Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7423 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4   Num. 7423  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ISCHIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/09/2023 del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame reale;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto PG, NOME COGNOME, nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, a seguito di giudizio celebrato in sede di rinvio da precedente annullamento disposto dalla Suprema Corte solo quanto a configurabilità del periculum in mora, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il sequestro preventivo di un immobile disposto nei confronti di NOME COGNOME, indagata con riferimento ai reati di cui agli artt. 44, 71 e 72 del d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Avverso l’ordinanza l’imputatch ) tramite il difensore, ha proposto ricorso fondato su due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deduce, con il primo motivo, la violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., per non essersi il giudice del riesame attenuto al principio di diritto di cui alla sentenza rescindente (Sez. 3, n. 35869 del 17/05/2023), operando una violazione del giudicato implicito interno, per aver ritenuto le opere abusive non ancora terminate mentre, a dire del l torrente, proprio l’ultimazione delle opere sarebbe stata posta a fondamento dell’accoglimento del ricorso con rinvio per l’applicazione del sancito principio.
Nel violare il principio di diritto di cui alla sentenza rescindente, peraltro, giudice di merito, per quanto dedotto con il secondo motivo di ricorso, avrebbe altresì fondato la ritenuta sussistenza del periculum in mora su motivazione apparente.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Deve innanzitutto essere ricordato che in tema di provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen. e che tale vizio ricomprendle, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così, radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692, nonché, ex plurimis, Sez. 4, n. 28812 del 17/05/2023,
COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 32895 del 06/07/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893).
Premesso quanto innanzi, deve evidenziarsi che nella specie, con ordinanza del 10 gennaio 2023, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento con cui il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in procedimento relativo alle fattispecie di cui agli artt. 44, 71 e 72 del d.P.R. n 380 del 2001 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, convalidato il sequestro d’urgenza, ha disposto il sequestro preventivo dell’immobile in oggetto, le cui opere non erano ultimate (per come emerge dalla motivazione del provvedimento di sequestro in atti).
Del relativo ricorso per cassazione è stato accolto il quarto motivo in punto di configurabilità del periculum in mora, ritenendo sussistente un difetto assoluto di motivazione sul punto per autoreferenzialità del relativo iter logico-giuridico, nonché richiamato il principio, in merito già sancito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, «in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, il presupposto del periculum in mora non può essere desunto esclusivamente dall’esistenza delle opere ultimate, ma è necessario dimostrare che l’effettiva disponibilità materiale o giuridica del bene, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente deteriorare l’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, dovendo valutarsi l’impatto degli abusi sulle zone oggetto di particolare tutela» (la stessa sentenza rescindente in merito richiama Sez. 3, n. 2627 del 02/12/2022, dep. 2023, Rv. 284059, Sez. 4, n. 15254 del 28/02/2018, Rv. 272477, Sez. 3, n. 2001 del 24/11/2017, dep. 2018, Rv. 272071 e Sez. 3, n. 50336 del 05/07/2016, Rv. 268331).
Orbene, sintetizzato il fatto processuale nei termini di cui innanzi, occorre evidenziare che il ricorrente, nel formulare le violazioni di legge di cui ai due motivi di ricorso in termini di violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e di difetto assoluto di motivazione circa il periculum in mora, non confronta il suo dire con l’apparato motivazionale sotteso all’ordinanza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, venendo così meno, in radice, l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584).
4.1. Il Tribunale, difatti, , all’esito del giudizio di rinvio, al fine di dare attuazione al principio ribadito dalla sentenza rescindente /ha inteso accertare la
sussistenza del relativo presupposto di operatività, cioè se 1:rattavasi di opere ultimate, escludendolo all’esito di motivazione non sindacabile in questa sede. Alla valutazione circa la non ultimazione delle opere, già presente nel provvedimento di sequestro agli atti, fondata sulle emergenze del verbale di sequestro del 12 dicembre 2022 evidenziante lo stato «al grezzo» dell’immobile, è poi seguito l’accertamento del periculum in mora.
4.2. Il detto accertamento in fatto /oltre a non essere in contrasto con la sentenza rescindente, che, pur ribadendo il principio di cui innanzi, non pone a presupposto dell’annullamento il dato di fatto dell’ultimazione delle opere ma l’apoditticità della motivazione circa il periculgt in mora, non è precluso al 041, giudice del rinvio non è vincolato sull’accertamento dei fatti dalla sentenza d’annullamento con rinvio (ex plurimis: Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 2020, Le Voci, Rv. 278629; Sez. 5, n. 36080 del 27/03/2015, Knox, Rv. 264861; Sez. 2, n. 27116 del 22/05/2014, Grande, Rv. 259811; Sez. 6, n. 46220 del 06/11/2009. Brigadieci, Rv. 245540; Sez. 4, n. 43720 del 14/10/2003, Colao, Rv. 226418; Sez. 6, n. 5552 del 29/03/200, COGNOME, Rv. 220563).
4.3. Nell’argomentare nei termini di cui innanzi, peraltro, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, che si intende ribadire, per c è legittimo il sequestro preventivo di un manufatto non ultimato in quanto l’esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in corso è, di per sé, condizione sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove esso insiste, indipendentemente dalla natura e dalla entità degli interventi da eseguire per ultimarlo (Sez. 3, n. 32324 del 01/06/2022, COGNOME, non massimata, nonché, Sez. 3, n. 49220 del 06/01/2014, COGNOME, Rv. 261215, a cui la sentenza innanzi citata fa esplicito riferimento, che, in applicazione del principio e i fattispecie in parte assimilabile alla presente, ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un manufatto, non ancora ultimato, realizzato senza titolo abilitativo in area paesaggisticamente vincolata, sottoposta alla normativa di prevenzione del rischio sismico e gravata da uso civico).
In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186 del 2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore dalla Cassa delle ammende.
Così deciso l’11 gennaio 2024
DEPOSITATO IN CANCELLERIA