Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29707 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29707 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 13/01/1972
avverso l’ordinanza del 17/02/2025 del Tribunale di Foggia;
visti gli atti del procedimento, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 23 ottobre 2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari disponeva il sequestro preventivo di liquidità, rapporti bancari ed altri beni nella disponibilità di NOME COGNOME funzionale alla confisca pe equivalente del profitto da lui ritratto attraverso varie truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis, cod. pen.), delle quali è imputato.
1.1. Con ordinanza dell’8 aprile 2024, il Tribunale di Foggia, quale giudice competente per il giudizio di cognizione, respingeva l’istanza di revoca parziale del
sequestro, avanzata dall’imputato in relazione ad uno di quei reati, rubricato al capo 29) dell’imputazione, sul presupposto per cui egli fosse stato separatamente giudicato in altro processo, conclusosi nel frattempo con sentenza di non luogo a procedere. GLYPH
–0664d9
1.2. Avverso tale decisione COGNOME interponeva appello al Tribunale di 122 – a. altresì rilevando come, nel frattempo, la “RAGIONE_SOCIALE“, ente erogatore delle provvidenze pubbliche ch’egli avrebbe indebitamente ottenuto, avesse riscosso le polizze fideiussorie da lui prestate attraverso una compagnia assicurativa privata, con conseguente diminuzione del profitto del reato e necessità, dunque, di una corrispondente riduzione dell’ammontare del sequestro.
Il Tribunale, però, con ordinanza del 9 maggio 2024, respingeva il gravame, rilevando: a) che l’imputazione per la quale era intervenuta la sentenza liberatoria nel separato processo non corrispondeva a quella del ridetto capo 29), né per gli elementi materiali della condotta, né per la qualificazione giuridica della stessa; b) che l’intervenuta irrevocabilità dell’escussione delle polizze e dell’incameramento delle relativa somme da parte dellmAGEA” costituiva fatto nuovo, non dedotto dall’interessato con l’istanza di revoca e, dunque, non deducibile per la prima volta in appello.
1.3. La difesa dell’imputato adiva, quindi, il giudice di legittimità, che, con sentenza n. 45870 del 22 ottobre 2024, annullava con rinvio l’ordinanza d’appello, rilevando che:
l’assunto della non identità dei fatti di cui al capo 29) dell’imputazione rispetto a quelli per i quali NOME era stato giudicato e prosciolto nel separato giudizio non teneva conto della specifica indicazione, contenuta in tale capo d’imputazione, della pendenza nei confronti di costui dell’altro procedimento, nonché trascurava il mancato richiamo di quel capo, con riferimento alla posizione dello stesso, sia nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari che nel decreto che dispone il giudizio, così come documentato dalla sua difesa;
la ritenuta preclusione alla disamina della circostanza riguardante l’avvenuto incameramento delle somme restituite ad “RAGIONE_SOCIALE” collideva con la costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui la cognizione del giudice dell’appello cautelare si estende ai motivi – come quello – strettamente connessi a quelli di gravame e dagli stessi dipendenti; peraltro – rilevava la Corte – la questione era stata prospettata nell’istanza originaria e, comunque, secondo l’insegnamento di Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286155, nel giudizio di appello cautelare possono essere prodotti dalle parti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello;
-per l’effetto, risultava assorbita l’ulteriore doglianza riguardante l’eccedenza di quanto effettivamente appreso, rispetto all’importo oggetto del vincolo;
1.4. Il Tribunale dig:a54chiamato nuovamente a pronunciarsi in sede di rinvio, ha rigettato l’appello, osservando che:
il proscioglimento di COGNOME nel separato processo ha riguardato una condotta (la sovrafatturazione di attrezzature industriali) che costituisce solo una delle diverse modalità di commissione della truffa rubricata al capo 29): imputazione, questa, che dunque residua a carico di costui anche nel presente giudizio;
l’incameramento, da parte di “RAGIONE_SOCIALE“, di parte delle somme indebitamente erogate ad COGNOME per effetto della truffa ha ridotto il danno del reato, ma n il profitto attraverso di esso conseguito dall’imputato, non avendo questi evaso la richiesta di restituzione di dette somme avanzatagli dalla compagnia assicurativa in forza della polizza fideiussoria e, perciò, non potendo egli giovarsi del correlato effetto riduttivo sul vincolo.
Avverso tal ultima decisione ricorre l’imputato con atto dei propri difensori, sulla base di tre motivi.
2.1. Il primo consiste essenzialmente nella violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., per inosservanza dei princìpi stabiliti dalla sentenza rescindente.
Il giudice di rinvio, fraintendendo tale sentenza rescindente e sostanzialmente replicando la motivazione dell’ordinanza annullata, si è concentrato nuovamente sul raffronto tra l’imputazione del capo 29) e quella elevata al ricorrente nel separato procedimento a suo carico, valorizzandone la diversità, quando invece la Corte di cassazione gli aveva ingiunto di considerare lo specifico riferimento al distinto processo operato dal Pubblico ministero nel capo 29) ed il mancato riferimento a quest’ultima imputazione, a carico di COGNOME sia nell’avviso di conclusione delle indagini che nel decreto che ha disposto il giudizio. Di qui argomenta la difesa – la conclusione per cui COGNOME non sarebbe imputato della truffa aggravata rubricata in quel capo e, essendo stato egli definitivamente prosciolto per il relativo fatto nel distinto procedimento, dev’essere revocato il sequestro da lui subìto per quel titolo nella fase delle indagini in applicazione del principio solidaristico tra i coindagati.
2.2. Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione, nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha ritenuto irrilevante, ai fini della riduzione de profitto del reato e della conseguente revoca del sequestro nella misura corrispondente, le restituzioni di somme effettuate in favore della “RAGIONE_SOCIALE” dalla
compagnia assicurativa per effetto delle polizze fideiussorie stipulate dal ricorrente.
Secondo il Tribunale, tale circostanza avrebbe ridotto il danno ma non il profitto del reato. A proprio sostegno, tuttavia, quei giudici hanno citato giurisprudenza di legittimità inconferente, poiché relativa ad una fattispecie di confisca – quella dell’art. 603-13/5.2, cod. pen. – che, diversamente da quella degli artt. 640 -quater e 322-ter, stesso codice, fa salvo espressamente il diritto alle restituzioni ed al risarcimento della persona offesa, la cui soddisfazione, quindi, va ad aggiungersi all’ablazione del profitto.
Inoltre, nessun rilievo può assumere la circostanza che NOME non abbia soddisfatto la richiesta di rimborso delle somme pagate per lui dalla compagnia assicurativa garante, avendo ciò comunque eliso il profitto del reato e dandosi luogo, altrimenti, ad una duplicazione sanzionatoria contrastante con il principio di proporzionalità della sanzione e con gli artt. 2, 23 e 25, Cost..
2.3. La terza doglianza consiste nel difetto di motivazione sul motivo d’appello riguardante l’eccedenza delle somme sottoposte a vincolo all’atto dell’esecuzione del sequestro, rispetto al valore indicato nel provvedimento impositivo della misura.
La sentenza rescindente non sia era pronunciata sul punto, dichiarando assorbita la relativa censura in ragione dell’accoglimento dei precedenti motivi.
Il giudice di rinvio, fraintendendo anche in questo caso detta decisione, ha erroneamente ritenuto di non doversi pronunciare sulla relativa questione, invece rimasta aperta per effetto del mancato pronunciamento da parte del giudice di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione merita di essere accolta, non avendo il Tribunale d’appello compiutamente assolto al dovere supplementare di motivazione impostogli dalla sentenza di annullamento con rinvio dello scorso ottobre.
L’ordinanza impugnata non chiarisce con la necessaria nitidezza, anzitutto, l’equivoco di fondo, dal quale dipende l’esito del sequestro: vale a dire se COGNOME sia imputato o meno della truffa di cui al capo 29) dell’imputazione, del delitto, cioè, in relazione al quale la misura cautelare risulterebbe essere stata imposta. Qualora tale reato non gli fosse contestato, infatti, evidentemente non potrebbe a lui ascriversene il profitto e, di conseguenza, non sarebbe giustificato, nei suoi confronti, il sequestro funzionale alla confisca del relativo tantundem.
Ebbene, dagli atti allegati in copia al ricorso – avviso di conclusione delle indagini preliminari e decreto che ha disposto il giudizio – parrebbe di no, ma il
punto non emerge con la dovuta precisione e necessita, perciò, di un definitivo chiarimento.
3. In secondo luogo, il Tribunale insiste sulla diversità del reato contestato al ricorrente nel distinto processo (e dal quale risulterebbe essere stato assolto),
perché differenti sarebbero sia il titolo che la condotta materiale, giacché, in quel processo, egli era chiamato a rispondere di un reato tributario e gli si addebitava
esclusivamente la sovrafatturazione di acquisiti di attrezzature industriali:
condotta, questa, che invece costituirebbe soltanto una delle differenti modalità di commissione della truffa di cui al capo 29) del presente processo, unitamente alla
simulazione di vendite di prodotti agricoli ed alla gestione di società estere mediante prestanome.
Anche sul punto, però, il provvedimento impugnato non restituisce un quadro di fatto sufficientemente chiaro, tale, cioè, da far emergere con certezza che
l’addebito – in ipotesi – mosso nel presente processo riguardi una condotta che, a prescindere dalla differente qualificazione giuridica, sia realmente diversa ed ulteriore rispetto alla mendace sovrafatturazione di acquisti contestata nel separato giudizio, secondo il criterio della corrispondenza storico-naturalistica delle condotte, in tutti i loro elementi costitutivi e con riguardo alle circostanze d tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799).
Si rende necessaria, dunque, una motivazione puntuale su tali aspetti e, a tal fine, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata, con rinvio al Tribunale per un nuovo giudizio.
Rimanendo ancora sub iudice la legittimità del sequestro, gli altri motivi di ricorso, in quanto afferenti al quantum dell’ablazione, rimangono assorbiti.
Su di essi, se necessario, dovrà pronunciarsi il giudice d’appello, all’esito della disamina sui precedenti punti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di ;EDI competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p..
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2025.