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Sequestro preventivo e usura: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro preventivo di una notevole somma di denaro a carico di un soggetto indagato per usura. Il ricorso dell’indagato è stato respinto perché un motivo, relativo all’inutilizzabilità delle intercettazioni, è stato sollevato per la prima volta in Cassazione e quindi tardivamente. L’altro motivo, sulla presunta carenza di prove, è stato ritenuto infondato, poiché gli indizi raccolti (conversazioni, ritrovamento di denaro e appunti) sono stati considerati sufficienti a giustificare la misura cautelare.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Usura: Quando gli Indizi sono Sufficienti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6597 del 2024, si è pronunciata su un interessante caso riguardante un sequestro preventivo per il reato di usura. Questa decisione offre spunti fondamentali sui requisiti per l’applicazione delle misure cautelari reali e sui limiti procedurali del giudizio di appello. Analizziamo insieme i dettagli della vicenda e le conclusioni a cui sono giunti i giudici.

I fatti del caso: un’indagine per usura e un ingente sequestro

La vicenda trae origine da un’indagine per usura. Un individuo era stato sottoposto a indagini per aver partecipato a un presunto giro di prestiti a tassi illegali. Nel corso delle investigazioni, le autorità avevano disposto il sequestro di una cospicua somma di denaro, pari a 320.000 euro, ritenuta provento dell’attività illecita.

L’indagato, tramite il suo legale, aveva presentato un’istanza per ottenere il dissequestro e la restituzione della somma, ma il Giudice per le indagini preliminari l’aveva respinta. Contro questa decisione era stato proposto appello al Tribunale, che aveva confermato il provvedimento di sequestro. Di qui, il ricorso finale alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso: wiretap illegittimi e mancanza di prove per il sequestro preventivo

La difesa dell’indagato ha basato il proprio ricorso in Cassazione su due argomenti principali:

1. Violazione di legge sulle intercettazioni: Si sosteneva che le intercettazioni telefoniche, da cui erano emersi elementi a carico dell’indagato, fossero inutilizzabili. L’argomento era che le captazioni erano state autorizzate per un reato diverso (associazione finalizzata al riciclaggio) e non vi era connessione con il reato di usura successivamente contestato.
2. Carenza del fumus commissi delicti: Secondo la difesa, gli elementi a sostegno del sequestro erano troppo deboli per giustificare una misura così incisiva. Si lamentava che, nonostante il tempo trascorso, non erano emerse nuove prove concrete né sulla provenienza del denaro né sul coinvolgimento diretto del ricorrente nell’attività di usura.

La decisione della Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure sollevate dalla difesa, sebbene per ragioni diverse.

L’inammissibilità del motivo sulle intercettazioni

I giudici hanno rilevato un vizio procedurale decisivo: la questione dell’inutilizzabilità delle intercettazioni non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio (l’appello davanti al Tribunale). In base al principio dell’effetto devolutivo, il giudice dell’impugnazione può pronunciarsi solo sui punti della decisione che sono stati specificamente contestati. Introdurre una nuova questione direttamente in Cassazione non è consentito, a meno che non si tratti di nullità assolute, qui non ravvisate. La doglianza è stata quindi dichiarata inammissibile per tardività.

La conferma del ‘fumus commissi delicti’

Sul secondo punto, la Corte ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. Il Tribunale aveva infatti correttamente evidenziato una serie di elementi indiziari sufficienti a configurare il fumus commissi delicti, ovvero la parvenza di reato necessaria per il sequestro preventivo. Tra questi:

* Le indagini avevano accertato che due imprenditori avevano ricevuto prestiti a tassi usurari da diversi soggetti, tra cui lo zio del ricorrente.
* In una conversazione intercettata, lo zio aveva definito il nipote (il ricorrente) un suo “fidato collaboratore”.
* Una perquisizione a casa del ricorrente aveva portato al rinvenimento di 32.000 euro in contanti, cambiali e appunti con nomi (tra cui quello di una delle vittime) e somme di denaro.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come il Tribunale avesse compiuto una valutazione logica e coerente degli elementi disponibili. L’insieme degli indizi, sebbene non costituissero ancora una prova piena di colpevolezza, era più che sufficiente a giustificare il mantenimento del vincolo cautelare sul denaro. La qualifica di “fidato collaboratore”, unita al ritrovamento di denaro contante e di documentazione contabile informale, delineava un quadro indiziario grave che legittimava pienamente il sequestro.

Conclusioni: i limiti dell’appello cautelare e la valutazione degli indizi

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali. Il primo è di natura processuale: le eccezioni e i motivi di impugnazione devono essere presentati tempestivamente nei gradi di merito, poiché il giudizio di Cassazione non può diventare una terza istanza per sollevare questioni nuove. Il secondo è di natura sostanziale: per un sequestro preventivo non è richiesta la prova certa del reato, ma un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano verosimile la sua commissione. In questo caso, la convergenza di dichiarazioni, riscontri documentali e ritrovamenti materiali è stata ritenuta idonea a soddisfare tale requisito.

Posso contestare per la prima volta in Cassazione l’inutilizzabilità delle intercettazioni in un procedimento cautelare?
No. Secondo la sentenza, tale questione deve essere sollevata nel giudizio di appello cautelare (ex art. 322-bis c.p.p.). A causa dell’effetto devolutivo, il giudice dell’impugnazione può decidere solo sulle questioni già sottoposte al giudice precedente, e non è possibile introdurre nuovi motivi direttamente in Cassazione, salvo casi di nullità assoluta.

Quali elementi sono sufficienti per giustificare un sequestro preventivo per usura?
La sentenza chiarisce che per il sequestro preventivo è sufficiente il cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero una seria probabilità che il reato sia stato commesso. Nel caso di specie, sono stati ritenuti sufficienti indizi convergenti come: una conversazione intercettata in cui l’indagato viene definito ‘fidato collaboratore’, il rinvenimento di una notevole somma in contanti, cambiali e appunti con nomi e cifre riconducibili all’attività illecita.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e non semplicemente rigettato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché presentava vizi che ne hanno impedito l’esame nel merito. Il primo motivo era proceduralmente inammissibile perché sollevato tardivamente. Il secondo motivo è stato giudicato ‘manifestamente infondato’, una forma di inammissibilità che si verifica quando le argomentazioni sono palesemente prive di pregio e non necessitano di un’analisi approfondita per essere respinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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