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Sequestro preventivo: i doveri del giudice del rinvio

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio un’ordinanza che confermava un sequestro preventivo per una presunta truffa sui fondi pubblici. Il caso riguarda un imputato il cui profitto del reato sarebbe stato già restituito da una compagnia assicurativa. La Suprema Corte ha censurato il giudice del rinvio per non aver chiarito, come richiesto in una precedente sentenza, se l’imputato fosse effettivamente accusato del reato specifico alla base del sequestro. Questa verifica fondamentale è stata ritenuta preliminare a qualsiasi valutazione sul valore del sequestro stesso.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo: la Cassazione annulla e detta i principi per il giudice del rinvio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29707 del 2025, torna a pronunciarsi su un complesso caso di sequestro preventivo legato a ipotesi di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Questa decisione è di particolare interesse perché chiarisce i precisi doveri del giudice del rinvio, ovvero il giudice che deve riesaminare il caso dopo un annullamento da parte della Suprema Corte. Il punto centrale è la necessità di accertare, prima di ogni altra valutazione, l’effettiva sussistenza dell’imputazione a carico del soggetto colpito dalla misura cautelare.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso nel 2020 dal GIP del Tribunale di Bari. La misura cautelare reale era finalizzata alla confisca per equivalente del profitto che un imprenditore avrebbe ottenuto da diverse truffe ai danni di un ente pubblico erogatore di fondi.

L’imputato presentava istanza di revoca parziale, sostenendo di essere già stato prosciolto in un procedimento separato per uno dei fatti contestati. L’istanza veniva rigettata e la questione giungeva fino in Cassazione una prima volta. La Suprema Corte annullava con rinvio la decisione, evidenziando che il giudice d’appello aveva errato nel non considerare adeguatamente i collegamenti tra i due procedimenti e nel ritenere inammissibile la produzione di documenti relativi alla restituzione delle somme da parte di una compagnia assicurativa tramite polizza fideiussoria.

Tuttavia, il Tribunale, in sede di rinvio, rigettava nuovamente l’appello. Secondo il giudice del rinvio, il proscioglimento riguardava solo una parte della condotta e, soprattutto, l’incameramento delle somme da parte dell’ente pubblico non eliminava il profitto del reato per l’imputato, ma solo il danno. Contro questa nuova decisione, l’imputato ricorreva nuovamente in Cassazione.

L’importanza del sequestro preventivo e il ruolo del rinvio

Il sequestro preventivo è uno strumento potente volto a congelare i beni ritenuti profitto di un reato in attesa della definizione del processo. Quando la Cassazione annulla una decisione e rinvia il caso a un altro giudice, quest’ultimo non ha carta bianca, ma deve attenersi scrupolosamente ai principi di diritto enunciati dalla Corte.

Nel caso in esame, il ricorrente lamentava proprio questo: il giudice del rinvio aveva ignorato le indicazioni della Cassazione, ripetendo sostanzialmente la motivazione della precedente ordinanza annullata. La questione preliminare, fondamentale, era stabilire se l’imputato fosse effettivamente accusato per il capo d’imputazione che giustificava quella specifica porzione di sequestro.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando per la seconda volta l’ordinanza del Tribunale. La motivazione della Cassazione è netta e si concentra su un vizio logico-giuridico fondamentale nella decisione impugnata.

I giudici di legittimità hanno stabilito che il Tribunale del rinvio non ha sciolto l’equivoco di fondo: l’imputato è o non è accusato del reato (capo 29) per cui è stato imposto il sequestro preventivo? Se tale reato non gli fosse formalmente contestato nel presente giudizio, non potrebbe essergli attribuito il relativo profitto e, di conseguenza, il sequestro nei suoi confronti sarebbe ingiustificato.

Il giudice del rinvio, invece di partire da questa verifica essenziale, si è concentrato sulla non perfetta coincidenza tra i fatti del primo procedimento (concluso con proscioglimento) e quelli del secondo. Questo, secondo la Cassazione, non è sufficiente. Era necessario, come indicato nella prima sentenza di annullamento, analizzare gli atti processuali (come l’avviso di conclusione delle indagini e il decreto di rinvio a giudizio) per verificare se quel capo d’imputazione fosse stato effettivamente mosso contro l’imputato. Mancando questa chiarezza, l’intera costruzione logica dell’ordinanza impugnata crolla.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha disposto un nuovo rinvio, questa volta al Tribunale di Bari, affinché proceda a un nuovo giudizio. Il principio affermato è chiaro: prima di discutere del quantum (cioè dell’ammontare) del sequestro preventivo e degli effetti della restituzione delle somme da parte di terzi, il giudice deve risolvere la questione pregiudiziale: esiste un’imputazione valida che giustifichi l’applicazione della misura cautelare nei confronti di quel soggetto? Solo dopo aver risposto affermativamente a questa domanda, si potranno esaminare gli altri motivi di ricorso, come la riduzione del profitto a seguito del pagamento della polizza fideiussoria. La sentenza ribadisce il rigore con cui il giudice del rinvio deve conformarsi alle indicazioni della Corte, pena la nullità della sua decisione.

Cosa deve fare il giudice del rinvio dopo un annullamento della Cassazione?
Il giudice del rinvio è tenuto a conformarsi ai principi di diritto stabiliti dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha disposto l’annullamento. Non può ignorare tali principi né riproporre la stessa motivazione già ritenuta errata, ma deve riesaminare il caso attenendosi alle indicazioni ricevute, come chiarire un punto fondamentale e preliminare prima di decidere nel merito.

La restituzione di somme da parte di un terzo (es. un’assicurazione) riduce il profitto del reato ai fini del sequestro preventivo?
La sentenza non fornisce una risposta definitiva a questa domanda, poiché la ritiene una questione successiva e assorbita. La Corte stabilisce che, prima di valutare se e come la restituzione incida sul profitto confiscabile (il ‘quantum’), è indispensabile accertare se esista un’imputazione valida che giustifichi in primo luogo il sequestro (‘an’). La questione sul quantum potrà essere affrontata solo dopo aver risolto questo dubbio preliminare.

Perché è così importante verificare l’esatta contestazione del reato prima di confermare un sequestro?
È fondamentale perché il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può essere applicato solo nei confronti di chi è formalmente imputato del reato da cui deriva il profitto illecito. Se a una persona non viene contestato un determinato reato, non le si può attribuire il relativo profitto e, di conseguenza, non si possono sequestrare i suoi beni a quel titolo. Verificare l’imputazione è quindi un presupposto essenziale di legittimità della misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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