Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34377 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3   Num. 34377  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 26/09/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE;
COGNOME NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE;
COGNOME NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza emessa il 30/04/2025 dal Tribunale di S.M. Capua Vetere visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30/04/2025, il Tribunale di S.M. Capua Vetere, adito con richiesta di riesame (anche nelle qualità sopra specificate) ex art. 322 cod. proc. pen. da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha confermato il decreto di sequestro preventivo, a fini di confisca diretta o per equivalente, emesso in data 26/03/2025 dal G.i.p. del predetto Tribunale, in relazione – per quanto qui rileva, e come meglio specificato nel dispositivo del decreto – al profitto
dei reati di cui agli artt. 5 (capo 1, contestato a COGNOME NOME e COGNOME NOME quali amministratori della RAGIONE_SOCIALE$) e 2 d.lgs. n. 74 del 2000 (contestato alla COGNOME e al COGNOME ai capi 5 e 6, nelle rispettive qualità di amministratrice unica e amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE; alla COGNOME al capo 7 e alla COGNOME al capo 8, nelle qualità di amministratrici della RAGIONE_SOCIALE).
 Ricorrono per cassazione con unico atto gli indagati, nelle qualità rispettivamente specificate e a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al periculum in mora. Si censura l’ordinanza per aver pedissequamente ripercorso (come già aveva fatto il G.i.p.) il contenuto dell’informativa, che in alcun modo poteva ritenersi – come invece affermato dal Tribunale – indicativo della sussistenza del periculum. Si censura altresì il richiamo di altra informativa concernente una denuncia sporta da tale COGNOME NOME nei confronti del COGNOME, nella quale di rappresenterebbe che il COGNOME aveva costituito altre società; al riguardo, la difesa osserva che il dato risultava neutro e che comunque non aveva ricevuto alcun vaglio giudiziario o investigativo. In tale contesto, la difesa evidenzia che il periculum non poteva individuarsi nelle vacue notizie contenute nella denuncia, utilizzate dal Tribunale per desumere una reiterazione di condotte illecite attraverso la creazione di società diverse da quelle oggetto di indagine.
Si evidenzia ancora che, nonostante il richiamo del Tribunale ai principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza Ellade, questi ultimi non erano stati in realtà applicati nell’ordinanza, che aveva illegittimamente operato un automatismo decisorio ancorando la pericolosità alla natura obbligatoria della confisca, attraverso considerazioni riconducibili alle diverse esigenze di tipo impeditivo. La difesa richiama anche la disposizione dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., che esclude la possibilità di integrazione di una motivazione mancante o priva dell’autonoma valutazione da parte del giudice emittente.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sollecita il rigetto del ricorso, ritenendo la motivazione dell’ordinanza e del decreto, unitariamente considerati, rispettosi dei principi affermati dalle Sezioni Unite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
Per evidenti esigenze di logica e consequenzialità espositiva, è opportuno prendere le mosse dal rilievo conclusivo con cui i ricorrenti, nel censurare la decisione di conferma del sequestro unicamente sotto il profilo della ritenuta sussistenza del periculum in mora, deducono che il Tribunale avrebbe integrato
illegittimamente, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. (pacificamente applicabile ai procedimenti di riesame avverso provvedimenti cautelari reali, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen.: cfr. Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789 – 01) la motivazione del decreto applicativo, asseritamente privo dell’autonoma valutazione del periculum, rispetto a quanto prospettato dal Pubblico Ministero con la richiesta di misura.
La censura è infondata. Se è vero che il decreto di sequestro riprende ampi stralci della richiesta del P.M., anche quanto al profilo delle esigenze cautelari, altrettanto vero è che il G.i.p. ha conclusivamente osservato, con espliciti richiami ai principi affermati dalle Sezioni Unite Ellade, che l’esigenza di anticipare gli effetti della confisca del danaro sequestrato doveva individuarsi nella particolare abilità dimostrata dagli indagati nel compiere i reati fiscali attraverso la costituzione di società fittizie con finalità di “paravento”, rendendo probabile l’utilizzo illecito del somme di danaro sequestrate (cfr. pag. 23 del decreto di sequestro preventivo). Si è quindi al di fuori, con ogni evidenza, dalla invocata ipotesi di mancanza di autonoma valutazione, che impone l’annullamento del provvedimento applicativo della misura ai sensi delle disposizioni richiamate in precedenza.
Anche le residue censure appaiono prive di fondamento.
3.1. Nel condividere la necessità del sequestro del profitto dei reati di omessa dichiarazione e di dichiarazione fraudolenta – contestati ai ricorrenti nelle qualità sopra specificate di amministratori, di fatto o di diritto, delle società che avevano emesso le fatture per operazioni inesistenti ovvero se ne erano avvalse indicandole in dichiarazione – il Tribunale ha, in primo luogo, ripreso il riferimento del G.i.p. alla “situazione societaria all’attualità, come descritta nell’informativa ultima del 07/05/2024” (cfr. pag. 20 del decreto), soffermandosi sul contenuto di tale informativa. In particolare, l’accesso all’interno dello stabilimento di Carinaro, dove le società coinvolte nei reati avevano la sede operativa, aveva fatto emergere tra l’altro: la presenza di altre società, una delle quali amministrata da prestanome contattata da COGNOME NOME; la presenza di lavoratori già in carico alla disciolta società emittente le fatture, supervisionati da un soggetto che non era in grado di indicare che lo avesse contattato; la presenza della stessa COGNOME NOME (già legale rappresentante della disciolta società emittente le fatture, ed attuale liquidatrice di una delle altre società coinvolte) che dichiarava di trovarsi in loco per caso.
In secondo luogo, il Tribunale – integrando la motivazione del G.i.p. – ha valorizzato il contenuto di una denuncia sporta nei confronti del ricorrente da tale COGNOME NOME, la quale aveva rappresentato che il COGNOME continuava ad operare nel medesimo settore attraverso altre società, intestate in un caso alla moglie ed in un altro al figlio.
Su tali basi, il Tribunale ha osservato che la prosecuzione, da parte dei ricorrenti, delle attività per cui erano stati denunciati a piede libero, avvalendosi
di nuove società “create ad hoc in sostituzione di quelle ormai bruciate in seguito alla verifica della G.d.F. per gli anni 2020 e 2021”, giustificava l’anticipazione effetti della futura confisca, “avendo già dimostrato per il passato di e appropriati delle risorse societarie provento dei reati commessi” (cfr. la penultima e l’ultima pagina dell’ordinanza, priva di numerazione).
3.2. Secondo un indirizzo interpretativo assolutamente consolidato nell giurisprudenza di questa Suprema Corte, «il ricorso per cassazione contr ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quind inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. 2 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01. In senso conforme, tra le molte altre, cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01).
Appare del tutto evidente, alla luce di quanto in precedenza esposto, che motivazione dell’ordinanza impugnata non può in alcun modo essere annoverata tra le ipotesi riconducibili alla violazione di legge: dovendo tra l’altro esclu fondatezza dell’assunto difensivo secondo cui l’esigenza preventiva non potrebb essere legittimamente desunta da elementi fattuali in astratto indicativi anch un pericolo di reiterazione del reato, e quindi astrattamente idonei a fon l’applicazione di misure personali.
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto dei ricorsi, conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua
Così deciso il 26 settembre 2025
Il Consiglie estensore
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Il Presidente