Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 42975 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 42975 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato in Germania il DATA_NASCITA
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza emessa il 02/05/2024 dal Tribunale di Avellino visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso proposto dal COGNOME, e l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza quanto alla RAGIONE_SOCIALE; udito il difensore dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 02/05/2024, il Tribunale di Avellino ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame proposta da COGNOME NOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, avverso il decreto di sequestro probatorio emesso dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale
di Avellino per il reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, contestato COGNOME nella predetta qualità.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta carenza di interesse a proporre la richiesta di riesame in qualità di indagato. Si deduce che, nell’impostazione del Tribunale, il decreto di sequestro risulterebbe non impugnabile da alcuno (non dal COGNOME persona fisica, per l’insussistenza di un diritto alla restituzione di quanto in sequestro; non dalla COGNOME da lui rappresentata, che non sarebbe legittimata ad aggredire il provvedimento per l’insussistenza dei suoi presupposti). Si evidenzia comunque che il COGNOME in quanto legale rappresentante e socio unico della società titolare dei conti correnti sequestrati – doveva in realtà ritenersi legittimato a richiedere l restituzione dei conti medesimi. La difesa deduce poi l’inconferenza dei precedenti giurisprudenziali evocati dal Tribunale rispetto alla fattispecie concreta, richiamando – oltre alle dichiarazioni rese dal COGNOME in sede di interrogatorio di garanzia – la documentazione prodotta a sostegno dell’attività effettivamente svolta dalla società, della legittima provenienza del danaro giacente sui conti, e quindi dell’insussistenza del fumus commissi delicti.
2.2. Quanto poi alla ritenuta inammissibilità dell’impugnazione proposta nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, la difesa contesta la ritenuta impossibilità, per quest’ultima, di far valere il difetto di fumus, censurando il formalismo qualificativo alla base della decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nel proporre impugnazione “in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE“, il COGNOME ha proposto in realtà due distinti ricorsi, che devono essere oggetto di una separata trattazione.
Il ricorso del COGNOME è inammissibile.
Prendendo le mosse dalla circostanza – non contestata dalla difesa ricorrente – relativa all’avvenuta apprensione di beni non appartenenti al COGNOME, ma alla sola RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale ha ritenuto inammissibile il ricorso dell’indagato per carenza di interesse.
Si tratta di una decisione che fa buon governo dell’insegnamento, del tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo cui «l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro» (Sez. 3, n. 47313 del
17/05/2017, COGNOME, Rv. 271231 – 01. In applicazione del principio, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso dell’indagato per la restituzione di beni in sequestro di proprietà di una società in accomandita, in quanto, sebbene egli ne fosse il legale rappresentante, aveva presentato il ricorso in proprio; nè è stato ravvisato un interesse nell’ottenimento, come indagato, di una pronuncia sull’insussistenza del fumus commissi delicti, attesa l’autonomia del giudizio cautelare da quello di merito. In senso conforme, tra le molte altre, cfr. Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, Piances, Rv. 266713 – 01).
L’indirizzo interpretativo in questione deve essere ribadito anche con riferimento alla fattispecie in esame, risultando all’evidenza inidonei, a renderlo inapplicabile, i riferimenti difensivi al fatto che il COGNOME era legale rappresentante e amministratore unico della società, della quale egli era anche socio unico: tali riferimenti, infatti, non consentono di superare il difetto legittimazione soggettiva evidenziato dall’elaborazione giurisprudenziale in precedenza richiamata.
E’ invece fondato il ricorso proposto dal difensore, ritualmente munito di procura speciale, nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE.
Deve invero osservarsi che gli arresti giurisprudenziali richiamati nel provvedimento impugnato – secondo cui al terzo proprietario sarebbe preclusa la possibilità di contestare, in sede di riesame, la sussistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare reale – appaiono superati dalla più recente elaborazione interpretativa di questa Suprema Corte.
Viene in rilievo, in particolare, l’indirizzo secondo cui «in tema di impugnazioni cautelari reali, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sottoposto a sequestro preventivo impeditivo è legittimato a dedurre, in sede di riesame, anche l’insussistenza del fumus commissi delicti e del perículum in mora, posto che, se gli si consentisse di far valere unicamente l’effettiva titolarità disponibilità del bene e questa fosse incontroversa o, comunque, irrilevante ai fini del mantenimento del vincolo, si priverebbe di utilità il gravame di merito cautelare, escludendo quella verifica sulla legittimità del sequestro che l’indagato non ha interesse a richiedere, in quanto privo del titolo alla restituzione del bene» (Sez. 3, n. 10242 del 15/02/2024, Comune di Vitulano, Rv. 286039 – 01. Nello stesso senso, v. anche Sez. 3, n. 3034 del 14/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285746 – 01, secondo la quale «in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta del prezzo o del profitto del reato, al terzo ritenuto persona ad esso non estranea che assume di avere diritto alla restituzione è consentito contestare, sia in sede di merito che di legittimità, anche la sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, posto che, se potesse far valere solo la propria disponibilità del bene e l’insussistenza di un contributo personale al reato, il suo diritto di difesa sarebbe limitato a profili ex se non ostativi all’adozione del vincolo e subirebbe, inoltre, un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto all’indagato, legittimato a far valere l’inesistenza dei presupposti della cautela
reale». (Fattispecie in tema di sequestro preventivo a fini di confisca ex ar bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74).
Ritiene il Collegio di dover dar continuità a tale indirizzo interpretativ consente di superare la questione fondatamente posta dalla difesa ricorren secondo cui – seguendo l’impostazione dell’ordinanza impugnata – i provvedimento applicativo della misura reale non sarebbe sindacabile, nei su elementi costitutivi del fumus e del periculum, dall’indagato per il già richi difetto di legittimazione soggettiva, né dal terzo titolare del bene, che po proporre riesame solo per dedurre la propria effettiva titolarità del bene, o per dimostrare l’inesistenza di rapporti con l’indagato qualificabili come contr concorsuale al reato ipotizzato.
Le considerazioni fin qui svolte impongono, in accoglimento del solo ricors della RAGIONE_SOCIALE, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Avellino per nuovo giudizio in ordine alle censure formulate da società.
Il ricorso del COGNOME deve invece essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e dell somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso nell’interesse di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Eur tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende. Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Avellin competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 08 ottobre 2024 Il ConsiglieIe stensore
Il Prilente