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Sequestro preventivo: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero contro l’annullamento di un sequestro preventivo. Il caso riguardava un pubblico ufficiale accusato di corruzione per aver omesso controlli in cambio di incarichi universitari. La Corte ha chiarito che il ricorso per cassazione contro un provvedimento di sequestro preventivo è consentito solo per ‘violazione di legge’ e non per criticare la logica della motivazione del giudice del riesame, a meno che questa non sia totalmente assente o meramente apparente.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando la Cassazione non può riesaminare le prove

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35440/2025, ha ribadito un principio fondamentale in materia di sequestro preventivo: il ricorso contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame è strettamente limitato alla “violazione di legge”, escludendo la possibilità di contestare la valutazione degli indizi. Questa pronuncia offre spunti essenziali per comprendere i confini del giudizio di legittimità sulle misure cautelari reali.

I Fatti di Causa: Un’ipotesi di Corruzione

Il caso trae origine da un’indagine a carico di un veterinario, convenzionato con l’Azienda Sanitaria Pubblica e incaricato delle ispezioni presso gli stabulari di un’università. Secondo l’accusa, il professionista avrebbe fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata a commettere reati di corruzione, falso e truffa. Nello specifico, si ipotizzava che avesse omesso le dovute ispezioni sulle attività di sperimentazione animale, in violazione delle normative, ottenendo in cambio utilità come pubblicazioni su riviste scientifiche e incarichi accademici presso la stessa università.

Sulla base di queste accuse, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo di una somma di denaro, ritenuta provento del reato di corruzione.

La Decisione del Tribunale del Riesame: Cade il ‘Fumus Commissi Delicti’

L’indagato aveva impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, il quale aveva annullato il sequestro. Secondo il Tribunale, pur essendoci una coincidenza temporale tra le presunte omissioni e i benefici ricevuti, mancavano elementi concreti (conversazioni, documenti) in grado di provare un vero e proprio accordo corruttivo, il cosiddetto pactum sceleris. In altre parole, non era stato dimostrato un collegamento diretto e causale tra la funzione ispettiva e gli incarichi accademici, rendendo insussistente il fumus commissi delicti necessario per mantenere la misura cautelare.

L’Appello e i Limiti del Ricorso sul Sequestro Preventivo

Il Pubblico Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale del Riesame avesse analizzato gli atti in modo frammentario e illogico, omettendo di considerare il contesto associativo e l’evidente conflitto di interessi dell’indagato. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per chiarire i limiti del proprio potere di revisione in materia di sequestro preventivo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali è consentito solo per violazione di legge. A differenza di quanto avviene per le misure cautelari personali (come la custodia in carcere), dove è richiesta una ‘elevata probabilità di colpevolezza’, per il sequestro preventivo è sufficiente uno standard probatorio meno rigoroso, il fumus commissi delicti.

La violazione di legge si configura solo quando la motivazione del provvedimento impugnato è:

1. Totalmente assente: il giudice non fornisce alcuna giustificazione per la sua decisione.
2. Meramente apparente: la motivazione è così generica o tautologica da non rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice.

Nel caso in esame, il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione, seppur sintetica. Aveva spiegato che l’unico elemento a sostegno dell’accusa era la contestualità temporale tra condotta e beneficio, ritenendola insufficiente a provare un patto illecito. Questa motivazione, per la Cassazione, esiste ed è comprensibile, anche se l’accusa non la condivide.

Il ricorso del Pubblico Ministero, lamentando una ‘visione parcellizzata’ e una valutazione illogica, non denunciava una vera violazione di legge, ma tentava di sollecitare una diversa lettura del quadro probatorio. Questo, però, è un compito che spetta al giudice di merito (come il Tribunale del Riesame) e non alla Corte di Cassazione, che non può riesaminare i fatti.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cruciale: nel giudizio di legittimità su un sequestro preventivo, non è possibile contestare la logicità o la persuasività della valutazione degli indizi fatta dal Tribunale del Riesame. Il ricorso è destinato all’inammissibilità se, invece di evidenziare un’autentica violazione di legge (come una motivazione inesistente), si limita a proporre una ricostruzione dei fatti alternativa a quella del giudice precedente. La stabilità delle decisioni cautelari reali viene così rafforzata, delineando con precisione i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la logica della valutazione delle prove fatta dal Tribunale del Riesame, anziché una vera e propria ‘violazione di legge’. In materia di sequestro preventivo, il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione dei fatti, ma solo per denunciare errori nell’applicazione della legge o una motivazione totalmente assente o apparente.

Qual è lo standard di prova necessario per disporre un sequestro preventivo?
Lo standard richiesto è il ‘fumus commissi delicti’, ovvero la sufficienza di indizi che rendano sostenibile l’ipotesi di reato. Si tratta di uno standard meno rigoroso rispetto ai ‘gravi indizi di colpevolezza’ necessari per le misure cautelari personali, i quali richiedono un’elevata probabilità di colpevolezza.

Cosa significa che la motivazione di un provvedimento è ‘meramente apparente’?
Una motivazione è ‘meramente apparente’ quando, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, contraddittoria o tautologica da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. In questi casi, la motivazione equivale a una sua totale assenza e costituisce una violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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