LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: il ricorso del proprietario

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una proprietaria contro il sequestro preventivo di un terreno per abusi edilizi commessi dal conduttore. La Corte ha stabilito che, in sede cautelare reale, l’attenzione si concentra sul nesso tra il bene e il reato, non sulla colpevolezza del proprietario. Inoltre, la ricorrente non ha dimostrato un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene, rendendo il suo ricorso infondato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando il Proprietario non può Opporsi

Il tema del sequestro preventivo di un immobile per abusi edilizi commessi da terzi è fonte di numerosi dibattiti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 37523/2025) offre chiarimenti fondamentali sui limiti del ricorso del proprietario estraneo ai fatti, sottolineando la natura ‘reale’ del vincolo e la necessità di dimostrare un interesse concreto alla restituzione del bene.

I fatti del caso

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari su un terreno di proprietà di una signora. Sul terreno erano state realizzate opere abusive (prefabbricati, container, tettoie) da parte del soggetto a cui l’area era stata concessa in locazione. La proprietaria, ritenendosi estranea agli illeciti, presentava richiesta di riesame al Tribunale di Salerno, che però rigettava la sua istanza. Contro questa decisione, la proprietaria proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo al suo concorso nel reato edilizio.

Il sequestro preventivo e le ragioni del ricorso

La difesa della ricorrente sosteneva che l’ordinanza del Tribunale del riesame fosse generica e apodittica. Secondo il ricorso, i giudici non avrebbero adeguatamente considerato l’assenza di qualsiasi prova di un concorso, materiale o morale, della proprietaria nella commissione dell’abuso. Si evidenziava come la qualità di proprietario non comporti automaticamente una responsabilità per gli illeciti edilizi commessi da altri, specialmente quando il bene è concesso in locazione e il proprietario non ha la disponibilità di fatto del suolo né ha svolto attività di vigilanza sui lavori.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, basando la propria decisione su due argomenti principali.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito la natura del sequestro preventivo. Si tratta di una misura cautelare ‘reale’, il cui scopo è interrompere il legame tra la ‘cosa’ (il bene immobile) e il reato. In questa fase, l’accertamento richiesto al giudice non è la colpevolezza di una persona, ma l’esistenza del cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero la ragionevole apparenza di un reato. Il vincolo si concentra sul nesso tra il bene e l’illecito, non tra il bene e l’indagato. Pertanto, la questione della responsabilità personale della proprietaria non era l’elemento centrale da valutare per la legittimità del sequestro.

In secondo luogo, la Corte ha rilevato un elemento decisivo: la ricorrente non aveva dimostrato di avere un interesse concreto e attuale alla restituzione del terreno. Il contratto di locazione aveva una scadenza a lungo termine (fino al 2028) e le opere abusive non appartenevano alla proprietaria. La ricorrente, quindi, non poteva rivendicare un interesse alla restituzione di opere non sue e non aveva prospettato alcun interesse specifico a rientrare in possesso dei terreni prima della scadenza del contratto. Citando una recentissima pronuncia, la Corte ha affermato che chi impugna un sequestro di un bene alla cui restituzione non ha diritto deve allegare un interesse concreto e attuale legato agli effetti della rimozione del vincolo, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: per opporsi efficacemente a un sequestro preventivo, il proprietario di un immobile, pur estraneo all’abuso edilizio, non può limitarsi a negare il proprio coinvolgimento. È necessario che dimostri un interesse giuridicamente rilevante, concreto e attuale, alla restituzione del bene. In assenza di tale prova, e data la finalità del sequestro di interrompere il legame oggettivo tra il bene e il reato, il ricorso è destinato all’inammissibilità.

Può il proprietario di un immobile fare ricorso contro un sequestro preventivo per un abuso edilizio che non ha commesso?
Sì, può fare ricorso. Tuttavia, come chiarisce la sentenza, il successo del ricorso non dipende solo dalla dimostrazione della propria estraneità ai fatti, ma anche dalla capacità di provare un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene.

In un procedimento di sequestro preventivo, è necessario dimostrare la colpevolezza del proprietario dell’immobile?
No. La sentenza specifica che in sede cautelare reale è sufficiente accertare il cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero l’apparenza del reato, e il nesso tra il bene e l’illecito. La questione della responsabilità penale individuale viene accertata nelle fasi successive del procedimento.

Cosa deve dimostrare il proprietario per ottenere l’annullamento del sequestro preventivo in un caso come questo?
Oltre a contestare i presupposti del sequestro, il proprietario deve dimostrare un interesse concreto e attuale alla rimozione del vincolo. Nel caso specifico, la ricorrente avrebbe dovuto allegare le ragioni per cui la rimozione del sequestro avrebbe inciso positivamente sulla sua posizione, nonostante il bene fosse locato a lungo termine e le opere abusive non le appartenessero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati