Sequestro Preventivo: Quando la Motivazione è Tutto
Il sequestro preventivo è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria, capace di congelare il patrimonio di un indagato. Tuttavia, il suo utilizzo non è discrezionale ma ancorato a presupposti rigorosi. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare un aspetto cruciale: la necessità di una motivazione concreta e specifica sul pericolo che la libera disponibilità dei beni rappresenta. Vediamo come una motivazione carente possa portare all’annullamento della misura.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un’indagine per truffa aggravata e abuso di prestazioni professionali a carico di tre persone. Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale della Capitale aveva disposto il sequestro preventivo di conti correnti, titoli e un immobile appartenenti agli indagati. La finalità della misura era ‘impeditiva’, ovvero mirava a evitare che la disponibilità di tali beni potesse ‘agevolare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati’.
Gli indagati hanno presentato istanza di riesame e il Tribunale di Roma ha accolto le loro ragioni, annullando il provvedimento di sequestro e ordinando la restituzione dei beni. Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso.
La Decisione del Tribunale del Riesame
Il Tribunale, pur riconoscendo la sussistenza del fumus boni iuris (cioè la probabile esistenza del reato), ha concentrato la sua analisi sul periculum in mora, il secondo pilastro del sequestro preventivo. Secondo i giudici del riesame, il provvedimento originario mancava di una motivazione specifica su questo punto.
Il GIP si era limitato ad affermare in modo generico che la disponibilità dei beni avrebbe potuto favorire la commissione di altri reati o aggravare le conseguenze di quello contestato. Il Tribunale ha ritenuto tale motivazione insufficiente, quasi una formula di stile, poiché non spiegava in concreto in che modo la disponibilità dei conti correnti e dell’immobile potesse produrre tali effetti, soprattutto considerando che il rapporto contrattuale da cui era scaturita la presunta truffa era interrotto da anni.
Le Motivazioni: La Distinzione tra Sequestro Impeditivo e Sequestro per Confisca
Il cuore della questione risiede nella distinzione tra le diverse finalità del sequestro. Il Pubblico Ministero aveva richiesto, e il GIP concesso, un sequestro preventivo con funzione ‘impeditiva’ (art. 321, comma 1, c.p.p.). Questa misura richiede la prova di un pericolo attuale e concreto che il bene venga utilizzato per commettere nuovi reati o per peggiorare gli effetti di quello già commesso.
Nel caso di specie, mancava una spiegazione plausibile di questo pericolo. Non era chiaro quali altri reati gli indagati avrebbero potuto commettere con quei beni, né come potessero aggravare una situazione già consolidata nel tempo.
Il Tribunale del riesame ha inoltre precisato un principio fondamentale: non poteva ‘sanare’ la carenza motivazionale riqualificando d’ufficio il sequestro. Non poteva, cioè, trasformarlo da ‘impeditivo’ a ‘finalizzato alla confisca del profitto del reato’. Si tratta di due misure con presupposti e finalità diverse, e il potere del giudice del riesame non si estende fino a modificare la natura stessa della misura richiesta dalla pubblica accusa.
Conclusioni: L’Onere di una Motivazione Specifica e Concreta
La decisione analizzata ribadisce un principio di garanzia fondamentale nel nostro ordinamento: le misure che limitano i diritti patrimoniali devono essere sorrette da una motivazione non solo esistente, ma anche specifica, concreta e pertinente alla finalità perseguita. Non sono ammesse motivazioni generiche o presuntive. L’accusa ha l’onere di dimostrare il periculum in mora con argomenti fattuali, spiegando il nesso logico tra la disponibilità del bene e il pericolo che si intende neutralizzare. In assenza di tale prova, il sequestro è illegittimo e deve essere annullato, senza che il giudice del riesame possa intervenire per correggerne la natura e lo scopo.
Quali sono i presupposti per disporre un sequestro preventivo impeditivo?
Per disporre un sequestro preventivo impeditivo sono necessari due presupposti: il
fumus boni iuris, ovvero la probabile sussistenza del reato, e il
periculum in mora, cioè il pericolo concreto e attuale che la libera disponibilità del bene possa aggravare le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri illeciti.
Perché il sequestro è stato annullato in questo caso specifico?
Il sequestro è stato annullato perché il provvedimento iniziale del GIP mancava di una motivazione specifica sul periculum in mora. Non spiegava in concreto come la disponibilità dei conti e dell’immobile potesse favorire nuovi reati o aggravare quello contestato, soprattutto dato che il rapporto contrattuale all’origine dei fatti era terminato da anni.
Può il Tribunale del riesame cambiare la finalità di un sequestro?
No, il Tribunale del riesame non può modificare la qualificazione giuridica del sequestro. Se il sequestro è stato richiesto e concesso con finalità impeditiva ma manca la motivazione sul pericolo, il Tribunale non può ‘salvarlo’ riqualificandolo come sequestro finalizzato alla confisca, poiché si tratta di misure con presupposti differenti.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2504 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2504 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA nei confronti di: COGNOME NOME COGNOME nato a FRASCATI il 25/05/1944 COGNOME NOME nato a FRASCATI il 27/05/1967 COGNOME NOME nato a FRASCATI il 30/01/1978
avverso l’ordinanza del 07/08/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio al Tribunale di Roma; udito l’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Roma ha annullato, su riesame di NOME COGNOME nonché di NOME ed NOME COGNOME, il provvedimento di sequestro disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della Capitale su conti correnti, titoli ed un bene immobile in relazione alla truffa aggravata dall’entità del danno causato e dell’abuso di prestazioni professionali che,
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in prospettiva accusatoria, i tre indagati avevano commesso ai danni di un libero professionista. Con la decisione, è stata altresì disposta la restituzione di quanto i sequestro agli aventi diritto, fatta salva la sussistenza di un vincolo di sequestr probatorio, non contestato dai ricorrenti.
Nel merito, il provvedimento, risolta in senso positivo la questione sulla sussistenza della condizione di procedibilità e ritenuto sussistente il fumus boni iuris del reato contestato, affronta il tema della sussistenza del periculum in mora osservando preliminarmente che il provvedimento è stato richiesto ed è stato disposto in funzione preventiva impeditiva, ritenendosi che la disponibilità dei beni potesse “agevolare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati” ed anche perché la disponibilità di tali beni “favorisce l commissione del reato in contestazione, il cui profitto è conseguito proprio dalla disponibilità delle somme; inoltre, la libera disponibilità degli immobili … potre essere dannosa poiché oggetto di vendita”. Si aggiunge inoltre che il giudice ha disposto il sequestro preventivo osservando, in relazione alle esigenze cautelari, “che il protrarsi della disponibilità di tale somma indebitamente percepita … pu aggravare le conseguenze del reato, anche per la possibilità che gli indagati possano disfarsi delle risorse possedute rendendo impossibile il recupero del profitto del reato”.
Dal tenore letterale degli atti processuali, si conclude, deve ritenersi che i sequestro sia stato richiesto e disposto unicamente a fini impeditivi e non a fini di confisca e che, tuttavia non risulti evidenziato in cosa la disponibilità dei co correnti e dell’immobile possa aggravare o protrarre la commissione del reato, posto che il rapporto contrattuale fra le parti si è ormai interrotto da anni, ovve favorire la commissione di altri reati a cui siano concretamente destinati.
L’ordinanza si conclude osservando che la carenza motivazionale non possa essere colmata in via suppletiva e che il Tribunale non possa diversamente qualificare il sequestro ai fini della confisca.
Con atto rivolto al Tribunale di Roma e qualificato come appello ex art. 322bis cod. proc. pen., ma riqualificato quale ricorso ed inviato in Cassazione a seguito di provvedimento del Presidente del Tribunale di Roma, il Pubblico