Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14649 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14649 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nata a Pescia (Pt) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/11/2023 del Tribunale del riesame di Massa; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza quanto al pericolo;
lette le conclusioni del difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, anche con note
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30/11/2023, il Tribunale del riesame di Massa rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., volta ad ottenere la revoca del decreto di sequestro preventivo emesso il 21/9/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale con riguardo al reato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Propone ricorso per cassazione la COGNOME, deducendo i seguenti motivi:
inosservanza o erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. Il Tribunale avrebbe confermato il periculum in mora in forza dei soli elementi posti a fondamento del reato contestato (art. 44, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), senza dunque individuare alcun argomento ulteriore, dal quale dedurre effettivamente che la libera disponibilità del bene potrebbe aggravare le conseguenze dell’illecito o agevolare la commissione di altri reati. La violazione dell’art. 321 cod. proc. pen., del resto, emergerebbe dal fatto che la normativa urbanistica escluderebbe a priori – a determinate condizioni – l’esistenza di un pericolo, anticipando a livello di normazione la valutazione di tollerabilità di talune tipologie di interventi con l tutela ambientale;
inosservanza dell’art. 104 disp. att. cod. proc. pen., nonché degli artt. 321, comma 1, 125, comma 3, cod. proc. pen. La censura attiene alle modalità di esecuzione del sequestro, con le quali sarebbe stata ordinata la liberazione dell’immobile da parte di tutti i soggetti presenti; ebbene, tale modalità – non censurata dal Tribunale – non sarebbe prevista dal legislatore, che si sarebbe limitato a stabilire (con l’art. 104 citato) che il sequestro preventivo di be immobili e di mobili registrati debba essere eseguito mediante trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici. In assenza di specificazioni già nella richiesta del Pubblico Ministero del 16/9/2023, pertanto, nessuna misura ulteriore avrebbe potuto essere disposta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Con riguardo al primo motivo, il Collegio ne rileva l’inammissibilità per contrasto con l’art. 325 cod. proc. pen., in forza della quale contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge; in questa ipotesi rientrano i casi di carenza assoluta di motivazione o di motivazione apparente, non anche le censure che coinvolgono il tenore della stessa argomentazione.
4.1. Ebbene, la doglianza in esame si atteggia proprio in questi ultimi termini, contestando che il Tribunale avrebbe confermato il periculum sulla base dei soli elementi costitutivi del reato (il cui fumus non è argomento di ricorso), senza individuarne di ulteriori, e così lamentando esclusivamente un vizio attinente al merito della motivazione.
Sotto differente profilo, peraltro, l’impugnazione non si confronta affatto con le ampie considerazioni che il provvedimento impugnato contiene proprio in punto di periculum: il Tribunale, in particolare, ha evidenziato che la pericolosità dell’ampia struttura abusiva – ultimata ed abitata – derivava dal fatto che era stata realizzata (senza i necessari provvedimenti amministrativi): a) in zona sottoposta a vincolo di pericolo idraulico elevato (giustificato dalla elevata piovosità dell’inter provincia di Massa-Carrara e dal frequente ripetersi di inondazioni e fenomeni alluvionali); b) in fascia di rispetto autostradale, nella quale il divieto assoluto costruzione si giustifica per la necessità di tutelare tanto chi si trova nella stess area, quanto gli utenti dell’autostrada, nel caso di incidenti; c) in zona sismica, che caratterizza l’intero territorio del Comune di Massa. A quest’ultimo riguardo, peraltro, l’ordinanza ha efficacemente richiamato anche le caratteristiche del fabbricato principale in questione, realizzato con un telaio metallico tamponato con pannelli metallici e cartongesso, ossia una struttura che “presumibilmente potrebbe dimostrarsi non particolarmente solida e stabile di fronte ad eventi alluvionali o sismici”.
5.1. In forza di questi argomenti – che non rappresentano la mera reiterazione degli elementi costitutivi della norma che si assume violata (art. 44, d.P.R. n. 380 del 2001), e che il ricorso non tratta – il Tribunale ha quindi adeguatamente confermato l’esigenza cautelare posta a fondamento della misura.
L’impugnazione, di seguito, risulta inammissibile anche sul secondo motivo, che attiene alle modalità esecutive del sequestro (lo sgombero dell’immobile). Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che i provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono né appellabili né ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (tra le altre, Sez. 1, n. 8283 del 24/11/2020, Sforza, Rv. 280604; Sez. 2, n. 44504 del 3/7/2015, Staccato, Rv. 265103). A ciò si aggiunga, in ogni caso, che questa Corte ha costantemente affermato che in tema di sequestro preventivo di beni immobili, la previsione dell’art. 104 disp. att. cod. proc. pen., come modificato dalla I. 15 luglio 2009, n.34, secondo cui il provvedimento è eseguito con la sua trascrizione presso i competenti uffici, non implica che al giudice non sia consentito, al fine di garantire le esigenze cautelari sottese alla misura, di privare il titolare della materiale disponibilità del bene, esempio mediante la nomina di un custode (tra le altre, Sez. 3, n. 17390 del 27/2/2019, PM/Alparone, Rv. 275594; Sez. 2, n. 35810 del 29/5/2013, COGNOME, Rv. 257396).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibili alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2024