguenze del reato di corruzione in caso di condanna, consentendo, in sostanza, l’incasso del frutto dell’ipotizzata corruttela e quindi il consolidamento dell’indebito vantaggio lucrato laddove venisse riconosciuta
all’esito del giudizio la fondatezza dell’ipotesi di corruzione in atti giudiziari. D resto non è ragionevolmente ipotizzabile che la definizione agevolata di una controversia tributaria ex art. 6 d.l. 119/2018 possa produrre effetti sul sequestro preventivo disposto ex art. 321 comma 1 c.p.p. in relazione al profitto del reato di corruzione in atti giudiziari allorquando la condotta corruttiva abbia ad oggetto proprio la controversia oggetto di “pacificazione” fiscale” (pag. 3).
Peraltro, in questo procedimento incidentale, questa Corte è già intervenuta (Sez. 6, n. 41571 del 14/10/2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 282390 – 01), affermando il principio secondo cui «In tema di corruzione in atti giudiziari, è legittimo il sequestro preventivo impeditivo del credito da rimborso IVA indebitamente riconosciuto al contribuente in forza di una sentenza non definitiva frutto di un accordo corruttivo, posto che si tratta di diritto di credi pur incerto o condizionato, che può essere comunque oggetto di cessione o dispersione».
In motivazione si è chiarito che «Il profitto del reato, secondo il costante orientamento di questa Corte, si identifica infatti con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito (ex plurimis: Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436; Sez. U, n. 18374 del 31/03/2013, COGNOME, Rv. 255036; Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 258647), che «presuppone l’accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta dell’agente» (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 239924, nonché Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, COGNOME, Rv. 244189). Nel provvedimento impugnato il Tribunale di Roma ha precisato che la RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto un rimborso IVA per l’anno di imposta 2004 per la complessiva somma di euro 38.960.000 euro, che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva disconosciuto per l’ammontare di euro 8.800,00, irrogando al contempo la sanzione di 11.100.000,00, in quanto aveva ritenuto tale credito fittizio. L’Amministrazione fiscale aveva, dunque, liquidato alla RAGIONE_SOCIALE a titolo di rimborso la minor somma di euro 18.922.787,67, a titolo di eccedenza di IVA 2004, e aveva disposto il fermo amministrativo della somma di euro 20.037.213,33, trattenendola a scopo cautelativo in attesa dell’esito dei controlli … La sentenza oggetto del patto corruttivo ha, tuttavia, sancito non solo l’illegittimità del diniego del rimborso opposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ma anche annullato le ingenti sanzioni irrogate e, dunque, ha riconosciuto un complessivo credito della ricorrente nei confronti dell’amministrazione fiscale per somma di euro 19.900.000,00 euro (di cui 8.880.000,00 a titolo di credito IVA e 11.100.000,00 euro a titolo di sanzioni). L’accoglimento del ricorso proposto dalla società ricorrente ha, pertanto, determinato non solo la liquidazione del credito da rimborso della maggior IVA versata dalla società ricorrente, ma, al
tempo stesso, anche lo svincolo della somma medio tempore ritenuta dall’RAGIONE_SOCIALE a garanzia della riscossione sino alla definizione del contenzioso insorto. Correttamente, dunque, il Tribunale di Roma ha qualificato come cosa pertinente al reato di corruzione in atti giudiziari, e segnatamente quale suo profitto, l’intero credito riconosciuto dalla sentenza tributaria favorevole alla ricorrente nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, comprensivo sia del credito IVA del quale era stato originariamente chiesto il rimborso, che del risparmio di spesa derivante dall’annullamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate». Nella pronuncia si precisa ancora che «Il sequestro impeditivo è, infatti, strumentale non già alla successiva ablazione della res, bensì esclusivamente ad evitare l’immediato protrarsi dell’attività criminosa e dei suoi effetti. Se, pertanto, l’incertezza o l’inesigibilità del diritto di credito preclude l’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, tale diritto, quando sia pertinente al reato, anche se litigioso o sottoposto a condizione, ben può essere assoggettato a sequestro innpeditivo, in quanto, secondo la disciplina civilistica, può circolare e essere ceduto a terzi di buona fede. D’altra parte l’unico limite strutturale rinvenibile al sequestro preventivo impeditivo di un diritto di credito è quello indirettamente posto dall’art. 104 disp. att. cod. proc. pen., che, nel delineare le modalità di apposizione del vincolo reale, sancisce che «il sequestro preventivo è eseguito: a) … sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento … presso il terzo in quanto applicabili». Secondo l’indirizzo costante della giurisprudenza di legittimità è, tuttavia, ammessa l’assoggettabilità a pignoramento dei crediti non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente (cfr. Sez. 6 civ., n. 15607 del 22/06/2017, Rv. 644742; Sez. 1 civ., n. 6206 del 28/06/1994, Rv. 487241; Sez. 3 civ., n. 5235 del 15/03/2004, Rv. 571141; Sez. 3 civ., n. 19967 del 14/10/2005, Rv. 584712; Sez. L, n. 19501 del 10/09/2009, Rv. 610293), rapporto che nella specie certamente sussiste». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ciò premesso, rileva il Collegio che l’intervenuta estinzione del rapporto giuridico controverso (derivante dalla definizione agevolata del contenzioso tributario, avente ad oggetto la decisione in ipotesi frutto di corruzione, dichiarata dalla citata ordinanza della Sezione Tributaria di questa Corte) impone una nuova valutazione da parte del Giudice della cautela reale dei presupposti del sequestro (avente, come detto, natura “impeditiva”).
Va altresì evidenziato che la sopravvenuta estinzione (a seguito di fenomeno “novativo” o “transattivo” derivante ex lege) del credito tributario, impedisce allo stato anche di ipotizzare una confisca della somma di denaro, quale “profitto” della corruzione.
Per tali ragioni, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Roma.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi del’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 16 gennaio 2024
Il Presidente