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Sequestro preventivo: i limiti del ricorso del terzo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due soci di una società alberghiera, terzi estranei al reato, avverso un’ordinanza di sequestro preventivo. La sentenza chiarisce che i terzi possono contestare solo la propria titolarità del bene e l’assenza di un loro contributo al reato, ma non possono sindacare nel merito la sussistenza degli indizi a carico dell’indagato principale o l’adeguatezza della motivazione del giudice, se non in caso di vizio radicale. È stata inoltre ribadita la distinzione tra sequestro preventivo ‘impeditivo’ e quello finalizzato alla confisca.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quali Difese per il Terzo Proprietario? La Cassazione Fa Chiarezza

Il sequestro preventivo è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria, capace di bloccare beni e intere aziende. Ma cosa succede quando il proprietario di tali beni è un soggetto terzo, estraneo ai reati contestati? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 7742/2025) offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso che il terzo può proporre, delineando un perimetro difensivo ben preciso.

I Fatti di Causa: Un’Azienda Alberghiera Sotto Sequestro

Il caso trae origine da un’indagine per reati fiscali a carico di un individuo, sospettato di aver utilizzato una serie di società per commettere illeciti, tra cui l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Nel corso delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari dispone il sequestro preventivo delle quote e dei beni aziendali di una società a responsabilità limitata operante nel settore alberghiero.

I soci di tale azienda, un uomo e una donna, pur essendo formalmente titolari e amministratori, si dichiarano terzi estranei ai fatti, sostenendo che la gestione di fatto fosse interamente riconducibile all’indagato principale. Impugnano quindi il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, il quale, pur revocando parzialmente il sequestro per una struttura, conferma il vincolo sul resto del patrimonio aziendale.

I due soci decidono allora di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando diversi vizi, tra cui:
1. L’illegittimità del sequestro, in quanto disposto anche a fini di confisca senza una specifica richiesta del Pubblico Ministero.
2. La mancanza di motivazione sulla gestione di fatto della società da parte dell’indagato.
3. L’errata quantificazione del profitto confiscabile.
4. La carenza di motivazione sulla natura fraudolenta di alcune fatture.
5. La genericità delle ragioni sul ‘pericolo nel ritardo’ che giustificava la misura cautelare.

La Decisione della Corte sul sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi infondati, rigettandoli integralmente. La decisione si basa su principi consolidati in materia di misure cautelari reali e chiarisce in modo netto quali argomenti possono essere validamente sollevati dal terzo interessato in sede di legittimità.

Le Motivazioni: I Limiti invalicabili del Ricorso del Terzo

Il cuore della sentenza risiede nella distinzione tra le diverse finalità del sequestro e nei limiti intrinseci del ricorso per cassazione in materia cautelare. La Corte ha stabilito che:

* Il sequestro era solo ‘impeditivo’: I giudici hanno chiarito che il provvedimento impugnato era un sequestro preventivo ‘impeditivo’ (art. 321 c.p.p.), volto cioè a impedire l’uso della società per commettere altri reati, e non un sequestro finalizzato alla confisca (diretta o per equivalente) del profitto del reato. Di conseguenza, tutte le doglianze relative alla nozione di profitto e alla sua quantificazione sono state giudicate irrilevanti e non pertinenti.
* Il ricorso del terzo ha un oggetto limitato: La giurisprudenza costante, ribadita dalla Corte, afferma che il terzo proprietario dei beni sequestrati può dedurre unicamente la propria effettiva titolarità e l’inesistenza di un proprio contributo, anche solo a titolo di negligenza, al reato. Non può, invece, contestare la sussistenza dei presupposti della misura cautelare, come la gravità degli indizi a carico dell’indagato.
* La valutazione dei fatti non è sindacabile in Cassazione: Il ricorso per cassazione contro le misure cautelari reali è consentito solo per violazione di legge. Non è possibile riesaminare il merito delle valutazioni del Tribunale, come quella relativa alla gestione di fatto della società da parte dell’indagato. La Corte può intervenire solo se la motivazione è totalmente assente, meramente apparente o manifestamente illogica, cosa che nel caso di specie non è stata ravvisata. Il Tribunale, infatti, aveva basato la sua decisione su elementi concreti come dichiarazioni, intercettazioni e messaggi.
* Le questioni esecutive vanno affrontate in altra sede: Le lamentele dei ricorrenti su presunti errori avvenuti durante l’esecuzione materiale del sequestro (ad esempio, l’apposizione dei sigilli anche a fini di confisca) sono state ritenute estranee al giudizio di legittimità del provvedimento. Tali questioni devono essere rivolte al pubblico ministero o al giudice dell’esecuzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida un orientamento fondamentale per chiunque si trovi coinvolto, come terzo, in un procedimento penale con misure cautelari reali. Le implicazioni pratiche sono chiare: la strategia difensiva del terzo non può concentrarsi sulla debolezza dell’impianto accusatorio contro l’indagato, ma deve focalizzarsi esclusivamente sul dimostrare la propria totale estraneità e buona fede rispetto sia al bene sequestrato sia alla condotta illecita contestata. Inoltre, la sentenza sottolinea l’importanza di distinguere la fase di impugnazione del titolo cautelare da quella relativa alla sua esecuzione, indirizzando le eventuali doglianze alle autorità competenti per ciascuna fase.

Un terzo proprietario di beni sottoposti a sequestro preventivo può contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice a carico dell’indagato principale?
No. Secondo la Corte, il terzo interessato non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, come la gravità degli indizi a carico dell’indagato. Il suo ricorso è limitato a dimostrare la propria effettiva titolarità sui beni e la totale estraneità al reato.

Qual è la differenza tra sequestro preventivo ‘impeditivo’ e sequestro finalizzato alla confisca?
Il sequestro preventivo ‘impeditivo’ (art. 321 c.p.p.) ha lo scopo di impedire che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze del crimine o agevolare la commissione di altri reati. Il sequestro a fini di confisca (es. art. 12-bis D.Lgs. 74/2000) è invece finalizzato a sottrarre definitivamente il profitto o il prezzo del reato dal patrimonio del reo.

Se durante l’esecuzione di un sequestro preventivo vengono commessi errori procedurali, a chi ci si deve rivolgere?
Le doglianze relative alla fase di esecuzione del provvedimento non possono essere fatte valere nel giudizio di legittimità dell’ordinanza di sequestro. Devono essere rivolte al pubblico ministero, che sovrintende all’esecuzione, o, in caso di controversia, al giudice dell’esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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