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Sequestro preventivo fallimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13640/2024, ha rigettato i ricorsi presentati da tre curatele fallimentari, confermando la legittimità di un sequestro preventivo disposto per reati tributari su beni di società poi dichiarate fallite. La Corte ha stabilito che il vincolo penale finalizzato alla confisca prevale sui diritti dei creditori concorsuali, anche quando la dichiarazione di fallimento è successiva al sequestro. In questo complesso scenario di sequestro preventivo fallimento, la pronuncia chiarisce che la società non può essere considerata terza estranea al reato, consolidando l’interesse dello Stato al recupero dei proventi illeciti.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo e fallimento: chi prevale? La Cassazione fa chiarezza

Il rapporto tra sequestro preventivo fallimento è uno dei nodi più complessi del nostro ordinamento, situato all’incrocio tra diritto penale e diritto concorsuale. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 13640 del 2024, ha offerto un’importante chiarificazione su un punto cruciale: la prevalenza del vincolo penale, finalizzato alla confisca per reati tributari, rispetto ai diritti dei creditori ammessi alla procedura fallimentare. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato, che rafforza gli strumenti dello Stato nella lotta all’evasione fiscale e ai reati finanziari.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un procedimento penale per reati di bancarotta fraudolenta, autoriciclaggio e reati tributari a carico degli amministratori di diverse società. Nell’ambito di tale procedimento, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto un sequestro preventivo sulle disponibilità liquide di tre società. Successivamente a tale misura, le società venivano dichiarate fallite. Le curatele fallimentari, agendo nell’interesse della massa dei creditori, chiedevano la revoca del sequestro, sostenendo che le somme dovessero rientrare nell’attivo fallimentare per soddisfare i creditori secondo le regole della procedura concorsuale. Sia il GUP che il Tribunale del Riesame rigettavano la richiesta, affermando la prevalenza del vincolo penale. Contro questa decisione, le curatele proponevano ricorso in Cassazione.

La questione del sequestro preventivo nel fallimento

I ricorrenti lamentavano diverse violazioni di legge. Sostenevano, in sintesi, che il fallimento, privando l’imprenditore della disponibilità dei suoi beni, dovesse prevalere sul sequestro, soprattutto quando quest’ultimo è finalizzato a una confisca per valore equivalente e non su beni che sono il diretto profitto del reato. Inoltre, si contestava la qualifica delle società come soggetti non ‘terzi’ rispetto al reato, sostenendo che, una volta fallite, esse rappresentano unicamente l’interesse dei creditori, estranei agli illeciti commessi dagli amministratori.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi infondati, articolando un ragionamento solido e ancorato a un recente e decisivo intervento delle Sezioni Unite Penali (sent. n. 40797/2023).

Il principio cardine affermato è che l’avvio della procedura fallimentare non osta né all’adozione né al mantenimento di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari. Il rapporto tra il vincolo imposto dalla procedura concorsuale e quello derivante dal sequestro penale deve essere risolto a favore di quest’ultimo. L’interesse dello Stato a confiscare i proventi dei reati tributari è considerato prevalente rispetto all’interesse generico dei creditori alla soddisfazione dei loro crediti.

La Corte ha inoltre demolito l’argomentazione secondo cui la società fallita diverrebbe un ‘terzo estraneo al reato’. Citando costante giurisprudenza, i giudici hanno ribadito che la dichiarazione di fallimento non trasforma la natura del soggetto giuridico. Se i reati sono stati commessi nell’interesse della società, quest’ultima non può essere considerata estranea e i suoi beni rimangono aggredibili dalla misura penale.

Infine, è stato affrontato il tema del periculum in mora. La Corte ha ritenuto che la necessità di anticipare gli effetti della confisca tramite il sequestro sia pienamente giustificata. Se le somme sequestrate fossero restituite alla massa fallimentare, verrebbero distribuite tra tutti i creditori secondo l’ordine di prelazione, frustrando in modo irreversibile la finalità della confisca, ovvero il pagamento del debito erariale. Il sequestro serve proprio a impedire questa dispersione, assicurando che le risorse provenienti dal reato siano destinate a risanare il danno causato all’Erario.

Le Conclusioni

La sentenza n. 13640/2024 consolida un principio di fondamentale importanza: la preminenza dell’interesse pubblico alla repressione dei reati tributari sulla tutela della massa creditoria. Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca si conferma uno strumento potente ed efficace, capace di ‘resistere’ anche all’apertura di una procedura fallimentare. Per le imprese e i creditori, questa pronuncia rappresenta un monito: le pretese creditorie, anche se legittime, sono destinate a cedere il passo di fronte a beni che lo Stato identifica come provento o profitto di un illecito penale-tributario. La tutela del patrimonio aziendale passa, prima di tutto, dalla legalità della sua gestione.

Un sequestro preventivo per reati tributari può prevalere sui diritti dei creditori in un fallimento?
Sì. La Corte di Cassazione, seguendo un orientamento delle Sezioni Unite, ha stabilito che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari prevale sui diritti di credito vantati dai creditori nella procedura fallimentare, in quanto l’interesse dello Stato al recupero dei proventi illeciti è considerato superiore.

La società fallita può essere considerata un ‘terzo estraneo al reato’ per evitare la confisca dei suoi beni?
No. La sentenza chiarisce che la società fallita, nel cui interesse i reati sono stati commessi, non può essere considerata un soggetto terzo estraneo al reato. Pertanto, i suoi beni, anche se gestiti dalla curatela, rimangono soggetti a sequestro e successiva confisca.

Il fatto che il sequestro sia stato disposto prima della dichiarazione di fallimento è determinante?
Anche se nel caso di specie il sequestro era anteriore, la Corte ha affermato un principio più ampio: l’avvio della procedura fallimentare non impedisce né l’adozione di un nuovo sequestro né il mantenimento di uno già disposto. Questo consolida la prevalenza del vincolo penale su quello concorsuale indipendentemente dalla precisa sequenza temporale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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