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Sequestro preventivo: i criteri per la legittimità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni amministratori contro un’ordinanza di sequestro preventivo per reati fiscali. La Corte ha ritenuto legittima la misura, confermando che il ‘periculum in mora’, ovvero il rischio di dispersione dei beni, può essere desunto dalla comprovata abilità degli indagati di creare nuove società fittizie per proseguire le attività illecite, giustificando così l’anticipazione degli effetti della confisca.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Reati Fiscali: Quando il Pericolo è Concreto?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 34377/2025, offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, specialmente in materia di reati fiscali. Il caso analizzato riguarda un complesso schema di frode attuato tramite società fittizie, dove il cuore della questione legale risiede nella dimostrazione del cosiddetto periculum in mora, ovvero il pericolo concreto che gli indagati disperdano i proventi illeciti. Questa pronuncia conferma un orientamento rigoroso, stabilendo che la tendenza a reiterare il reato attraverso la creazione di nuove entità societarie è un elemento sufficiente a giustificare la misura cautelare.

I Fatti del Caso: Una Rete di Società Utilizzate per Fini Illeciti

Il procedimento trae origine da un’indagine su alcuni imprenditori e amministratori societari, accusati di gravi reati fiscali, tra cui dichiarazione fraudolenta e omessa dichiarazione. Secondo l’accusa, gli indagati avevano messo in piedi un sistema basato sull’utilizzo di diverse società, alcune delle quali create ad hoc con lo scopo di evadere le imposte e appropriarsi illecitamente delle risorse aziendali. A seguito delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) aveva disposto un sequestro preventivo sui beni degli indagati, sia in forma diretta che per equivalente, corrispondente al profitto dei reati contestati. Gli indagati, agendo sia in proprio che come legali rappresentanti delle società coinvolte, hanno impugnato l’ordinanza davanti al Tribunale del Riesame, che ha però confermato la misura.

Il Ricorso in Cassazione e il Periculum in Mora

Il punto centrale del ricorso presentato alla Suprema Corte riguardava la presunta carenza di motivazione in ordine al periculum in mora. La difesa sosteneva che il Tribunale si fosse limitato a riprendere acriticamente le argomentazioni dell’accusa, senza una valutazione autonoma e concreta del pericolo di dispersione dei beni. Secondo i ricorrenti, gli elementi valorizzati dal Tribunale, come una denuncia presentata da terzi o la generica creazione di altre società, erano notizie vacue e non sufficienti a dimostrare un rischio attuale e concreto che giustificasse una misura così incisiva come il sequestro preventivo.

Le Motivazioni della Suprema Corte sul sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo la motivazione dell’ordinanza impugnata pienamente legittima e rispettosa dei principi di legge. I giudici hanno chiarito che, sebbene un provvedimento cautelare non possa basarsi su automatismi, il pericolo di dispersione del patrimonio può essere desunto da elementi fattuali specifici che dimostrano l’abitualità e la professionalità degli indagati nel compiere illeciti.

Nel caso specifico, il Tribunale non si era limitato a un recepimento passivo delle richieste del Pubblico Ministero, ma aveva fondato la sua decisione su prove concrete emerse durante le indagini, tra cui:

1. La prosecuzione delle attività illecite: Durante un accesso ispettivo, era stata accertata la presenza di nuove società operanti nella stessa sede di quelle già coinvolte, amministrate da prestanome e con dipendenti delle società ‘dismesse’, sotto la supervisione degli stessi indagati.
2. La condotta degli indagati: La presenza di uno degli amministratori sul luogo, che dichiarava di trovarsi lì ‘per caso’, e la gestione di fatto delle nuove attività dimostravano un chiaro intento di continuare a operare attraverso schermi societari.
3. Elementi esterni di conferma: Una denuncia sporta da un terzo confermava che uno degli indagati continuava a operare nel settore attraverso nuove società intestate a familiari.

Questi elementi, complessivamente considerati, delineavano un quadro di ‘reiterazione di condotte illecite’ che rendeva altamente probabile l’utilizzo delle somme illecitamente accumulate per finanziare nuove attività fraudolente, giustificando così l’anticipazione degli effetti della confisca tramite il sequestro preventivo.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del periculum in mora non richiede la prova di specifici atti di disposizione patrimoniale, ma può basarsi su una valutazione complessiva della condotta dell’indagato. La dimostrata capacità di creare e utilizzare schermi societari per commettere reati e occultare profitti costituisce un indice concreto e attuale del pericolo che tali profitti vengano dispersi. Per la Cassazione, la motivazione del giudice non è viziata quando, pur riprendendo elementi dalla richiesta del PM, li elabora in modo autonomo e li ancora a specifici dati probatori che evidenziano una spiccata propensione a delinquere e a occultare i beni. Si tratta di una decisione che rafforza gli strumenti di contrasto alle frodi fiscali complesse, legittimando un approccio pragmatico nella valutazione dei presupposti per le misure cautelari reali.

Quando è legittimo un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati fiscali?
È legittimo quando esiste un ‘fumus commissi delicti’ (una verosimile sussistenza del reato) e un ‘periculum in mora’ (il pericolo concreto che la libera disponibilità dei beni possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati). Quest’ultimo può essere desunto dalla propensione dell’indagato a commettere ulteriori illeciti, anche attraverso la creazione di nuove società.

Come si dimostra il ‘periculum in mora’ in casi di frode societaria?
Il ‘periculum in mora’ non richiede la prova di specifici atti di vendita o donazione dei beni. Può essere dimostrato attraverso elementi fattuali che indicano la capacità e la volontà degli indagati di continuare l’attività illecita. Nel caso di specie, la creazione di nuove società ‘ad hoc’, l’impiego di prestanome e la continuazione delle operazioni nella stessa sede delle società precedenti sono stati considerati elementi sufficienti a provare tale pericolo.

La motivazione del giudice del riesame può limitarsi a confermare quella del primo giudice?
No, il giudice del riesame deve compiere una valutazione autonoma. Tuttavia, come chiarito dalla Corte, può integrare e valorizzare la motivazione del primo provvedimento, basandosi su elementi specifici emersi dagli atti (come informative di polizia o denunce) per rafforzare la sussistenza dei requisiti per la misura cautelare, senza che ciò costituisca un vizio di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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